ORDINANZA N. 195
ANNO 2020
Commenti alla decisione di
I. Pierdomenico
Logroscino, Le
ordinanze sui conflitti contro le consultazioni elettoral-referendarie
del 2020: una risposta a mosaico con tessere diverse?, per g.c. di Federalismi.it
II. Maria Grazia
Rodomonte, Il
diritto ad essere informati quale profilo fondamentale della tutela del diritto
di voto e la controversa questione dell’abbinamento del referendum
costituzionale alle elezioni. Alcune riflessioni a partire dall’ordinanza n.
195/2020 della Corte cost., per g.c. dell’Osservatorio costituzionale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai
signori:
Presidente: Marta
CARTABIA;
Giudici: Aldo
CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana
SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio
BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
Stefano PETITTI,
ha pronunciato la
seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto
di attribuzione tra poteri dello Stato sorto in relazione all’art. l-bis, comma
3, del decreto-legge
20 aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in materia di consultazioni
elettorali per l’anno 2020), convertito, con modificazioni, nella legge 19
giugno 2020, n. 59, nonché al decreto
del Presidente della Repubblica 17 luglio 2020 (Indizione del referendum
popolare confermativo del testo della legge costituzionale recante «Modifiche
agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero
dei parlamentari» approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019) in ragione
dell’abbinamento, nelle date del 20 e 21 settembre 2020, della votazione per il
referendum sul testo di legge costituzionale a quella per le elezioni
suppletive, regionali e amministrative, giudizio promosso dal Comitato
promotore del referendum sul testo di legge costituzionale recante «Modifiche
agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero
dei parlamentari», con ricorso depositato in cancelleria il 23 luglio 2020 e
iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2020, fase di
ammissibilità.
Visto l’atto
d’intervento del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito;
udito il Giudice
relatore Giuliano Amato nella camera di consiglio del 12 agosto 2020, svolta ai
sensi del decreto della Presidente della Corte del 23 giugno 2020, punto 4);
deliberato nella
camera di consiglio del 12 agosto 2020.
Ritenuto che, con ricorso depositato in cancelleria il 23
luglio 2020, i senatori Andrea Cangini, Nazario Pagano e Tommaso Nannicini,
nella qualità di legali rappresentanti del Comitato promotore della
consultazione referendaria sul testo di legge costituzionale recante «Modifiche
agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero
dei parlamentari», hanno promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, del
Presidente della Repubblica e del Governo, in relazione all’art. l-bis, comma
3, del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in materia di
consultazioni elettorali per l’anno 2020), convertito, con modificazioni, nella
legge 19 giugno 2020, n. 59, nonché al decreto del Presidente della Repubblica
17 luglio 2020 (Indizione del referendum popolare confermativo del testo della
legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della
Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari» approvato dal
Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.
240 del 12 ottobre 2019);
che l’art. l-bis,
comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, introdotto in sede di conversione, prevede,
per le consultazioni elettorali di cui all’art. l dello stesso decreto-legge,
ossia le elezioni politiche suppletive e le elezioni ammnistrative rinviate a
seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che «resta fermo il
principio di concentrazione delle scadenze elettorali di cui all’articolo 7 del
decretolegge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, che si applica, altresì, al
referendum confermativo del testo di legge costituzionale recante: “Modifiche
agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero
dei parlamentari”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre
2019 […]»;
che con il
successivo d.P.R. 17 luglio 2020 è stato disposto l’abbinamento, per le stesse
date del 20 e 21 settembre 2020, della votazione per le elezioni suppletive,
regionali e amministrative con quella per il referendum relativo al testo di
legge costituzionale;
che, in ordine al
requisito soggettivo, la parte ricorrente sottolinea che i Comitati promotori
di referendum sono stati riconosciuti quali organi competenti a dichiarare la
volontà della frazione del corpo elettorale costituita dai firmatari del
referendum e, pertanto, titolari di una pubblica funzione costituzionalmente
garantita, quale l’iniziativa referendaria, che provoca l’effetto di rendere
costituzionalmente dovuta la convocazione alle urne del corpo elettorale (sono
citate le ordinanze di questa Corte n. 172 del 2009,
n. 198 del 2005,
n. 195 del 2003,
n. 49 del 1998,
n. 131 e n. 9 del 1997, n. 45, n. 44, n. 43 e n. 42 del 1983,
n. 30 del 1980,
n. 1 e n. 2 del 1979, n. 69 e n. 17 del 1978);
che, in forza
dell’art. 138 Cost.,
il Comitato, ancorché soggetto esterno allo Stato-apparato, sarebbe legittimato
ad agire per difendere l’esercizio delle proprie attribuzioni nei confronti
degli altri poteri dello Stato, al fine di garantire che sia concretamente e
legittimamente effettuata la competizione referendaria;
che il conflitto
sarebbe ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, ricorrendo i requisiti
previsti dall’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), secondo cui i
conflitti tra poteri dello Stato hanno ad oggetto la delimitazione della sfera
di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali; nel caso
di specie, il Comitato promotore rivendica le proprie prerogative derivanti
dall’art. 138 Cost., che sarebbero negativamente incise dall’art. l-bis, comma
3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, e dal conseguente d.P.R. del 17
luglio 2020;
che, in virtù
della diversa natura della votazione sul referendum costituzionale rispetto a
quella propria delle elezioni politiche, regionali o amministrative,
l’accorpamento del voto comporterebbe il rischio di una contaminazione
dell’istituto di democrazia diretta con le consultazioni elettorali
finalizzate, invece, all’esercizio della democrazia rappresentativa;
che, sebbene la
giurisprudenza costituzionale abbia precisato che nella sfera delle attribuzioni
del Comitato promotore vi sia solo la pretesa allo svolgimento delle operazioni
di voto referendario e non anche, «in assenza di situazioni eccezionali»,
quella di interferire sulla scelta governativa della data della consultazione
all’interno del periodo prestabilito (sono citate le ordinanze n. 38 del
2008, n. 198
del 2005 e n.
131 del 1997), le doglianze alla base del ricorso sarebbero riferite
all’illegittimo abbinamento delle consultazioni;
che la lesione
delle prerogative costituzionali derivante da tale abbinamento integrerebbe una
situazione eccezionale, in quanto sarebbe compromessa la genuinità e la
compiutezza del voto popolare, espressione di democrazia diretta, con
violazione delle attribuzioni costituzionali di cui il Comitato ricorrente si
afferma titolare;
che, d’altra
parte, se tale violazione non potesse essere fatta valere in sede di conflitto,
essa resterebbe insindacabile, risultando, invero, impraticabile ogni altra
forma di tutela degli interessi del ricorrente, attesa sia l’insussistenza di
giudizi nel corso dei quali formulare in via incidentale la questione di
legittimità costituzionale, sia l’impossibilità di determinarne
l’incardinamento se non dopo lo svolgimento del referendum stesso, allorché
sarebbe ormai venuto meno ogni interesse alla tutela richiesta;
che, ancorché avente
ad oggetto anche un atto legislativo, il conflitto sarebbe ammissibile (è
richiamata la sentenza
di questa Corte n. 229 del 2018), poiché non vi sarebbero né atti, né
provvedimenti consequenziali, attuativi della disciplina legislativa,
impugnabili dinanzi all’autorità giudiziaria, prima dello svolgimento delle
consultazioni referendarie;
che, di
conseguenza, sarebbe dimostrato il carattere residuale del conflitto;
che, nel merito,
il ricorrente ritiene che – nell’estendere alla consultazione referendaria
confermativa di cui all’art. 138 della Costituzione il principio del cosiddetto
election day, introdotto dal legislatore del 2011 per
finalità di contenimento della spesa – l’art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26
del 2020 e il d.P.R. 17 luglio 2020 violino le prerogative del corpo
elettorale, di cui il Comitato sarebbe rappresentante, determinando una grave
compromissione dell’esercizio del voto sul referendum; esso, invece, dovrebbe
essere libero da condizionamenti partitici e basarsi su una valutazione in cui
rilevano aspetti tecnici e giuridici, consentendo la formazione di schieramenti
trasversali alle coalizioni politiche;
che lo stesso art.
138 Cost. prevede che l’approvazione delle leggi di revisione costituzionale e
delle altre leggi costituzionali sia votata da una maggioranza parlamentare
ampia, assoluta o qualificata, tale da superare le divergenze partitiche e gli
schieramenti politici, al fine di adottare un testo costituzionale condiviso
anche dalle minoranze parlamentari;
che la
sovrapposizione della campagna per le elezioni amministrative e regionali, per
sua natura altamente politicizzata, a quella per il referendum costituzionale
comporterebbe il pericolo di una valutazione politica anche rispetto a
quest’ultimo, specie quando si tratti di una riforma costituzionale compresa
nel programma politico di una maggioranza di governo;
che, nel caso di
specie, con l’abbinamento delle consultazioni, gli elettori correrebbero il
rischio di essere influenzati dalle indicazioni politiche dei candidati in
ordine al referendum costituzionale e sarebbe così compromessa la libertà di
valutazione tecnica e giuridica, che è propria di quest’ultimo istituto;
che, d’altra
parte, la consultazione sul referendum ex art. 138 Cost. richiede una
partecipazione del popolo nella sua unità, senza distinzioni territoriali, in
un unico collegio di voto; viceversa, la circostanza che in alcune Regioni e
Comuni siano contestualmente effettuate elezioni politiche e amministrative
influirebbe sulla partecipazione degli elettori e sul relativo orientamento;
infatti, il numero dei partecipanti al voto referendario sarebbe
inevitabilmente maggiore nelle Regioni chiamate a eleggere il nuovo Presidente
e nei Comuni ove si svolgeranno anche le consultazioni locali, con
un’insostenibile asimmetria territoriale nell’espressione del voto sulla
modifica costituzionale;
che anche le
specifiche modalità di svolgimento delle rispettive campagne elettorali
sarebbero suscettibili di riflettersi sulla formazione della volontà del corpo
elettorale e sulle prerogative fatte valere dal Comitato; al riguardo, la parte
ricorrente evidenzia che, nella fase della campagna elettorale, il diritto alla
completa e obiettiva informazione del cittadino sarebbe tutelato in via
prioritaria e in riferimento a valori costituzionali primari, connessi al
corretto svolgimento del confronto politico su cui si fonda il sistema
democratico (è richiamata la sentenza di questa
Corte n. 155 del 2002);
che, infatti, nel
regolare l’accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica, la
legge 22 febbraio 2002, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi
di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la
comunicazione politica) stabilisce una disciplina parzialmente differente della
campagna elettorale e di quella referendaria;
che per effetto
della sovrapposizione della campagna politica a quella referendaria,
l’informazione sul referendum costituzionale sarebbe penalizzata rispetto a
quella partitica e sarebbe impedito ai cittadini di comprendere pienamente le
questioni sottese alla modifica costituzionale oggetto di referendum; ciò
pregiudicherebbe la libera formazione della volontà dell’elettore e non
garantirebbe l’esercizio di un diritto di voto genuino, libero e segreto;
che del resto, la
stessa disciplina legislativa in materia di election
day non prevederebbe alcun accorpamento delle consultazioni politiche e
amministrative con quelle referendarie, riferendosi esclusivamente
all’abbinamento nella medesima data dei referendum abrogativi;
che, infatti, solo
in via eccezionale, con la legge 28 aprile 2009, n. 40 (Disciplina transitoria
per lo svolgimento dei referendum previsti dall’articolo 75 della Costituzione
da tenersi nell’anno 2009) è stata prevista la possibilità del contestuale
svolgimento dei referendum abrogativi e del secondo turno di votazione per le
elezioni dei Presidenti delle Province e dei Sindaci, senza peraltro disporne
l’accorpamento;
che, d’altronde,
l’art. 31 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti
dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) esclude il voto
referendario in periodi di elezioni politiche, mostrando così la volontà di
mantenere distinte le consultazioni per le elezioni politiche rappresentative
da quelle per l’esercizio della democrazia diretta;
che, in ogni caso,
non sarebbe mai stato previsto l’abbinamento di consultazioni politiche a una
consultazione referendaria di tipo confermativo ex art. 138 Cost., in
considerazione della peculiare natura di questo istituto di democrazia diretta;
che l’abbinamento
della consultazione referendaria alle elezioni regionali e amministrative si
porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 15, comma 2, della legge n. 352 del
1970, non derogato dalla legislazione successiva, il quale, con specifico riguardo
al referendum contemplato dall’art. 138 Cost., prevede che la votazione si
svolga in un solo giorno; infatti, in occasione dei tre precedenti referendum
costituzionali, la consultazione è stata indetta per un’unica giornata e lo
stesso decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 2020 (Indizione del
referendum popolare confermativo della legge costituzionale, recante:
«Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione
del numero dei parlamentari», approvata dal Parlamento) aveva originariamente
convocato i comizi elettorali sul referendum in questione per la sola giornata
del 29 marzo 2020;
che pertanto,
anche sotto questo profilo, l’abbinamento della consultazione referendaria con
le elezioni regionali e amministrative si porrebbe in contrasto con la
disciplina vigente, determinando l’illegittima contaminazione di istituti di
matrice ontologicamente differente;
che la parte
ricorrente avanza istanza di tutela cautelare, richiamando la giurisprudenza
costituzionale che ha riconosciuto l’applicabilità, in via analogica, dell’art.
40 della legge n. 87 del 1953, dettato in materia di conflitti intersoggettivi,
anche ai conflitti tra poteri dello Stato (è citata l’ordinanza di questa
Corte n. 225 del 2017);
che, nel caso di
specie, sussisterebbero le gravi ragioni cui il citato art. 40 subordina la
possibilità di disporre la sospensione dell’atto impugnato; in mancanza
dell’invocato intervento cautelare, sarebbe vanificata la stessa iniziativa
assunta in sede di conflitto; una volta effettuate le consultazioni, si sarebbe
già determinata la denunciata commistione del voto referendario con quello
partitico, con grave danno alla rappresentanza popolare e al corpo elettorale
nell’espressione del voto;
che, inoltre,
l’esigenza della tutela cautelare anticipatoria sarebbe suffragata anche dalla
considerazione che, negli Stati ove la diffusione epidemiologica da COVID-19
risulta particolarmente significativa, sarebbe impossibile garantire che il
diritto di voto dei cittadini italiani all’estero si svolga in condizioni di
eguaglianza e di libertà; l’effettiva partecipazione alla consultazione
referendaria potrebbe, infatti, risultare compromessa dalla scelta, indotta
dalle precauzioni per evitare ogni forma di contagio, di non prendere parte
alla votazione;
che, laddove la
camera di consiglio ex art. 37 della legge n. 87 del 1953 dovesse essere
fissata in data successiva a quella di svolgimento delle consultazioni elettorali
in questione, il ricorrente chiede la concessione di misure cautelari
monocratiche ex art. 56 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104
(Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega
al governo per il riordino del processo amministrativo), applicabili al
giudizio per conflitto ai sensi dell’art. 22 della legge n. 87 del 1953, che
richiama le norme regolatrici del processo amministrativo (è citata ancora l’ordinanza di questa
Corte n. 225 del 2017);
che il Comitato
promotore conclude chiedendo, pertanto, che la Corte costituzionale, previa
concessione delle più idonee misure cautelari, eventualmente anche
monocratiche, dichiari che non spettava al Parlamento, mediante l’art. l-bis,
comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, consentire l’applicazione
del principio dell’election day anche allo
svolgimento del referendum sul testo di legge costituzionale approvata in data
8 ottobre 2019, recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione
in materia di riduzione del numero dei parlamentari» e che non spettava al
Governo e al Presidente della Repubblica, mediante il d.P.R. 17 luglio 2020,
abbinare la data del referendum costituzionale con quella di elezioni regionali
e amministrative, con il conseguente annullamento di ogni atto anche
presupposto o consequenziale;
che, nel periodo
intercorrente tra il deposito del ricorso e la camera di consiglio, in data 7
agosto 2020 è stato depositato atto di intervento del Partito Radicale
Nonviolento Transnazionale Transpartito;
che l’intervento è
spiegato al fine di aderire al ricorso per conflitto di attribuzioni tra
poteri, proposto «contro l’inserimento dell’art. l-bis, c. 3°, nel testo del
decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 recante “Disposizioni urgenti in materia di
consultazioni elettorali per l’anno 2020”, operate dal Parlamento con la legge
di conversione 19 giugno 2020, n. 59 e contro la emanazione, da parte del
Governo e del Presidente della Repubblica, del d.P.R.17 luglio 2020».
Considerato che, con ricorso depositato il 23 luglio 2020, i
senatori Andrea Cangini, Nazario Pagano e Tommaso Nannicini, nella qualità di
legali rappresentanti del Comitato promotore della consultazione referendaria
sul testo di legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59
della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», hanno
promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, del Presidente della
Repubblica e del Governo, in relazione all’art. l-bis, comma 3, del
decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in materia di
consultazioni elettorali per l’anno 2020), convertito, con modificazioni, nella
legge 19 giugno 2020, n. 59, nonché al decreto del Presidente della Repubblica
17 luglio 2020 (Indizione del referendum popolare confermativo del testo della
legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione
in materia di riduzione del numero dei parlamentari» approvato dal Parlamento e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 240 del 12
ottobre 2019);
che l’art. l-bis,
comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, prevede che alle elezioni
politiche suppletive, alle elezioni regionali e amministrative rinviate a
seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e al referendum confermativo
sul «Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza
assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante:
“Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione
del numero dei parlamentari”» si applichi il principio di concentrazione delle
consultazioni elettorali, di cui all’art. 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.
98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con
modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111 (cosiddetto “election day”);
che il d.P.R. 17
luglio 2020 dispone, per le medesime date del 20 e 21 settembre 2020,
l’abbinamento della votazione sul referendum relativo al suddetto testo di
legge costituzionale con le elezioni suppletive e amministrative;
che, secondo la
parte ricorrente, l’applicazione del principio della concentrazione delle
consultazioni elettorali anche al referendum confermativo del testo di legge
costituzionale violerebbe le prerogative del corpo elettorale di cui il
Comitato ricorrente sarebbe rappresentante, determinando, «di riflesso», anche
una lesione delle attribuzioni costituzionalmente assegnate e garantite allo
stesso Comitato dagli artt. 1 e 138 della Costituzione;
che, la parte
ricorrente ha avanzato altresì istanza di tutela cautelare, anche attraverso
provvedimenti provvisori monocratici, al fine di ottenere la sospensione
dell’efficacia degli atti dai quali è sorto il conflitto;
che, nell’attuale
fase del giudizio, questa Corte è chiamata a delibare, in camera di consiglio,
senza contraddittorio e senza la possibilità di interventi di terzi, in ordine
alla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37,
primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto
insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del
potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni
determinata per i vari poteri da norme costituzionali, restando impregiudicata
ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;
che, sotto il
profilo soggettivo, il conflitto risulta proponibile sia nei confronti delle
Camere, sia nei confronti del Presidente della Repubblica e del Governo,
essendo censurati un decreto-legge e la relativa legge di conversione e venendo
altresì in contestazione il decreto presidenziale d’indizione della
consultazione referendaria, adottato su deliberazione del Consiglio dei
ministri;
che, d’altra
parte, sotto il profilo della legittimazione attiva, la giurisprudenza
costituzionale è costante nel riconoscere la legittimazione del Comitato
promotore del referendum a proporre conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato, in quanto titolare, nell’ambito della procedura referendaria, di una
funzione costituzionalmente rilevante e garantita, in rappresentanza dei
soggetti legittimati ad avanzare la richiesta di referendum (ex plurimis, ordinanze n. 169 del 2011,
n. 172 del 2009,
n. 38 del 2008,
n. 198 del 2005,
n. 195 del 2003,
n. 137 del 2000,
n. 49 del 1998,
n. 172, n. 171, n. 131 e n. 9 del 1997, n. 226 e n. 118 del 1995,
n. 69 e n. 17 del 1978);
che, a questo
riguardo, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che rientra nella sfera
delle attribuzioni del comitato la pretesa allo svolgimento delle operazioni di
voto referendario, una volta compiuta la procedura di verifica della
legittimità e della costituzionalità delle relative domande; ma non anche − in
assenza di situazioni eccezionali − la pretesa di interferire sulla scelta
governativa, tra le molteplici, legittime opzioni, della data all’interno del
periodo prestabilito (così le ordinanze n. 169 del 2011,
n. 38 del 2008,
n. 198 del 2005
e n. 131 del 1997);
che il Consiglio
dei ministri, infatti, è titolare di un ampio potere di valutazione sia in
ordine al momento di indizione del referendum, sia per quanto attiene alla
fissazione della data della consultazione referendaria, purché le operazioni di
voto si svolgano nell’intervallo temporale determinato dalla legge e
individuato dall’art.
34, primo comma, (ex ord.
n. 211/2020, rectius:
dall’art. 15, primo comma,) della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui
referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del
popolo);
che nel caso di
specie questo intervallo è stato modificato dapprima dall’art. 81 del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio
sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese
connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con
modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, in seguito dall’art. 1-bis
del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, alla luce delle esigenze poste dal
diffondersi dell’epidemia da COVID-19; esigenze a cui risulta altresì
funzionale l’estensione del principio dell’election
day, originariamente introdotto per ragioni di contenimento della spesa;
che, nel caso di
specie, già in sede di mera delibazione degli argomenti del ricorrente emerge
che essi, a fronte della situazione eccezionale legata all’epidemia che ha
portato all’accorpamento, non adducono circostanze, che dovrebbero risultare
esse stesse eccezionali, in ragione delle quali l’accorpamento inciderebbe sul
diritto all’effettuazione del voto referendario e sul suo esercizio (ordinanza n. 169
del 2011);
che tale non
appare la possibilità che esso sia influenzato da posizioni politiche diverse,
giacché sempre le forze politiche hanno dato indicazioni agli elettori anche
sui referendum costituzionali; del resto, come questa Corte ha già evidenziato,
la logica referendaria è intrecciata a quella della democrazia rappresentativa,
non separata da essa (sentenza n. 118 del
2015); né può dirsi che la contestualità tra differenti campagne elettorali
comporti, di per sé, una penalizzazione degli spazi d’informazione dedicati
alla campagna referendaria;
che, d’altra
parte, l’eventuale maggiore affluenza alle urne nelle Regioni e nei Comuni ove
si tengono elezioni non pregiudica, in quanto tale, lo svolgimento del voto
referendario, per il quale non è previsto, tra l’altro, un quorum strutturale;
che, in ogni caso,
la Costituzione non attribuisce al Comitato promotore, che nel giudizio in
esame agisce in rappresentanza di una minoranza parlamentare, una funzione di
generale tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell’intero
corpo elettorale, che sarebbe lesa – asserisce il ricorrente – «di riflesso»
dalla violazione di tale diritto;
che, quindi, la parte
ricorrente ha agito al di fuori delle proprie attribuzioni costituzionali in
relazione alle modalità di svolgimento del procedimento referendario;
che, in
conclusione, assorbita ogni altra questione, anche cautelare, deve essere
dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato promosso dal Comitato promotore della consultazione referendaria sul
testo di legge costituzionale recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59
della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari».
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12
agosto 2020.
F.to:
Marta CARTABIA,
Presidente
Giuliano AMATO,
Redattore
Filomena PERRONE,
Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 13 agosto 2020.