Ordinanza n. 43 del 1983

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ORDINANZA N. 43

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Comitato promotore del referendum abrogativo degli artt. 1 e 1 bis del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza), convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91, nei confronti del Presidente della Repubblica, in relazione all'atto di promulgazione della legge 29 maggio 1982, n. 297, giudizio iscritto al n. 28 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 21 dicembre 1982 il Giudice relatore Antonio La Pergola.

Ritenuto che il Comitato promotore del referendum abrogativo degli artt. 1 e l - bis del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 ("Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza"), convertito con modificazioni nella legge 31 marzo 1977, n. 91, ha con ricorso depositato nella Cancelleria della Corte il 5 giugno 1982 sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente della Repubblica, in relazione all'atto con cui detto organo ha promulgato la legge 29 maggio 1982, n. 297 (Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 1982, n. 147);

che si assume la sussistenza dei requisiti prescritti per la rituale instaurazione della prospettata controversia, e precisamente:

a) sotto il profilo soggettivo, si deduce la legittimazione dei promotori del referendum a sollevare il conflitto e la legittimazione passiva dell'organo, e potere dello Stato, nei confronti del quale il ricorso é prodotto;

b) sotto il profilo oggettivo, si asserisce, poi, che la legge n. 297 del 1982 ha abrogato le disposizioni del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, nelle more della procedura referendaria riguardo ad esse promossa dagli stessi ricorrenti, e che successivamente l'Uffico Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, ha - con ordinanza resa, ex art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, il 3 giugno 1982 - dichiarato cessate le relative operazioni; si afferma altresì che la sopravvenuta legge di abrogazione é stata emanata senza l'osservanza delle regole costituzionali che garantirebbero il diritto di emendamento, garantito, come corollario del diritto di iniziativa, a ciascun membro delle Camere, anche in seno alle commissioni in sede referente (artt. 71, primo comma e 72, primo comma, Cost.), mentre con altro motivo di ricorso si delinea la violazione degli artt. 1 e 75 Cost., per avere il Governo posto la questione di fiducia sul disegno della legge anzidetta, volto ad evitare la consultazione referendaria, e così, si soggiunge, ad attrarre nel regime del rapporto fiduciario deliberazioni che andavano invece riservate alla distinta sfera, in cui opera, attraverso l'istituto dell'abrogazione popolare, il principio della democrazia diretta; si assume di conseguenza illegittimo, e lesivo degli interessi dei ricorrenti, l'impugnato atto promulgativo: e così si configura il potere - dovere del Presidente della Repubblica di "negare tale atto e di avvalersi della facoltà prevista dall'art. 74 della Costituzione", in rapporto ai pretesi vizi procedurali della legge n. 297 del 1982, nonché "alla rottura costituzionale avviata con la posizione della fiducia e concretatasi" con l'approvazione della legge, alla quale avrebbe concorso "anche la promulgazione della legge stessa";

ritenuto che alla Corte viene pertanto richiesto in via preliminare di dichiarare ammissibile il prospettato conflitto e, in via definitiva, previa dichiarazione di illegittimità costituzionale, della legge n. 297 del 1982 per violazione degli artt. 1, 71, 72 e 75 Cost., "di annullare l'atto di promulgazione della legge medesima ed i successivi atti ed effetti che ad esso conseguano";

considerato che la Corte é chiamata in questa fase a deliberare senza contraddittorio se il ricorso sia ammissibile, in quanto esiste la materia di un conflitto la cui soluzione spetti alla sua competenza, rimanendo impregiudicata, ove la pronuncia sia di ammissibilità, la facoltà delle parti di proporre, nel corso ulteriore del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni; che secondo la giurisprudenza della Corte occorre al riguardo esaminare se concorrano i requisiti di ordine oggettivo e soggettivo prescritti dal primo comma dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953: e cioè se il conflitto sorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartengono, e per la delimitazione della sfera di attribuzioni, determinata, per i vari poteri, da norme costituzionali;

considerato, in primo luogo, che dai ricorrenti non si deduce alcuna carenza od incompetenza del potere legislativo con riguardo alle statuizioni investite della richiesta del referendum, nemmeno nell'ipotesi in cui, come qui accade, la consultazione referendaria sia già stata indetta; né si prospettano altri argomenti, in base ai quali possa comunque ritenersi che nella specie difettasse il potere di promulgazione spettante al Presidente della Repubblica: si censura, se mai, l'esercizio di tale potere, di fronte all'asserita infrazione delle regole concernenti l'esame del disegno di legge in sede di commissione referente, e alla "rottura costituzionale", che si concreterebbe nella promulgazione del testo legislativo, in merito al quale il Governo aveva - illegittimamente, si assume - posto la questione di fiducia alla Camera dei Deputati;

considerato, poi, che con le testé richiamate deduzioni dei ricorrenti non si prospettano comunque gli estremi di alcun conflitto di attribuzione: si richiede invero alla Corte di annullare l'impugnato atto promulgativo, previa dichiarazione d'incostituzionalità della legge promulgata; senonché, l'eventuale adozione di una simile pronunzia implicherebbe, evidentemente, il venir meno della legge, insieme con il relativo atto di promulgazione;

che, per ciò stesso, non risulta sussistere alcun possibile autonomo oggetto della controversia che andrebbe instaurata in questa sede esclusivamente nei confronti del Presidente della Repubblica, e in relazione all'atto con cui detto organo ha attestato l'avvenuta perfezione della legge;

considerato, infine, che il ricorso in esame dovrebbe ritenersi inammissibile, pur a voler ammettere che i promotori del referendum abbiano in definitiva inteso di sollevare il conflitto nei riguardi del potere legislativo, quindi non avverso l'autonomo atto di promulgazione, bensì avverso la legge promulgata, in quanto perfetta ed anzi già efficace: giacché, a tacer d'altro, la sfera, che i ricorrenti assumono lesa, risulta invece tutelata, anche in quest'ultimo caso, grazie all'apposito controllo esercitato - dopo l'entrata in vigore della legge medesima - dall'Ufficio Centrale. Spetta infatti a detto Ufficio stabilire, ex art. 39 della legge n. 352 del 1970, se il quesito già destinato al vaglio del corpo elettorale possa - secondo i criteri altrove enunciati dalla Corte (sentenze nn. 68 e 69/1978 e 30 e 31/1980) - essere trasferito alla normativa sopravvenuta nel corso della procedura referendaria.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALUGINI - Livio PALADIN – Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 28 febbraio 1983.