ORDINANZA N. 137
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri
dello Stato sorto a seguito degli artt. 1, comma 2, 2, comma 1, lett. c) e d),
7, comma 2, della deliberazione della Commissione parlamentare per l'indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisi del
29 marzo 2000, recante “Comunicazione politica, messaggi autogestiti,
informazione e tribune della concessionaria del servizio radiotelevisivo
pubblico per la campagna referendaria
Udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che
Daniele Capezzone, Michele De Lucia e Mariano Giustino, con ricorso depositato
il 27 aprile 2000, nella qualità di presentatori e
promotori dei referendum abrogativi
indetti per il 21 maggio 2000, sollevano conflitto di attribuzione nei
confronti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la
vigilanza dei servizi radiotelevisivi e dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, in relazione, rispettivamente, agli artt. 1, comma 2, 2, comma
1, lett. c) e d), 7, comma 2, della deliberazione approvata il 29 marzo 2000,
recante “Comunicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune
della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico per la campagna
referendaria
che, secondo i ricorrenti, la Commissione parlamentare e
l’Autorità per le garanzie avrebbero <<fatto cattivo uso dei poteri loro
spettanti>>, in quanto gli atti impugnati non applicherebbero
correttamente la legge 22 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di
accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie
e per la comunicazione politica), così pregiudicando, in violazione dell'art.
75 della Costituzione, la formazione della volontà dei cittadini chiamati ad
esprimere il proprio voto il 21 maggio 2000;
che, a loro
avviso, la legge n. 28 del 2000 disciplinerebbe sia la cd. "comunicazione
politica", sia la cd. "comunicazione
istituzionale" (artt. 5, comma 1, e 9),
stabilendo che le amministrazioni pubbliche devono svolgere una adeguata
attività di informazione, obiettiva e neutrale, in ordine al significato ed
alle modalità del voto, recando quindi norme caratterizzate da <<profili
di obbligatorietà costituzionale>>, in quanto asseritamente
attuative degli artt. 1, 48, 3, secondo comma, e 75 della Costituzione;
che, secondo i
ricorrenti, la Commissione parlamentare - legittimata a resistere nel giudizio,
dato che i provvedimenti da essa emanati sarebbero strumentali alla attuazione
del principio del pluralismo e costituirebbero espressione di attribuzioni di
livello costituzionale - con la deliberazione in esame avrebbe disciplinato con
modalità insufficienti la cd. "comunicazione istituzionale";
che, a loro
avviso, l’Autorità per le garanzie - legittimata a resistere nel giudizio, in
quanto <<nulla impedisce di ritenere che nella Costituzione risieda la attribuzione>>
della <<funzione di garanzia dell'imparzialità e della completezza
dell'informazione relativa al voto referendario>> - nel caso in esame
avrebbe esercitato non correttamente i propri poteri, perché la deliberazione
impugnata sarebbe censurabile per gli stessi vizi che caratterizzano l'atto
della Commissione parlamentare;
che i
ricorrenti chiedono, infine, che la Corte annulli - previa sospensiva - i
richiamati provvedimenti della Commissione parlamentare e dell'Autorità per le
garanzie e che, in linea gradata, sollevi di fronte a
sé questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 1, e 9 della
legge n. 28 del 2000, <<nella parte in cui non prevedono le misure
legislative minime atte ad assicurare la presenza e l’efficacia>> della comunicazione
istituzionale, in riferimento agli artt. 1, 3, secondo comma, 21, 48 e 75 della
Costituzione.
Considerato che, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa
Corte è chiamata preliminarmente a decidere, con ordinanza in camera di
consiglio, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il
profilo dell'esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti
alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi, di cui
al primo comma del citato art. 37, restando impregiudicata ogni ulteriore
questione, anche in punto di ammissibilità;
che, sotto il profilo della legittimazione dei
ricorrenti, questa Corte ha già riconosciuto agli elettori, in numero non
inferiore a 500.000, sottoscrittori della richiesta di referendum - dei quali i promotori sono competenti a dichiarare la
volontà in sede di conflitto - la titolarità, nell'ambito della procedura
referendaria, di una funzione costituzionalmente rilevante e garantita, in
quanto essi attivano la sovranità popolare nell'esercizio dei poteri
referendari e concorrono con altri organi e poteri al realizzarsi della
consultazione popolare (ex plurimis, ordinanza n. 131 del
1997);
che, ancora sotto il profilo soggettivo, va riconosciuta
la legittimazione passiva della Commissione parlamentare per l'indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in quanto, come già
affermato da questa Corte, essa è organo competente a dichiarare
definitivamente la volontà della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica nella materia dell'informazione e della propaganda concernente il
procedimento di referendum abrogativo
(sentenza n. 49
del 1998; ordinanza
n. 171 del 1997);
che il ricorso va invece dichiarato inammissibile nei
confronti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in quanto essa,
benché goda di una posizione di particolare indipendenza all'interno
dell'ordinamento, esercita attribuzioni disciplinate dalla legge ordinaria,
prive - al pari di quelle svolte dal preesistente Garante per la
radiodiffusione e l'editoria al quale è succeduta - di uno specifico rilievo
costituzionale, quindi non idonee a fondare la competenza della medesima a
dichiarare definitivamente la volontà di uno dei poteri dello Stato (cfr. ordinanza n. 226 del
1995), cosicché l'impugnata deliberazione non può essere presa in
considerazione in questa sede;
che, relativamente al requisito oggettivo, esiste la
materia del conflitto, in quanto i ricorrenti deducono che la deliberazione
della Commissione parlamentare da essi impugnata, nella parte in cui disciplina
la <<comunicazione istituzionale>> con regole e criteri asseritamente generici ed insufficienti, strutturalmente
inidonei alla concretizzazione dei principi contenuti nella legge n. 28 del
2000, recherebbe vulnus ad
attribuzioni costituzionalmente garantite dall'art. 75 della Costituzione;
che, infine, restando impregiudicata la questione in
ordine all'ammissibilità della sospensione dell'atto impugnato nel giudizio sui
conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato (ordinanza n. 171 del
1997), non sussistono i presupposti per l'accoglimento della domanda
cautelare, in quanto non v'è luogo a disporre una misura sospensiva inerente ad
una deliberazione che, in ogni caso, realizza già, a detta degli stessi
ricorrenti, <<una minuziosa e dettagliata disciplina degli aspetti
relativi alla comunicazione politica>>, soltanto al dichiarato scopo di
determinare nei confronti della Commissione parlamentare uno <<stimolo a
provvedere>> in ordine all'ampliamento degli spazi della
<<comunicazione istituzionale>>.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
ammissibile il conflitto di attribuzione in epigrafe nei confronti della
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi;
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato
nei confronti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in riferimento
alla deliberazione da essa emanata, indicata in epigrafe;
dispone che la Cancelleria della Corte dia immediata
comunicazione della presente ordinanza ai ricorrenti e che, a cura degli stessi
ricorrenti, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 maggio 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata
in cancelleria il 12 maggio 2000.