ORDINANZA
N. 1
ANNO 1979
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Leonetto AMADEI, Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof.
Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo
REALE
Dott.
Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio
PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof.
Virgilio ANDRIOLI,
ORDINANZA
sul ricorso
proposto da Maria Luisa Galli, Maria Luisa Zardini, Esperia Volpe, in nome e
per conto del comitato promotore del "referendum abrogativo degli artt.
546, 547, 548, 549, secondo comma, 550, 551, 552, 554, 555 del codice penale, emanato
con R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398", quale rappresentante dei firmatari
della relativa richiesta, pervenuto in cancelleria il 23 ottobre 1978 ed
iscritto al n. 14 del registro a.r. 1978, per conflitto di attribuzioni sorto a
seguito dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte
di cassazione, depositata nella cancelleria della Corte di cassazione il 26
maggio 1978, con la quale si dichiara che "le operazioni di cui alla
richiesta di referendum popolare, presentata il 12 luglio 1975 per
l'abrogazione degli artt. 546, 547, 548, 549, secondo comma, 553, 554, 555
codice penale non hanno più corso".
Udito nella
camera di consiglio del 20 novembre 1978 il Giudice relatore Antonio La
Pergola.
Ritenuto che
il Comitato promotore del referendum abrogativo ha, in rappresentanza dei
firmatari della relativa richiesta, sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di
cassazione, deducendo, con ricorso in data 23 ottobre 1978: che, nel corso
della procedura conseguente alla presentazione della anzidetta richiesta di
referendum, il Parlamento ha, con l'articolo 22 della legge 22 maggio 1978, n.
194 - "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria della gravidanza" - abrogato l'intero titolo X del libro II
c.p., in cui si trovano tutte le norme, delle quali era stata chiesta
l'abrogazione popolare; che nella specie vengono in considerazione i criteri
enunciati da questa Corte nelle sentenze nn. 68 e 69 del 1978: e
precisamente, vertendo la richiesta di referendum sull'abrogazione di un
organico complesso di norme, che l'Ufficio centrale era tenuto, prima di
dichiarare cessate le relative operazioni ai sensi dell'art. 39 della legge n.
352 del 1970, a valutare se la nuova disciplina lasciasse sostanzialmente
inalterati i principi informatori della preesistente legislazione oggetto del
quesito referendario, ed in questa evenienza a disporre che il referendum fosse
trasferito alla normazione sopravvenuta; che l'Ufficio centrale avrebbe
erroneamente applicato l'art. 39 della legge n. 352 del 1970 al caso in esame,
ritenendo che la legge 22 maggio 1978 abbia modificato i principi informatori
delle norme contemplate dalla richiesta di abrogazione popolare, laddove, alla
stregua dei canoni ermeneutici indicati nelle citate sentenze di questa Corte,
esso avrebbe dovuto ritenere il contrario; che pertanto l'ordinanza
dell'Ufficio centrale, depositata il 26 maggio 1978, avrebbe, col dichiarare
cessate le operazioni referendarie, violato l'interesse costituzionalmente
protetto dei promotori del referendum, ed invaso la sfera a questi riservata.
Ritenuto che
dai ricorrenti viene chiesto a questa Corte di dichiarare che all'Ufficio centrale
non é attribuito il potere di disporre la cessazione delle operazioni di cui
alla richiesta di referendum riguardante gli artt. 546, 547, 548, 549, secondo
comma, 550, 551, 552, 554 e 555 del codice penale, e di annullare
conseguentemente l'ordinanza dell'Ufficio centrale del referendum depositata in
data 26 maggio 1978.
Considerato
che a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge n. 87 del 1953, la
Corte é in questa fase chiamata a deliberare senza contraddittorio se il
ricorso sia ammissibile, in quanto esista "la materia di un conflitto la
cui risoluzione spetti alla sua competenza", rimanendo impregiudicata, ove
la pronuncia sia di ammissibilità, la facoltà delle parti di proporre, nel
corso ulteriore del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni.
Che, secondo
la giurisprudenza di questa Corte, per determinare se vi sia materia di
conflitto deve accertarsi unicamente, in via di prima deliberazione, la
concorrenza dei requisiti di ordine soggettivo ed oggettivo prescritti dal
primo comma dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953, e cioè se il conflitto
sorga fra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere
cui appartengono, e per la delimitazione della sfera di attribuzioni,
determinata, per i vari poteri, da norme costituzionali.
Che, dal
punto di vista soggettivo - come questa Corte ha in altre pronunzie affermato (ordinanza n. 17
e sentenza n. 69
del 1978) - la frazione del corpo elettorale, identificata dall'art. 75
della Costituzione in almeno cinquecentomila elettori firmatari di una
richiesta di referendum abrogativo, é, in virtù delle funzioni ad essa
attribuite e garantite, assimilabile ad un potere dello Stato, e così
legittimata a sollevare conflitto di attribuzione ai sensi degli artt. 134
Cost. e 37 della legge 87 del 1953; che competenti a dichiarare in questa sede
le volontà dei firmatari della richiesta devono considerarsi i promotori ed, in
quanto sono anche i promotori, i presentatori della richiesta stessa; che
d'altra parte sussiste la legittimazione passiva dell'Ufficio centrale presso
la Corte di cassazione; in quanto organo investito, in via esclusiva e
definitiva, del potere sia di decidere sulla legittimità delle richieste di
referendum abrogativo, sia di disporre la cessazione delle relative operazioni,
nei limiti previsti, secondo la sentenza n. 68 del
1978, nell'art. 39 della legge 352 del 1970.
Che, sotto il
profilo oggettivo, il conflitto sollevato attiene alla sfera di applicazione
dell'istituto del referendum abrogativo configurato dal testo costituzionale,
essendo stato dedotto dai ricorrenti che l'Ufficio centrale non aveva il potere
di disporre la cessazione delle operazioni relative al referendum abrogativo
degli artt. 546, 547,548,549, secondo comma, 550, 551, 552,554, 555 codice
penale: e cioè sull'assunto che ai promotori del referendum é garantita la
funzione di provocare lo svolgimento della consultazione popolare anche con
riguardo alle norme sopravvenute nelle more della procedura, le quali risultino
ispirate agli stessi principi informatori delle norme inizialmente indicate
nella richiesta di referendum.
PER
QUESTI MOTIVI
LA
CORTE COSTITUZIONALE
riservato
ogni definitivo giudizio circa l'ammissibilità e circa il merito del ricorso;
dichiara
ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953, il ricorso per
conflitto di attribuzione di cui in epigrafe.
Dispone:
a) che la
cancelleria della Corte dia immediata comunicazione al comitato ricorrente,
nelle persone di tutti i suoi componenti come indicato in ricorso, della
presente ordinanza;
b) che, a
cura del comitato ricorrente il ricorso e la presente ordinanza siano
notificati all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di
cassazione, entro 20 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione di
cui sopra.
Così deciso
in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, l'8 gennaio 1979.
Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo
VOLTERRA - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE
- Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo
MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in
cancelleria il 9 gennaio 1979.