Sentenza n. 337 del 2009

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SENTENZA N. 337

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                 AMIRANTE                          Presidente

- Ugo                          DE SIERVO                          Giudice     

- Paolo                        MADDALENA                                “

- Alfio                         FINOCCHIARO                              “

- Alfonso                    QUARANTA                                    “

- Franco                      GALLO                                             “

- Gaetano                    SILVESTRI                                      “

- Sabino                      CASSESE                                         “

- Maria Rita                SAULLE                                           “

- Giuseppe                  TESAURO                                        “

- Paolo Maria              NAPOLITANO                                “

- Giuseppe                  FRIGO                                              “

- Alessandro               CRISCUOLO                                   “

- Paolo                        GROSSI                                            “

 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito delle note della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia del 16 ottobre 2008, n. V2004/02645/GA/329641, e 7 novembre 2008, n. V2004/02645/GA/331032, promosso dalla Regione Siciliana con ricorso notificato il 15 dicembre 2008, depositato in cancelleria il 23 dicembre 2008 ed iscritto al n. 28 del registro conflitti tra enti 2008.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 3 novembre 2009 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi l’avvocato Giovanni Pitruzzella per la Regione Siciliana e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 15 dicembre 2008 e depositato il successivo 23 dicembre, la Regione Siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alle note 16 ottobre 2008, n. V2004/02645/GA/329641, e 7 novembre 2008, n. V2004/02645/GA/331032, della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia, per violazione degli artt. 5, 68, 103, 116 e 122 della Costituzione, nonché degli artt. 4, 6 e 12 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e dell’art. 70-bis del regolamento interno dell’Assemblea regionale siciliana 17 marzo 1949 (Regolamento interno dell’Assemblea regionale siciliana).

2. – La ricorrente riferisce che la Procura regionale della Corte dei conti con la prima nota ha richiesto all’Assemblea regionale siciliana, ai sensi dell’art. 74 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), il parere espresso dalla VI Commissione legislativa «Servizi sociali e sanitari» sull’atto aggiuntivo del 4 ottobre 2005 alla convenzione del 31 marzo 2001 tra la Regione Siciliana e la Croce Rossa Italiana; il relativo verbale di seduta, n. 179 del 19 ottobre 2005, comprensivo di emendamenti; le generalità complete e la residenza dei deputati che avevano deliberato con voto favorevole gli emendamenti e il predetto parere.

Con nota del 30 ottobre 2008, l’A.R.S. ha provveduto a trasmettere, ai sensi dell’art. 34 del proprio regolamento interno, il bollettino della seduta n. 179 del 2005 della VI Commissione legislativa permanente, in quanto «atto destinato ad assicurare la pubblicità dei lavori delle Commissioni». Peraltro l’A.R.S. ha precisato che detta documentazione non avrebbe potuto essere utilizzata per «sindacare l’attività politica di qualsivoglia organo di quest’Assemblea regionale».

La Procura regionale, con l’impugnata nota del 7 novembre 2008, ha reiterato la richiesta negli stessi termini della precedente. In particolare, nell’assegnare all’A.R.S. un termine per l’evasione della stessa, la Procura ha rilevato come la richiesta di trasmissione dei relativi atti riposasse sulla necessità di procedere all’accertamento di «una ipotesi di danno erariale ben specificata», al fine di «assicurare l’effettività dell’esercizio della giurisdizione in materia contabile», ai sensi del combinato disposto degli artt. 101 e 103 della Costituzione.

  3. – In punto di ammissibilità, la difesa regionale rammenta che oggetto dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni possono essere anche atti giurisdizionali che siano ritenuti lesivi di attribuzioni costituzionali, purché non si risolvano in mezzi impropri di censura del modo di esercizio della funzione giurisdizionale. Al tempo stesso, la configurazione dei conflitti di attribuzione comprende pure quelli di menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnata ad un altro soggetto.

Per la difesa regionale tali presupposti ricorrono nel caso di specie.

4. – Nel merito, la difesa regionale sviluppa anzitutto la tesi secondo la quale l’espressione «autorità amministrative» di cui all’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934 non può includere anche l’Assemblea legislativa regionale.

Sul punto, la difesa regionale afferma che questa Corte avrebbe escluso che l’Assemblea regionale siciliana possa essere configurata come organo amministrativo.

  Per la ricorrente, infatti, in relazione ad organi come l’A.R.S. o, in genere, i Consigli regionali, la nozione di «autorità amministrativa» di cui all’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934, deve essere intesa nel senso che, mentre ricomprende le attività delle assemblee regionali di carattere amministrativo (vale a dire le attività di organizzazione degli uffici e quelle attinenti al personale dipendente), esclude, invece, dal proprio ambito le attività inerenti allo svolgimento delle funzioni legislative e quelle direttamente strumentali all’esercizio di queste ultime (attività ispettive, commissioni d’inchiesta, poteri di controllo politico).

Pertanto, secondo la difesa regionale, la VI Commissione legislativa «Servizi sociali e sanitari» non può essere considerata una «autorità amministrativa», trattandosi al contrario di un organo titolare della funzione legislativa e di ulteriori funzioni «direttamente strumentali» all’esercizio di quest’ultima.

5. – Inoltre la difesa regionale sottolinea che, nell’ambito dell’ordinamento regionale siciliano, l’esercizio della funzione di controllo dell’A.R.S. nei confronti dell’esecutivo è stato codificato dall’art. 70-bis del regolamento interno dell’A.R.S., il cui primo comma prevede e disciplina i pareri delle Commissioni dell’Assemblea. Per la ricorrente, dunque, la richiesta della Procura regionale della Corte dei conti interferisce nella procedura contemplata dal citato art. 70-bis e, di conseguenza, riguarda una attività per ciò sottratta al sindacato giurisdizionale del giudice contabile.

  L’attività posta in essere dalla VI Commissione legislativa riposa innanzitutto sull’art. 11, comma 2, della legge regionale 30 dicembre 2000, n. 36 (Norme concernenti la medicina dello sport e la tutela sanitaria delle attività sportive. Proroga del termine per la gestione del sistema di emergenza e del numero unico 118 di cui al comma 1 dell’art. 39 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30), nonché sull’art. 21 della «Convenzione per lo svolgimento delle attività di trasporto sanitario e di emergenza», in virtù del quale «ogni modifica alla presente Convenzione o atto aggiuntivo ad essa dovranno essere sottoposti al preventivo parere della Commissione legislativa sanità e servizi sociali».

Sicché, il combinato disposto delle suddette disposizioni «indubitabilmente chiarisce come la VI Commissione legislativa abbia reso il suddetto parere nel pieno esercizio di una funzione di “controllo e direzione (lato sensu) politica”, rientrante nell’alveo della relativa prerogativa costituzionalmente garantita».

  Inoltre la difesa regionale aggiunge che l’art. 6 dello statuto speciale della Regione stabilisce che «i deputati non sono sindacabili per i voti dati nell’Assemblea regionale e per le opinioni espresse nell’esercizio della loro funzione».

L’estensione dell’immunità dei deputati regionali sarebbe da intendere come riferibile anche alle funzioni amministrative attribuite all’assemblea legislativa regionale.

  In definitiva, la Regione ricorrente ritiene acquisito il dato per cui l’insindacabilità parlamentare, anche a livello regionale, si estende a tutti «quei comportamenti che, pur non rientrando fra gli atti tipici, siano collegati da nesso funzionale con l’esercizio delle attribuzioni proprie dell’organo di appartenenza».

Atteso che l’ordinamento interno dell’A.R.S. incontra il solo limite della Costituzione e dello statuto speciale, alla difesa regionale appare evidente che la suddetta area funzionale, sulla quale si estende il vincolo di insindacabilità, configura un limite di carattere «oggettivo», e non già solo «soggettivo», all’esplicazione del potere (anche meramente istruttorio) della Procura contabile.

6. – Infine, la difesa regionale esclude che la cognizione della Corte dei conti possa estendersi al di là dei confini espressamente stabiliti dal legislatore.

Ciò perché la Costituzione avrebbe prefigurato il giudice contabile alla stregua di un giudice amministrativo speciale, titolare della giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. Entro tale cornice deve essere letto l’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934 ed i relativi mezzi istruttori previsti dalla citata norma.

  Nel caso di specie, i limiti opponibili alla giurisdizione contabile sarebbero quelli fissati dagli artt. 4 e 6 dello statuto speciale della Regione Siciliana, dall’art. 70-bis del regolamento interno dell’A.R.S. e, «di riflesso», dagli artt. 68, 122 e 103 della Costituzione. Nella medesima prospettiva risulterebbero altresì violati l’art. 12 dello statuto speciale e gli artt. 5 e 116 della Costituzione.

Infine, nonostante la Procura regionale motivi la richiesta «per ragioni di giustizia» e la fondi «sull’accertamento di una ipotesi di danno erariale ben specificata», per la ricorrente la ratio sottesa alla medesima richiesta documentale resta implicita e, dunque, generica rispetto alle finalità istruttorie cui sarebbe preordinata.

7. – La Regione Siciliana ha, altresì, chiesto la sospensione cautelare degli effetti degli atti impugnati.

  8. – Con atto depositato il 23 gennaio 2009, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

  9. – In punto di fatto, il resistente riferisce che la Croce Rossa Italiana – Comitato regionale di Palermo, è affidataria del servizio di emergenza “118”, per effetto della convenzione stipulata il 31 marzo 2001 con la Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 39 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30. Il servizio è gestito per il tramite di una società interamente partecipata dalla Croce Rossa Italiana.

  Il citato art. 39 prevede che la gestione della rete per l’emergenza sia attivato mediante la stipulazione di una apposita convenzione, da sottoporre al preventivo parere della competente commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana. La predetta convenzione, al punto 2 dell’art. 21, prevede che «ogni modifica o atto aggiuntivo ad essa dovranno essere sottoposti al preventivo parere della commissione legislativa sanità e servizi sociali».

La medesima convenzione contemplava una dotazione di 167 ambulanze.

Con delibera della Giunta regionale n. 424 del 20 settembre 2005, il servizio 118 è stato incrementato di ulteriori 64 ambulanze con equipaggio. Nella seduta n. 179 del 19 ottobre 2005, la VI Commissione legislativa, chiamata a rendere il prescritto parere, ha richiesto un ulteriore incremento del parco mezzi pari a 49 ambulanze, nel contempo individuando tra i precari il personale che la società incaricata dalla Croce Rossa Italiana avrebbe dovuto assumere per far fronte al potenziamento del servizio.

Con delibera della Giunta regionale n. 55 del 13 febbraio 2006, è stato stipulato il secondo atto aggiuntivo, disponendo l’incremento delle ambulanze e accogliendo le proposte della VI Commissione sul personale da assumere.

  10. – L’Avvocatura generale dello Stato reputa, innanzitutto, inammissibile il ricorso, sotto un duplice profilo.

10.1. – In primo luogo, la Regione non denuncerebbe, in realtà, uno straripamento del potere di indagine della giurisdizione contabile fino all’esercizio diretto di un’attività demandata invece alla Commissione assembleare, bensì un mero difetto di giurisdizione della Corte dei conti. La questione, pertanto, dovrebbe essere sollevata, quando ne concorressero le condizioni di proponibilità, avanti alle Sezioni unite della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 41 cod. proc. civ., o con impugnazione ex art. 362 cod. proc. civ. della eventuale sentenza che venisse emessa all’esito del giudizio scaturito dall’iniziativa della Procura regionale.

10.2. – In secondo luogo, la mera richiesta di atti da parte del pubblico ministero contabile, finalizzata ad individuare i presupposti oggettivi e soggettivi per l’esercizio dell’azione di competenza, non configurerebbe in alcun modo un sindacato immediato sulla attività dei deputati, al fine di farne valere un’eventuale responsabilità.

11. – Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene infondato il ricorso anzitutto perché l’attività demandata alla suddetta Commissione non può essere qualificata come «politica», poiché deve intervenire in un procedimento di organizzazione di un particolare aspetto del servizio sanitario regionale disciplinato dagli artt. 36 e 39 della legge regionale n. 30 del 1997. Ogni successivo intervento di pubblici poteri, ivi compresa la Commissione assembleare che emette i pareri sulle convenzioni, avrebbe, quindi, natura amministrativa.

La difesa erariale sostiene, dunque, che l’attività della Commissione in questo campo non ha alcun collegamento con le attribuzioni legislative dell’A.R.S. ed «è certamente attività di diritto pubblico “non legislativa” e, pertanto, suscettibile di produrre un danno erariale, conoscibile dalla Corte dei conti nell’ambito della sua giurisdizione contabile».

Infatti con il proprio parere la Commissione si sarebbe inserita attivamente nel procedimento di gestione del servizio, incrementando il numero di ambulanze e dando direttive sulle modalità di assunzione del personale.

Per il resistente, la richiesta istruttoria è specificamente connessa all’accertamento di un’ipotesi di danno erariale ben specificata, in quanto sono stati richiesti atti e dati espressamente individuati ed al fine di svolgere accertamenti fondati sulla sussistenza di una specifica notizia di danni.

12. – Quanto alla richiesta di sospensiva, la parte resistente ne lamenta l’inammissibilità per mancata specificazione dei motivi e del pregiudizio grave ed irreparabile dinanzi ad una semplice richiesta istruttoria.

13. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la Regione Siciliana ha depositato memoria, insistendo sulle conclusioni già formulate.

In punto di ammissibilità del ricorso, la Regione contesta l’affermazione dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui esso introdurrebbe una questione di giurisdizione, dal momento che nel caso di specie non verrebbe in considerazione la misura della «competenza giurisdizionale della Corte dei conti», ma il rispetto delle «attribuzioni costituzionalmente riconosciute alla Regione», che un atto giurisdizionale avrebbe leso.

Nel merito, la Regione ribadisce le proprie censure, replicando in particolare alla tesi dell’Avvocatura generale dello Stato secondo cui dovrebbe ritenersi “politica” la sola funzione legislativa, giacché la stessa funzione “esecutiva” potrebbe condividere con la prima un siffatto carattere, così escludendosi l’applicabilità dell’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934.

Il parere reso dalla VI Commissione, in altri termini, non potrebbe in nessun caso ritenersi espressivo di un’attività meramente amministrativa, ma rientrerebbe nell’area funzionale che connota le attribuzioni costituzionali dell’Assemblea legislativa.

Considerato in diritto

1 – La Regione Siciliana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in riferimento alle note 16 ottobre 2008, n. V2004/02645/GA/329641, e 7 novembre 2008, n. V2004/02645/GA/331032, della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia, per violazione delle attribuzioni derivanti dagli artt. 5, 68, 103, 116 e 122 della Costituzione, nonché dagli artt. 4, 6 e 12 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana) e dall’art. 70-bis del regolamento dell’Assemblea regionale siciliana 17 marzo 1949 (Regolamento interno dell’Assemblea regionale siciliana).

Con le note succitate la Procura generale della Corte dei conti siciliana ha richiesto all’Assemblea regionale siciliana, ai sensi dell’art. 74 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti) la trasmissione, ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione per danno erariale, del parere espresso dalla VI Commissione legislativa “Servizi sociali e sanitari” sull’atto aggiuntivo del 4 ottobre 2005 alla convenzione del 31 marzo 2001 tra la Regione Siciliana e la Croce Rossa Italiana, stipulato dall’assessore regionale per la sanità, del relativo verbale, nonché delle generalità ed indirizzi dei consiglieri regionali che hanno espresso voto favorevole.

Secondo la ricorrente la pretesa della Procura generale costituirebbe una lesione della sfera delle attribuzioni costituzionali e statutarie dell’Assemblea regionale siciliana, dal momento che quest’organo non potrebbe essere ricondotto alla nozione di “autorità amministrativa”, cui si riferisce l’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934, nello stabilire che il PM contabile «può chiedere in comunicazione atti e documenti in possesso» di tali autorità.

Inoltre, il difetto dei presupposti legali per l’esercizio del potere istruttorio di cui al citato art. 74 determinerebbe, nel caso di specie, uno sconfinamento dello Stato dai limiti assegnati alla giurisdizione contabile dall’art. 103 Cost.

Sempre a parere della ricorrente, si sarebbe in ogni caso in presenza di un’iniziativa istruttoria di carattere generico ed indeterminato, con la quale la Procura contabile intenderebbe affermare un potere di controllo generalizzato e permanente sull’attività dell’Assemblea regionale, che non le spetterebbe affatto.

Infine, sarebbe leso il principio espresso dall’art. 6 dello statuto e dagli artt. 68 e 122, quarto comma, Cost., dell’insindacabilità dei deputati regionali per le opinioni espresse ed i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni, da considerare riferibili, secondo la ricorrente, anche alle eventuali funzioni amministrative che si dovessero ritenere attribuite all’Assemblea regionale.

La Corte dovrebbe, per tali ragioni, sospendere in via cautelare gli atti impugnati, poi dichiarare che non spettava l’adozione di essi al PM contabile e di conseguenza annullare gli atti impugnati.

2. – In via preliminare, occorre decidere le eccezioni di inammissibilità del conflitto sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato, che non sono fondate.

In primo luogo, si afferma che la ricorrente, non avendo contestato alla Procura contabile di avere voluto esercitare la funzione di controllo politico sull’attività della Giunta, che si intende tutelare in capo alla Commissione assembleare per mezzo dell’odierno conflitto, avrebbe dedotto un mero difetto di giurisdizione, proponibile innanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.

L’eccezione è chiaramente non fondata, anzitutto perché pretende di confinare il conflitto di attribuzione alla sola vindicatio potestatis, ignorando che esso può originarsi anche da una menomazione delle altrui attribuzioni costituzionali (tra le molte, da ultimo si veda la sentenza n. 195 del 2007); inoltre si trascura che, nel caso di specie, l’eventuale difetto di giurisdizione contabile implicherebbe, secondo la prospettazione della ricorrente, anche una lesione delle prerogative costituzionali dell’Assemblea regionale, la cui cognizione è di sicura spettanza di questa Corte, come già ritenuto in analoghe fattispecie (sentenze n. 337 del 2005, n. 100 del 1995 e n. 209 del 1994).

In secondo luogo, l’Avvocatura ritiene inammissibili le censure fondate sulla dedotta violazione della sfera di insindacabilità dei deputati regionali, poiché le note istruttorie oggetto del conflitto si limiterebbero ad adempiere ad una finalità conoscitiva, che non potrebbe preludere ad un’immediata azione di responsabilità nei confronti dei membri della Commissione assembleare.

In senso contrario, è agevole osservare che entrambi gli atti impugnati richiedono la trasmissione delle generalità complete dei soli componenti della Commissione che hanno espresso voto favorevole sulla proposta di parere: è ovvio che tale richiesta, indirizzata ad individuare nominativamente i deputati regionali che hanno concorso alla produzione del preteso danno erariale, costituisce atto prodromico perlomeno alla valutazione, da parte della Procura, della sussistenza degli estremi della responsabilità amministrativa dei deputati stessi, con implicito riconoscimento della sindacabilità giurisdizionale del voto da questi espresso.

Vero è, invece, che tale doglianza andrà presa in esame con riferimento al solo art. 6 dello statuto, giacché a tale disposizione, e non agli artt. 68 e 122, quarto comma, Cost., deve attribuirsi la disciplina del regime di insindacabilità dei deputati regionali siciliani.

3. – Nel merito, va premesso che la funzione consultiva esercitata dalla VI Commissione legislativa, oggetto dell’iniziativa della Procura contabile, è stata originariamente prevista dall’art. 39, comma 2, della legge della Regione Siciliana 7 agosto 1997, n. 30 (Misure di politiche attive del lavoro in Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. Norme in materia di attività produttive e di sanità. Disposizioni varie), con cui si è stabilito che la gestione del servizio di emergenza sanitaria “118” fosse affidata fino al 31 dicembre 2000 ad enti pubblici per mezzo di una convenzione «da sottoporre al parere della competente Commissione legislativa».

Successivamente il termine originariamente previsto è stato prorogato dall’art. 11, comma 1, della legge della Regione Siciliana 30 dicembre 2000 n. 36 (Norme concernenti la medicina dello sport e la tutela sanitaria delle attività sportive. Proroga del termine per la gestione del sistema di emergenza e del numero unico 118 di cui al comma 1 dell’art. 39 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30) ed il comma 2 del medesimo articolo ha aggiunto che la nuova convenzione, valevole per il triennio 2001-2003, da stipularsi ad opera dell’assessore alla sanità, avrebbe dovuto essere sottoposta a «conforme parere favorevole» della medesima Commissione.

Questa convenzione, approvata in data 31 marzo del 2001 tra Regione e Croce Rossa Italiana, prevede, a sua volta, all’art. 21, comma 2, che «ogni modifica alla presente Convenzione o atto aggiuntivo ad essa dovranno essere sottoposti al preventivo parere della Commissione legislativa Sanità e servizi sociali».

Successivamente la gestione del servizio di emergenza sanitaria “118” è stata prorogata al 31 dicembre 2004 dall’art. 109 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003) ed al 31 dicembre 2006 dall’art. 105, comma 1, della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003).

In tale contesto, la Giunta regionale, con delibera n. 424 del 20 settembre 2005, ha “dato mandato” all’assessore regionale, affinché fosse apportata una modifica alla convenzione del 31 marzo 2001, ampliando la dotazione di ambulanze e di equipaggio disponibile.

L’atto aggiuntivo alla convenzione del 4 ottobre 2005, stipulato in tal senso, è stato conseguentemente assoggettato al parere della VI Commissione assembleare, che, nel recepirlo, vi ha altresì introdotto, sotto forma di “emendamenti”, gli artt. 1-bis e 4-bis, con cui si è disposto un ulteriore incremento delle ambulanze ed i criteri per l’individuazione del personale necessario al rafforzamento del servizio.

Tale parere, integralmente accolto dalla Giunta con la conclusiva deliberazione n. 55 del 13 febbraio 2006, costituisce l’oggetto dell’iniziativa istruttoria della Procura contabile, al fine di apprezzare la sussistenza degli estremi dell’eventuale danno erariale.

4. – Il ricorso non è fondato.

4.1. – Non fondato, anzitutto, è il rilievo per cui la Procura contabile intenderebbe rivendicare l’esercizio di un potere generalizzato e permanente di controllo sull’attività assembleare, che certamente non le spetta, secondo quanto più volte affermato da questa Corte (si vedano le sentenze n. 337 del 2005, n. 100 del 1995 e n. 104 del 1989).

Peraltro, entrambe le note censurate della Procura regionale della Corte dei conti indicano a ragione giustificatrice dell’iniziativa la finalità di accertare il «danno erariale derivante dall’affidamento e dalla gestione del servizio di emergenza/urgenza 118» e richiedono a tale scopo la trasmissione di alcuni dati relativi allo specifico parere espresso in proposito dalla VI Commissione dell’Assemblea regionale.

L’oggetto dell’attività istruttoria posta in essere è, pertanto, pienamente identificato e delimitato dalle stesse note ritenute lesive dalla ricorrente, sicché queste ultime debbono essere valutate quali atti tipicamente indirizzati all’esercizio delle prerogative proprie della giurisdizione contabile, con effetti limitati all’ambito della sola fattispecie concreta rilevante a tali fini.

4.2. – La Regione ricorrente sostiene, inoltre, che l’Assemblea legislativa, e per essa le Commissioni permanenti in cui tale organo si articola (art. 4 dello statuto), in nessun caso potrebbe ritenersi “autorità amministrativa” soggetta al potere istruttorio di cui all’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934, giacché essa eserciterebbe, secondo il disegno statutario, solo la funzione legislativa e le funzioni direttamente strumentali rispetto a quest’ultima.

Tale censura merita di essere esaminata unitamente all’ulteriore doglianza, secondo la quale, nel caso di specie, il difetto assoluto di giurisdizione della magistratura contabile ne avrebbe determinato uno sconfinamento dai limiti ad essa assegnati dall’art. 103 Cost., cui sarebbe seguita la lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione. Difatti, è ovvio che il carattere tipico e formalizzato del potere istruttorio attivato dalla Procura contabile consentirebbe di ravvisare nella condotta del PM la menomazione delle attribuzioni regionali, solo qualora esse potessero, in via eccezionale, fungere da limite al compimento delle prerogative inquirenti, finalizzate all’esercizio della giurisdizione contabile.

Tale assunto trova, tuttavia, puntuale smentita nella consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale ha già ripetutamente riconosciuto che l’Assemblea regionale, non diversamente dai Consigli regionali (sentenze n. 392 del 1999; n. 289 del 1997; n. 209 del 1994, relativa specificamente all’A.R.S.), soggiace all’esercizio del potere di indagine previsto dall’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934.

Infatti, deroghe alla giurisdizione comune «sono ammissibili soltanto nei confronti di organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, e perciò situati al vertice dell’ordinamento, in posizione di assoluta indipendenza e di reciproca unità» (sentenze n. 129 del 1981 e n. 110 del 1970): tale non è la posizione dell’Assemblea regionale, cui compete una sfera costituzionalmente protetta non già di sovranità, ma di autonomia (sentenze n. 115 del 1972 e n. 66 del 1964, quanto all’Assemblea regionale; sentenze n. 279 del 2008 e n. 301 del 2007, tra le molte concernenti i Consigli regionali).

Né può sostenersi – come fa la difesa regionale riferendosi a risalente giurisprudenza di questa Corte – che le attribuzioni dell’A.R.S. sono solo legislative o politiche e “non amministrative” (sentenza n. 66 del 1964, e, con esclusivo riferimento alle Commissioni permanenti, sentenza n. 2 del 1959).

Il disegno costituzionale concernente i Consigli regionali (art. 121 Cost.) si è, infatti, mostrato sufficientemente elastico per consentire, gradualmente, che tali organi venissero ad esercitare, unitamente alle fondamentali funzioni legislative, di indirizzo politico e di controllo, nonché di autoorganizzazione (sentenza n. 70 del 1985), anche altre funzioni amministrative, secondo una linea normativa di sviluppo «di per sé sicuramente compatibile con le norme costituzionali» (sentenza n. 69 del 1985). Di essa questa Corte ha riconosciuto la conformità al modello statutario siciliano già con la sentenza n. 88 del 1973, «comunque si preferisca classificare la funzione esplicantesi attraverso […] nomine e designazioni», attribuita nel caso di specie all’organo legislativo regionale.

Quando, pertanto, le Commissioni permanenti dell’Assemblea regionale esercitano funzioni amministrative non riconducibili a forme di autoorganizzazione, esse debbono ritenersi soggette al potere istruttorio attribuito alla Procura contabile dall’art. 74 del r.d. n. 1214 del 1934: la censura della ricorrente è per tali ragioni non fondata.

4.3. – Una volta escluso che, in linea di principio, l’Assemblea regionale si sottragga ai poteri istruttori della Procura contabile ove abbia esercitato, in concreto, una funzione amministrativa, resta da decidere se i componenti di essa possano ritenersi personalmente responsabili per avere concorso a tale attività, ovvero se essa debba ricomprendersi nell’area dell’insindacabilità per i voti dati, loro garantita dall’art. 6 dello statuto.

È su questo piano distinto, infatti, che la ricorrente sviluppa un’ulteriore censura, con la quale si denuncia che l’iniziativa del PM contabile sia preordinata all’affermazione di responsabilità dei deputati regionali per danno erariale, nonostante essi, per mezzo del parere reso in Commissione, abbiano a tutti gli effetti esercitato una funzione di indirizzo politico nei confronti della Giunta regionale, avente ad oggetto le condizioni di stipula dell’atto aggiuntivo alla convenzione del 31 marzo 2001.

Questa Corte osserva a tal proposito che, senza alcun dubbio, l’insindacabilità dei deputati regionali concerne qualsivoglia funzione loro conferita dalla Costituzione e dalle fonti normative cui essa rinvia, quand’anche essa assuma «forma amministrativa» (sentenza n. 81 del 1975), poiché «il criterio di delimitazione dell’immunità consiliare non sta nella forma amministrativa degli atti […], bensì nella fonte attributiva delle funzioni stesse. Sono coperte dall’immunità le funzioni amministrative attribuite al Consiglio regionale in via immediata ed esclusiva dalla Costituzione e da leggi dello Stato. Non sono, per contro, coperte dall’immunità eventuali altre funzioni amministrative, attribuite al Consiglio dalla normativa regionale» (sentenza n. 69 del 1985).

Infatti, a seguito del fenomeno appena ricordato di accrescimento normativo dei compiti amministrativi dell’organo legislativo regionale, questa Corte è stata chiamata a discernere l’area delle funzioni tipiche dei Consigli (legislative, di indirizzo e controllo politico, ma anche di tipo amministrativo purché strettamente finalizzate a garantire l’autonomo funzionamento dei Consigli regionali), e pertanto tutelate dalle apposite disposizioni di cui agli artt. 121 e 122 Cost. (e dalle disposizioni corrispondenti per le Regioni ad autonomia particolare e per le Province autonome), dalle altre funzioni di tipo amministrativo che ai Consigli regionali siano attribuite dalla legislazione statale e regionale.

Così la sentenza n. 81 del 1975 ha ricondotto sotto la sfera della insindacabilità sancita dall’art. 122 Cost. una delibera consiliare di approvazione della stipula di un contratto di assicurazione dei consiglieri regionali, ma solo perché essa rappresentava una forma di «esplicazione di una funzione consiliare per garantire […] l’autonomia del Consiglio».

In generale, va ricordato che le sentenze n. 69 e n. 70 del 1985 (e poi analogamente le sentenze n. 289 del 1997 e n. 392 del 1999) hanno distinto dall’area insindacabile, riferita alle funzioni legislative, di indirizzo politico e di controllo, di autoorganizzazione interna, nonché a quelle aggiuntive determinate dal legislatore nazionale, un’area invece pienamente sindacabile, costituita dalle altre e diverse funzioni amministrative, determinate dalle varie fonti regionali.

Ancora di recente si è chiarito sul punto, con un ragionamento valevole anche per le Regioni ad autonomia speciale, che nessuna fonte regionale potrebbe introdurre «nuove cause di esenzione dalla responsabilità penale, civile o amministrativa, trattandosi di materia riservata alla competenza esclusiva del legislatore statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.» (sentenza n. 200 del 2008).

Quanto all’odierno conflitto, va conseguentemente esclusa l’idoneità delle leggi regionali che hanno previsto e disciplinato il parere reso dalla Commissione consiliare a fungere da base normativa per l’applicabilità della guarentigia assicurata dall’art. 6 dello statuto; a maggior ragione, e ovviamente, tale conclusione andrebbe tenuta ferma, ove si volesse giustificare l’esercizio della funzione consultiva sulla base dell’art. 21 della convenzione del 31 marzo 2001, che espressamente la prevede in ordine agli eventuali “atti aggiuntivi”.

Si tratta, invece, di interrogarsi sulla riconducibilità di siffatta attività consultiva alle funzioni di indirizzo politico e di controllo, esercitabili dall’Assemblea regionale siciliana nei riguardi della Giunta, e che trovano un fondamento di rilievo costituzionale nello statuto: esse, infatti, non appaiono in linea di principio estranee al modello di “consonanza politica” che, allo stato, caratterizza anche la forma di governo vigente nella Regione Siciliana (sentenze n. 352 del 2008 e, quanto alle Regioni a statuto ordinario, n. 12 del 2006), pur in un contesto di indubitabile rafforzamento del Presidente della Regione (sentenza n. 352 del 2008).

4.4. – Sul piano di indagine appena accennato, è opinione della ricorrente che la riferibilità del parere (di cui alle note impugnate) alle funzioni statutariamente proprie dell’Assemblea regionale deriverebbe (oltre che dagli artt. 5 e 116 Cost., e dall’art. 12 dello statuto, che sono, invece, parametri palesemente inconferenti) dall’art. 4 dello statuto regionale, che si riferisce al regolamento interno dell’organo legislativo, come fonte legittimata a disciplinare «l’esercizio delle funzioni spettanti all’Assemblea regionale»: dal momento che l’art. 70-bis (Regolamento interno dell’Assemblea regionale siciliana) disciplina le modalità con cui le Commissioni permanenti si pronunciano, ove il Governo regionale sia per legge tenuto a richiedere un parere parlamentare in ordine ad atti che rientrano nella sua competenza, anche il surrichiamato parere sarebbe riconducibile all’esercizio di una funzione di indirizzo politico dell’Assemblea nei riguardi della Giunta, che dovrebbe ritenersi insindacabile.

Questa Corte osserva, in senso contrario, che il regolamento interno dell’Assemblea, fonte dotata in sé di «minor rilievo normativo» e di «minor grado di autonomia» rispetto ai regolamenti delle Camere (sentenza n. 288 del 1987), può disciplinare l’esercizio delle funzioni assembleari conformemente alla forma di governo definita dallo statuto regionale, come modificato nel caso di specie dall’art. 1 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, ma non invece modificarne i confini: le modalità entro cui si manifesta il rapporto politico tra Assemblea e Giunta non sono, in altri termini, oggetto di competenza regolamentare, né, su un piano distinto, può ammettersi che il regolamento interno introduca nuove cause di esenzione dalla giurisdizione, che non discendano direttamente dall’impianto statutario.

Del resto, è ovvio che, nel caso oggetto di conflitto, la decisione sostanziale di coinvolgere l’Assemblea nell’esercizio di una funzione amministrativa spettante al Governo regionale non è stata assunta in forza dell’art. 70-bis del regolamento interno, che si limita a predisporre in via astratta un procedimento, ma dalla legislazione regionale.

Su tale piano, va ribadito che proprio la pluralità delle leggi regionali che, anche in Sicilia, prevedono l’inserimento dell’organo legislativo in fasi relative ai procedimenti amministrativi regionali o gli attribuiscono  compiti di controllo su atti della Giunta comporta la necessità di discernere, con l’attenzione dovuta alla tutela del fondamentale principio di legalità, quanto sia effettivamente riconducibile alle tipiche funzioni dell’Assemblea, quali definite dallo statuto regionale ed eventualmente dalla legge statutaria, da quanto non possa che restare soggetto, in virtù di una “copertura” dovuta alla sola legislazione regionale, al regime giuridico proprio dell’ordinaria attività amministrativa.

Per quanto attiene specificamente ai pareri, questa Corte non esclude in via astratta che essi vengano espressi dall’Assemblea o dalle sue articolazioni interne, al fine di manifestare nei confronti della Giunta un orientamento politico in ordine a questioni di ordine generale, sulle quali l’organo legislativo intende esercitare il proprio indirizzo sul consonante Governo della Regione. In siffatte occasioni, resta ovviamente ferma sia la competenza di quest’ultimo ad adottare l’atto, ove prevista dalla legge, sia l’assunzione di responsabilità, conseguente a tale decisione, nei confronti dell’Assemblea.

L’insindacabilità, in tal caso, dell’attività svolta dai consiglieri regionali deriverà dal fatto che con esso l’Assemblea non ha inteso intromettersi nella  gestione affidata al Governo regionale (art. 20 dello statuto), ma si è resa partecipe, nei limiti previsti dallo statuto, delle scelte strategiche che connotano l’indirizzo politico regionale, conformemente alla natura, che le è propria, di organo legislativo, dotato di “autonomia politica” (sentenza n. 66 del 1964).

Si tratta, ora, di verificare, alla luce di tali premesse, la natura propria del parere che ha originato il presente conflitto.

Contrariamente a quanto asserito dalla difesa regionale, l’attività svolta dalla Commissione consiliare non può essere ricondotta a «funzioni direttamente strumentali all’esercizio della funzione legislativa» e neppure alla «funzione di controllo e direzione (lato sensu) politica», rientrante nell’alveo della insindacabilità.

Al contrario, essa è consistita in un mero concorso all’azione provvedimentale dell’esecutivo regionale: la Commissione, nella seduta del 19 ottobre 2005, non solo ha approvato il testo dell’«atto aggiuntivo alla Convenzione con la C.R.I. del 31 marzo del 2001 e successive proroghe», ma vi ha apportato alcuni “emendamenti”, che sono poi stati integralmente recepiti nell’atto aggiuntivo deliberato dalla Giunta.

Tali emendamenti, ben lontani dall’esprimere un indirizzo politico, si sono ridotti alla previsione che si sarebbe dovuto ulteriormente incrementare il numero delle ambulanze in servizio, selezionando il personale tra i soggetti indicati dalla Commissione stessa.

La circostanza per cui l’art. 11 della legge regionale n. 36 del 2000 abbia previsto che il parere reso dalla Commissione avesse carattere “conforme”, impedendo così alla Giunta di discostarsene, ove avesse inteso procedere, non fa altro che rafforzare la conclusione già tratta: l’assunzione, da parte dell’Assemblea, di una funzione consultiva, prevista dalla legislazione regionale, ha avuto per effetto di coinvolgere la competente Commissione nel procedimento amministrativo finalizzato alla gestione di un servizio pubblico.

Tale attività di carattere amministrativo sfugge all’insindacabilità garantita dall’art. 6 dello statuto ai deputati regionali, e conseguentemente è soggetta alla giurisdizione contabile.

Spettava, pertanto, alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia adottare le note istruttorie oggetto di conflitto.

5. – La presente decisione, risolvendo il merito del conflitto, determina non luogo a provvedere in ordine all’istanza cautelare proposta dalla ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia, adottare, ai sensi dell’articolo 74 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, le note 16 ottobre 2008, n. V2004/02645/GA/329641, e 7 novembre 2008, n. V2004/02645/GA/331032 nei confronti dell’Assemblea regionale siciliana, in relazione ad un parere reso dalla VI Commissione permanente di tale Assemblea.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 dicembre 2009.