Sentenza n. 2 del 1959
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SENTENZA N. 2

ANNO 1959

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Tomaso PERASSI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 12 giugno 1958 recante "Ordinamento e compiti dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 21 giugno 1958, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 30 giugno 1958 ed iscritto al n. 14 del Registro ricorsi 1958.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 17 dicembre 1958 la relazione del Giudice Tomaso Perassi;

uditi il vice avvocato generale dello Stato Cesare Arias per il ricorrente e l'avv. Francesco Santoro Passarelli per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 12 giugno 1958, ha approvato una legge recante "Ordinamento e compiti dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori", con la quale viene sottoposta a nuova disciplina la materia oggetto delle precedenti leggi regionali 18 gennaio 1949, n. 1, 3 luglio 1950, n. 52, 3 luglio 1950, n. 53, e 18 febbraio 1956, n. 11.

Tale legge é stata comunicata il 16 giugno 1958 al Commissario dello Stato presso la Regione siciliana, che l'ha impugnata dinanzi a questa Corte, chiedendo che sia dichiarata costituzionalmente illegittima, con ricorso notificato il 21 successivo al Presidente della Regione.

Del ricorso, per disposizione del Presidente di questa Corte, é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 161 del 5 luglio 1958 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 41 del 9 luglio 1958. In pendenza del ricorso, la legge impugnata é stata promulgata in data 24 luglio col n. 19 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 26 luglio 1958, n. 44.

Il Commissario dello Stato si é costituito in giudizio, col patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, depositando il ricorso nella cancelleria di questa Corte, in data 30 giugno 1958. Col deposito delle deduzioni, in data 19 luglio 1958 si é pure costituita in giudizio la Regione siciliana, col patrocinio dell'avv. Francesco Santoro Passarelli.

La denunzia di illegittimità costituzionale, fatta col ricorso del Commissario dello Stato, riguarda tre sole disposizioni della legge regionale impugnata:

a) la disposizione dell'art. 24, secondo comma, con la quale si subordina al conforme parere della prima Commissione legislativa dell'Assemblea regionale l'esecutività del regolamento e delle tabelle organiche dell'Ente siciliano case ai lavoratori (E.S.C.A.L.), deliberati dal Consiglio di amministrazione dello stesso Ente;

b) la disposizione dell'art. 15, ultimo comma, con la quale si stabilisce che per gli acquisti di aree di proprietà privata da cedersi gratuitamente all'Ente siciliano per le case ai lavoratori, sono estesi ai Comuni i benefici fiscali concessi all'Ente;

c) la disposizione dell'art. 8, lett. b, che include nel patrimonio dell'E.S.C.A.L. gli immobili "costruiti in esecuzione dei programmi edilizi attuati col finanziamento o col contributo dello Stato".

I motivi per cui vengono impugnate queste tre disposizioni sono, rispettivamente, i seguenti:

a) Il principio della distribuzione di competenza fra gli organi dei pubblici poteri caratterizza l'organizzazione costituzionale, non solo dello Stato, ma anche delle Regioni. Le sfere di attribuzione dei poteri legislativo ed esecutivo, nella Regione siciliana, sono delimitate dagli artt. 12, 14, 17 e 20 dello Statuto speciale. É vero che l'indicato principio incontra deroghe e temperamenti, perché le esigenze pratiche non consentono una rigida separazione delle attività pubbliche, ma si tratta sempre di ipotesi in cui si verifica "spostamento di competenza", nel senso che agli organi di un potere sono eccezionalmente attribuite funzioni proprie di un altro potere, non mai di ipotesi in cui alla formazione di un medesimo atto concorrano organi appartenenti a poteri diversi. La norma contenuta nell'art. 24, secondo comma, della legge regionale impugnata prevede invece la partecipazione, per di più in modo determinante, di un organo del potere legislativo (Prima Commissione dell'Assemblea regionale) al processo di formazione di un atto formalmente e sostanzialmente amministrativo, quale é, nella specie, il regolamento organico dell'E.S.C.A.L. Non solo vi é invasione della sfera di competenza assegnata agli organi amministrativi della Regione, ma si dà vita a un provvedimento di atipica configurazione giuridica, con conseguente incertezza sui rimedi giurisdizionali sperimentabili in caso di lesione di interessi o di diritti soggettivi.

b) Riguardo alla disposizione dell'art. 15 della legge impugnata, si rileva nel ricorso del Commissario dello Stato che nell'esercizio della potestà legislativa tributaria, riconosciutale dall'art. 36 dello Statuto, la Regione siciliana deve attenersi ai principi informatori della legislazione statale. Nell'ordinamento statale le agevolazioni fiscali per l'acquisto di aree edificabili sono tutte preordinate alla esecuzione diretta del programma costruttivo da parte dello stesso acquirente dell'area e non si applicano nei casi di costruzioni eseguite da persone ed enti diversi dal compratore. L'art. 15 della legge impugnata, stabilendo che i comuni possano acquistare le aree edificabili da cedere gratuitamente all'E.S.C.A.L. con gli stessi benefici fiscali previsti per gli acquisti diretti da parte dell'Ente, introduce un tipo di esenzione tributaria che non trova il suo corrispondente nella legislazione statale, ed é perciò costituzionalmente illegittimo.

c) Rispetto all'art. 8, lett. b, della legge impugnata, che include nel patrimonio dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori "gli immobili costruiti in esecuzione dei programmi edilizi attuati col finanziamento e col contributo dello Stato, la cui proprietà non sia trasferita a privati assegnatari e fino a quando ciò non avvenga", si osserva nel ricorso che la concessione di finanziamenti per la costruzione di case é disposta dallo Stato con leggi che disciplinano l'impiego dei fondi assegnati e le modalità di acquisto della proprietà degli immobili costruiti da parte degli enti beneficiari delle assegnazioni o dei privati assegnatari. La Regione siciliana non può interferire in tale disciplina, perché ciò esula dalla competenza assegnatale dallo Statuto sia in materia di patrimonio e finanze che in materia di lavori pubblici. Di qui la illegittimità costituzionale dell'art. 8, lett. b, della legge impugnata.

La difesa della Regione eccepisce l'infondatezza della prima e della terza questione di legittimità costituzionale sollevate dal Commissario dello Stato; l'inammissibilità, e subordinatamente l'infondatezza, della seconda questione.

Il principio della divisione dei poteri - sostiene la difesa della Regione con riferimento alla prima questione - é un principio informativo e direttivo dell'ordinamento, compatibile con le interferenze rese necessarie per provvedere nel miglior modo a specifiche esigenze. E non solo é possibile che funzioni proprie di un determinato potere vengano esercitate da organi di un potere diverso, ma vi sono anche casi di concorso degli organi di un potere all'attività degli organi di un altro potere. Fra questi casi si possono annoverare quelli previsti dagli artt. 88 e 126 della Costituzione, 4 della legge statale 10 agosto 1950, n. 656 (controllo del Parlamento sulle opere da eseguirsi dalla Cassa del Mezzogiorno), e, per rimanere nell'ambito della stessa legislazione regionale, il caso previsto dall'art. 1 della legge siciliana 26 gennaio 1949, n. 4, che fu ritenuto sostanzialmente legittimo dall'Alta Corte per la Regione siciliana, con il quale si subordinava l'esercizio della potestà legislativa, temporaneamente delegata al Governo, al conforme parere delle Commissioni legislative permanenti dell'Assemblea, nei limiti delle rispettive competenze.

D'altra parte - prosegue la difesa della Regione - il principio della divisione dei poteri in tanto può aver rilevanza in quanto trovi concreta applicazione in norme costituzionali. Invece nessuna norma costituzionale riserva all'Amministrazione della Regione la deliberazione dei regolamenti interni degli enti pubblici. Poiché anzi l'art. 14, lett. p e q, dello Statuto riserva alla competenza legislativa esclusiva della Regione l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali e lo stato giuridico dei relativi impiegati e funzionari, é lecito ritenere che con la legge impugnata, la quale attribuisce al Consiglio di amministrazione dell'E.S.C.A.L. di deliberare il regolamento dell'Ente e le tabelle organiche del personale, "che avrà lo stato giuridico ed economico del personale dipendente dalla Regione", sia stata posta in essere una delega di potestà regolamentare dalla Regione all'Ente, e che anche perciò si giustifichi l'ingerenza del potere legislativo regionale nell'attività dell'Ente delegato.

La forma di controllo prevista dall'art. 24 della legge impugnata - sostiene ancora la Regione - non importa concorso del potere legislativo nella formazione del regolamento e delle tabelle organiche dell'E.S.C.A.L., perché solo l'esecutività di tali atti é condizionata al parere della Commissione legislativa. Gli atti in sé stessi sono sempre imputabili all'organo amministrativo che li ha deliberati e quindi non può esservi nemmeno incertezza sulla configurazione giuridica dei medesimi.

L'inammissibilità della seconda questione di legittimità costituzionale prospettata col ricorso viene dedotta dalla difesa della Regione per il rilievo che l'art. 15, ultimo comma, della legge impugnata riproduce ad litteram una disposizione che era già contenuta nella precedente legge regionale 18 febbraio 1956, n. 11. L'acquiescenza dello Stato alla norma precedente, contro la quale non fu proposta alcuna impugnativa, precluderebbe l'impugnazione della norma nuova, di carattere meramente confermativo. La questione di legittimità costituzionale sarebbe, comunque, infondata sia perché gli acquisti delle aree edificabili da parte dei Comuni avrebbero un carattere meramente strumentale, essendo preordinati alla cessione gratuita delle stesse aree all'E.S.C.A.L., sia perché anche nella legislazione statale sarebbero previste agevolazioni fiscali per gli acquisti, da parte dei Comuni, di aree destinate alla costruzione di case economiche e popolari (art. 153 T.U. del 1938 sull'edilizia popolare ed economica; D.L.C.P.S. 8 maggio 1947, n. 395, e successive modificazioni).

Per quanto riguarda, infine, la terza questione di legittimità costituzionale, la difesa della Regione nega, innanzi tutto, che esista riserva di legge a favore dello Stato in ordine ai diritti di proprietà sugli immobili costruiti col finanziamento statale. Fa rilevare, d'altra parte, che la norma contenuta nell'art. 8, lett. b, della legge impugnata é del tutto conforme ai principi civilistici e non suscettibile di censura, essendo ovvio che se il finanziamento viene fatto all'E.S.C.A.L., che costruisce su aree di sua proprietà, gli immobili costruiti devono rimanere di proprietà dello stesso Ente finché non avvenga il trasferimento ai singoli assegnatari.

Entrambe le parti, nei termini di legge, hanno presentato memorie illustrative.

L'Avvocatura dello Stato confuta le eccezioni della difesa della Regione ed insiste per la dichiarazione di illegittimità delle norme impugnate della legge regionale.

Per quanto riguarda l'art. 24, secondo comma, l'Avvocatura nega che sussista analogia fra la disposizione ivi contenuta e i precedenti legislativi richiamati dalla Regione. Nei casi indicati dalla Regione, il parere di Commissioni legislative per determinati atti del potere esecutivo non sarebbe mai vincolante. Nel caso della norma impugnata, invece, il parere della prima Commissione dell'Assemblea regionale dev'essere un parere conforme e quindi vi é una vera e propria collaborazione fra organi diversi per la formazione di un medesimo atto. Né, d'altra parte, sarebbe possibile l'analogia con l'ipotesi prevista dall'art. 1 della legge regionale 26 gennaio 1949, n. 4, che si riferisce a concorso fra organi dello stesso potere. Del tutto arbitrario, infine, - secondo l'Avvocatura - sarebbe il riferimento all'art. 14 dello Statuto siciliano, fatto dalla Regione per trarne la conseguenza che all'E.S.C.A.L. sia stata delegata una potestà regolamentare dagli organi legislativi regionali: nella specie all'E.S.C.A.L. sarebbe stato demandato di emettere un regolamento di esecuzione e non un regolamento delegato.

Per quanto riguarda l'art. 15, ultimo comma, della legge impugnata, l'Avvocatura dello Stato nega innanzi tutto che l'impugnazione sia preclusa, sostenendo che trattasi di norma autonoma rispetto a quella contenuta nella legge precedente, non impugnata. Insiste, nel merito, sulla dedotta incostituzionalità della norma, per i motivi già esposti dal Commissario dello Stato nel suo ricorso.

Infine, per quanto riguarda l'art. 8, lett. b, della legge in questione, l'Avvocatura dello Stato nega che la presunzione di diritto civile, secondo cui il proprietario del suolo diventa proprietario dell'immobile ivi costruito, possa aver valore di fronte alle leggi di diritto pubblico che stabiliscono il regime della proprietà degli immobili costruiti con finanziamenti e contributi statali. La competenza a stabilire tale regime non potrebbe che spettare allo Stato.

La difesa della Regione, nella sua memoria, insiste nelle eccezioni sollevate con l'atto di costituzione, ribadendo e illustrando le precedenti argomentazioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Nel ricorso del Commissario dello Stato si denunzia, in primo luogo, per illegittimità costituzionale la norma, contenuta nel secondo comma dell'art. 24 della legge approvata il 12 giugno 1958 dall'Assemblea regionale siciliana, recante "Ordinamento e compiti dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori", secondo la quale "il regolamento e le tabelle organiche del personale (deliberati dal Consiglio di amministrazione), diventano esecutivi sul parere conforme della prima Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana".

Ai fini di decidere la questione, così proposta, sulla legittimità costituzionale di detta norma, é anzitutto necessario precisare la portata di essa.

Secondo il Commissario dello Stato e l'Avvocatura generale dello Stato, la disposizione del secondo comma dell'art. 24 stabilisce un'interferenza di organi legislativi nella perfezione di un atto amministrativo, la cui formazione non era avocata al potere legislativo, ma era rimasta affidata ad organi dell'Amministrazione. Stabilendo tale concorso attivo e determinante fra un organo amministrativo (Consiglio di amministrazione dell'Ente) ed un organo del potere legislativo (Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana) la disposizione dell'art. 24 della legge impugnata ha violato sia la Costituzione per quanto riguarda le varie norme relative alla divisione dei poteri, sia specificamente l'art. 20 dello Statuto per la Regione siciliana, che attribuisce all'Amministrazione regionale le funzioni esecutive ed amministrative.

Non sembra che la disposizione dell'art. 24, che subordina al parere conforme della prima Commissione legislativa dell'Assemblea regionale l'esecutività del regolamento e delle tabelle organiche del personale, deliberati dal Consiglio di amministrazione dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori, darebbe luogo ad un concorso di un organo del potere legislativo con un organo amministrativo per la formazione di un medesimo atto amministrativo.

La determinazione del regolamento e delle tabelle del personale dell'Ente é l'oggetto di un atto amministrativo, la cui formazione risulta dalla deliberazione di un solo organo amministrativo: il Consiglio di amministrazione dell'Ente. Il parere della Commissione legislativa dell'Assemblea sarebbe un atto amministrativo distinto e successivo a quello formato dalla deliberazione del Consiglio d'amministrazione dell'Ente. Tale parere non sarebbe un elemento che si fonda con la deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'Ente, ma é un atto amministrativo separato ed accessorio che, in quanto sia conforme, opererebbe come condizione dell'esecutività della deliberazione del Consiglio d'amministrazione concernente il regolamento e le tabelle organiche del personale dell'Ente. Deliberazione del Consiglio di amministrazione e parere conforme della Commissione legislativa dell'Assemblea non si porrebbero fra loro nella connessione che é caratteristica degli atti complessi, sia pure ineguali.

Le considerazioni, che precedono, non implicano, tuttavia, la soluzione della questione sulla legittimità costituzionale della norma del secondo comma dell'art. 24 della legge regionale, in quanto attribuisce alla prima Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana la competenza ad emettere un parere vincolante, dal quale sarebbe condizionata l'esecutività del regolamento e delle tabelle organiche del personale, deliberati dal Consiglio di amministrazione dell'Ente.

La prima Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, alla quale la norma impugnata attribuisce la detta competenza, é una delle Commissioni permanenti previste dall'art. 4 dello Statuto della Regione siciliana e le cui funzioni sono determinate dall'art. 12, secondo comma, dello stesso Statuto e dalle disposizioni contenute nella sezione V del regolamento interno dell'Assemblea regionale. Le Commissioni legislative permanenti sono organi dell'Assemblea regionale, che hanno il compito di esaminare i disegni e le proposte di legge, che sono ad esse inviate dal Presidente dell'Assemblea secondo le rispettive competenze, e la loro attività si conclude con la presentazione all'Assemblea regionale di relazioni sui disegni o proposte di legge esaminati ai fini delle deliberazioni di competenza dell'Assemblea. Esse sono organi dell'Assemblea, la cui attività preparatoria di deliberazione dell'Assemblea si esaurisce nell'interno di questa. Ora, il comma secondo dell'art. 24 della legge regionale 24 luglio 1958, n. 19, attribuisce alla competenza della prima Commissione legislativa un atto ("parere conforme") che avrebbe rilevanza esterna, in quanto esso avrebbe l'effetto giuridico di condizionare l'efficacia di un atto amministrativo del Consiglio di amministrazione dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori, cioè di un ente che l'art. 1 della stessa legge qualifica come "persona giuridica di diritto pubblico". La norma impugnata esorbita dai poteri legislativi dell'Assemblea in quanto attribuisce alla prima Commissione legislativa una competenza che é del tutto estranea alle funzioni che, secondo l'art. 4 dello Statuto per la Regione siciliana, caratterizzano le Commissioni legislative permanenti quali organi dell'Assemblea regionale. La disposizione del secondo comma dell'art. 24 della legge regionale 24 luglio 1958, n. 19, é perciò da ritenersi costituzionalmente illegittima. Spetterà all'Assemblea regionale, ove lo ritenesse opportuno, disporre per l'esecutività del regolamento interno e delle tabelle organiche del personale dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori, deliberati dal Consiglio di amministrazione, altra eventuale forma di controllo speciale diversa da quella preveduta dal secondo comma dell'art. 24 della legge predetta.

2. - In secondo luogo, il Commissario dello Stato ha impugnato d'illegittimità costituzionale la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 15 della legge sull'Ente per le case ai lavoratori, secondo la quale "per gli acquisti di aree di proprietà privata sono estesi ai Comuni i benefici fiscali concessi all'Ente".

Tale disposizione riproduce testualmente il terzo comma dell'art. 1 della legge regionale 18 febbraio 1956, n. 11, che ha modificato l'art. 4 della legge 18 gennaio 1949, n. 1, concernente l'istituzione dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori.

La disposizione originaria, contenuta nell'art. 1 della legge regionale 18 febbraio 1956, n. 11, non fu impugnata dal Commissario dello Stato. Fondandosi su questo rilievo, la difesa della Regione eccepisce l'inammissibilità dell'attuale impugnazione della norma che ha testualmente riprodotto nella nuova legge quella precedente non impugnata.

Si rileva, a tale riguardo, che l'art. 25 della legge, di cui si impugna la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 15, ha espressamente disposto l'abrogazione, fra altre, della legge 18 febbraio 1956, n. 11, che aveva emanato la norma poi riprodotta nell'ultimo comma dell'art. 15 della legge di cui ora si tratta. Tale abrogazione ha avuto effetto dalla data di entrata in vigore di quest'ultima legge, che, come si é detto, in pendenza del ricorso del Commissario dello Stato, é stata promulgata in data 24 luglio 1958 col n. 19 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 26 luglio 1958, n. 44.

É esatto che questa legge riproduce testualmente nell'art. 15, ultimo comma, la disposizione contenuta nell'art. 1 della legge 18 febbraio 1956, n. 11, ma, secondo la giurisprudenza della Corte, la circostanza che non sia stata impugnata la disposizione contenuta nella legge 18 febbraio 1956, n. 11, ora abrogata, non toglie che la stessa disposizione, in quanto riprodotta nella legge 24 luglio 1958, n. 19, é da ritenersi una norma indipendente e nuova agli effetti dell'ammissibilità della sua impugnazione.

L'eccezione di inammissibilità dell'impugnazione della norma contenuta nell'art. 15 della legge 24 luglio 1958, n. 19, proposta dalla Regione é pertanto infondata.

Nel ricorso del Commissario dello Stato si sostiene l'illegittimità costituzionale della disposizione che estende ai Comuni, per gli acquisti di aree di proprietà privata, i benefici fiscali concessi all'Ente siciliano per le case ai lavoratori, rilevandosi che la norma impugnata non rispetta il limite delle esenzioni previste dalle leggi statali, in quanto secondo l'ordinamento tributario vigente le agevolazioni fiscali in materia di edilizia economica e popolare sono tutte preordinate alla esecuzione diretta del programma costruttivo da parte dello stesso acquirente dell'area e non si applicano nel caso di costruzione eseguita da altre persone od enti diversi dal compratore. Si osserva, in particolare, dall'Avvocatura dello Stato, che nel caso previsto dalla norma impugnata si ha un doppio passaggio di proprietà, anziché uno solo: un passaggio dal venditore dell'area al Comune ed un altro passaggio dal Comune all'Ente, né, a legittimare l'estensione ai Comuni delle esenzioni fiscali concesse all'Ente, é rilevante la circostanza che la legge fa obbligo al Comune di cedere gratuitamente all'Ente le aree occorrenti per le costruzioni.

Per valutare la censura di illegittimità costituzionale proposta dal Commissario dello Stato rispetto alla disposizione dell'ultimo comma dell'art. 15 della legge regionale, é necessario inquadrare la disposizione impugnata nel contesto dell'art. 15 della legge.

Gli acquisti di aree di proprietà privata, da parte dei Comuni, a cui si riferisce la disposizione impugnata, sono in relazione con la norma del primo comma dello stesso art. 15 della legge regionale, secondo la quale "per le case costruite, i Comuni devono cedere gratuitamente le aree di loro proprietà per la estensione e nella ubicazione che devono concordare con l'Ente, purché urbanisticamente idonee". Non é contestabile che l'acquisto di un'area di proprietà privata da parte del Comune per cederla all'Ente implica formalmente due passaggi di proprietà, dal privato al Comune e dal Comune all'Ente, ma, poiché per legge la cessione dell'area dal Comune all'ente é obbligatoria e gratuita, non sembra che l'estensione ai Comuni dei benefici fiscali concessi all'Ente per i quali non vi é impugnazione, ecceda sostanzialmente la competenza legislativa della Regione in materia di esenzioni fiscali, avuto riguardo allo scopo della legge ed ai rapporti in cui é posto dalla legge il Comune rispetto ai compiti dell'Ente di provvedere alla costruzione ed alla gestione, nel territorio della Regione, di alloggi a tipo popolare (art. 1 della legge).

3. - Nel ricorso del Commissario dello Stato, si impugna, infine, la disposizione dell'art. 8, lett. b, della legge regionale in quanto include nel patrimonio dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori gli immobili costruiti in esecuzione dei programmi edilizi attuati col finanziamento e col contributo dello Stato, la cui proprietà non sia trasferita a privati assegnatari e fino a quando ciò non avvenga. A tale riguardo, si rileva dal Commissario dello Stato che la Regione non può disporre con una sua legge di un patrimonio costituito in tutto o in parte con fondi dello Stato, in quanto la concessione dei finanziamenti é disposta dallo Stato con leggi che disciplinano l'impiego dei fondi assegnati e le modalità dell'acquisto della proprietà degli immobili costruiti da parte degli enti beneficiari delle assegnazioni e dei privati assegnatari.

Il T.U. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica (R.D. 28 aprile 1938, n. 1165), che disciplina la concessione di finanziamenti o contributi dello Stato per favorire l'edilizia popolare ed economica, non contiene alcuna disposizione dalla quale si desuma che gli immobili costruiti da enti beneficiari del finanziamento e del contributo dello Stato non siano di proprietà dell'Ente che li ha costruiti.

Da varie disposizioni del detto T.U. risulta che gli enti mutuatari di prestito o beneficiari di contributi dello Stato sono proprietari delle costruzioni da essi eseguite valendosi di tali prestiti o contributi, salve le disposizioni legislative che limitano la libertà degli enti mutuatari o beneficiari circa l'esecuzione delle costruzioni e la disponibilità di esse.

L'art. 162 dello stesso T.U., concedendo l'esenzione dall'imposta straordinaria immobiliare del 1936 agli enti e istituti autonomi per le case popolari, per le case degli impiegati dello Stato, delle provincie e dei comuni, nonché alle cooperative edilizie fruenti di contributo erariale, presuppone che tali enti, istituti e cooperative siano i proprietari degli immobili da essi costruiti col finanziamento o col contributo dello Stato. Così la giurisprudenza ha affermato che la proprietà degli alloggi costruiti dalle cooperative edilizie sovvenzionate resta nell'ente cooperativa fino alla stipulazione del mutuo individuale. In realtà la disposizione dell'art. 8, lett b, nel comprendere nel patrimonio dell'Ente gli immobili costruiti dall'Ente col finanziamento o col contributo dello Stato ha carattere puramente dichiarativo o descrittivo, in quanto la proprietà dell'Ente su detti immobili dipende da titoli che sono al di fuori di quella disposizione, così come la disposizione della lett. d dello stesso art. 8, secondo la quale il patrimonio dell'Ente é altresì costituito "dai beni che a qualsiasi titoli pervengono all'Ente", fa dipendere la proprietà dell'Ente sui beni indicati in tale disposizione dal titolo in base al quale ciascuno di essi é pervenuto all'Ente.

La censura di illegittimità costituzionale della lett. b dell'art. 8 della legge regionale 24 luglio 1958, n. 19, non può, quindi, ritenersi fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinge l'eccezione di inammissibilità dedotta dalla Regione siciliana;

dichiara non fondate le questioni, proposte dal Commissario dello Stato con ricorso notificato il 21 giugno 1958, sulla legittimità costituzionale degli artt. 8, lett. b, e 15, ultimo comma, della legge recante "Ordinamenti e compiti dell'Ente siciliano per le case ai lavoratori", approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 12 giugno 1958, promulgata il 24 luglio 1958 con il n. 19 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana il 26 luglio 1958, n. 44;

dichiara l'illegittimità costituzionale della norma contenuta nel secondo comma dell'art. 24 della legge regionale predetta, in riferimento agli artt. 4 e 12, secondo comma, dello Statuto della Regione siciliana.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 1959.

Tomaso PERASSI -  Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI.

 

Depositata in cancelleria il 27 gennaio 1959.