Sentenza n. 141 del 2010

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SENTENZA N. 141

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Francesco               AMIRANTE                                       Presidente

-    Ugo                        DE SIERVO                                         Giudice

-    Paolo                      MADDALENA                                         ”

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                       ”

-    Alfonso                  QUARANTA                                             ”

-    Franco                    GALLO                                                      ”

-    Luigi                      MAZZELLA                                              ”

-    Gaetano                 SILVESTRI                                               ”

-    Sabino                    CASSESE                                                  ”

-    Maria Rita              SAULLE                                                    ”

-    Giuseppe                TESAURO                                                 ”

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                         ”

-    Giuseppe                FRIGO                                                       ”

-    Alessandro             CRISCUOLO                                            ”

-    Paolo                      GROSSI                                                     ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1, 3, 4 e 5 della legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9 (Norme per la disciplina dei distretti socio-sanitari montani), «nonché degli altri articoli ad essi collegati», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 10 giugno 2009, depositato in cancelleria il 18 giugno 2009 ed iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2009.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;

udito nell’udienza pubblica del 23 marzo 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Lazio.

Ritenuto in fatto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe, ha proposto questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, 3, 4 e 5 della legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9 (Norme per la disciplina dei distretti socio-sanitari montani), «nonché degli altri articoli ad essi collegati», asserendo la violazione degli articoli 81, quarto comma, 117, commi secondo, lettera m), e terzo, 118 e 120, secondo comma, della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

1.1.— Il ricorrente premette che, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), nel testo modificato dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, le Regioni – come il Lazio – gravate da disavanzi di bilancio nel settore sanitario sono tenute «ad una ricognizione delle cause» di tale fenomeno e all’elaborazione di «un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio». Sempre in base alla stessa disposizione i «Ministri della salute e dell’economia e delle finanze e la singola Regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173» del medesimo art. 1 della legge n. 311 del 2004.

In attuazione del citato art. 1, comma 180, è stata stipulata – rammenta sempre il ricorrente – l’intesa Stato-Regione del 22 (recte: 23) marzo 2005 (Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell’articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), che ha stabilito le modalità di riattribuzione del maggior finanziamento statale in ragione della effettiva attuazione del citato programma di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale.

Per la Regione Lazio, l’accordo per l’approvazione del piano di rientro, ai sensi del citato art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, è stato adottato in data 28 febbraio 2007. Tale accordo ha stabilito la realizzazione di una serie di interventi diretti a ricondurre, entro il 2010, la spesa del servizio sanitario regionale nei limiti coerenti con il finanziamento ordinario. Con deliberazione del 6 marzo 2007, n. 149, la Giunta regionale della Regione Lazio ha preso atto di tale accordo.

Successivamente, in data 11 luglio 2007, essendosi la Regione Lazio resa inadempiente rispetto agli impegni assunti con il già citato accordo, il Consiglio dei ministri ha proceduto alla nomina del Presidente pro tempore della Regione Lazio quale Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dei disavanzi nel settore sanitario.

Con la stessa delibera, il Commissario ad acta è stato incaricato di sospendere eventuali nuove iniziative regionali in corso per la realizzazione o l’apertura di nuove strutture sanitarie pubbliche, ovvero per l’autorizzazione e l’accreditamento di strutture sanitarie private, sino all’avvenuta adozione del piano di riassetto della rete ospedaliera, della rete laboratoristica e della rete di assistenza specialistica ambulatoriale.

1.2.— Tanto premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri, ha prospettato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 3, 4 e 5 della impugnata legge regionale n. 9 del 2009, ritenendo gli stessi in contrasto con gli impegni assunti dalla Regione Lazio per il rientro dal disavanzo nel settore sanitario e con le misure adottate, sempre a tale scopo, dal Commissario ad acta.

1.2.1.— In primo luogo, il ricorrente ha dedotto la lesione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione sotto il profilo della violazione dei principi fondamentali della materia «coordinamento della finanza pubblica», quest’ultima rimessa alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni.

Ed infatti, con le disposizioni in esame, la Regione Lazio sarebbe venuta meno agli specifici vincoli, strumentali al conseguimento dell’equilibrio economico del sistema sanitario, contenuti nel piano di rientro, in contrasto con i principi fondamentali volti al contenimento della spesa sanitaria, di cui all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007). Esso, infatti, qualifica espressamente come vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, «gli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico» oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004.

Sarebbe evidente, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, che «la vincolatività dell’accordo che la Regione ha violato discende dalla sua elevazione a principio fondamentale nella materia del coordinamento della finanza pubblica, con la conseguenza che le disposizioni qui impugnate eccedono, anche manifestamente, dalla competenza concorrente attribuita alla Regione in materia di coordinamento della finanza pubblica».

1.2.2.― In secondo luogo, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

Ed infatti, poiché le intese e gli accordi stipulati per il riequilibrio della spesa nel settore sanitario sono finalizzati ad assicurare il contenimento della spesa pubblica nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i fondamentali diritti civili e sociali delle persone, l’osservanza degli stessi «costituisce una condizione essenziale per assicurare la corretta erogazione delle prestazioni assistenziali che devono essere necessariamente garantite, secondo valutazioni e determinazioni riservate allo Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.». Pertanto, il mancato rispetto dell’accordo contenente il piano di rientro, «non solo viola gli obblighi di natura economico-finanziaria, assunti dalle Regioni, ma espone altresì a rischio la capacità di erogare quelle prestazioni essenziali che possono trovare garanzia solo nel contesto di una gestione equilibrata dalla spesa».

Il Presidente del Consiglio dei ministri afferma, quindi, che le disposizioni impugnate, sancendo l’istituzione di nuove strutture sanitarie, contrastano con l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica ed incidono, anche se indirettamente, sulle misure contenute nel piano di rientro, rivolte alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni. Vi sarebbe stata, pertanto, un’invasione della potestà legislativa riservata in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

1.2.3.― Ulteriore censura consiste nella violazione sia degli artt. 117 e 118 Cost., che del principio di leale collaborazione.

Gli articoli della legge regionale in esame, nel prevedere l’istituzione di un nuovo tipo di distretti socio-sanitari, definiti «montani», con i rispettivi ospedali ed il correlato servizio di eliambulanze, nonché la possibilità di derogare alla vigente normativa regionale in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica, implicherebbero un impegno di spesa in contrasto con il contenuto dell’accordo tra Stato e Regione Lazio del 28 febbraio 2007 contenente il piano di rientro del disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del servizio sanitario della Regione.

Le misure oggetto delle disposizioni impugnate, nell’incidere sulla materia disciplinata dall’accordo, si porrebbero in contrasto con gli impegni con esso assunti e violerebbero il fondamentale principio di leale collaborazione (è richiamata la sentenza n. 31 del 2006).

1.2.4.― Ancora, il ricorrente prospetta la lesione dell’art. 81, quarto comma, Cost., in quanto le disposizioni impugnate prevedono maggiori costi senza la relativa copertura finanziaria.

1.2.5.― Infine, è dedotta, anche sotto altro profilo, la violazione degli artt. 117, commi secondo, lettera m), e terzo, 118 e 120, secondo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione.

La nomina del Commissario ad acta, disposta nel caso in esame, si correla al potere sostitutivo degli organi, anche delle Regioni, che l’art. 120, secondo comma, Cost. riconosce al Governo con la finalità di assicurare, pur nell’attuale sistema costituzionale di decentramento delle funzioni e al di là del relativo riparto delle attribuzioni, la tutela di taluni interessi essenziali unitariamente facenti capo allo Stato, quali quelli della tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Le norme in esame, infatti, interferirebbero con il compito affidato al predetto Commissario ad acta e darebbero luogo ad un «sostanziale disconoscimento dello stesso potere sostitutivo spettante allo Stato», con la conseguente violazione dei suddetti parametri costituzionali.

Tale profilo di interferenza riguarderebbe, in particolare, gli impugnati artt. 4 e 5 della legge regionale in esame, concernenti la riorganizzazione della rete ospedaliera, giacché le misure da essi previste parrebbero destinate a sovrapporsi a taluni degli interventi prioritari affidati al Commissario, ed esattamente quelli riguardanti il «riassetto della rete ospedaliera» di cui alla lettera a) del punto 7 della delibera di commissariamento, adottata dal Consiglio dei ministri in data 11 luglio 2008.

A sostegno delle proprie argomentazioni la difesa dello Stato richiama le sentenze di questa Corte numeri 43 e 73 del 2004.

Sarebbe, altresì violato, sotto altro profilo, il principio di leale collaborazione, in quanto la Regione non si sarebbe attenuta all’obbligo di rispettare le funzioni di riordino della spesa pubblica nel settore sanitario, come attribuite al Commissario ad acta.

2.― In data 21 luglio 2009 si è costituita in giudizio la Regione Lazio, che ha chiesto dichiararsi il ricorso manifestamente inammissibile o, in subordine, manifestamente infondato.

2.1.― In primo luogo, essa ritiene priva di motivazione e, pertanto, inammissibile, la dedotta lesione della potestà legislativa dello Stato nella materia coordinamento della finanza pubblica. Il ricorrente, infatti, si sarebbe limitato ad affermare che la Regione è «venuta meno agli specifici vincoli strumentali all’equilibrio economico del sistema sanitario, contenuti nel piano di rientro», con conseguente violazione dei principi fondamentali della materia suddetta «come declinati» nell’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006.

Sarebbe stato, pertanto, disatteso l’onere di «sorreggere le censure proposte con congrua argomentazione».

Nel merito, comunque, la censura sarebbe non fondata in quanto le norme impugnate «non comportano, attualmente, alcuna spesa». Per l’istituzione dei distretti socio-sanitari montani, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della legge reg. n. 9 del 2009, occorrerebbe, infatti, «apposita deliberazione della Giunta regionale, previa acquisizione del parere della commissione consiliare permanente competente in materia di sanità». A tale delibera spetta, quindi, il compito di determinare le risorse umane, tecniche, strumentali e finanziarie da destinare ai suddetti distretti, nonché disporre gli adeguamenti dei finanziamenti correnti, in considerazione dei maggiori costi strutturali.

2.2.― In ordine alla prospettata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., la Regione afferma che la mancanza di aumenti di spesa determina l’infondatezza della censura.

2.3.― Sarebbe, altresì inammissibile e priva di fondamento l’asserita violazione «del principio di leale collaborazione, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.».

Come la giurisprudenza della Corte avrebbe avuto modo di chiarire (sentenze numeri 371, 222 e 159 del 2008; n. 401 del 2007), l’esercizio dell’attività legislativa sfugge alle procedure di leale collaborazione.

In particolare, la sentenza n. 437 del 2001 ha affermato che le procedure di cooperazione possono rilevare «ai fini dello scrutinio di legittimità di atti legislativi, solo in quanto l’osservanza delle stesse sia imposta, direttamente o indirettamente, dalla Costituzione». In ogni caso, afferma la Regione, non vi è stata alcuna violazione dell’accordo per il contenimento della spesa sanitaria.

2.4.― A sostegno della non fondatezza della censura relativa alla mancata indicazione della copertura finanziaria è dedotta l’assenza di nuove spese, le quali, in ogni caso, costituirebbero oggetto di intervento da parte della Giunta regionale.

2.5.― In ordine all’ultimo motivo di impugnazione la difesa regionale richiama, in relazione al principio di leale collaborazione, quanto affermato in precedenza.

In merito alla prospettata interferenza con il potere sostitutivo, la resistente afferma che quest’ultimo opera sul piano dell’amministrazione. Pertanto, la potestà legislativa regionale non può essere paralizzata dalla nomina del Commissario ad acta.

2.6.― Infine, si rileva come nessuna specifica censura sia stata formulata rispetto agli altri articoli collegati alle norme impugnate, ragione per la quale, il ricorso, per questa parte, dovrebbe essere dichiarato inammissibile.

3.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, con memoria depositata il 17 febbraio 2010, ha insistito per l’accoglimento della proposta impugnazione.

4.— Con memoria depositata presso la cancelleria della Corte in data 2 marzo 2010, la Regione Lazio ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso ovvero per il suo rigetto. In via preliminare, la difesa regionale evidenzia che il Presidente della Regione Lazio, in qualità di Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro del disavanzo nel settore sanitario, con decreto del 21 aprile 2009, n. 25, ha differito l’efficacia della legge regionale impugnata «dal momento della sua promulgazione per tutta la durata del piano di rientro e della gestione commissariale».

Tale decisione – assunta sul presupposto tanto che la legge «deroghi alle previsioni del piano di rientro e confligga con le direttive del Commissario ad acta e con il mandato a questi affidato dalla deliberazione del Consiglio dei ministri», quanto dell’avvenuto accertamento del «contrasto con gli obiettivi del piano di rientro e con i decreti commissariali sulla riorganizzazione della rete ospedaliera» – determinerebbe, secondo la difesa regionale, l’inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse attuale al suo esame.

Per il resto, la difesa regionale conferma tutte le deduzioni già formulate nell’atto di costituzione.

Considerato in diritto

1.— Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, 3, 4 e 5 della legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9 (Norme per la disciplina dei distretti socio-sanitari montani), «nonché degli altri articoli ad essi collegati», deducendo la violazione degli articoli 81, quarto comma, 117, commi secondo, lettera m), e terzo, 118 e 120, secondo comma, della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

1.1.— In primo luogo, il ricorrente ipotizza che le suddette disposizioni siano in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., per la violazione di un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica», desumibile dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007).

Infatti, la Regione Lazio, con la normativa in contestazione – nell’istituire i distretti socio-sanitari montani – avrebbe disatteso gli specifici vincoli strumentali al conseguimento dell’equilibrio economico del sistema sanitario contenuti nel piano di rientro dal deficit oggetto dell’accordo concluso, in data 28 febbraio 2007, dal Presidente della Regione e dai Ministri della salute e dell’economia e delle finanze.

In questo modo risulterebbe violato il principio fondamentale che qualifica espressamente come vincolanti, per le Regioni che abbiano sottoscritto accordi del tipo di quello intercorso tra la Stato e la Regione Lazio, «gli interventi individuati dai programmi operativi di riorganizzazione, qualificazione o potenziamento del servizio sanitario regionale, necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico».

Sulle stesse basi è dedotta anche la violazione dell’art. 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.

1.2.― Si ipotizza, inoltre, il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto il mancato rispetto dell’accordo de quo esporrebbe a rischio la capacità della Regione di erogare quelle prestazioni essenziali che possono trovare garanzia solo nel contesto di una gestione equilibrata dalla spesa sanitaria.

1.3.— La violazione dei medesimi parametri sopra indicati – nonché dell’art. 120 Cost. – viene prospettata anche sotto un diverso profilo.

La normativa censurata interferirebbe con il compito affidato al Commissario ad acta – nominato in data 11 luglio 2007 dal Consiglio dei ministri, essendosi la Regione Lazio resa inadempiente agli obblighi assunti con il citato accordo del 28 febbraio 2007 – di realizzare il piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario, dando così luogo ad un «sostanziale disconoscimento dello stesso potere sostitutivo spettante allo Stato», con la conseguente violazione dei suddetti parametri costituzionali.

1.4.― Infine, è dedotta la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost., in quanto le disposizioni impugnate prevedono maggiori spese senza la relativa copertura finanziaria.

2.— In limine, devono essere disattese le eccezioni preliminari, formulate dalla difesa regionale, di inammissibilità dell’impugnazione per genericità e per sopravvenuta carenza di interesse attuale al suo esame.

2.1.— Quanto, infatti, alla prima, deve rilevarsi che, se «è inammissibile l’impugnativa di una intera legge ove ciò comporti la genericità delle censure che non consenta la individuazione della questione oggetto dello scrutinio di costituzionalità», sono, invece, ammissibili «le impugnative contro intere leggi caratterizzate da normative omogenee e tutte coinvolte dalle censure (da ultimo, si vedano le sentenze n. 238 e n. 22 del 2006; n. 359 del 2003)» (così, in particolare, sentenza n. 201 del 2008).

La seconda di tali evenienze è quella sussistente nel caso di specie, giacché il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri non solo si indirizza contro quattro dei cinque articoli di cui si compone la legge regionale n. 9 del 2009, ma introduce un thema decidendum omogeneo, in quanto il ricorrente censura la scelta – sottesa all’intero testo legislativo impugnato – di disporre dotazioni di «risorse umane, tecniche, strumentali e finanziarie», opportuni «incentivi economici» e conseguenti «adeguamenti dei finanziamenti correnti, in considerazione dei maggiori costi strutturali» derivanti dalla scelta compiuta.

2.2.— Del pari non fondata è l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse attuale all’impugnazione, sollevata dalla difesa regionale, con la memoria depositata il 2 marzo 2010, in base all’assunto che, con decreto del 21 aprile 2009, n. 25, il Presidente della Regione Lazio – in qualità di Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario – ha disposto il differimento dell’efficacia della legge regionale impugnata «dal momento della sua promulgazione per tutta la durata del piano di rientro e della gestione commissariale».

A confutazione di tale eccezione – e a prescindere, peraltro, dai dubbi che potrebbero investire, in relazione al rispetto del principio della gerarchia delle fonti, la stessa legittimità costituzionale della scelta legislativa di affidare ad un decreto del Presidente della Regione la capacità di incidere su un atto legislativo adottato dal Consiglio regionale – valgono le considerazioni che seguono.

Per un verso, infatti, l’iniziativa del Presidente della Regione, nell’individuare un termine entro il quale la legge regionale impugnata è destinata comunque a riprendere efficacia, quello cioè della avvenuta attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, non determina la carenza di interesse rispetto alle censure di legittimità costituzionale indipendenti dalla dedotta violazione dell’accordo concluso in data 11 luglio 2007.

Per altro verso, deve osservarsi che in ogni caso permane – rispetto a tutte le censure – l’interesse del ricorrente alla decisione dell’impugnazione, anche in relazione alla possibilità che il suddetto provvedimento possa, in ipotesi, formare oggetto di atti di autotutela da parte della stessa autorità emanante.

Conclusione, questa, che è conforme a quanto ritenuto in passato da questa Corte, ovvero che «la pubblicazione di una legge regionale, in asserita violazione del riparto costituzionale di competenze, è di per se stessa lesiva della competenza statale, indipendentemente dalla produzione degli effetti concreti e dalla realizzazione delle conseguenze pratiche» (sentenza n. 407 del 2002). Del resto, la Corte ha costantemente affermato che le «questioni di legittimità costituzionale delle leggi devono essere proposte, in via principale, entro il termine di decadenza fissato dall’art. 127 Cost.; dal che discende che la lesione della sfera di competenza lamentata dalla ricorrente presuppone la sola esistenza della legge oggetto di censura, a prescindere dal fatto che essa abbia avuto concreta attuazione, ed essendo sufficiente che essa sia, ancorché non immediatamente, applicabile» (sentenza n. 133 del 2006; nello stesso senso, sentenza n. 118 del 2006).

3.― Nel merito, il ricorso è fondato.

3.1.― Sussiste, in primo luogo, la dedotta violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.

Questa Corte, infatti, ha più volte precisato che «il legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’art. 81 Cost. si ispira» (ex multis, sentenza n. 359 del 2007); ed ha anche chiarito che la copertura di nuove spese «deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri» (sentenza n. 213 del 2008).

Nell’ipotesi in esame, la legge impugnata nulla dispone quanto alla copertura finanziaria degli oneri di spesa sicuramente derivanti dall’istituzione dei distretti socio-sanitari montani, in quanto sono stati previsti, nell’ordine: nuove dotazioni di «risorse umane, tecniche, strumentali e finanziarie»; opportuni «incentivi economici»; conseguenti «adeguamenti dei finanziamenti correnti, in considerazione dei maggiori costi strutturali»; nonché – oltre alla possibilità di derogare a quanto previsto «in materia di parametri di riferimento per la dotazione di professionalità qualificate e per il contenimento della spesa» – l’istituzione di un servizio obbligatorio di eliambulanza, presso ogni presidio ospedaliero di montagna.

Né in senso contrario può valere il rilievo – avanzato dalla difesa regionale – che «le maggiori spese verranno concretamente disposte mediante i provvedimenti attuativi» della disciplina legislativa in esame, giacché è proprio la legge regionale n. 9 del 2009 a costituire la «loro fonte primaria», donde la violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.

3.2.― Del pari, ricorre la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., per il contrasto con il principio fondamentale della materia «coordinamento della finanza pubblica», desumibile dal già citato art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006.

In relazione a tale censura deve preliminarmente rilevarsi che questa Corte, con la sentenza n. 100 del 2010, ha affermato che la suddetta norma statale «può essere qualificata come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica».

Tale conclusione è coerente, innanzitutto, con la constatazione che la «esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» determina una situazione nella quale «l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa» (sentenza n. 193 del 2007).

Essa, inoltre, è in linea con la più recente interpretazione della nozione di «coordinamento della finanza pubblica» fatta propria dalla giurisprudenza costituzionale, ormai «costante nel ritenere che norme statali che fissano limiti alla spesa di enti pubblici regionali sono espressione della finalità di coordinamento finanziario (da ultimo, sentenze numeri 237 e 139 del 2009)», per cui il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (così, testualmente, sentenza n. 52 del 2010).

5.— Resta assorbita ogni ulteriore censura formulata con il ricorso.

6.— Sulla base delle considerazioni che precedono devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 1, 3, 4 e 5 della legge della Regione Lazio n. 9 del 2009.

Tale declaratoria coinvolge, in via consequenziale, l’intera legge regionale in questione e, dunque, anche il suo art. 2, recante disposizioni intrinsecamente collegate a quelle dichiarate costituzionalmente illegittime e prive, pertanto, ove considerate isolatamente, di autonomo contenuto precettivo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 6 aprile 2009, n. 9 (Norme per la disciplina dei distretti socio-sanitari montani).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alfonso QUARANTA , Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2010.