Sentenza n. 31 del 2005

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SENTENZA  N. 31

ANNO 2005

 

 

Commento alla decisione di

Valerio Sarcone

La leale collaborazione vale anche per l'e-government? Dalla Consulta un'occasione per trattare dell'innovazione tecnologica nelle amministrazioni

(per gentile concessione della Rivista telematica federalismi.it)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

-  Valerio      ONIDA                                                        Presidente                       

-  Carlo         MEZZANOTTE                                             Giudice

-  Fernanda   CONTRI                                                            ”

-  Guido        NEPPI MODONA                                             ”

-  Piero Alberto      CAPOTOSTI                                            ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria   FLICK                                                      ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 26, commi 1, secondo periodo, 2 e 3, e dell’art. 56 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003) e dell’art. 27, comma 8, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), promossi con 2 ricorsi della Regione Emilia-Romagna notificati il 1° e il 21 marzo 2003, depositati in cancelleria rispettivamente il 7 e il 27 marzo successivi ed iscritti ai nn. 25 e 32 del registro ricorsi 2003.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 26 ottobre 2004 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e gli avvocati dello Stato Giancarlo Mandò e Paolo Casentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— La Regione Emilia-Romagna, con ricorso (reg. ric. n. 25 del 2003) notificato il 1° marzo 2003 e depositato il successivo giorno 7, ha impugnato diverse disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), tra cui l’art. 26, commi 1, secondo periodo, 2 e 3, e l’art. 56, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

Il primo comma dell’art. 26 prevede la istituzione di un «Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese», stabilendo che il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreti «di natura non regolamentare», definisca le modalità di funzionamento del Fondo stesso ed individui «i progetti da finanziare e, ove necessario, la relativa ripartizione tra le amministrazioni interessate».

Il secondo comma dello stesso art. 26 attribuisce allo stesso Ministro per l’innovazione e le tecnologie – al fine di razionalizzare la spesa informatica, nonché di indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche – vari poteri di direttiva, controllo, coordinamento, valutazione, approvazione di piani e progetti.

Il terzo comma, infine, prevede che «nei casi in cui i progetti di cui ai commi 1 e 2 riguardino l’organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali, i provvedimenti sono adottati sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».

Secondo la ricorrente tale disciplina, nella parte in cui si applica «alle Regioni, agli enti pararegionali e agli enti locali», inciderebbe sull’“organizzazione amministrativa regionale e degli enti locali”, materia rientrante nella competenza legislativa esclusiva delle Regioni. La gestione ministeriale di un fondo settoriale in tale materia sarebbe, pertanto, lesiva dell’autonomia finanziaria delle Regioni stesse, in quanto, in base ai principî di cui all’art. 119 della Costituzione, quest’ultime dovrebbero «poter gestire autonomamente le risorse nelle materie di propria competenza». Risulterebbero, altresì, lese le competenze legislative e amministrative regionali, atteso che la disposizione censurata conferirebbe  al Ministro, con norme di dettaglio, «poteri sostanzialmente normativi ed amministrativi» in materia regionale. Né, prosegue la ricorrente, potrebbe ritenersi legittima la norma perché la stessa fa riferimento a decreti «di natura non regolamentare», in quanto si tratta di atti che, alla luce dei criteri sostanziali di identificazione, hanno valenza normativa, non essendo sufficiente l’utilizzo di una determinata «etichetta» perché l’atto stesso possa mutare natura.

Le suddette lesioni permarrebbero nonostante sia previsto dal terzo comma della norma censurata il parere della Conferenza unificata, atteso che il parere è un «mero strumento di partecipazione e per di più assai debole».

La ricorrente ritiene, infine, che la illegittimità costituzionale della norma permarrebbe anche qualora si intendesse ricondurre il contenuto della disposizione impugnata alla materia concorrente “sostegno all’innovazione per i settori produttivi”, che «a dire il vero, sembra fare riferimento alle imprese e non alle pubbliche amministrazioni». Lo Stato si sarebbe, infatti, dovuto limitare a dettare i principî fondamentali e non anche norme di dettaglio, essendogli, altresì, precluso, in base a quanto statuito dall’art. 117, sesto comma, della Costituzione, emanare regolamenti statali, nonché allocare le funzioni amministrative ex art. 118 della Costituzione, in materie rientranti nella competenza legislativa concorrente.

In definitiva, la disposizione impugnata risulterebbe illegittima «nella parte in cui attribuisce al Ministro poteri normativi ed amministrativi relativi alla gestione del Fondo in questione anche in relazione alle Regioni, agli enti pararegionali e agli enti locali, anziché prevedere la mera ripartizione del Fondo tra le Regioni. In subordine, esso risulta illegittimo nella parte in cui non prevede che i poteri statali siano esercitati previa intesa con la Conferenza unificata, dato che nelle materie regionali il principio di leale collaborazione impone un coordinamento fra i soggetti interessati».

1.1.— Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata, non incidendo la norma su competenze riservate alle Regioni.

2.— Con lo stesso ricorso (reg. ric. n. 25 del 2003) la Regione Emilia-Romagna ha, altresì, impugnato l’art. 56 della medesima legge n. 289 del 2002, che ha «istituito un Fondo finalizzato al finanziamento di progetti di ricerca, di rilevante valore scientifico, anche con riguardo alla tutela della salute e all’innovazione tecnologica, con una dotazione finanziaria di 225 milioni di euro per l’anno 2003 e di 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2004»; stabilendo, altresì, che: alla «ripartizione del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, tra le diverse finalità provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti i Ministri dell’economia e delle finanze, della salute e per l’innovazione tecnologica. Con lo stesso decreto sono stabiliti procedure, modalità e strumenti per l’utilizzo delle risorse, assicurando in via prioritaria il finanziamento dei progetti presentati da soggetti che abbiano ottenuto, negli anni precedenti, un eccellente risultato nell’utilizzo e nella capacità di spesa delle risorse comunitarie assegnate e delle risorse finanziarie provenienti dai programmi quadro di ricerca dell’Unione europea o dai Fondi strutturali».

Secondo la ricorrente tale disposizione – istituendo un «Fondo settoriale a gestione centrale» e attribuendo con norme di dettaglio «poteri sostanzialmente normativi ed amministrativi al Presidente del Consiglio dei Ministri» – violerebbe gli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, secondo comma, e 119 della Costituzione.

Anche in questo caso la Regione conclude affermando che la norma impugnata risulterebbe illegittima per la violazione tanto di sfere di competenza regionale, quanto del principio di leale collaborazione che impone un coordinamento fra i soggetti interessati.

2.1.— Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata, in quanto «da nessun principio costituzionale è lecito trarre la conclusione che non è consentito al legislatore statale prevedere la istituzione di un (…) Fondo settoriale – il che non incide né limita in alcun modo la sfera di competenza regionale – la cui gestione è coerentemente attribuita, anche per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse, agli organi dello stesso Stato».

3.— La Regione Emilia-Romagna, con ricorso (reg. ric. n. 32 del 2003) notificato il 21 marzo 2003 e depositato il successivo giorno 27, ha impugnato diverse disposizioni della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), tra cui, per quanto qui interessa, l’art. 27, comma 8, per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

La norma censurata stabilisce che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della suddetta legge, «sono emanati uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per introdurre nella disciplina vigente le norme necessarie ai fini del conseguimento dei seguenti obiettivi: a) diffusione dei servizi erogati in via telematica ai cittadini e alle imprese, anche con l’intervento dei privati, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 97 della Costituzione e dei provvedimenti già adottati; b) diffusione e uso della carta nazionale dei servizi; c) diffusione dell’uso delle firme elettroniche; d) ricorso a procedure telematiche da parte della pubblica amministrazione per l’approvvigionamento di beni e servizi, potenziando i servizi forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso la CONSIP Spa (Concessionaria servizi informativi pubblici); e) estensione dell’uso della posta elettronica nell’àmbito delle pubbliche amministrazioni e dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati; f) generalizzazione del ricorso a procedure telematiche nella contabilità e nella tesoreria; g) alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti; h) impiego della telematica nelle attività di formazione dei dipendenti pubblici; i) diritto di accesso e di reclamo esperibile in via telematica da parte dell’interessato nei confronti delle pubbliche amministrazioni».

Secondo la ricorrente la norma riportata inciderebbe – come dimostrerebbe la stessa rubrica recante “Disposizioni in materia di innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione” – «essenzialmente sulla materia dell’organizzazione interna delle Regioni, degli enti locali e degli enti pubblici di carattere regionale», nonché sulla materia della formazione professionale [lettere g) e h) della disposizione impugnata]. In presenza, pertanto, di materie di competenza regionale sarebbe illegittima la previsione di un regolamento statale ex art. 117, sesto comma, della Costituzione, che «potrà valere per lo Stato e per gli enti pubblici nazionali, mentre spetta alle Regioni la disciplina per le amministrazioni cui si riferisce la legislazione regionale».

3.1.— Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata, in quanto l’oggetto della disciplina della norma impugnata dovrebbe essere ricondotto alla materia “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” di competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

4.— Nell’imminenza dell’udienza pubblica la Regione Emilia-Romagna ha depositato memorie in relazione ai ricorsi sopra indicati.

4.1.— In particolare, con riferimento all’art. 26, commi 1, secondo periodo, 2 e 3 della legge n. 289 del 2002, la Regione Emilia-Romagna, dopo avere ribadito il contenuto delle censure illustrate nel ricorso, sottolinea che la disposizione in esame non conterrebbe una «normativa tecnica», bensì una «disciplina amministrativa del Fondo», come sarebbe dimostrato dal contenuto del decreto ministeriale 14 ottobre 2003 (Disciplina delle procedure e modalità di funzionamento del Fondo per il finanziamento dei progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese, istituito dall’art. 26, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289).

4.2.— In relazione all’art. 56 della stessa legge n. 289 del 2002, si contesta l’affermazione dell’Avvocatura generale dello Stato secondo cui la norma non violerebbe nessun principio costituzionale, attraverso il richiamo alle sentenze n. 49 e n. 16 del 2004, nonché n. 370 del 2003, che hanno dichiarato la illegittimità costituzionale di Fondi «destinati». Alla stessa conclusione – alla luce dei principî fissati nelle sentenze sopra indicate, nonché nella sentenza n. 14 del 2004 – si dovrebbe pervenire, secondo la ricorrente, anche nel caso in cui i Fondi siano direttamente erogati dallo Stato ai privati, dovendosi ritenere che gli stessi ledano «in misura ancora maggiore l’autonomia delle Regioni», le quali sarebbero del tutto escluse dalla gestione delle risorse in una materia di loro competenza.

4.3.— Quanto, infine, all’impugnazione dell’art. 27, comma 8, della legge n. 3 del 2003, la ricorrente, richiamando la sentenza n. 17 del 2004 della Corte, contesta la riconducibilità, addotta dall’Avvocatura generale  dello Stato, dell’oggetto della disciplina della norma in esame alla materia del “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”, a norma dell’art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione. Si tratterebbe, infatti, di una disciplina «promozionale» dell’utilizzazione concreta degli strumenti informatici da parte delle amministrazione, nonché tipicamente organizzatoria, non affatto finalizzata «ad assicurare omogeneità di linguaggi informatici».

5.— L’Avvocatura generale dello Stato ha anch’essa depositato memorie in relazione ai ricorsi sopra indicati proposti dalla Regione Emilia-Romagna.

5.1.— In relazione all’art. 26, commi 1, secondo periodo, 2 e 3 della legge n. 289 del 2002, l’Avvocatura ha insistito per l’assunta infondatezza delle censure sulla base del rilievo che l’oggetto della disciplina, sia del primo che del secondo comma, dovrebbe essere ricondotto alla materia “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione. In particolare, la difesa erariale sostiene che dette disposizioni «attengono unicamente al coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologica, allo scopo di consentire, nella concorrente necessaria valutazione della economicità degli interventi, la comunione di linguaggio, di procedure e di standard omogenei in modo tale da permettere la più efficace comunicabilità tra i sistemi informatici delle varie amministrazioni».

In questa prospettiva, continua l’Avvocatura, il terzo comma dello stesso art. 26 – coinvolgendo in sede di Conferenza unificata sia le Regioni che gli enti locali «in tutti i provvedimenti», previsti sia dal primo che dal secondo comma della norma impugnata, qualora «riguardino l’organizzazione e la dotazione tecnologica» degli stessi enti – assicurerebbe una «adeguata ponderazione degli interessi e delle esigenze delle autonomie nell’esercizio dei poteri indubbiamente competenti allo Stato in materia allo stesso riservata».

5.2.— In relazione all’art. 56 della stessa legge n. 289 del 2002, la difesa erariale ha motivato la non fondatezza della questione sottolineando che – pur a volere ritenere che l’oggetto della disciplina della norma impugnata sia riconducibile alla materia concorrente della ricerca scientifica – non può attribuirsi al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, cui fa riferimento tale norma, natura regolamentare, con violazione dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione. A detto decreto dovrebbe, infatti, riconoscersi natura di provvedimento amministrativo, avendo lo stesso la sola funzione di riparto delle risorse «tra le diverse finalità» e di determinazione di «procedure, modalità e strumenti per l’utilizzo delle risorse» stesse.

La difesa erariale aggiunge, inoltre, che la norma impugnata – «nel quadro degli obiettivi di politica generale di sostegno e di coordinamento delle attività di ricerca scientifico-teconologica secondo le linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo, approvate dal Cipe il 19 aprile 2002 e in coerenza con il VI Programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’Unione europea 2002-2006» – sarebbe finalizzata alla «promozione di progetti strategici di ricerca scientifica e tecnologica che, per loro natura, hanno chiaramente una dimensione sovraregionale rapportandosi a temi prioritari per la salute, l’innovazione tecnologica, le grandi infrastrutture scientifiche», che richiedono e giustificano, in coerenza con i principî di adeguatezza e di sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione, la gestione unitaria a livello statale del relativo finanziamento.

5.3.— In relazione, infine, all’art. 27, comma 8, della legge n. 3 del 2003, la difesa erariale ha sottolineato che sarebbe possibile una interpretazione della norma conforme a Costituzione, ritenendo che la stessa si riferisca esclusivamente alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Questa interpretazione sarebbe confermata dal richiamo che la norma stessa fa al sesto comma dell’art. 117 della Costituzione, che conferisce potestà regolamentare allo Stato unicamente nelle materie di sua esclusiva competenza. Tale richiamo, continua la difesa erariale, «apparirebbe del tutto superfluo ove non fosse interpretato nel senso di ribadire (in modo sintetico e senza bisogno di ripetere nelle varie lettere della disposizione il medesimo concetto) i limiti al potere regolamentare dello Stato fissati nella norma stessa, che impediscono di incidere sull’organizzazione di Amministrazioni non statali».

Considerato in diritto

1.— Con ricorso (reg. ric. n. 25 del 2003) notificato il 1° marzo 2003 e depositato il successivo giorno 7, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), tra cui l’art. 26, commi 1, secondo periodo, 2 e 3, e l’art. 56, deducendo la violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

La stessa Regione Emilia-Romagna, con ricorso (reg. ric. n. 32 del 2003) notificato il 21 marzo 2003 e depositato il successivo giorno 27, ha impugnato diverse disposizioni della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), tra cui l’art. 27, comma 8, deducendo la violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Le impugnazioni delle citate disposizioni vengono trattate separatamente rispetto alle altre questioni proposte con gli stessi ricorsi e, per ragioni di omogeneità di materia, possono essere decise, previa riunione in parte qua dei giudizi, con la medesima sentenza.

2.— In particolare, con il ricorso n. 25 del 2003, la ricorrente ha impugnato l’art. 26, commi 1, secondo periodo, 2 e 3, della legge n. 289 del 2002, il quale prevede la istituzione di un «Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese», stabilendo che con decreti ministeriali «di natura non regolamentare» siano definite le modalità di funzionamento del Fondo stesso ed individuati «i progetti da finanziare e, ove necessario, la relativa ripartizione tra le amministrazioni interessate».

Secondo la Regione ricorrente tale disciplina, nella parte in cui si applica «alle Regioni, agli enti pararegionali e agli enti locali», si porrebbe in contrasto con l’art. 119 della Costituzione, in quanto, sancendo una «gestione ministeriale di un fondo speciale» in una materia di competenza legislativa residuale delle Regioni, quale quella relativa all’“organizzazione amministrativa regionale e degli enti locali”, lederebbe l’autonomia finanziaria delle Regioni stesse. Risulterebbero, altresì, lese le potestà legislative e amministrative regionali, atteso che si conferiscono al Ministro, con norme dettagliate, «poteri sostanzialmente normativi ed amministrativi».

2.1.— Le censure formulate nei confronti dei commi 1, secondo periodo, e 2 dell’art. 26 non sono fondate nei termini di seguito precisati.

Il primo comma, primo periodo, con norma non oggetto di contestazione, istituisce un Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese. La seconda parte dello stesso primo comma, oggetto di specifica censura, prevede che il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro dell’economia e delle finanze, con «uno o più decreti di natura non regolamentare», stabilisca le modalità di funzionamento del Fondo, individui i progetti da finanziare e, ove necessario, la relativa ripartizione, tra le amministrazioni interessate, delle risorse affluenti al Fondo stesso.

Il secondo comma dello stesso art. 26, invece – «al fine di assicurare una migliore efficacia della spesa informatica e telematica sostenuta dalle pubbliche amministrazioni, di generare significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso, nonché di indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata strategia» – assegna al Ministro per l’innovazione e le tecnologie una serie di poteri riconducibili alle suddette finalità. In particolare il Ministro: a) definisce con proprie direttive le linee strategiche, la pianificazione e le aree di intervento dell’innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni, e ne verifica l’attuazione; b) approva, con il Ministro dell’economia e delle finanze, il piano triennale ed i relativi aggiornamenti annuali di cui all’art. 7 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, entro il 30 giugno di ogni anno; c) valuta la congruenza dei progetti di innovazione tecnologica che ritiene di grande valenza strategica rispetto alle direttive di cui alla lettera a) ed assicura il monitoraggio dell’esecuzione; d) individua i progetti intersettoriali che devono essere realizzati in collaborazione tra le varie amministrazioni interessate assicurandone il coordinamento e definendone le modalità di realizzazione; e) valuta, sulla base di criteri e metodiche di ottimizzazione della spesa, il corretto utilizzo delle risorse finanziarie per l’informatica e la telematica da parte delle singole amministrazioni; f) stabilisce le modalità con le quali le pubbliche amministrazioni comunicano le informazioni relative ai programmi informatici, realizzati su loro specifica richiesta, di cui esse dispongono, al fine di consentirne il riuso previsto dall’art. 25, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340; g) individua specifiche iniziative per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e per le isole minori; h) promuove l’informazione circa le iniziative per la diffusione delle nuove tecnologie.

2.2.— Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 26 si riferiscono, innanzitutto, all’amministrazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali: per questa parte, pertanto, esse rinvengono la propria legittimazione nell’art. 117, secondo comma, lettere g) e r), della Costituzione, che assegnano alla competenza legislativa esclusiva statale, rispettivamente, le materie “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” e “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”.

2.3.— Le norme in questione sono suscettibili, però, di trovare applicazione anche nei confronti delle Regioni e degli enti locali, come risulta, tra l’altro, da quanto statuito nel terzo comma dello stesso art. 26, il quale prevede espressamente che i progetti – «di cui ai commi 1 e 2» – possono riguardare «l’organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali», e dispone che, in tal caso, è necessario sentire la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Sotto tale aspetto, dunque, tali norme possono avere una diretta incidenza sulla «organizzazione amministrativa regionale e degli enti locali», ma ciò non determina alcuna violazione – nei limiti in cui siano garantite adeguate procedure collaborative – delle competenze della ricorrente. Le disposizioni in esame, infatti, devono essere interpretate, conformemente a Costituzione, nel senso che le stesse – nella parte in cui riguardano Regioni ed enti territoriali – costituiscono espressione della potestà legislativa esclusiva statale nella materia del “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”, ex art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

Questa Corte ha, in proposito, già avuto modo di sottolineare che l’attribuzione a livello centrale della suddetta materia si giustifica alla luce della necessità di «assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione» (sentenza n. 17 del 2004).

2.4.— Ne consegue, pertanto, che «i progetti da finanziare» cui fa riferimento il primo comma dell’art. 26 della legge n. 289 del 2002 – nella misura in cui «riguardino l’organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali» (comma 3) – possono essere esclusivamente quelli aventi una connotazione riconducibile a siffatta finalità di coordinamento tecnico. Del resto, lo stesso decreto ministeriale 14 ottobre 2003 di attuazione della disposizione in esame ha indicato, tra i «progetti finanziabili», anche quelli idonei a promuovere «l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni» (art. 2, comma 1).

2.5.— Allo stesso modo la norma contenuta nell’art. 26, comma 2, deve essere intesa – nella parte in cui riguarda Regioni ed enti locali – come attributiva al Ministro della innovazione e delle tecnologie di un potere limitato ad un coordinamento meramente tecnico. Questa interpretazione è suffragata dalle medesime finalità indicate nella disposizione in esame: «assicurare una migliore efficacia della spesa informatica e telematica»; «generare significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso»; «indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata strategia». Sul punto, questa Corte, nella sentenza n. 17 del 2004, ha, infatti, precisato che «attengono al predetto coordinamento anche i profili della qualità dei servizi e della razionalizzazione della spesa in materia informatica», ove ritenuti necessari al fine di garantire la omogeneità nella elaborazione e trasmissione dei dati.

2.6.— La questione relativa al comma 3 dello stesso art. 26 è, invece, fondata.

La norma in esame dispone che deve essere sentita la Conferenza unificata nei casi in cui i progetti di cui ai commi 1 e 2 «riguardino l’organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali».

La previsione del mero parere della Conferenza unificata non costituisce, nella specie, una misura adeguata a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione. Per quanto l’oggetto delle norme di cui ai commi 1 e 2, cui rinvia la disposizione in esame, sia riconducibile, nei limiti esposti, alla materia del “coordinamento informativo statistico e informatico” di spettanza esclusiva del legislatore statale, lo stesso presenta un contenuto precettivo idoneo a determinare una forte incidenza sull’esercizio concreto delle funzioni nella materia dell’“organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti locali”. Ciò rende necessario garantire un più incisivo coinvolgimento di tali enti nella fase di attuazione delle disposizioni censurate mediante lo strumento dell’intesa: da qui la illegittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, della legge n. 289 del 2002 nella parte in cui prevede che sia «sentita la Conferenza unificata» anziché che si raggiunga con la stessa Conferenza l’intesa.

3.— Con lo stesso ricorso (reg. ric.  n. 25 del 2003) la Regione Emilia-Romagna ha, altresì, impugnato l’art. 56 della legge n. 289 del 2002, che ha «istituito un Fondo finalizzato al finanziamento di progetti di ricerca, di rilevante valore scientifico, anche con riguardo alla tutela della salute e all’innovazione tecnologica, con una dotazione finanziaria di 225 milioni di euro per l’anno 2003 e di 100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2004». Lo stesso articolo stabilisce, inoltre, che: alla «ripartizione del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, tra le diverse finalità provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri, con proprio decreto, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti i Ministri dell’economia e delle finanze, della salute e per l’innovazione tecnologica. Con lo stesso decreto sono stabiliti procedure, modalità e strumenti per l’utilizzo delle risorse, assicurando in via prioritaria il finanziamento dei progetti presentati da soggetti che abbiano ottenuto, negli anni precedenti, un eccellente risultato nell’utilizzo e nella capacità di spesa delle risorse comunitarie assegnate e delle risorse finanziarie provenienti dai programmi quadro di ricerca dell’Unione europea o dai Fondi strutturali».

Secondo la ricorrente tale disposizione – istituendo un «Fondo settoriale a gestione centrale» e attribuendo con norme di dettaglio «poteri sostanzialmente normativi ed amministrativi al Presidente del Consiglio dei Ministri» – violerebbe gli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, secondo comma, e 119 della Costituzione.

La questione non è fondata nei termini di seguito precisati.

La ricerca scientifica e tecnologica nel nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione è inclusa tra le materie appartenenti alla competenza concorrente.

Tuttavia, questa Corte, con sentenza n. 423 del 2004, ha affermato che la ricerca scientifica deve essere considerata non solo una “materia”, ma anche un “valore” costituzionalmente protetto (artt. 9 e 33 della Costituzione), in quanto tale in grado di rilevare a prescindere da ambiti di competenze rigorosamente delimitati.

Sulla base di tali premesse la Corte ha ritenuto, innanzitutto, ammissibile un intervento “autonomo” statale in relazione alla disciplina delle «istituzioni di alta cultura, università ed accademie», che «hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato» (art. 33, sesto comma, Cost.). Detta norma ha, infatti, previsto una “riserva di legge” statale (sentenza n. 383 del 1998), che ricomprende in sé anche quei profili relativi all’attività di ricerca scientifica che si svolge, in particolare, presso le strutture universitarie (art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, recante “Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica”).

Al di fuori di questo ambito lo Stato conserva, inoltre, una propria competenza in relazione ad attività di ricerca scientifica strumentale e intimamente connessa a funzioni statali, allo scopo di assicurarne un migliore espletamento, sia organizzando direttamente le attività di ricerca, sia promuovendo studi finalizzati (cfr. sentenza n. 569 del 2000).

Infine, il legislatore statale – come questa Corte ha precisato con la citata sentenza n. 423 del 2004 – può sempre, nei casi in cui sussista «la potestà legislativa concorrente nella “materia” in esame, non solo ovviamente fissare i principî fondamentali, ma anche attribuire con legge funzioni amministrative a livello centrale, per esigenze di carattere unitario, e regolarne al tempo stesso l’esercizio – nel rispetto dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza – mediante una disciplina che sia logicamente pertinente e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tali fini» (vedi anche sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).

Alla luce delle osservazioni che precedono, la disposizione censurata deve essere interpretata nel senso che la stessa è finalizzata a finanziare esclusivamente quei progetti di ricerca in relazione ai quali è configurabile, nei limiti indicati, un autonomo titolo di legittimazione del legislatore statale. Da ciò consegue che tale disposizione, così interpretata, non determina alcun vulnus a competenze regionali.

4.— Con altro ricorso (reg. ric.  n. 32 del 2003) notificato il 21 marzo 2003 e depositato il successivo giorno 27, la stessa Regione Emilia-Romagna ha impugnato l’art. 27, comma 8, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Tale norma prevede che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della suddetta legge, siano «emanati uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione e dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per introdurre nella disciplina vigente le norme necessarie ai fini del conseguimento dei seguenti obiettivi: a) diffusione dei servizi erogati in via telematica ai cittadini e alle imprese, anche con l’intervento dei privati, nel rispetto dei principî di cui all’articolo 97 della Costituzione e dei provvedimenti già adottati; b) diffusione e uso della carta nazionale dei servizi; c) diffusione dell’uso delle firme elettroniche; d) ricorso a procedure telematiche da parte della pubblica amministrazione per l’approvvigionamento di beni e servizi, potenziando i servizi forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso la CONSIP Spa (Concessionaria servizi informativi pubblici); e) estensione dell’uso della posta elettronica nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati; f) generalizzazione del ricorso a procedure telematiche nella contabilità e nella tesoreria; g) alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti; h) impiego della telematica nelle attività di formazione dei dipendenti pubblici; i) diritto di accesso e di reclamo esperibile in via telematica da parte dell’interessato nei confronti delle pubbliche amministrazioni».

Secondo la ricorrente, la norma riportata inciderebbe «essenzialmente sulla materia dell’organizzazione interna delle Regioni, degli enti locali e degli enti pubblici di carattere regionale», nonché sulla materia della formazione professionale, [lettere g) e h) della disposizione impugnata]. In presenza, pertanto, di materie di competenza regionale sarebbe illegittima la previsione di un regolamento statale ex art. 117, sesto comma, della Costituzione, che «potrà valere per lo Stato e per gli enti pubblici nazionali, mentre spetta alle Regioni la disciplina per le amministrazioni cui si riferisce la legislazione regionale».

4.1.— La questione non è fondata nei termini di seguito precisati.

Il comma 8 dell’art. 27 della legge n. 3 del 2003 indica taluni “obiettivi” da perseguire per la realizzazione di un vasto processo di “innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione”. Si tratta di obiettivi genericamente posti, che dovranno essere attuati mediante l’emanazione di uno o più regolamenti ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 e che coincidono sostanzialmente con gli “obiettivi di legislatura” contenuti nelle «Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura», emanate dal Consiglio dei ministri in data 31 maggio 2002.

Della disposizione impugnata è possibile dare una interpretazione conforme alle previsioni contenute nel nuovo Titolo V, Parte II, della Costituzione, potendosi ritenere che le procedure e i servizi telematici dalla stessa disposizione disciplinati abbiano quali unici destinatari le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici nazionali. Ne consegue che i generici riferimenti alla locuzione “pubblica amministrazione” contenuti nella norma censurata devono intendersi riferiti esclusivamente all’amministrazione statale nel senso sopra precisato, con esclusione degli enti regionali. Tale interpretazione risulta conforme a Costituzione, in quanto l’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., attribuisce in via esclusiva alla competenza legislativa statale la materia dell’“organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”.

Sotto altro aspetto non può ritenersi, come affermato dalla ricorrente, che le previsioni di cui alla lettera g) – «alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti» – ed alla lettera h) – «impiego della telematica nelle attività di formazione dei dipendenti pubblici» – dello stesso art. 27, comma 8, della legge in esame, debbano essere ricondotte alla materia della “formazione professionale” di competenza legislativa residuale delle Regioni. Ciò in quanto l’acquisizione delle competenze necessarie per l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione da parte dei “pubblici dipendenti” (da intendersi statali) persegue pur sempre finalità connesse alla innovazione tecnologica nell’ambito dell’organizzazione amministrativa dello Stato e, dunque, è riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato stesso.

La prospettata interpretazione è, del resto, confermata dalla stessa disposizione impugnata che, demandando a uno o più regolamenti di introdurre nella disciplina vigente le norme necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi indicati, fa espresso richiamo al sesto comma dell’art. 117 della Costituzione, che attribuisce allo Stato la potestà regolamentare soltanto nelle materie rientranti nell’ambito della propria competenza legislativa esclusiva.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni sollevate con i ricorsi n. 25 e n. 32 del registro ricorsi 2003;

riuniti i giudizi;

a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), nella parte in cui prevede che qualora i progetti cui si riferiscono i commi 1 e 2 dello stesso art. 26 riguardino l’organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali «i provvedimenti sono adottati sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281», anziché stabilire che tali provvedimenti sono adottati previa intesa con la Conferenza stessa;

b) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, commi 1 e 2, della predetta legge n. 289 del 2002, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

c) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 56 della predetta legge n. 289 del 2002, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

d) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, comma 8, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2005.

Valerio ONIDA, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2005.