SENTENZA N.
238
ANNO 2014
I. Tania Groppi, La Corte costituzionale e la storia profetica. Considerazioni a margine
della sentenza n. 238/2014 della Corte costituzionale italiana, in questa Rivista, Studi, 2015, I, 1 ss.
II. Chantal Meloni, La Corte
costituzionale annulla gli effetti della decisione della CIG in materia di
immunità giurisdizionale dello Stato estero, per
g. c. di Diritto Penale Contemporaneo)
III. Pietro Faraguna, Corte
costituzionale contro Corte internazionale di giustizia: i controlimiti in
azione, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
IV.
Antonio Ruggeri, La Corte
aziona l’arma dei “controlimiti” e, facendo un uso alquanto singolare delle
categorie processuali, sbarra le porte all’ingresso in ambito interno di norma
internazionale consuetudinaria (a margine di Corte cost. n. 238 del 2014), in questa Rivista, Studi 2014
V. Renzo Dickmann,
Il
“Diritto al giudice” di cui all’art. 24 Cost. come principio supremo e limite
al diritto internazionale generalmente riconosciuto, per g.c. di Federalismi.it
VI. Attila Tanzi, Sulla
sentenza Cost. 238/2014: cui prodest?, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
VII. Andrea Guazzarotti, Il
paradosso della ricognizione delle consuetudini internazionali. Note minime a
Corte cost. n. 238 del 2014, per g.c. del Forum
di Quaderni Costituzionali
VIII. Sara Lieto, Il
diritto al giudice e l’immunità giurisdizionale degli Stati nella sentenza
della Corte costituzionale n. 238 del 2014, per
g.c. del Forum
di Quaderni Costituzionali
IX. Stefania Leone, Sul
dispositivo della sentenza n. 238 del 2014: una soluzione preordinata ad
accentrare il sindacato sulle consuetudini internazionali presso Palazzo della
Consulta, per g.c.
del Forum di Quaderni
Costituzionali
X. Lorenzo Gradoni , Corte
costituzionale italiana “controvento” sull’immunità giurisdizionale degli Stati
stranieri?, per g.c. del Forum
di Quaderni Costituzionali
XI. Maurizio Arcari , Zoom
Out: Colliding legal systems or balancing of values? International customary
law on State immunity vs fundamental constitutional principles in the Italian
Constitutional Court decision no 238/2014, (in QUIL – Questions of International Law)
XII. Pasquale De Sena, The
judgment of the Italian Constitutional Court on State immunity in cases of
serious violations of human rights or humanitarian law: a tentative analysis
under international law (in QUIL – Questions of International Law)
XIII. Robert Kolb, The
relationship between the international and the municipal legal order:
reflections on the decision no 238/2014 of the Italian Constitutional Court (in QUIL –
Questions of International Law)
XIV. Francesco Buffa, Introduzione, per g.c. di Questione Giustizia
XV. Salvatore Senese, Corte
costituzionale e sovranità, per g.c.
di Questione Giustizia
XVI. Gaetano Silvestri, Sovranità
vs diritti fondamentali, per g.c.
di Questione Giustizia
XVII. Ernesto Lupo , I
controlimiti per la prima volta rivolti verso una sentenza della Corte
Internazionale di giustizia, per g.c.
di Questione Giustizia
XVIII. Nicola Colacino, La conferma della regola attraverso
l’eccezione? Immunità statale ed esercizio della giurisdizione sui “crimina” iure
imperii, per g.c.
di Questione Giustizia
XIX. Elisabetta Lamarque,
La
Corte costituzionale ha voluto dimostrare di sapere anche mordere, per g.c. di Questione Giustizia
XX. Massimo Luciani, I contro
limiti e l’eterogenesi dei fini, per g.c. di Questione
Giustizia
XXI. Federico Girelli, Alla
ricerca di un’applicazione condivisa dell’immunità degli Stati dalla
giurisdizione, per g.c.
di Questione Giustizia
XXII. Luigi Marini, I
conflitti fra Italia e Germania tra Corte costituzionale, Corte internazionale
di giustizia e Consiglio di sicurezza, per g.c. di Questione
Giustizia
XXIII. Alessandra Lanciotti e Marco
Longobardo, La
Corte costituzionale risponde alla Corte di Giustizia internazionale:
l’ordinamento italiano non si adatta alla regola sull’immunità, per g.c. di Federalismi.it
XXIV. Annalisa Ciampi, La
dichiarazione di incostituzionalità delle leggi di esecuzione della Carta delle
Nazioni Unite e di adattamento alla sentenza della Corte internazionale di
giustizia del 3 febbraio 2012, per g.c. di
Osservatorio sulle fonti
XXV. Natalino
Ronzitti, The
immunity of State organs – A reply to Pisillo Mazzeschi (in QUIL – Questions of International Law)
XXVI. Benedetto Conforti,
A
few remarks on the functional immunity of the organs of foreign States (in
QUIL – Questions of International Law)
XXVII. Antonio
Chiusolo, Immunità
giurisdizionale e diritti inviolabili: una nuova frontiera per la “giuristocrazia”?, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
XXVIII. Tobia Cantelmo e Valentina Capuozzo, Tra
immunità e contro -limiti: un nuovo traguardo della giurisprudenza italiana in
Corte costituzionale sentenza n. 238/2014 e ordinanza n. 30/2015, per g.c. di Federalismi.it
XXIX. Lorenzo Gradoni, Corte
Costituzionale italiana e Corte internazionale di giustizia in rotta di
collisione sull’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile,
per g.c. di SIDIBlog
XXX. Pasquale De
Sena, Spunti
di riflessione sulla sentenza 238/2014 della Corte costituzionale, ,
per g.c. di SIDIBlog
XXXI. Pasquale De
Sena, “Il
non-essere non è e non può essere”: brevi note a margine della sentenza n.
238/2014 della Corte costituzionale rispetto all’adattamento dell’ordinamento
italiano al diritto internazionale consuetudinario, , per g.c. di SIDIBlog
XXXII. Lorenzo
Gradoni, Giudizi
costituzionali del quinto tipo. Ancora sulla storica sentenza della Corte
costituzionale italiana, , per g.c. di SIDIBlog
XXXIII. Pasquale De
Sena, Norme
internazionali generali e principi costituzionali fondamentali, fra giudice
costituzionale e giudice comune (ancora sulla sentenza 238/2014), ,
per g.c. di SIDIBlog
XXXIV. Lorenzo Gradoni, Un
giudizio mostruoso. Quarta istantanea della sentenza 238/2014 della Corte
costituzionale italiana, per g.c. di SIDIBlog
XXXV.
Antonio Ruggeri, Conflitti
tra norme internazionali consuetudinarie e Costituzione, atto secondo: quali i
possibili “seguiti” della 238 del 2014? in questa Rivista, Studi 2015/I
XXXVI. Francesco Rimoli, Il diritto, la storia, la memoria. La Corte
costituzionale e i crimini nazisti come paradigma dell’irredimibile, per g.c. dell’Osservatorio AIC
XXXVII. Roberto Bin, L’adattamento
dell’ordinamento italiano al diritto internazionale non scritto dopo la sent.
238/2014, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
XXXVIII. Claudio Zanghì, Un
nuovo limite all'immunità di giurisdizione degli Stati nella sentenza 238 della
Corte Costituzionale italiana? per g.c. di Federalismi.it
XXXIX. Luca Minniti, Il
diritto ad un processo nel merito, per g.c. di Federalismi.it
XL. Nicola Colacino, La
tutela giurisdizionale dei diritti inviolabili tra obblighi internazionali e
Stato di diritto, per g.c. di Federalismi.it
XLI. Federico Girelli, La
super doppia pronuncia: l'immunità degli Stati dalla giurisdizione per crimini
internazionali in Italia non esiste, per g.c. di Federalismi.it
XLII. Roberta Calvano, La Corte costituzionale e i “Controlimiti”
2.0, per g.c. di Federalismi.it
XLIII. Maria
Irene Papa, Il ruolo
della Corte costituzionale nella ricognizione del diritto internazionale
generale esistente e nella promozione del suo sviluppo progressivo.
Osservazioni critiche a margine della sentenza n. 238/2014, per g.c. della Rivista
AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giuseppe TESAURO Presidente
- Sabino CASSESE Giudice
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge
17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite,
firmato a San Francisco il 26 giugno 1945) e dell’art. 1 [recte: art. 3] della legge
14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle
Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni,
firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento
dell’ordinamento interno), promossi dal Tribunale di Firenze con tre
ordinanze del 21 gennaio 2014 rispettivamente iscritte ai nn.
84, 85
e 113
del registro ordinanze 2014, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 23 e 29, prima serie speciale,
dell’anno 2014.
Visti gli atti di costituzione di S.F., di A.M. ed altri e
di B.D., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 settembre 2014 il
Giudice relatore Giuseppe Tesauro;
uditi l’avvocato Joachim Lau per
S.F., per A.M. ed altri e per B.D. e l’avvocato dello Stato Diana Ranucci per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.–
Con tre distinte ordinanze di identico tenore, adottate il 21 gennaio 2014
(reg. ord. n. 84, n. 85 e n. 113 del 2014),
il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale:
1) della «norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai
sensi dell’art. 10,
primo comma, Cost.», della consuetudine internazionale accertata dalla Corte
internazionale di giustizia (CIG) nella sentenza del 3
febbraio 2012, nella parte in cui nega la giurisdizione, nelle azioni
risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi, almeno in parte, nello
Stato del giudice adito, iure imperii
dal Terzo Reich; 2) dell’art. 1 della legge
17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite,
firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), nella parte in cui, recependo
l’art. 94 dello Statuto dell’ONU, obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi
alla pronuncia della CIG quando essa ha stabilito l’obbligo del giudice
italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della causa civile
di risarcimento del danno per crimini contro l’umanità, commessi iure imperii dal Terzo Reich, almeno in
parte nel territorio italiano; 3) dell’art. 1 (recte: art. 3) della legge 14
gennaio 2013 n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle
Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni,
firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento
dell’ordinamento interno), nella parte in cui obbliga il giudice nazionale ad
adeguarsi alla pronuncia della CIG anche quando essa ha stabilito l’obbligo del
giudice italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della
causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l’umanità, commessi iure imperii dal Terzo Reich nel
territorio italiano, in riferimento agli artt. 2 e 24 della
Costituzione.
Le richiamate norme vengono censurate in
riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., in quanto, impedendo l’accertamento
giurisdizionale e l’eventuale condanna delle gravi violazioni dei diritti
fondamentali subìte dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità,
perpetrati sul territorio dello Stato
italiano, investito dall’obbligo di tutela giurisdizionale, ma commessi da
altro Stato, anche se nell’esercizio dei poteri sovrani (iure imperii), contrasterebbero con il principio di insopprimibile
garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti, consacrato nell’art. 24
Cost., il quale è principio supremo dell’ordinamento costituzionale italiano ed
in quanto tale costituisce limite all’ingresso sia delle norme internazionali
generalmente riconosciute, ex art.
10, primo comma, Cost., che delle norme contenute in trattati istitutivi di
organizzazioni internazionali aventi gli scopi indicati dall’art. 11 Cost. o
derivanti da tali organizzazioni.
1.1.– Il giudice rimettente premette di essere stato adito: in
riferimento al primo giudizio, dal signor F. S. per ottenere la condanna della
Repubblica federale tedesca al risarcimento dei danni dal medesimo patiti nel
corso della seconda guerra mondiale per essere stato catturato nel territorio
italiano da forze militari tedesche e deportato a Mauthausen in dato 8 giugno
1944, dove fu liberato solo il 25 giugno 1945, dopo innumerevoli sofferenze; in
riferimento al secondo giudizio, dai legittimi eredi del signor L. C. per
ottenere la condanna della Repubblica federale tedesca al risarcimento dei
danni dal medesimo patiti nel corso della seconda guerra mondiale per essere
stato catturato nel territorio italiano da forze militari tedesche l’8
settembre 1943, deportato in Germania per essere adibito al lavoro forzato,
ucciso in uno dei lager di Kahla-Thuringa in Germania
e, secondo la Croce rossa internazionale, sepolto in una fossa comune con
seimila prigionieri, ridotti in schiavitù; in relazione al terzo giudizio, dal
sig. D. B., per ottenere la condanna della Repubblica federale tedesca al
risarcimento dei danni dal medesimo patiti nel corso della seconda guerra
mondiale per essere stato catturato nel territorio italiano da forze militari
tedesche il 9 settembre 1943 a Verona, nell’ospedale dove era ricoverato, dal
quale fu deportato in Germania per essere adibito al lavoro forzato, segregato
nel campo di concentramento di Zeitz, uno dei sottolager di Buchenwald, prima di essere trasferito nel
campo di Hartmannsdorf Stammlager
IVF e poi ancora a Granschutz dove veniva liberato
dagli alleati alla fine della guerra.
Il rimettente ricorda che la Repubblica
federale di Germania, costituitasi nei giudizi, eccepiva il difetto di
giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana e chiedeva al giudice di dare
attuazione alla sentenza del 3
febbraio 2012 della CIG, non accettando il contraddittorio sul merito della
vicenda. Pertanto, il giudice rimettente sollevava la predetta questione di legittimità
costituzionale delle norme che gli imponevano di declinare la giurisdizione.
1.2.– Il Tribunale di Firenze osserva che la questione oggetto dei
giudizi consiste nel valutare se l’ordinamento giuridico entro il quale il
giudice italiano è chiamato a decidere le controversie, nel conformarsi alle
norme dell’ordinamento giuridico internazionale generalmente riconosciute,
imponga al giudice dello Stato dove il crimine internazionale è stato commesso
di negare l’accesso al giudizio civile risarcitorio di accertamento e condanna,
anche quando sul proprio territorio sia stato leso un diritto fondamentale,
mediante un crimine di guerra e contro l’umanità, ancorché ad opera di uno
Stato estero nell’esercizio di poteri sovrani.
Dopo aver precisato che non è in
contestazione la natura di crimine internazionale dei fatti oggetto di causa e
la loro potenzialità lesiva di diritti fondamentali, il rimettente ricorda che,
prima della sentenza della CIG, la Corte di cassazione aveva affermato che
l’immunità dalla giurisdizione civile degli Stati esteri riconosciuta dal
diritto internazionale non ha carattere assoluto, ma può trovare un limite
anche quando lo Stato operi nell’esercizio della sua sovranità, ove le condotte
integrino crimini contro l’umanità, tali da configurare un crimine
internazionale (sentenze n. 5044 del 2004 e n. 14202 del 2008).
Il giudice rimettente rileva, tuttavia,
che, a seguito della pronuncia
emessa dalla CIG in data 3 febbraio 2012, secondo la quale «il diritto
consuetudinario internazionale continu[a] a prevedere
che ad uno Stato sia riconosciuta l’immunità in procedimenti per illeciti
presumibilmente commessi sul territorio di un altro Stato dalle proprie forze
armate ed altri organismi statali nel corso di un conflitto armato», anche
allorquando lo si accusi di gravi violazioni delle leggi internazionali sui
diritti umani, la Corte di cassazione, mutando orientamento sulla scia della
predetta decisione internazionale, ha dichiarato il difetto di giurisdizione
del giudice italiano rilevando che «la tesi inaugurata dalla Cass. n. 5044 del
2004 è rimasta isolata e non è stata convalidata dalla comunità internazionale
di cui la CIG è massima espressione, sicché il principio (…) non può essere
portato ad ulteriori applicazioni» (sentenze n. 32139 del 2012 e n. 4284 del
2013).
A conferma di tale orientamento sarebbe,
poi, sopraggiunta la legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica
italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali
degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004 nonché norme
di adeguamento dell’ordinamento interno) che all’art. 3 contiene l’espressa
esclusione della giurisdizione italiana per i crimini di guerra commessi dal
Terzo Reich anche per i procedimenti in corso.
Il Tribunale di Firenze precisa che la
CIG ha ritenuto di non dover valutare l’interferenza tra la tutela del diritto
fondamentale della persona umana ed il principio di sovranità dello Stato
chiamato a rispondere del fatto illecito, escludendo l’esistenza di un
conflitto tra norme di ius cogens
materiali e norme (come l’immunità) ritenute formali o processuali in quanto
operanti su piani differenti. Pertanto il rimettente rileva che, se, da una
parte, al giudice italiano è sottratta l’interpretazione della valenza
imperativa ed inderogabile dello ius cogens, ambito nel quale la Corte di giustizia ha una
competenza assoluta ed esclusiva, non può negarsi la sua competenza a
verificare se l’adozione indifferenziata di tale protezione in favore dei
singoli Stati ed in danno dei singoli individui gravemente lesi sia conforme
alla Costituzione italiana ed alle sue fonti integrative anche sovranazionali;
se cioè l’apertura verso ordinamenti diversi, contenuta negli artt. 10, 11 e 117 Cost. sia priva
o meno di filtri selettivi in grado di condizionare, nel caso in esame, la
decisione della pregiudiziale sollevata dalla Repubblica federale di Germania.
Ad avviso del
rimettente, è dubbio che l’immunità degli Stati, in specie fra quelli
dell’Unione europea, possa ancora consentire, ancorché solo per effetto di
consuetudini internazionali anteriori all’entrata in vigore della Costituzione
e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’esclusione
incondizionata della tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali violati da
crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della
persona.
Posto che è la stessa CIG a riconoscere
che, nella specie, si determina una lesione concreta e definitiva della tutela
giurisdizionale del diritto violato, e, tuttavia, ritiene che la violazione
delle norme di natura materiale con valore imperativo inderogabile (dei diritti
fondamentali dell’uomo anche se calpestati da una diffusa prassi di crimini di
guerra e contro l’umanità) non contrasti con le norme internazionali di natura
procedurale sull’immunità statale, il Tribunale di Firenze dubita che,
nell’ambito del diritto interno, il principio di eguaglianza sovrana degli
Stati, con riguardo al suo corollario in materia di immunità, possa
giustificare il sacrificio della tutela giurisdizionale di un diritto
fondamentale quando e se la tutela è richiesta verso uno Stato, diverso da
quello di appartenenza del giudice adito, che abbia commesso un crimine
internazionale ancorché nell’esercizio dei poteri sovrani.
Sebbene non sia più consentito alla
giurisdizione interna verificare se il singolo atto criminoso compiuto dal
Terzo Reich sul territorio italiano militarmente occupato sia o meno
collocabile tra gli atti iure imperii
dal punto di vista internazionale, a seguito della pronuncia della CIG, la
quale non lascia più margini di valutazione sotto questo profilo, il rimettente
ritiene che, però, non possa non considerarsi che il carattere assoluto
dell’immunità internazionale preclude, per gli individui interessati, qualsiasi
possibilità di veder accertati e tutelati i propri diritti, nella specie già
negati nell’ordinamento interno tedesco.
Il Tribunale di Firenze ricorda che, sin
da una risalente sentenza (n. 48 del 1979),
la Corte costituzionale ha affermato che, nel contrasto fra norme
internazionali immesse nell’ordinamento italiano mediante l’art. 10, primo
comma, Cost. e principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano,
devono essere questi ultimi a prevalere.
Con una successiva decisione (sentenza n. 73 del
2001), questa medesima Corte – prosegue ancora il rimettente – ha ribadito
il principio secondo il quale «l’orientamento di apertura dell’ordinamento
italiano nei confronti sia delle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute, sia delle norme internazionali convenzionali incontra i limiti
necessari a garantirne l’identità e, quindi, innanzitutto i limiti derivanti
dalla Costituzione». Pertanto, i principi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituirebbero limite
tanto all’ingresso delle norme internazionali generalmente riconosciute alle
quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma in virtù dell’art. 10, primo
comma, Cost., quanto delle norme contenute in trattati istitutivi di
organizzazioni internazionali aventi gli scopi indicati dall’art. 11 Cost. o
derivanti da tali organizzazioni.
Considerato che il principio di cui
all’art. 24 Cost. costituisce uno dei principi supremi dell’ordinamento
costituzionale italiano, essendo «intimamente connesso con lo stesso principio
di democrazia l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un
giudice e un giudizio» (sentenza n. 18 del
1982), il rimettente dubita della legittimità costituzionale della norma
consuetudinaria. Infatti, il principio supremo di insopprimibile garanzia della
tutela giurisdizionale dei diritti sarebbe insuscettibile di cedere di fronte
alla norma consuetudinaria di diritto internazionale che rileva nel caso
concreto, così come esplicitata dalla CIG, ogniqualvolta a ledere il diritto
fondamentale della persona umana sia un crimine contro l’umanità commesso nello
Stato investito dall’obbligo di tutela giurisdizionale, ancorché commesso da
altro Stato nell’esercizio dei poteri sovrani.
In definitiva, ad avviso del rimettente,
il giudice italiano non potrebbe accogliere l’indicazione fornita dalla CIG e
quindi negare l’accesso al processo rimettendo la protezione individuale alle
dinamiche dei rapporti tra organi politici degli Stati che, per decenni, non
sono riusciti a trovare la soluzione. Negare il processo civile di accertamento
e condanna per le aberranti condotte del Terzo Reich implicherebbe sacrificare
irrimediabilmente il diritto alla tutela dei diritti.
Il rimettente precisa, inoltre, che è
una scelta obbligata quella di sollevare questione di legittimità
costituzionale, tenuto conto di quanto già affermato dalla Corte costituzionale
nella sentenza
n. 311 del 2009 e cioè che il verificarsi dell’ipotesi in cui la norma
internazionale risulti in contrasto con la Costituzione «esclude l’operatività
del rinvio alla norma internazionale e, dunque, la sua idoneità ad integrare il
parametro dell’art. 117, primo comma, Cost.»: e, pertanto, «non potendosi
evidentemente incidere sulla sua
legittimità, comporta (…) l’illegittimità (…) della legge di adattamento
(sentenze n. 348
e n. 349 del
2007)».
Per le ragioni esposte, il Tribunale di
Firenze rimette la questione al vaglio di legittimità costituzionale, ritenendo
non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della
norma interna, prodotta, ex art. 10,
primo comma, Cost., in conformità alla consuetudine internazionale formatasi
prima della Costituzione, che nega nelle azioni risarcitorie per danni da
crimini di guerra la giurisdizione dello Stato in cui l’illecito ha, almeno in
parte, prodotto i suoi effetti lesivi.
Aggiunge il
rimettente che l’art. 94 dello Statuto delle Nazioni Unite, che prescrive che
«ciascun membro delle Nazioni Unite si impegna a conformarsi alla decisione
della Corte internazionale di giustizia in ogni controversia di cui esso sia
parte», essendo trasposto nell’ordinamento interno in forza della legge di
ratifica avente valore sub-costituzionale anche se in forza di norma di rango
costituzionale (l’art. 11 Cost.), obbliga l’ordinamento interno solo se e nella
parte in cui è compatibile con la Costituzione. Pertanto, il dubbio di
legittimità costituzionale deve coinvolgere – ad avviso del rimettente – anche
la legge n. 848 del 1957, nella parte in cui, recependo la Carta ONU ed in
particolare l’art. 94 della stessa, vincola tutti gli organi dello Stato ad adeguarsi
alle sentenze della CIG, ivi compresa quella qui
conferente del 3 febbraio 2012.
Sulla base dei medesimi argomenti il
rimettente censura, altresì, l’art. 3 della legge n. 5 del 2013, in ragione del fatto che in esso è stato
ulteriormente disciplinato l’obbligo del giudice nazionale di adeguarsi alla
pronuncia della CIG che ha negato la giurisdizione del giudice italiano nella
causa di risarcimento del danno per i crimini ritenuti iure imperii commessi dal Terzo Reich nel territorio italiano.
Infine, il Tribunale di Firenze precisa
che le norme censurate sono tutte norme la cui legittimità costituzionale
rileva autonomamente nel giudizio principale, in quanto aventi ad oggetto precetti
che, anche singolarmente presi, sarebbero idonei ad escludere il proprio potere
giurisdizionale.
2.–
Nei giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale chiede che
la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata
inammissibile e/o infondata.
La difesa statale sostiene, in primo
luogo, l’inammissibilità della questione sollevata, in quanto volta a
sottoporre al sindacato di legittimità costituzionale la norma consuetudinaria
sull’immunità che sarebbe riconducibile ad una fase anteriore all’adozione
della Costituzione e non sarebbe, pertanto, sottoponibile al giudizio promosso
dal giudice a quo, secondo
l’orientamento a suo dire consolidato della Corte costituzionale, la quale
avrebbe affermato che solo le consuetudini internazionali venute ad esistenza
dopo l’entrata in vigore della Costituzione possono essere oggetto del giudizio
di legittimità costituzionale (a tale proposito, a pretesa conferma, sono
richiamate le sentenze
nn. 48 del 1979, 471 del 1992, 15 del 1996, 262 del 2009).
Il Presidente del Consiglio dei ministri
ritiene, inoltre, che il vaglio circa la sussistenza della giurisdizione assuma
un carattere logicamente pregiudiziale rispetto al sindacato di merito,
cosicché sostenere che la semplice domanda di risarcimento per danni recati da
atti contrari a norme materiali inderogabili sia idonea a fondare la
giurisdizione dello Stato territoriale paleserebbe un inammissibile
rovesciamento dei rapporti di logica precedenza tra le due distinte valutazioni
in rito ed in merito.
Nel merito, l’Avvocatura generale dello
Stato, anzitutto, richiama all’attenzione la circostanza che la Corte costituzionale
avrebbe affermato che l’art. 10, primo comma, Cost. rinvia alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute, attribuendo ad esse un valore
di norme costituzionali ed avrebbe risolto l’apparente contrasto tra immunità e
diritto alla tutela giurisdizionale ex
art. 24 Cost. alla luce del principio di specialità, riconoscendo che la
compressione del principio espresso dall’art. 24 Cost. può giustificarsi in
virtù dei preminenti interessi sottesi all’esigenza di garantire l’immunità
degli Stati stranieri dalla giurisdizione territoriale. La ragionevolezza
insita nella conformazione del diritto di difesa a fronte delle esigenze
connesse al rispetto dell’immunità dello Stato estero dimostrerebbe, pertanto,
l’infondatezza delle censure di illegittimità costituzionale rivolte alle
disposizioni impugnate.
L’obbligo di rispettare l’immunità dello
Stato estero troverebbe il suo fondamento anche in altre disposizioni (oggetto
di impugnativa) ed in specie nell’art. 94 dello Statuto dell’ONU, recepito in
Italia con la legge n. 848 del 1957, il quale impone a ciascuno Stato membro di
conformarsi alle decisioni della CIG, e nell’art. 3 della legge n. 5 del 2013,
che ne costituisce esatta integrazione. Il dovere per l’Italia di conformarsi
alle consuetudini internazionali nonché alle decisioni della CIG, come statuito
dal citato art. 94 dello Statuto dell’ONU, troverebbe il proprio fondamento
anche nell’art. 11 Cost. il quale imporrebbe all’Italia di rispettare le norme
consuetudinarie di diritto internazionale come individuate dalla CIG, alle cui
decisioni l’Italia è tenuta a conformarsi ai sensi dello Statuto dell’ONU.
3.–
Si sono costituiti, in tutti e tre i giudizi, (reg. ord. n. 84, n. 85 e n.
113 del 2014), gli attori dei processi principali, chiedendo che la Corte
costituzionale accolga le questioni sollevate dal Tribunale di Firenze.
3.1.– La difesa degli attori del processo principale premette che la
circostanza che la richiesta del risarcimento dei danni è stata effettuata solo
dopo sessantasette anni è dovuta alla moratoria che la Repubblica federale
tedesca aveva concordato con gli alleati, vincitori della seconda guerra
mondiale, e che anche l’Italia aveva dovuto rispettare in base all’art. 18 del
Trattato di pace. Precisa, altresì, che, dopo la fine della moratoria, le
richieste di risarcimento erano state rigettate dalla Repubblica federale
tedesca ed era stato negato qualsiasi altro rimedio per i crimini commessi dal
Terzo Reich e dal suo governo.
Con specifico riferimento alle questioni
sollevate dal Tribunale di Firenze, la difesa degli attori del processo
principale svolge alcune considerazioni preliminari.
Essa ricorda che, a partire dal 26
giugno 1945, a San Francisco, in risposta alle gravi violazioni dei diritti
fondamentali dell’uomo, gli Stati della Comunità internazionale si obbligavano,
con l’art. 1, comma 3, e con l’art. 55, lettera c), della Carta dell’ONU, a rispettare i diritti dell’uomo e le
libertà fondamentali, senza distinzioni di razza, sesso, lingua, religione. Fra
tali diritti era annoverato anche quello di adire un giudice (art. 14 del Patto
per i diritti civili e politici del 19 dicembre 1966), divenuto poi un cardine
del sistema internazionale per l’osservanza dei diritti dell’uomo (Risoluzione
dell’Assemblea generale dell’ONU n. 60/147 recante «Basic principles
and Guidelines on the Right to a Remedy
and Reparation for Victims
of Gross Violation of
International Human Rights Law and Serious violations of
International Umanitarian Law»). Pertanto, il conflitto tra la tutela
dei diritti dell’uomo ed il divieto di ingerenza negli affari interni (cui si
collega l’immunità giurisdizionale degli Stati) non può essere risolto a danno
dei diritti fondamentali.
La difesa, quindi, osserva che
l’illegittimità costituzionale della legge n. 5 del 2013 non deriverebbe
soltanto da una violazione dell’art. 24 Cost., ma dal contrasto con lo stesso
diritto internazionale e con la sua pretesa di tutelare i diritti fondamentali,
incluso il diritto di adire un giudice competente in materia.
La difesa degli attori chiede, quindi,
che la Corte costituzionale accolga la questione di legittimità costituzionale
sollevata dal Tribunale di Firenze, anche al fine di evitare che la CIG venga
denunciata per aver ecceduto dalla sua competenza.
Rileva, inoltre, che, alla luce del
diritto internazionale vigente, esisterebbe la giurisdizione del giudice
italiano e che, quindi, le norme censurate, nella parte in cui escludono la
giurisdizione del giudice italiano per le azioni risarcitorie inerenti ai danni
derivanti dai crimini contro l’umanità posti in essere dalle forze armate
tedesche durante la seconda guerra mondiale, si porrebbero in contrasto anche
con gli artt. 10 e 117 Cost. in quanto lederebbero il diritto della parte
privata di adire il competente giudice per la tutela dei propri diritti ed
interessi legittimi, in contrasto con il diritto internazionale consuetudinario
e convenzionale.
Pertanto, la difesa degli attori dei
processi principali chiede che la Corte costituzionale dichiari l’illegittimità
costituzionale della legge n. 5 del 2013 per contrasto con gli artt. 24, 11 e
117 Cost. ed ammetta la giurisdizione del giudice italiano, escludendo
l’efficacia anche indiretta della sentenza della
CIG del 3 febbraio 2012.
Conseguentemente, chiede che vengano
valutati ulteriori profili di illegittimità costituzionale della normativa
denunciata attinenti, fra l’altro: al divieto di retroattività di una legge
procedurale e al divieto di retroattività del nuovo orientamento
giurisprudenziale relativo ai diritti fondamentali affermatosi rispetto al
precedente orientamento della Corte di cassazione; al divieto di disapplicare
il diritto internazionale generalmente riconosciuto, in virtù del quale lo
Stato convenuto può implicitamente o esplicitamente rinunciare alla sua
immunità giurisdizionale, non gode di immunità per cause fondate su illeciti
commessi mediante atti iure imperii
se questi sono avvenuti nel territorio dello Stato ove il giudice adito ha sede
e non gode di immunità in cause civili fondate su gravi violazioni dei diritti
fondamentali; all’obbligo di rispettare, in base agli artt. 11 e 117, primo
comma, Cost., l’art. 28, comma 2, della Convenzione europea per il rimedio
pacifico delle controversie tra gli Stati europei del 29 aprile 1957, e l’art.
6 della CEDU; al divieto di disattendere gli artt. 24 e 111 Cost. e/o gli artt.
1, comma 3, e 55, lettera c), della
Carta dell’ONU se una persona fisica è stata vittima di un crimine di guerra o
di gravi crimini contro l’umanità; agli artt. 101 e 102 Cost., in quanto
l’impugnato art. 3 della legge n. 5 del 2013 contiene un ordine del Parlamento
o del Governo al giudice, in relazione a specifiche cause, di rinunciare alla
propria competenza giurisdizionale senza poter valutare i fatti e il diritto
applicabile e di annullare decisioni già definite.
4.– All’udienza pubblica, le parti
costituite nel giudizio ed il Presidente del Consiglio dei ministri hanno
insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale di
Firenze dubita della legittimità costituzionale di alcune norme che gli
imporrebbero di declinare la giurisdizione, come eccepito dalla convenuta, in
relazione a tre giudizi instaurati contro la Repubblica federale di Germania
(RFG) per ottenere la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti
nel corso della seconda guerra mondiale da tre cittadini italiani, catturati
nel territorio italiano da forze militari tedesche e deportati in Germania per
essere adibiti al lavoro forzato nei campi di concentramento.
Più precisamente, il
Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale: 1)
della norma «prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi
dell’art. 10, primo comma, Cost.», della norma consuetudinaria di diritto
internazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri
Stati, così come interpretata dalla Corte internazionale di giustizia (CIG)
nella sentenza
Germania c. Italia del 3 febbraio 2012, nella parte in cui comprende tra
gli atti iure imperii sottratti alla
giurisdizione di cognizione anche i crimini di guerra e contro l’umanità,
lesivi di diritti inviolabili della persona, commessi in Italia e in Germania
nei confronti di cittadini italiani nel periodo 1943-1945 dalle truppe del
Terzo Reich; 2) dell’art. 1 della legge di adattamento alla Carta delle Nazioni
Unite (legge 17 agosto 1957, n. 848, recante «Esecuzione
dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945»),
nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia
della CIG, pertanto, anche quando
essa ha stabilito l’obbligo dello stesso di negare la propria giurisdizione
nella causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l’umanità,
commessi iure imperii dal Terzo Reich
nel territorio italiano; 3) dell’art. 1 (recte art. 3) della legge 14
gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle
Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni,
firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento
dell’ordinamento interno), che ha imposto al giudice di adeguarsi alla sentenza
della CIG e per ciò stesso di negare la propria giurisdizione in futuro per
tutti gli atti iure imperii dello
Stato straniero, anche quando tali atti consistano in violazioni gravi del
diritto internazionale umanitario e dei diritti fondamentali, quali i crimini
di guerra e contro l’umanità commessi in Italia e in Germania nei confronti di
cittadini italiani nel periodo 1943-1945 dalle truppe del Terzo Reich, nonché
di ammettere la revocazione delle sentenze già passate in giudicato che non
avessero riconosciuto l’immunità.
Le richiamate norme
vengono censurate in riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., in quanto, impedendo
l’accertamento giurisdizionale e la valutazione della pretesa di risarcimento
dei danni derivanti dalle gravi violazioni dei diritti fondamentali subìte
dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità, commessi da altro
Stato, anche se nell’esercizio di poteri sovrani (iure imperii), contrasterebbero con il principio di insopprimibile
garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti, consacrato nell’art. 24
Cost., che è un principio supremo dell’ordinamento costituzionale italiano e,
quindi, costituisce un limite all’ingresso sia delle norme internazionali
generalmente riconosciute, ex art.
10, primo comma, Cost., che delle norme contenute in trattati istitutivi di
organizzazioni internazionali aventi gli scopi indicati dall’art. 11 Cost. o
derivanti da tali organizzazioni e oggetto di leggi di adattamento.
Il giudice rimettente
muove dalla constatazione che la CIG, con la sentenza del 3
febbraio 2012, ha affermato la perdurante vigenza della norma
consuetudinaria internazionale che sancisce l’immunità degli Stati dalla
giurisdizione civile degli altri Stati per tutti indistintamente gli atti
ritenuti iure imperii, escludendo che
si sia formata, per consuetudine, un’eccezione relativa agli atti iure imperii qualificabili, come
espressamente riconosciuto nella specie con riguardo agli episodi di
deportazione, lavoro forzato, eccidi, compiuti in Italia e in Germania nei
confronti di cittadini italiani nel periodo 1943-1945 dalle truppe del Terzo
Reich, quali crimini di guerra o contro l’umanità lesivi di diritti
fondamentali della persona; ed ha negato l’esistenza di un conflitto tra norme
materiali cogenti (diritto internazionale a tutela dei diritti umani) e norme
processuali (immunità degli Stati dalla giurisdizione di altri Stati), in
quanto operanti su piani diversi.
Tuttavia, pur
riconoscendo alla CIG una “competenza assoluta ed esclusiva” quanto
all’interpretazione delle norme di diritto internazionale, il giudice di
Firenze dubita della conformità alla Costituzione sia della norma interna
corrispondente alla norma consuetudinaria internazionale, che incontra il
limite dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili costituzionalmente
garantiti, fra i quali vi è il diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti
inviolabili, sia delle corrispondenti norme di recepimento. Il rimettente
precisa, infatti, che non può non tenersi in debito conto che il «conferire
all’immunità internazionale il carattere assoluto confermato dalla Corte di
giustizia internazionale vuol dire precludere, per gli individui interessati,
qualsiasi possibilità di veder accertati e tutelati i propri diritti, nel caso
di specie già negati nell’ordinamento interno tedesco» (ordinanze di rimessione
n. 84 del 2014, pag. 7; n. 85 del 2014, pag. 7, n. 113 del 2014, pag. 7).
Conseguentemente, prospetta lo stesso dubbio di legittimità costituzionale nei
confronti di quelle disposizioni contenute sia nella legge di adattamento alla
Carta delle Nazioni Unite (art. 1 della legge n. 848 del 1957), che nella legge
di adesione alla Convenzione di New York (art. 3 della legge n. 5 del 2013),
nella parte in cui gli impongono, al pari della richiamata norma
consuetudinaria internazionale, di negare la propria giurisdizione in
ottemperanza alla sentenza della CIG.
Infine, il Tribunale di Firenze precisa
che quelle censurate sono tutte norme la cui legittimità costituzionale rileva
autonomamente nel giudizio principale, in quanto aventi ad oggetto precetti
che, anche singolarmente presi, sarebbero idonei ad escludere l’esercizio della
sua giurisdizione.
Inoltre, lo stesso
giudice rimettente limita le questioni sollevate alla giurisdizione relativa
alla cognizione della pretesa risarcitoria, non anche alla esecuzione.
I tre giudizi, a
ragione dell’identità di petitum
e di argomentazione, vanno riuniti e definiti con decisione unica.
2.– In via
preliminare, questa Corte deve valutare le eccezioni di inammissibilità delle
questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Firenze.
2.1.– Con la prima eccezione, l’Avvocatura
generale dello Stato deduce che l’immunità dalla giurisdizione qui evocata è
oggetto di una norma internazionale consuetudinaria generalmente riconosciuta
formatasi in epoca precedente all’entrata in vigore della Costituzione italiana
e per tale ragione sarebbe insuscettibile di verifica di costituzionalità.
Questa Corte avrebbe affermato, nella sentenza n. 48 del
1979 (v. punto 2. del Ritenuto in
fatto), che la verifica di compatibilità costituzionale delle norme
consuetudinarie internazionali sarebbe consentita esclusivamente per le norme
formatesi successivamente all’entrata in vigore della nostra Costituzione.
L’eccezione non è
fondata.
Invero,
nell’occasione evocata dall’Avvocatura, questa Corte valutò precisamente la legittimità
costituzionale della norma consuetudinaria internazionale sulla immunità degli
agenti diplomatici, dopo averla definita espressamente «consuetudine più che
secolare degli Stati nelle loro reciproche relazioni» e affermando che «La
prospettazione della questione così come formulata dal giudice a quo, riferita all’ordine di esecuzione
di cui alla legge n. 804 del 1967, in relazione all’art. 31, paragrafi 1 e 3
della Convenzione di Vienna, appare solo formalmente esatta perché, sul punto
che interessa, la disposizione pattizia è meramente ricognitiva della norma di
diritto internazionale generale sopra descritta. Il fondamento della questione
va considerato, pertanto, con riferimento a quest’ultima norma, ed il vero
oggetto del giudizio, cui va rivolto l’esame della Corte, concerne la
compatibilità con gli invocati principi costituzionali della norma interna di
adeguamento alla consuetudine internazionale generale» (punto 3. del
Considerato in diritto).
In un passaggio
successivo, poi, questa Corte aggiunse: «Occorre comunque affermare, più in
generale, per quanto attiene alle norme di diritto internazionale generalmente
riconosciute che venissero ad esistenza dopo l’entrata in vigore della
Costituzione, che il meccanismo di adeguamento automatico previsto dall’art. 10
Cost. non potrà in alcun modo consentire la violazione dei principi
fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, operando in un sistema
costituzionale che ha i suoi cardini nella sovranità popolare e nella rigidità
della Costituzione» (punto 3. del Considerato
in diritto).
Ora,
indipendentemente dalla correttezza o meno della lettura operata
dall’Avvocatura della decisione n. 48 del 1979,
questa Corte intende confermare specificamente quanto rilevato con chiarezza
nella sentenza
n. 1 del 1956: «L’assunto che il nuovo istituto della “illegittimità
costituzionale” si riferisca solo alle leggi posteriori alla Costituzione e non
anche a quelle anteriori non può essere accolto, sia perché, dal lato testuale,
tanto l’art. 134 della Costituzione quanto l’art. 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, parlano di questioni di legittimità
costituzionale delle leggi, senza fare alcuna distinzione, sia perché, dal lato
logico, è innegabile che il rapporto tra leggi ordinarie e leggi costituzionali
e il grado che ad esse rispettivamente spetta nella gerarchia delle fonti non
mutano affatto, siano le leggi ordinarie anteriori, siano posteriori a quelle
costituzionali».
E qui oggi si
riconosce, pertanto, che il principio affermato nella appena ricordata sentenza n. 1 del
1956, secondo il quale il controllo di legittimità costituzionale riguarda
sia norme posteriori che norme anteriori alla Costituzione repubblicana, vale
anche per le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute di cui
al meccanismo di adattamento automatico dell’art. 10, primo comma, Cost. che si
siano formate prima o dopo la Costituzione.
Neppure si può
escludere dallo scrutinio di legittimità costituzionale la norma oggetto del
rinvio operato all’art. 10, primo comma, Cost. ad una norma consuetudinaria
internazionale solo perché l’art. 134 Cost. non
contempla espressamente questa specifica ipotesi. Tale disposizione assoggetta
al controllo accentrato di costituzionalità tutte le leggi, gli atti e le norme
le quali, pur provviste della stessa efficacia delle leggi formali, ordinarie e
costituzionali, siano venute ad esistenza per vie diverse dal procedimento
legislativo, anche quelle da ultimo richiamate. Sono esclusi dallo scrutinio
riservato a questa Corte soltanto gli atti che hanno un rango ed una forza
inferiori rispetto alla legge. In definitiva, non sussistono, sul piano logico
e sistematico, ragioni per le quali il controllo di legittimità costituzionale
dovrebbe essere escluso per le consuetudini internazionali o limitato solo a
quelle posteriori alla Costituzione, tenuto conto che a queste ultime è
riconosciuta la medesima efficacia delle consuetudini formatesi in epoca
precedente ed il medesimo limite del rispetto degli elementi identificativi
dell’ordinamento costituzionale, vale a dire dei principi fondamentali e dei
diritti inviolabili della persona.
La prima eccezione
della difesa del Presidente del Consiglio dei ministri non è pertanto fondata.
2.2.– La seconda eccezione si fonda
sull’assunto che il difetto di giurisdizione non potrebbe essere verificato in
base alla portata della norma internazionale sull’immunità degli Stati per gli
atti ritenuti iure imperii, in quanto
altrimenti si determinerebbe un «inammissibile rovesciamento dei rapporti di
logica precedenza tra le due distinte valutazioni in rito e in merito».
Anche questa
eccezione non è fondata, per il semplice motivo che un’eccezione relativa alla
giurisdizione richiede necessariamente una valutazione del petitum in base alla
prospettazione della domanda, come formulata dalle parti.
2.3.– Ancora in via
preliminare, occorre ribadire che sono inammissibili le deduzioni della parte
privata dirette ad estendere il thema decidendum attraverso l’evocazione di ulteriori
parametri costituzionali.
L’oggetto del
giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle
disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione (sentenza n. 32 del
2014; ma anche sentenze n. 271 del
2011 e n. 56
del 2009). Pertanto, non possono essere prese in considerazione le censure
svolte dalle parti dei giudizi principali, costituitesi nei giudizi davanti a
questa Corte, sollevate in riferimento all’art. 117, primo comma,
Cost. ed alle norme del diritto internazionale invocate per il suo tramite.
2.4.– Occorre, infine, rilevare che, benché
nel dispositivo di tutte e tre le ordinanze di rimessione, fra le norme
censurate, sia indicato l’art. 1 della legge n. 5 del 2013, dall’intero
contesto delle tre ordinanze si desume con chiarezza come le doglianze
riguardino non già il predetto art. 1, che contiene l’autorizzazione
all’adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità
giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, del 2 dicembre 2004, ma l’art. 3
della medesima legge nella parte in cui ha recepito – con procedimento di
adattamento ordinario – quanto deciso dalla CIG con la sentenza del 3
febbraio 2012.
Pertanto, in linea
con una costante giurisprudenza costituzionale, secondo la quale il thema decidendum,
con riguardo alle norme censurate, va identificato tenendo conto della
motivazione delle ordinanze o comunque dell’intero contesto del provvedimento
di rimessione (ex plurimis,
sentenze n. 258
del 2012 e n. 181
del 2011; ordinanza
n. 162 del 2011), è l’art. 3 della legge n. 5 del 2013, e non già l’art. 1,
l’oggetto del sindacato di legittimità costituzionale.
3. – Nel merito, la
questione di legittimità costituzionale della norma «prodotta nel nostro
ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell’art. 10, primo comma,
Cost»., della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull’immunità
degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, non è fondata nei
termini di seguito precisati.
3.1.– È
anzitutto da prendere atto che dal thema decidendum sottoposto a questa Corte è stata esclusa
dal giudice rimettente ogni valutazione sulla interpretazione da parte della
CIG della norma internazionale consuetudinaria relativa all’immunità degli
Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati.
D’altra
parte, la Corte non potrebbe procedere ad un tale scrutinio. Si tratta,
infatti, di una norma di diritto internazionale, dunque esterna all’ordinamento
giuridico italiano, la cui applicazione da parte dell’amministrazione e/o del
giudice, in virtù del rinvio operato nella specie dall’art. 10, primo comma,
Cost., deve essere effettuata in base al principio di conformità, e cioè
nell’osservanza dell’interpretazione che ne è data nell’ordinamento di origine,
che è l’ordinamento internazionale. In questa occasione, la norma che interessa
è stata interpretata dalla CIG, precisamente in vista della definizione della
controversia tra Germania ed Italia, avente ad oggetto la giurisdizione del
giudice italiano su atti imputabili alla RFG.
Con la sentenza del 3
febbraio 2012, la CIG ha affermato che, allo stato, non si rinvengono
sufficienti elementi nella prassi internazionale per dedurre l’esistenza di una
deroga alla norma sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli
altri Stati per atti iure imperii
relativa alle ipotesi, che ha ritenuto sussistenti nella specie, e come ammesso
dalla stessa RFG, di crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti
inviolabili della persona. La medesima Corte ha anche espressamente
riconosciuto (sentenza, pag. 144, punto 104) – e risulta confermato dalla
difesa della RFG, che ha escluso l’esistenza di altri rimedi giurisdizionali a
tutela delle vittime dei predetti crimini (replica RFG, 5 ottobre 2010, pag.
11, punto 34) – che il difetto di giurisdizione dei giudici italiani comporta
un sacrificio dei diritti fondamentali dei soggetti che hanno subito le
conseguenze dei crimini commessi dallo Stato straniero ed ha individuato, sul
piano del diritto internazionale, nell’apertura di un nuovo negoziato il solo
strumento per definire la questione.
Ora, deve
riconoscersi che, sul piano del diritto internazionale, l’interpretazione da
parte della CIG della norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati dalla
giurisdizione civile degli altri Stati per atti ritenuti iure imperii è un’interpretazione particolarmente qualificata, che
non consente un sindacato da parte di amministrazioni e/o giudici nazionali,
ivi compresa questa Corte. Lo stesso principio è stato con chiarezza affermato
già nelle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007
con riguardo all’interpretazione delle norme della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) resa dalla Corte di Strasburgo.
E infatti il
giudice rimettente non entra nel merito dell’interpretazione resa dalla CIG
della norma internazionale sull’immunità per atti ritenuti iure imperii. Egli prende atto, sia pure con preoccupazione, che
quella è la portata attuale della norma consuetudinaria internazionale in
quanto così definita dalla CIG. Riferisce, altresì, che neppure è contestato
che gli atti attribuiti alla RFG siano atti illeciti, qualificati dalla stessa
RFG e dalla CIG crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti
inviolabili della persona, questione che comunque rientra nella valutazione di
merito della pretesa principale ed è dunque estranea al thema decidendum affidato a questa Corte.
Ciò premesso, è
tuttavia evidente che resta da verificare e risolvere il prospettato conflitto
tra la norma internazionale da immettere ed applicare nell’ordinamento interno,
così come interpretata nell’ordinamento internazionale, norma che ha rango
equivalente a quello costituzionale, in virtù del rinvio di cui all’art. 10,
primo comma, Cost., e norme e principi della Costituzione che con essa
presentino elementi di contrasto tali da non essere superabili con gli
strumenti ermeneutici.
È ciò che si verifica
con i principi qualificanti e irrinunciabili dell’assetto costituzionale dello
Stato e, quindi, con i principi che sovraintendono alla tutela dei diritti
fondamentali della persona. In tali ipotesi spetta al giudice nazionale, ed in
particolare esclusivamente a questa Corte, una verifica di compatibilità
costituzionale, nel caso concreto, che garantisca l’intangibilità di principi
fondamentali dell’ordinamento interno ovvero ne riduca al minimo il sacrificio.
Ed è precisamente
questo il thema decidendum
che ha sottoposto a questa Corte il Tribunale di Firenze nel sollevare le
questioni di legittimità costituzionale precisate in epigrafe: di verificare la
compatibilità della norma internazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione
civile degli altri Stati, così come interpretata dalla CIG, con un principio
fondamentale del nostro ordinamento costituzionale quale il diritto al giudice
(art. 24), congiuntamente al principio posto a tutela di diritti fondamentali
della persona (art. 2). D’altra parte, la possibilità della verifica di
compatibilità resta intatta comunque, anche tra norme – come nella specie –
entrambe di rango costituzionale, il bilanciamento rientrando tra «le ordinarie
operazioni cui questa Corte è chiamata in tutti i giudizi di sua competenza» (sentenza n. 236 del
2011).
3.2.– Non v’è dubbio, infatti, ed è stato
confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite
all’ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle
quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo
comma della Costituzione» (sentenze n. 48 del 1979 e
n. 73 del 2001)
ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del
1973, n.170
del 1984, n.
232 del 1989, n. 168 del 1991,
n. 284 del 2007),
oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti
Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982,
n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971).
Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed
irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche
alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146
del 1988).
In un sistema
accentrato di controllo di costituzionalità, è pacifico che questa verifica di
compatibilità spetta alla sola Corte costituzionale, con esclusione di
qualsiasi altro giudice, anche in riferimento alle norme consuetudinarie
internazionali. Vero è, infatti, che la competenza di questa Corte è
determinata dal contrasto di una norma con una norma costituzionale e,
ovviamente, con un principio fondamentale dell’assetto costituzionale dello
Stato ovvero con un principio posto a tutela di un diritto inviolabile della
persona, contrasto la cui valutazione non può competere ad altro giudice che al
giudice costituzionale. Ogni soluzione diversa si scontra – nel sistema
accentrato di controllo – con la competenza riservata dalla Costituzione a
questa Corte, restando scolpito nella sua giurisprudenza, fin dal primo passo,
che «La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge non può
essere fatta che dalla Corte costituzionale in conformità dell’art. 136 della
stessa Costituzione» (sentenza n. 1 del
1956). Anche di recente, poi, questa Corte ha ribadito che la verifica di
compatibilità con i principi fondamentali dell’assetto costituzionale e di
tutela dei diritti umani è di sua esclusiva competenza (sentenza n. 284 del
2007); ed ancora, precisamente con riguardo al diritto di accesso alla
giustizia (art. 24 Cost.), che il rispetto dei diritti fondamentali, così come
l’attuazione di principi inderogabili, è assicurato dalla funzione di garanzia
assegnata alla Corte costituzionale (sentenza n. 120 del
2014).
3.3.– La norma
internazionale consuetudinaria sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione
civile degli altri Stati, in origine assoluta in quanto comprensiva di tutti i
comportamenti degli Stati, in tempi meno remoti, ossia nella prima parte del
secolo scorso, è stata oggetto di un’evoluzione progressiva dovuta alla
giurisprudenza nazionale della maggior parte degli Stati, fino alla
individuazione di un limite negli acta
iure gestionis, formula di immediata
comprensione. Ed è notorio che è stato merito principalmente della
giurisprudenza italiana (ex multis,
Tribunale di Firenze, 8 giugno 1906, Riv. Dir. Int.
1907, 379; Cass. 13 marzo 1926, idem 1926, 250; Corte d’appello di Napoli, 16
luglio 1926, idem 1927,104; Corte
d’appello di Milano, 23 gennaio 1932, idem
1932, 549; Cassazione 18 gennaio 1933, idem
1933, 241) e di quella belga (ex
multis, Cass. 11 giugno 1903, Journ dr. Int. Privé 1904, 136;
App. Bruxelles 24 giugno 1920, Pasicrisie
belge 1922, II, 122; App. Bruxelles, 24 maggio 1933, Journ. dr. Int. 1933, 1034) la progressiva affermazione del
limite appena ricordato all’applicazione della norma sull’immunità (c.d. tesi
italo-belga). In definitiva, si è ridotta, ad opera delle giurisdizioni
nazionali, la portata della norma del diritto consuetudinario internazionale,
nel senso che essa attribuisce l’immunità dalla giurisdizione civile degli altri
Stati solo per gli atti ritenuti iure imperii. E ciò principalmente allo
scopo di escludere la concessione del beneficio dell’immunità almeno quando lo
Stato agisce come privato, ipotesi che appariva una iniqua limitazione dei
diritti dei contraenti privati.
Questo processo di
progressiva definizione del contenuto della norma internazionale si è ormai da
tempo affermato nella Comunità internazionale (sentenza n. 329 del
1992): e va valutata al giusto la circostanza certo significativa che
l’evoluzione nel senso precisato sia stata provocata dalla giurisprudenza dei
giudici nazionali, ai quali è naturale spetti la valutazione del rispettivo
titolo di competenza, lasciando agli organi internazionali la ricognizione
della prassi ai fini della rilevazione delle norme consuetudinarie e della loro
evoluzione.
Se un simile effetto
di ridimensionamento dell’immunità in una prospettiva di tutela dei diritti si è
delineato, anche per quanto attiene all’ordinamento italiano, ad opera del
controllo dei giudici comuni, in un contesto istituzionale contraddistinto da
una Costituzione flessibile, nella quale il riconoscimento dei diritti non era
assistito che da ridotte garanzie, è ineludibile affermare che nell’ordinamento
costituzionale repubblicano, fondato sulla tutela dei diritti e sulla connessa
limitazione del potere ad essa funzionale e garantito da una Costituzione
rigida, lo stesso controllo compete a questa Corte. Ad essa spetta in via
esclusiva il compito di assicurare il rispetto della Costituzione ed a maggior
ragione dei suoi principi fondamentali e quindi la necessaria valutazione della
compatibilità della norma internazionale sull’immunità degli Stati dalla
giurisdizione civile degli altri Stati con i predetti principi, con l’effetto
di produrre un ulteriore ridimensionamento della portata della predetta norma,
limitato al diritto interno ma tale da concorrere, altresì, ad un’auspicabile e
da più parti auspicata evoluzione dello stesso diritto internazionale.
3.4.– Una simile
verifica si rivela, peraltro, indispensabile alla luce dell’art. 10, primo
comma, Cost., il quale impone a questa Corte di accertare se la norma del
diritto internazionale generalmente riconosciuta sull’immunità dalla
giurisdizione degli Stati stranieri, come interpretata nell’ordinamento
internazionale, possa entrare nell’ordinamento costituzionale, in quanto non
contrastante con principi fondamentali e diritti inviolabili. Il verificarsi di
tale ultima ipotesi, infatti, «esclude l’operatività del rinvio alla norma
internazionale» (sentenza
n. 311 del 2009), con la conseguenza inevitabile che la norma
internazionale, per la parte confliggente con i principi ed i diritti
inviolabili, non entra nell’ordinamento italiano e non può essere quindi
applicata.
E ciò è proprio
quanto è accaduto nella specie.
Ripetutamente questa
Corte ha osservato che fra i principi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale vi è il diritto di agire e di resistere in giudizio a difesa dei
propri diritti riconosciuto dall’art. 24 Cost., in breve il diritto al giudice.
A maggior ragione, poi, ciò vale quando il diritto in questione è fatto valere
a tutela dei diritti fondamentali della persona.
Nella specie, il
giudice rimettente ha non casualmente indicato congiuntamente gli artt. 2 e 24
Cost., inestricabilmente connessi nella valutazione di legittimità
costituzionale chiesta a questa Corte. Il primo è la norma sostanziale posta,
tra i principi fondamentali della Carta costituzionale, a presidio
dell’inviolabilità dei diritti fondamentali della persona, tra i quali, nella
specie conferente a titolo primario, la dignità. Il secondo è anch’esso a
presidio della dignità della persona, tutelando il suo diritto ad accedere alla
giustizia per far valere il proprio diritto inviolabile.
La diversità di
piano, sostanziale e processuale, non consente di scinderne la comune rilevanza
rispetto alla compatibilità costituzionale della regola dell’immunità degli
Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati. Sarebbe invero arduo
individuare quanto resterebbe di un diritto se non potesse essere fatto valere
dinanzi ad un giudice per avere effettiva tutela.
Fin dalla sentenza n. 98 del
1965 in materia comunitaria, questa Corte affermò che il diritto alla
tutela giurisdizionale «è tra quelli inviolabili dell’uomo, che la Costituzione
garantisce all’art. 2, come si arguisce anche dalla considerazione che se ne è
fatta nell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo» (punto 2.
del Considerato in diritto). In una
meno remota occasione, questa Corte non ha esitato ad ascrivere il diritto alla
tutela giurisdizionale «tra i principi supremi del nostro ordinamento
costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di
democrazia l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un
giudice e un giudizio» (sentenze n. 18 del
1982, nonché n. 82 del 1996).
D’altra parte, in una prospettiva di effettività della tutela dei diritti inviolabili,
questa Corte ha anche osservato che «al riconoscimento della titolarità di
diritti non può non accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere
innanzi ad un giudice in un procedimento di natura giurisdizionale»: pertanto,
«l’azione in giudizio per la difesa dei propri diritti (…) è essa stessa il
contenuto di un diritto, protetto dagli articoli 24 e 113 della
Costituzione e da annoverarsi tra quelli inviolabili e caratterizzanti lo stato
democratico di diritto» (sentenza n. 26 del
1999, nonché n. 120 del 2014,
n. 386 del 2004
e n. 29 del 2003).
Né è contestabile che il diritto al giudice ed a una tutela giurisdizionale
effettiva dei diritti inviolabili è sicuramente tra i grandi principi di
civiltà giuridica in ogni sistema democratico del nostro tempo.
Tuttavia, proprio con
riguardo ad ipotesi di immunità dalla giurisdizione degli Stati introdotte
dalla normativa internazionale, questa Corte ha riconosciuto che nei rapporti
con gli Stati stranieri il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale
possa subire un limite ulteriore rispetto a quelli imposti dall’art. 10 Cost.
Ma il limite deve essere giustificato da un interesse pubblico riconoscibile come
potenzialmente preminente su un principio, quale quello dell’art. 24 Cost.,
annoverato tra i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale (sentenza n. 18 del
1982); inoltre la norma che stabilisce il limite deve garantire una
rigorosa valutazione di tale interesse alla stregua delle esigenze del caso
concreto (sentenza
n. 329 del 1992).
Nella specie, la
norma consuetudinaria internazionale sull’immunità dalla giurisdizione degli
Stati stranieri, con la portata definita dalla CIG, nella parte in cui esclude
la giurisdizione del giudice a conoscere delle richieste di risarcimento dei
danni delle vittime di crimini contro l’umanità e di gravi violazioni dei
diritti fondamentali della persona, determina il sacrificio totale del diritto
alla tutela giurisdizionale dei diritti delle suddette vittime: il che è
peraltro riconosciuto dalla stessa CIG, che rinvia la soluzione della
questione, sul piano internazionale, ad eventuali nuovi negoziati, individuando
nella sede diplomatica l’unica sede utile (punto 104
della sentenza del 3 febbraio 2012). Né si ravvisa, nell’ambito
dell’ordinamento costituzionale, un interesse pubblico tale da risultare
preminente al punto da giustificare il sacrificio del diritto alla tutela
giurisdizionale di diritti fondamentali (artt. 2 e 24 Cost.), lesi da condotte
riconosciute quali crimini gravi.
L’immunità dalla
giurisdizione degli altri Stati, se ha un senso, logico prima ancora che
giuridico, comunque tale da giustificare, sul piano costituzionale, il
sacrificio del principio della tutela giurisdizionale dei diritti inviolabili
garantito dalla Costituzione, deve collegarsi – nella sostanza e non solo nella
forma – con la funzione sovrana dello Stato straniero, con l’esercizio tipico
della sua potestà di governo.
Anche in una
prospettiva di realizzazione dell’obiettivo del mantenimento di buoni rapporti
internazionali, ispirati ai principi di pace e giustizia, in vista dei quali
l’Italia consente a limitazioni di sovranità (art. 11 Cost.), il limite che
segna l’apertura dell’ordinamento italiano all’ordinamento internazionale e
sovranazionale (artt. 10 ed 11 Cost.) è costituito, come questa Corte ha
ripetutamente affermato (con riguardo all’art. 11 Cost.: sentenze n. 284 del
2007, n. 168
del 1991, n. 232
del 1989, n. 170
del 1984, n. 183
del 1973; con riguardo all’art. 10, primo comma, Cost.: sentenze n. 73 del 2001, n.
15 del 1996
e n. 48 del 1979;
anche sentenza n. 349
del 2007), dal rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili
dell’uomo, elementi identificativi dell’ordinamento costituzionale. E ciò è
sufficiente ad escludere che atti quali la deportazione, i lavori forzati, gli
eccidi, riconosciuti come crimini contro l’umanità, possano giustificare il
sacrificio totale della tutela dei diritti inviolabili delle persone vittime di
quei crimini, nell’ambito dell’ordinamento interno.
L’immunità dello
Stato straniero dalla giurisdizione del giudice italiano consentita dagli artt.
2 e 24 Cost. protegge la funzione, non anche comportamenti che non attengono
all’esercizio tipico della potestà di governo, ma sono espressamente ritenuti e
qualificati illegittimi, in quanto lesivi di diritti inviolabili, come
riconosciuto, nel caso in esame, dalla stessa CIG e, dinanzi ad essa, dalla RFG
(supra,
punto 3.1.), ma ciò nonostante sprovvisti di rimedi giurisdizionali, come pure
è attestato nella sentenza della CIG, nella parte ove dichiara di non ignorare
«che l’immunità dalla giurisdizione riconosciuta alla Germania conformemente al
diritto internazionale può impedire ai cittadini italiani interessati una
riparazione giudiziaria» (punto 104), auspicando conseguentemente la riapertura
di negoziati.
Pertanto, in un
contesto istituzionale contraddistinto dalla centralità dei diritti dell’uomo,
esaltati dall’apertura dell’ordinamento costituzionale alle fonti esterne (sentenza n. 349
del 2007), la circostanza che per la tutela dei diritti fondamentali delle
vittime dei crimini di cui si tratta, ormai risalenti, sia preclusa la verifica
giurisdizionale rende del tutto sproporzionato il sacrificio di due principi
supremi consegnati nella Costituzione rispetto all’obiettivo di non incidere
sull’esercizio della potestà di governo dello Stato, allorquando quest’ultima
si sia espressa, come nella specie, con comportamenti qualificabili e
qualificati come crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti
inviolabili della persona, in quanto tali estranei all’esercizio legittimo
della potestà di governo.
Vale, infine,
precisare che il diritto al giudice sancito dalla Costituzione italiana, come
in tutti gli ordinamenti democratici, richiede una tutela effettiva dei diritti
dei singoli (sull’effettività della tutela giurisdizionale dei diritti ex art. 24 Cost., tra le tante, di
recente, sentenze
n. 182 del 2014 e n. 119 del 2013;
anche sentenze n. 281
del 2010 e n. 77
del 2007).
Questa Corte, che
pure aveva, come sopra ricordato, riconosciuto che il sistema di controllo
giurisdizionale previsto per l’ordinamento comunitario appariva rispondere ai
caratteri di un sistema di tutela giurisdizionale equivalente a quello
richiesto dall’art. 24 Cost. (sentenza n. 98 del
1965), ha espresso una valutazione diversa di fronte alla prassi della
stessa Corte di giustizia UE di differire gli effetti favorevoli di una
sentenza su rinvio pregiudiziale anche per le parti che avevano fatto valere i
diritti poi riconosciuti, così vanificando la funzione del rinvio
pregiudiziale, riducendo vistosamente l’effettività della tutela
giurisdizionale richiesta e pertanto non rispondendo in parte qua a quanto richiesto dal diritto al giudice sancito
dalla Costituzione italiana (sentenza n. 232 del
1989, che indusse la Corte di giustizia UE a mutare la sua giurisprudenza
in proposito).
Significativo è del
pari che la Corte di giustizia UE, in riferimento all’impugnazione di un
regolamento del Consiglio che disponeva il congelamento dei beni delle persone
inserite in un elenco di presunti terroristi predisposto da un organo del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (comitato delle sanzioni), ha
anzitutto respinto la tesi del Tribunale di primo grado che aveva
sostanzialmente stabilito il difetto di giurisdizione del giudice comunitario,
affermandone il dovere di garantire il controllo di legittimità di tutti gli
atti dell’Unione, anche di quelli che attuano risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite. La Corte ha poi affermato che gli obblighi
derivanti da un accordo internazionale non possono violare il principio del
rispetto dei diritti fondamentali che deve caratterizzare tutti gli atti
dell’Unione. L’esito è stato l’annullamento del regolamento comunitario, per
quanto di ragione, per la violazione del principio di tutela giurisdizionale
effettiva e la mancanza, nel sistema delle Nazioni Unite, di un adeguato
meccanismo di controllo del rispetto dei diritti fondamentali (Corte di
giustizia UE, sentenza 3 settembre 2008, cause C-402
P e 415/05 P, punti 316 e seguenti, 320 e seguenti).
3.5. – Nella specie,
l’insussistenza della possibilità di una tutela effettiva dei diritti
fondamentali mediante un giudice, rilevata, come detto, dalla CIG e confermata,
dinanzi alla predetta, dalla RFG, rende manifesto il denunciato contrasto della
norma internazionale, come definita dalla predetta CIG, con gli artt. 2 e 24
Cost.
Tale contrasto,
laddove la norma internazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione
civile degli altri Stati comprende anche atti ritenuti iure imperii in violazione del diritto internazionale e dei diritti
fondamentali della persona, impone a
questa Corte di dichiarare che
rispetto a quella norma, limitatamente alla parte in cui estende l’immunità
alle azioni di danni provocati da atti corrispondenti a violazioni così gravi,
non opera il rinvio di cui al primo comma dell’art. 10 Cost. Ne consegue che la
parte della norma sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati che confligge
con i predetti principi fondamentali non è entrata nell’ordinamento italiano e
non vi spiega, quindi, alcun effetto.
La questione
prospettata dal giudice rimettente con riguardo alla norma «prodotta nel nostro
ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell’art. 10, primo comma,
Cost.», della norma consuetudinaria di diritto internazionale sull’immunità
degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati è, dunque, non
fondata, considerato che la norma internazionale alla quale il nostro
ordinamento si è conformato in virtù dell’art. 10, primo comma, Cost. non
comprende l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile in relazione ad
azioni di danni derivanti da crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di
diritti inviolabili della persona, i quali risultano per ciò stesso non privi
della necessaria tutela giurisdizionale effettiva.
4.– Diversamente va valutata la questione
di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 1 della legge
di adattamento alla Carta delle Nazioni Unite (legge 17 agosto 1957, n. 848).
Tale disposizione è censurata per violazione degli artt. 2 e 24 Cost., nella
parte in cui, dando esecuzione alla Carta delle Nazioni Unite, ed in specie
all’art. 94 della medesima, che prescrive che «ciascun membro delle Nazioni
Unite si impegna a conformarsi alla decisione della CIG in ogni controversia di
cui esso sia parte», impone espressamente all’ordinamento interno di adeguarsi
alla pronuncia della CIG anche quando essa, come nella specie, ha stabilito
l’obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione in
riferimento ad atti di quello Stato che consistano in violazioni gravi del
diritto internazionale umanitario e dei diritti fondamentali quali i crimini di
guerra e contro l’umanità.
4.1.– La questione è
fondata nei limiti di seguito precisati.
L’art. 1 della legge
n. 848 del 1957 ha provveduto a dare «piena ed intera esecuzione» allo Statuto
delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945, il cui scopo è
il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Fra gli organi
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è istituita la CIG (art. 7), organo
giudiziario principale delle Nazioni Unite (art. 92), le cui decisioni
vincolano ciascuno Stato membro in ogni controversia di cui esso sia parte
(art. 94). Tale vincolo, che spiega i suoi effetti nell’ordinamento interno
tramite la legge di adattamento speciale (autorizzazione alla ratifica e ordine
di esecuzione), costituisce una delle ipotesi di limitazione di sovranità alle
quali lo Stato italiano ha consentito in favore di quelle organizzazioni
internazionali, come l’ONU, volte ad assicurare pace e giustizia fra le
Nazioni, ai sensi dell’art. 11 Cost., sempre però nel limite del rispetto dei
principi fondamentali e dei diritti inviolabili tutelati dalla Costituzione (sentenza n. 73 del
2001). Ora, la previsione dell’obbligo di conformarsi alle decisioni della
CIG, che discende dal recepimento dell’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite,
non può non riguardare anche la sentenza con la quale la predetta Corte ha
imposto allo Stato italiano di negare la propria giurisdizione nelle cause
civili di risarcimento del danno per i crimini di guerra e contro l’umanità,
lesivi di diritti inviolabili della persona, commessi dal Terzo Reich nel
territorio italiano.
Ed è comunque con
esclusivo e specifico riguardo al contenuto della sentenza della CIG, che ha
interpretato la norma internazionale generale sull’immunità dalla giurisdizione
degli Stati stranieri come comprensiva dell’ipotesi di atti ritenuti iure imperii qualificati come crimini di
guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, che si
delinea il contrasto della legge di adattamento alla Carta delle Nazioni Unite
con gli artt. 2 e 24 Cost. Considerato che, come si è già ricordato più volte,
la tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali costituisce uno dei
“principi supremi dell’ordinamento costituzionale”, ad esso non può opporre
resistenza la norma denunciata (l’art. 1 della legge di adattamento),
limitatamente alla parte in cui vincola lo Stato italiano, e per esso il
giudice, a conformarsi alla sentenza del 3
febbraio 2012 della CIG, che lo costringe a negare la propria giurisdizione
in ordine alle azioni di risarcimento danni per crimini contro l’umanità, in
palese violazione del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti
fondamentali.
Per il resto, è del
tutto ovvio che rimane inalterato l’impegno dello Stato italiano al rispetto di
tutti gli obblighi internazionali derivanti dall’adesione alla Carta delle
Nazioni Unite, ivi compreso il vincolo ad uniformarsi alle decisioni della CIG.
L’impedimento
all’ingresso nel nostro ordinamento della norma convenzionale, sia pure
esclusivamente in parte qua, si
traduce – non potendosi incidere sulla legittimità di una norma esterna – nella
dichiarazione di illegittimità della legge di adattamento speciale
limitatamente a quanto contrasta con i conferenti principi costituzionali
fondamentali (sentenza
n. 311 del 2009).
Ciò è conforme alla
prassi costante di questa Corte, come emerge significativamente dalla sentenza n. 18 del
1982 con cui questa Corte ha dichiarato, tra l’altro, «l’illegittimità
costituzionale dell’art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810 (Esecuzione del
Trattato, dei quattro allegati annessi, e del Concordato, sottoscritti in Roma,
fra la Santa Sede e l’Italia, l’11 febbraio 1929), limitatamente all’esecuzione
data all’art. 34, commi quarto, quinto e sesto, del Concordato, e dell’art. 17,
della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l’applicazione del
Concordato dell’11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l’Italia, nella parte
relativa al matrimonio), nella parte in cui le suddette norme prevedono che la
Corte d’appello possa rendere esecutivo agli effetti civili il provvedimento
ecclesiastico, col quale è accordata la dispensa dal matrimonio rato e non
consumato, e ordinare l’annotazione nei registri dello stato civile a margine
dell’atto di matrimonio» (nello stesso senso, fra le tante, sentenze n. 223 del
1996, n. 128
del 1987, n. 210
del 1986 e n. 132
del 1985).
Rimane ferma e
indiscussa la perdurante validità ed efficacia della legge di adattamento n.
848 del 1957 per la parte restante.
Deve, pertanto, dichiararsi
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge di adattamento n. 848
del 1957, limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle
Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad
adeguarsi alla pronuncia
della CIG del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria
giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in
crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della
persona.
5.– Occorre, infine,
esaminare la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 3
della legge n. 5 del 2013. Sulla base di argomenti analoghi a quelli svolti a
sostegno delle altre questioni (supra, punto 3. e seguenti), il giudice rimettente solleva,
in riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., il dubbio di legittimità costituzionale
del predetto articolo, nella parte in cui obbliga il giudice nazionale ad
adeguarsi alla pronuncia della CIG anche quando essa, come nella specie, gli
impone di negare la propria giurisdizione di cognizione nella causa civile di
risarcimento del danno per crimini contro l’umanità, ritenuti iure imperii, commessi dal Terzo Reich
nel territorio italiano. Tale articolo, infatti, impedendo l’accertamento
giurisdizionale e l’eventuale condanna delle gravi violazioni dei diritti
fondamentali subìte dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità,
perpetrati sul territorio dello Stato italiano investito dall’obbligo di tutela
giurisdizionale, ma commessi da altro Stato nell’esercizio, ancorché
illegittimo, dei poteri sovrani, contrasterebbe con il principio di tutela
giurisdizionale dei diritti inviolabili, consacrato negli artt. 2 e 24 Cost.
5.1.– La questione è
fondata.
La norma censurata si
inserisce nell’ambito della legge n. 5 del 2013, con la quale l’Italia ha
disposto l’autorizzazione all’adesione e la piena ed intera esecuzione della
Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e
dei loro beni, adottata a New York il 2 dicembre 2004. Tale Convenzione, che
entrerà in vigore trenta giorni dopo la data del deposito del trentesimo
strumento di ratifica, è volta a recepire, in via convenzionale, il principio
del diritto internazionale consuetudinario dell’immunità giurisdizionale degli
Stati generalmente riconosciuto, delimitandone l’ambito di operatività mediante
l’individuazione dei casi di esenzione (quali, ad esempio, quelli inerenti alle
transazioni commerciali, ai contratti di lavoro ed alle lesioni all’integrità
fisica delle persone: artt. 10, 11 e 12), al fine di garantire «la certezza del
diritto, in particolare nei rapporti tra gli Stati e le persone fisiche e
giuridiche» (così nel preambolo). Il legislatore italiano, pertanto, con la
citata legge di adattamento speciale n. 5 del 2013, ha provveduto a recepire
nell’ordinamento interno la suddetta Convenzione, mediante la richiamata
previsione dell’autorizzazione all’adesione (art. 1), nonché mediante la
formula dell’ordine di esecuzione (art. 2), vincolandosi a rispettarne tutti i
precetti. Esso ha, tuttavia, anche inserito il censurato art. 3, con il quale
ha testualmente disposto che «1. Ai fini di cui all’articolo 94, paragrafo 1,
dello Statuto delle Nazioni Unite, […] quando la CIG, con sentenza che ha
definito un procedimento di cui è stato parte lo Stato italiano, ha escluso
l’assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione
civile, il giudice davanti al quale pende controversia relativa alle stesse
condotte rileva, d’ufficio e anche quando ha già emesso sentenza non definitiva
passata in giudicato che ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione, il
difetto di giurisdizione in qualunque stato e grado del processo. 2. Le
sentenze passate in giudicato in contrasto con la sentenza della CIG di cui al
comma 1, anche se successivamente emessa, possono essere impugnate per
revocazione, oltre che nei casi previsti dall’articolo 395 del codice di
procedura civile, anche per difetto di giurisdizione civile e in tale caso non
si applica l’articolo 396 del citato codice di procedura civile».
Si tratta, nella
sostanza, di una disposizione di adattamento ordinario, diretta alla esecuzione
della sentenza della CIG del 3 settembre 2012. Con tale articolo, in altri
termini, si è provveduto a disciplinare puntualmente l’obbligo dello Stato
italiano di conformarsi a tutte le decisioni con le quali la CIG abbia escluso
l’assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione
civile, imponendo al giudice di rilevare d’ufficio, in qualunque stato e grado
del processo, il difetto di giurisdizione, e giungendo fino al punto di
individuare un ulteriore caso di impugnazione per revocazione delle sentenze
passate in giudicato, rese in contrasto con la decisione della CIG.
Dall’esame dei lavori
parlamentari risulta con evidenza che tale articolo è stato adottato, peraltro
a breve distanza dalla sentenza del 3
febbraio 2012 della CIG, al fine di garantirne espressamente ed
immediatamente il rispetto ed «evitare situazioni incresciose come quelle
createsi con il contenzioso dinanzi alla Corte dell’Aja»
(atti Camera n. 5434, Commissione III Affari Esteri, seduta del 19 settembre
2012).
E ciò senza escludere
le ipotesi in cui la CIG, come nel caso della sentenza del 3
febbraio 2012, abbia affermato l’immunità dalla giurisdizione civile degli
Stati in relazione ad azioni risarcitorie di danni prodotti da atti che siano
configurabili quali crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti
inviolabili della persona, anche ove posti in essere dalle forze armate dello
Stato sul territorio dello Stato del foro. In tal modo la norma impugnata
deroga anche a quanto espressamente previsto dalla stessa Convenzione delle
Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, come
risulta confermato dalla dichiarazione interpretativa depositata, unitamente
all’adesione, dal Governo italiano, nella quale si esclude espressamente
l’applicazione della Convenzione e delle limitazioni in essa previste alla
regola dell’immunità nel caso di danni o lesioni prodotte dalle attività delle
forze armate sul territorio dello Stato del foro.
L’obbligo del giudice
italiano, stabilito dal censurato art. 3, di adeguarsi alla pronuncia
della CIG del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria
giurisdizione nella causa civile di risarcimento del danno per crimini contro
l’umanità, commessi iure imperii da
uno Stato straniero nel territorio italiano, senza che sia prevista alcuna
altra forma di riparazione giudiziaria dei diritti fondamentali violati, si
pone, pertanto, come si è già ampiamente dimostrato in relazione alle
precedenti questioni (supra,
punti 3. e 4.), in contrasto con il principio fondamentale della tutela
giurisdizionale dei diritti fondamentali assicurata dalla Costituzione italiana
agli artt. 2 e 24 Cost. Come si è già osservato, il totale sacrificio che si
richiede ad uno dei principi supremi dell’ordinamento italiano, quale senza
dubbio è il diritto al giudice a tutela di diritti inviolabili, sancito dalla
combinazione degli artt. 2 e 24 della Costituzione repubblicana, riconoscendo
l’immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione italiana, non può
giustificarsi ed essere tollerato quando ciò che si protegge è l’esercizio
illegittimo della potestà di governo dello Stato straniero, quale è in
particolare quello espresso attraverso atti ritenuti crimini di guerra e contro
l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona.
Deve, pertanto,
dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 5 del
2013.
6.– L’affermazione
della giurisdizione del giudice rimettente lascia impregiudicato il merito
delle domande proposte nei giudizi principali, il cui esame resta a lui
riservato.
La pretesa di danni
avanzata dai ricorrenti, infatti, non rientra nel thema decidendum attribuito al giudizio di
questa Corte, per ciò stesso neppure la valutazione di ogni elemento di fatto o
di diritto che ne confermi ovvero ne escluda il fondamento.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione
della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità
giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre
2004, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848
(Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26
giugno 1945), limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta
delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice
italiano ad adeguarsi alla pronuncia
della Corte internazionale di giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli
impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato
straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di
diritti inviolabili della persona;
3) dichiara non fondata, nei sensi di cui
in motivazione, la questione di legittimità costituzionale della norma
«prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell’art.
10, primo comma, Cost.», della norma consuetudinaria di diritto internazionale
sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati,
sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 24 della Costituzione, dal Tribunale
di Firenze, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre
2014.
F.to:
Giuseppe TESAURO, Presidente e Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 22 ottobre
2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI