Sentenza n. 297/99

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SENTENZA N. 297

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

  Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 16 luglio 1997 dal Tribunale di Firenze sul ricorso proposto da Perini Giovanni contro INAIL, iscritta al n. 732 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visti gli atti di costituzione di Perini Giovanni e dell’INAIL nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 1999 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

  uditi gli avvocati Gabriella Del Rosso per Perini Giovanni, Rita Raspanti per l’INAIL e l’avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Nel corso della controversia in materia previdenziale promossa da Perini Giovanni nei confronti dell’Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro il Tribunale di Firenze, decidendo sull’appello proposto avverso la sentenza del Pretore di quella città, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione.

Premette il giudice a quo che la domanda di rendita avanzata nei confronti dell’INAIL dal ricorrente, affetto da ipoacusia professionale, era stata respinta in primo grado dal Pretore in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’ente convenuto. Il Perini, infatti, aveva proposto domanda amministrativa in data 27 maggio 1991; a seguito di consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado (e confermata anche in sede di appello) era emerso che l’ipoacusia aveva raggiunto la soglia indennizzabile già prima della menzionata denunzia amministrativa, con la conseguenza che il ricorso giudiziario, depositato in data 26 ottobre 1994, doveva considerarsi inoltrato dopo lo spirare del termine di prescrizione, fissato in tre anni e centocinquanta giorni dagli artt. 111 e 112 del citato testo unico.

Tanto premesso in punto di fatto e come motivazione sulla rilevanza, il giudice a quo osserva che la norma impugnata, nel sottoporre a prescrizione l’intero diritto alla rendita e non quello ai singoli ratei, si palesa in contrasto con gli indicati parametri costituzionali. Il Tribunale rimettente dà conto del fatto che la prescrizione del diritto alla rendita é stata già sottoposta allo scrutinio di questa Corte, che ha dichiarato la questione non fondata con sentenza n. 33 del 1974; tuttavia tale pronuncia appare al giudice a quo non più condivisibile, perchè emessa quando il sistema delle malattie professionali era ancorato al meccanismo "tabellare", venuto meno a seguito della sentenza n. 179 del 1988 di questa Corte. Parimenti non si adatta al caso di specie la sentenza costituzionale n. 312 del 1993, poichè presentemente non vi é alcuna incertezza in ordine all’effettivo decorso del termine di prescrizione di cui al citato art. 112, primo comma.

Sulla base di tale ragionamento il Tribunale di Firenze rileva che il diritto alla rendita conseguente a malattia professionale é di pari dignità e tutela rispetto agli altri diritti previdenziali, quale, ad esempio, il diritto a pensione. Ed allora, così come la costante giurisprudenza di legittimità, con l’avallo anche della sentenza n. 246 del 1992 di questa Corte, riconosce l’imprescrittibilità del diritto a pensione, ad analogo risultato deve pervenirsi per il diritto alla rendita in oggetto, la cui prescrittibilità (non limitata a quella dei singoli ratei) viola, appunto, gli invocati articoli della Costituzione. In tali limiti il giudice a quo chiede emettersi una sentenza di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

2.— Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito Perini Giovanni, chiedendo l’accoglimento della prospettata questione.

Osserva la parte privata che l’impossibilità di interrompere il decorso della prescrizione con atti diversi dal deposito del ricorso giudiziale finisce col risolversi in un ingiustificato rigore in tema di prestazioni INAIL rispetto a quelle erogate dall’INPS, il che avvalora ancora di più la tesi fatta propria dal Tribunale rimettente.

3.— Nel giudizio si é costituito anche l’INAIL, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile ovvero non fondata.

L’ente previdenziale osserva innanzitutto che il Tribunale di Firenze, sollevando la presente questione, tende a riproporre quesiti già disattesi dalla giurisprudenza costituzionale con le sentenze n. 116 del 1969, n. 544 del 1990, n. 31 del 1991 e n. 312 del 1993; e poichè anche la Corte di cassazione ha sostanzialmente escluso (allineandosi alle citate sentenze) che possa sussistere in materia un qualche sospetto di incostituzionalità, la questione dovrebbe essere dichiarata preliminarmente inammissibile.

Nel merito l’INAIL rileva che il paragone instaurato dal Tribunale di Firenze tra rendita per malattia professionale e pensione INPS é del tutto inconferente, così com’é improprio il richiamo all’art. 38 Cost. che, secondo la giurisprudenza costituzionale, attiene all’adeguamento dei mezzi previdenziali idonei ad assicurare al cittadino inabile il necessario per vivere, ma non riguarda le concrete modalità per il raggiungimento dell’obiettivo. Nel caso specifico le sentenze di questa Corte sopra richiamate hanno chiarito che la sussistenza di un termine prescrizionale risponde all’esigenza di mettere l’Istituto in condizione di accertare l’indennizzabilità della malattia poco dopo che questa si sia manifestata, nel contempo garantendo all’assicurato la pronta erogazione della rendita. La natura sostanzialmente risarcitoria delle prestazioni erogate dall’INAIL differenzia le stesse da quelle erogate dall’INPS, dando piena ragione della prescrittibilità dell’unico diritto alla rendita, in sè considerato.

D’altronde il sistema assicurativo gestito dall’INAIL presenta evidenti peculiarità che lo connotano in termini di rapporto tra il premio (pagato soltanto dal datore di lavoro) ed il risarcimento erogato al lavoratore; tale sistema non ha carattere di assoluta indisponibilità, tanto più che il diritto alla rendita non rientra tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 della Costituzione.

4.— E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la manifesta infondatezza della questione.

Osserva la difesa erariale che il termine di prescrizione triennale, secondo quanto ribadito dalla sentenza n. 71 del 1993 di questa Corte, ha una sua intrinseca logica, poichè risponde a due finalità: quella dell’assicurato di vedersi prontamente liquidata la rendita e quella dell’ente previdenziale di procedere ad un tempestivo accertamento dei fatti, atteso il collegamento tra malattia e svolgimento dell’attività professionale. Del tutto infondato é, poi, il confronto tra rendita INAIL e pensione ordinaria, potendosi semmai istituire un paragone con la pensione privilegiata, la cui richiesta é assoggettata al termine fissato dall’art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

Considerato in diritto

1.–– Il Tribunale di Firenze dubita che l’art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel prevedere che sia assoggettato a prescrizione triennale il diritto alla rendita conseguente a malattia professionale e non soltanto quello ai singoli ratei, sia in contrasto con gli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, per la diversità di trattamento così introdotta tra il diritto alla rendita ed altri diritti previdenziali considerati imprescrittibili, quale il diritto a pensione.

2.— L’ordinanza di rimessione muove dal presupposto secondo cui il diritto alla rendita INAIL, da ricondursi al concetto di previdenza contenuto nell’art. 38 Cost., é sostanzialmente assimilabile al diritto alla pensione erogata dall’INPS, il quale, per costante giurisprudenza di legittimità e di merito, avallata anche dalla citata sentenza n. 246 del 1992 di questa Corte, é ritenuto imprescrittibile, ferma restando la prescrittibilità dei singoli ratei. In tal senso una questione identica a quella odierna, d’altra parte, é stata sollevata dal medesimo Tribunale rimettente e dichiarata inammissibile da questa Corte, con la sentenza n. 312 del 1993, per difetto di rilevanza conseguente ad un erroneo conteggio della decorrenza dei termini di prescrizione.

3.— La questione non é fondata.

La norma impugnata prevede che l’azione per conseguire la rendita in questione "si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale". Essa va letta unitamente al precedente art. 111, secondo cui il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo l’esaurimento delle pratiche amministrative, le quali devono peraltro concludersi nel termine di centocinquanta giorni (art. 111, terzo comma), decorsi i quali senza l’espletamento della procedura di liquidazione, l’interessato può adire l’autorità giudiziaria. L’art. 112, primo comma, é stato altre volte e sotto diversi profili scrutinato da questa Corte, la quale ha ribadito che l’esistenza di un termine di prescrizione del diritto alla rendita risponde a due innegabili esigenze: l’una, pubblicistica, di pronto accertamento dei fatti (in considerazione anche della necessaria indagine sul nesso eziologico), e l’altra, privatistica, di rapido conseguimento della prestazione da parte dell’avente diritto (sentenza n. 33 del 1974). Queste finalità sono da richiamare nel presente giudizio, in quanto mantengono la loro sicura valenza anche nell’ambito del sistema misto che si é venuto a creare a seguito della sentenza n. 179 del 1988 di questa Corte (che ha riconosciuto la indennizzabilità anche per le malattie non previste nelle apposite tabelle), perchè la necessità di accertare rapidamente l’esistenza dei presupposti per l’erogazione della rendita sussiste anche nel caso in cui l’onere della prova circa la natura di malattia professionale sia a carico del lavoratore (v. sentenze n. 207 del 1997 e n. 71 del 1993).

4.— Non hanno pregio neppure le ulteriori motivazioni con le quali il giudice a quo sorregge i propri dubbi di legittimità costituzionale in relazione all’art. 3 della Carta fondamentale. Far derivare la necessità di un’imprescrittibilità del diritto alla rendita INAIL dalla presunta equiparazione con la pensione INPS (che viene assunta come tertium comparationis) costituisce, infatti, un evidente errore di prospettiva.

Anche volendo prescindere dal rilievo, già compiuto da questa Corte, per cui non é possibile istituire confronti (ai sensi dell’art. 3 Cost.) tra sistemi previdenziali che sono naturalmente diversi (sentenze n. 166 del 1996 e n. 31 del 1977), va sottolineato in modo specifico che il regime assicurativo gestito dall’INAIL risponde a precise finalità, conformi alla ratio dell’art. 38 Cost., che hanno come obiettivo principale quello della rapida liberazione del lavoratore dal bisogno che potrebbe determinarsi a seguito dell’infortunio sul lavoro o della malattia professionale (sentenza n. 350 del 1997). Siffatta sua caratteristica, peraltro, non vale a far venire meno del tutto il connotato risarcitorio che disciplina la materia, la quale é ispirata piuttosto ad una logica di tipo assicurativo che non ad una di tipo pienamente solidaristico, come avviene per l’assicurazione generale gestita dall’INPS (v. sentenze n. 17 del 1995 e n. 310 del 1994). Del resto, sia le pensioni privilegiate (art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092) che l’equo indennizzo per invalidità di servizio (v. art. 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ed art. 3 del d.P.R. 20 aprile 1994, n. 349) non sfuggono a termini di decadenza e di prescrizione. Ne consegue, pertanto, che l’assoggettamento a prescrizione del diritto alla rendita (nella sua globalità) per infortunio su lavoro o malattia professionale non può dirsi in contrasto neppure col principio di eguaglianza, stante la diversità intrinseca tra i due sistemi previdenziali.

5.— Ulteriori riflessioni si impongono per la più completa valutazione della questione ed al fine di smentire il rilievo, contenuto nell’ordinanza di rimessione, secondo cui il sistema attuale sarebbe eccessivamente penalizzante per il lavoratore. Questa Corte ha deciso in diverse pronunce che il decorso della prescrizione (che la norma impugnata fa partire dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale) debba essere spostato ad un tempo successivo quando non vi sia coincidenza temporale tra la manifestazione della malattia professionale ed il raggiungimento del grado minimo di indennizzabilità (v. le sentenze n. 116 del 1969, n. 129 del 1986, n. 544 del 1990 e n. 31 del 1991). La Corte di Cassazione, d’altra parte, ha stabilito (sentenza n. 11809 del 1998) che tale termine cominci a decorrere solo dal momento della piena conoscenza da parte del lavoratore, non solo dell’esistenza dello stato morboso, ma anche della sua eziologia e del raggiungimento della soglia indennizzabile.

Circa le cause di interruzione della prescrizione, inoltre, mentre un remoto orientamento (sentenza n. 4857 del 1985) della Cassazione riteneva che la prescrizione potesse essere interrotta soltanto con la proposizione della domanda giudiziale, alcune recenti sentenze della Sezione lavoro (sentenze nn. 9177 del 1997, 2463 e 516 del 1998) hanno stabilito, invece, che il termine triennale fissato dalla norma impugnata non si sottrae alle ulteriori cause interruttive stabilite nel codice civile.

Neppure é ipotizzabile, infine, che il decorso della prescrizione si compia in conseguenza dell’inerzia dell’ente previdenziale nel decidere sulla domanda del lavoratore, poichè quest’ultimo ha sempre la possibilità (art. 111, terzo comma, d.P.R. n. 1124 del 1965) di adire l’autorità giudiziaria, dopo il decorso del termine legalmente previsto per la procedura amministrativa, anche in assenza della decisione dell’INAIL.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 14 luglio 1999.