Sentenza n.310 del 1994

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SENTENZA N. 310

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 25 giugno 1993 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Ghelia Maria e l'I.N.A.I.L., iscritta al n. 472 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di costituzione di Ghelia Maria e l'I.N.A.I.L., nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1994 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi l'avv. Vittorio Lai per l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso di un procedimento promosso da Ghelia Maria, in cui la ricorrente, istruttrice subacquea presso il "Centro Pesciolino Sub" di Caprioli, chiedeva la condanna dell'INAIL alla corresponsione della rendita per l'infortunio alla stessa occorso a seguito di baritrauma midollare, evento verificatosi nello svolgimento dell'attività di cui sopra, il Pretore di Torino, con ordinanza emessa il 25 giugno 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui non include nell'elenco delle persone assicurate i lavoratori autonomi che esercitino una delle attività indicate nell'art.1 dello stesso d.P.R.

Sostiene il giudice a quo che trattasi nella specie di lavoratrice sicuramente definibile autonoma, essendo la stessa unica titolare della scuola nella quale svolgeva altresì la funzione di istruttrice: nè è possibile ricomprendere detta fattispecie tra gli "insegnanti (...) delle scuole e di istituti di istruzione (...) e gli addetti alle esperienza ed esercitazioni tecnico pratiche o di lavoro", in quanto l'attività di insegnamento di cui trattasi è finalizzata "non già alla acculturazione e alla valorizzazione professionale, ma al diletto, come nelle ipotesi di attività sportive".

Precisa inoltre il giudice rimettente che l'infortunio è sicuramente occorso nell'ambito della attività professionale della ricorrente (donde la non controversa rilevanza della questione di legittimità costituzionale), mentre l'esclusione della tutela assicurativa predisposta dal testo unico richiamato va rilevata in base al disposto dell'art. 4 del medesimo testo unico.

Benchè questa Corte -rileva il giudice rimettente- si sia già pronunciata in ordine all'esclusione dall'area di tutela in oggetto di determinate categorie di lavoratori (soci di cooperative agricole e commercianti), la questione in esame appare non manifestamente infondata, in base alla irrazionale disparità di trattamento che verrebbe a configurarsi tra i lavoratori autonomi tout court ed i soci delle società, di cui al punto 7 dello stesso art. 4, che esercitino comunque attività manuale nelle società stesse.

2. Si è costituita Maria Ghelia, invocando l'accoglimento della questione.

Richiamando alcune pronunce di questa Corte, la parte sostiene l'illegittimità costituzionale dell'esclusione dalla tutela di cui al testo unico del lavoratore che, pur svolgendo attività manuale con esposizione al rischio derivante dalle lavorazioni protette ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 1124 del 1965, non è soggetto al vincolo di subordinazione: infatti, allorchè la prestazione implichi una attività manuale e concorrano le condizioni previste dal richiamato art. 1, tanto i lavoratori autonomi quanto quelli subordinati sono esposti al rischio protetto dall'assicurazione obbligatoria.

Nel caso di specie ricorrerebbero le condizioni per l'estensione testè indicata, trattandosi -in quanto istruttrice subacquea- di "esercitazioni pratiche" ritenute pericolose dal n. 28 dell'art.1 del testo unico ed anche, comportando tali esercitazioni l'immersione in acqua, di attività pericolose in virtù del disposto del n. 12 del medesimo art. 1, relativo alla attività degli addetti alla pesca esercitata con navi o galleggianti ovvero mediante immersione.

3. Si è costituito l'INAIL, concludendo nel senso dell'inammissibilità ovvero del rigetto della questione.

Il fatto che il testo unico in oggetto tuteli unicamente i lavoratori subordinati e soltanto in via di eccezione alcuni lavoratori autonomi non comporta, a giudizio dell'INAIL, contrasto con l'art. 3 della Costituzione, stante la diversità di situazione oggettiva e soggettiva tra le varie categorie di lavoratori.

Anche il contrasto con l'art. 38 non sussisterebbe, in quanto il diritto dei lavoratori "a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita" non esclude che il legislatore discrezionalmente possa prevedere forme diverse di previdenza sociale per determinate categorie di lavoratori.

Osserva d'altra parte l'INAIL che estendere la tutela assicurativa a tutti i lavoratori autonomi significherebbe "abbattere i cardini di tutta la normativa del testo unico delle disposizioni di legge contro gli infortuni sul lavoro".

4. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità ovvero la non fondatezza della questione.

Richiamando alcune decisioni di questa Corte, la difesa erariale ritiene che l'ampliamento dell'area dei lavoratori che fruiscono dell'assicurazione obbligatoria rientra nella discrezionalità seppure tecnica del legislatore, comportando detto ampliamento anche valutazioni di natura finanziaria e relative al carico contributivo.

5. In prossimità dell'udienza hanno presentato ulteriori memorie sia le parti costituite che l'Avvocatura generale dello Stato, ribadendo le conclusioni di cui sopra.

Considerato in diritto

 

1. Il Pretore di Torino dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 4 del d.P.R.30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui non include nell'elenco delle persone assicurate i lavoratori autonomi che esercitino una delle attività indicate nell'art. 1 dello stesso d.P.R. Dalla motivazione dell'ordinanza si deducono due profili di ritenuta illegittimità costituzionale: da un lato la disparità di trattamento tra la categoria dei lavoratori autonomi e quella di cui al n. 7 dell'art. 4, primo comma; d'altro canto, la supposta irrazionalità della disciplina rispetto al contesto complessivo disegnato dall'art. 4, come interpretato ed esteso da questa Corte.

2. Con riguardo al primo profilo, la questione non è fondata.

Va premesso che il sistema previdenziale vigente in Italia in relazione agli infortuni non è ispirato al criterio-base della piena socializzazione del rischio, nemmeno per quanto attiene all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Ed invero, il d.P.R. n. 1124 del 1965 circoscrive l'ambito della sua operatività, in tema di assicurazione per infortuni, sia in relazione all'aspetto oggettivo, sia con limitazioni di ordine soggettivo.

L'art. 1 elenca infatti una serie di "attività protette", tra le quali rilevanti ai fini della presente decisione sono la "pesca comunque esercitata delle spugne, dei coralli, delle perle" (n.12), nonchè (n. 28) lo "svolgimento di esperienze ed esercitazioni pratiche nei casi di cui al n. 5 dell'art. 4" (e cioé l'insegnamento in determinate scuole). Con riguardo all'attività concretamente svolta, questa Corte ha ripetutamente sottolineato "la centralità dell'esposizione al rischio" e "la tendenziale estensione della garanzia a tutti i soggetti che, per ragioni di lavoro latamente considerate, siano esposti allo stesso rischio obiettivamente riferibile alle lavorazioni protette" (sentenze n. 98 del 1990; 137 del 1989; 476 del 1987; 256 del 1986; 221 del 1985).

Non può negarsi, tuttavia, che l'elemento obiettivo, anche se centrale nell'impostazione del sistema, vada integrato con quello soggettivo, regolato dal testo unico nel Capo III, relativo -appunto- alle "persone assicurate". Sulla base di tale elemento, può trarsi la considerazione generale che il legislatore ha operato in forza di una ratio sufficientemente precisa, realizzando una tutela a favore delle categorie più deboli di lavoratori, con tendenziale preferenza per i lavoratori subordinati: tale scelta è apparsa a questa Corte ragionevole in quanto in dette ipotesi l'infortunio incide per il dipendente diretta mente sul salario, unico mezzo di sussistenza, per cui si è ritenuto "giusto e necessario che ad esso salario si sostituisse l'indennità per tutta la durata dell'inabilità temporanea assoluta" (sentenza n. 221 del 1985).

3. Oltre alla categoria dei lavoratori subordinati, il legislatore ha disciplinato l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni per altre categorie, tra le quali meritano in questa sede di essere menzionate, per contiguità alla presente fattispecie, quelle degli "artigiani che prestano abitualmente opera manuale" (art. 4, n.3), degli "insegnanti e degli alunni delle scuole o istituti di istruzione (...) anche privati, che attendano ad esperienze tecnico-scientifiche od esercitazioni pratiche, o che svolgano esercitazioni di lavoro" (n. 5); i "soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società (...) i quali prestino opera manuale" (n. 7).

Va anche ricordato che la portata di quest'ultima norma è stata ritenuta costituzionalmente illegittima nella parte in cui non comprende anche la categoria degli associati che svolgano attività manuale nell'ambito delle associazioni in partecipazione (sentenza n. 382 del 1992); mentre il n. 6 dello stesso articolo è stato caducato nella parte in cui non prevedeva identica tutela a favore dei familiari che prestano lavoro manuale nell'impresa familiare prevista dall'art.230 bis del codice civile (sentenza n. 476 del 1987).

Peraltro, questa Corte ha ritenuto non contrastante con i parametri costituzionali invocati la esclusione dall'ambito dell'assicurazione obbligatoria di cui al citato testo unico dei soci delle cooperative agricole di lavoro (sentenza n. 221 del 1985) e dei commercianti (sentenza n. 158 del 1987).

4. All'interno del quadro così delineato va collocata la presente questione di legittimità costituzionale, con la quale il giudice a quo lamenta l'irrazionale disparità di trattamento (con conseguente sospetta violazione dell'art. 3 della Costituzione), quanto alla tutela assicurativa anti-infortunistica obbligatoria, rispetto alla categoria dei soci della società di ogni tipo (ed ipotesi ad esse assimilate), di cui all'art. 4, primo comma, n. 7, della categoria di lavoratori di cui alla fattispecie al suo esame, nella quale, pur mancando una società, sussiste comunque un lavoro manuale - consistente nello svolgimento dell'attività di istruttrice subacquea- peraltro svolto in situazione di autonomia, essendo la "lavoratrice" anche l'unico titolare della scuola.

Al riguardo, va anzitutto escluso che le situazioni poste a raffronto siano effettivamente equiparabili quanto al profilo che interessa, dal momento che nell'ipotesi dei soci (e delle posizioni assimilabili dei partecipi familiari e degli associati) sono presenti entrambi gli elementi previsti in via generale. Da una parte vi è infatti lo svolgimento di attività manuale- spesso prevalente rispetto alla quota di partecipazione all'attività imprenditoriale-, dall'altra tale lavoro è prestato all'interno di un rapporto che può definirsi di parasubordinazione rispetto all'altro soggetto datore di lavoro: società, impresa familiare o associazione. Diversa è pertanto la situazione di cui al caso di specie, nel quale l'istruttrice subacquea risulta l'unica titolare della ditta individuale, e non è pertanto configurabile in alcuna misura l'elemento della subordinazione del rapporto di lavoro.

Sotto questo aspetto, quindi, le categorie poste a raffronto non possono dirsi omogenee, e pertanto, sulla base del costante insegnamento di questa Corte, non è ravvisabile una irrazionale disparità di trattamento.

5. Accanto alla questione sin qui esaminata e risolta, viene prospettata dall'ordinanza di rimessione una ulteriore questione di legittimità costituzionale: se l'esclusione dei lavoratori autonomi che svolgono attività ritenute pericolose (ai sensi dell'art. 1 del testo unico) dalla legge sull'assicurazione anti-infortunistica obbligatoria non sia irragionevole, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, a fronte del contesto normativo disegnato da una serie di disposizioni.

Tra queste, va segnalata quella che prevede la tutela assicurativa obbligatoria per gli artigiani (art. 4, primo comma, n. 3), nonchè per coloro che siano addetti alla pesca (art. 1, terzo comma, n. 12).

Anche altre disposizioni, contenute in atti diversi dal testo unico, prevedono forme di assicurazione obbligatoria (non presso l'I.N.A.I.L., ma presso altre Casse di previdenza) contro i danni da infortuni subiti dagli sportivi iscritti alla Federazione aderenti od affiliate al C.O.N.I., ovvero alle organizzazioni sorvegliate dallo stesso ente (art. 8 della legge 23 marzo 1981, n. 91; d.P.R. 1° luglio 1952, n. 1451).

6. Tale questione è inammissibile.

Il sistema normativo, da ultimo sommariamente indicato, pone in luce che la scelta del legislatore in ordine alla tutela assicurativa obbligato ria contro gli infortuni sul lavoro risente di incongruenze e lacune difficilmente giusticabili in base a ragioni obiettive, specie in ipotesi di attività esposte al rischio di infortuni (oltre alla categoria di cui al caso di specie potrebbero menzionarsi, ad esempio, le guide alpine, i maestri di sci, gli istruttori di altri sport e giochi) svolte da soggetti non qualificabili come lavoratori dipendenti, nè appartenenti a società o altre organizzazioni, la cui tutela richiederebbe forme assicurative vincolanti e non rimesse alla loro volontaria previdenza.

Tuttavia, come in passato già affermato da questa Corte (sent. n. 158 del 1987), in riferimento alla tutela assicurativa per i commercianti, la scelta in ordine alle categorie di lavoratori autonomi cui estendere la portata dell'assicurazione obbligatoria prevista di norma a tutela dei lavoratori subordinati rientra nella discrezionalità del legislatore, cui spetta scegliere "i tempi, le circostanze, i modi e i mezzi della tutela per l'evoluzione delle situazioni" di carattere previdenziale (sent. n.221 del 1985).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/07/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 Luglio 1994.