Sentenza n. 228 del 2018

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SENTENZA N. 228

ANNO 2018

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Giorgio                       LATTANZI                                       Presidente

-      Aldo                           CAROSI                                            Giudice

-      Marta                          CARTABIA                                              ”

-      Mario Rosario             MORELLI                                                 ”

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                             ”

-      Giuliano                      AMATO                                                    ”

-      Silvana                        SCIARRA                                                 ”

-      Daria                           de PRETIS                                                 ”

-      Nicolò                         ZANON                                                     ”

-      Franco                         MODUGNO                                              ”

-      Augusto Antonio        BARBERA                                                ”

-      Giulio                          PROSPERETTI                                         ”

-      Giovanni                     AMOROSO                                               ”

-      Francesco                    VIGANÒ                                                   ”

-      Luca                            ANTONINI                                               ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni in materia di clownterapia), e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3 e 5, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 16-21 febbraio 2018, depositato in cancelleria il 21 febbraio 2018, iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Udito nella udienza pubblica del 6 novembre 2018 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 16-21 febbraio 2018 e depositato il 21 febbraio 2018 (reg. ric. n. 15 del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni in materia di clownterapia) e, in particolare, gli artt. l, 2, 3 e 5, denunciandone il contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

1.1.– Secondo il ricorrente, la Regione Puglia, con la predetta legge n. 60 del 2017, che promuove l’utilizzo della clownterapia, «quale trattamento a supporto e integrazione delle cure cliniche-terapeutiche, con particolare riferimento alle strutture sanitarie, nonché a supporto degli interventi nelle strutture socio­sanitarie e socio-assistenziali» (art. l, comma 1), avrebbe ecceduto la propria competenza nella misura in cui istituisce una nuova figura professionale, quale quella del “clown di corsia”, non prevista dalla legislazione statale in materia, con conseguente lesione della competenza statale in materia di «professioni», in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

1.2.– Le disposizioni impugnate sono, in particolare, gli artt. 1, 2, 3 e 5.

L’art. l, comma 2, lettera a), definisce il termine «clownterapia», o terapia del sorriso, come «la possibilità di utilizzare, attraverso l’opera di personale medico, non medico, professionale e di volontari appositamente formati, il sorriso e il pensiero positivo a favore di chi soffre un disagio fisico, psichico o sociale. La clownterapia può svolgersi in contesti ospedalieri, non solo pediatrici, in centri per la disabilità, in centri per la terza età, in contesti sociali difficili, carceri, quartieri a rischio, nelle scuole, in missioni umanitarie e in occasione di eventi calamitosi».

L’art. 1, comma 2, lettera b), definisce «clown di corsia» quella «figura che, utilizzando specifiche competenze acquisite in varie discipline, analizza i bisogni dell’utente per migliorarne le condizioni fisiche e mentali, all’interno delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando i principi e le tecniche della clownterapia».

L’art. 2, al comma l, stabilisce che «[p]er il conseguimento delle finalità di cui all’articolo l, la Regione Puglia promuove la formazione professionale del personale delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e delle associazioni di volontariato e di promozione sociale e delle cooperative che operano nell’ambito della clownterapia». I successivi commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, che «[l]a qualifica professionale del clown di corsia è riconosciuta al termine di un percorso formativo che deve svolgersi nel rispetto degli standard formativi specifici, individuati dal regolamento di cui all’articolo 3», e che «[i] corsi di formazione sono organizzati dalle associazioni di cui al comma l, iscritte nel registro regionale delle associazioni di volontariato di cui alla legge regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Norme di attuazione della legge quadro sul volontariato), secondo le modalità e i criteri stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 3».

L’art. 3 prevede, quindi, che «[e]ntro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, con apposito regolamento da adottarsi ai sensi dell’articolo 44, comma 2, dello Statuto regionale definisce i criteri e le modalità di svolgimento dei corsi previsti dalla presente legge», tra cui le materie oggetto del percorso formativo, la durata e il numero complessivo delle ore dei corsi, suddivise in ore di studio e ore di tirocinio, i requisiti per l’accesso ai corsi, i requisiti professionali dei membri della commissione incaricata di effettuare la valutazione della prova finale, le modalità per il riconoscimento dei crediti formativi e lavorativi per coloro che già svolgono l’attività di clownterapia presso strutture o enti alla data di entrata in vigore della legge stessa.

Infine, l’art. 5 istituisce un apposito registro regionale per i soggetti che, ai sensi della legge stessa, svolgono attività di clownterapia.

1.3.– A sostegno della censura avanzata nei confronti della legge regionale in oggetto, l’Avvocatura generale dello Stato richiama il principio affermato dalla consolidata giurisprudenza costituzionale secondo cui spetta allo Stato l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, per il carattere necessariamente unitario a livello statale che riveste tale individuazione; principio che, nel costituire limite di ordine generale invalicabile dal legislatore regionale, comporta per esso l’impossibilità di dar vita a nuove figure professionali.

Argomenta, in proposito, il ricorrente che tale riparto delle competenze in materia di «professioni» fra Stato e Regioni trova riscontro nella normativa statale di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei princìpi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo l della legge 5 giugno 2003, n. 131).

Difatti, l’art. 1, nell’individuare al comma 1 i principi fondamentali in materia di «professioni» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., che si desumono dalle leggi vigenti ai sensi dell’art. l, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), e successive modificazioni, dispone che «[l]e regioni esercitano la potestà legislativa in materia di professioni nel rispetto dei princìpi fondamentali di cui al Capo II» (comma 2) e che «[l]a potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale» (comma 3).

1.4.– Con riferimento allo specifico settore delle professioni in ambito sanitario, il ricorrente rappresenta, altresì, che lo stesso legislatore statale ha preso in considerazione il fatto che nuovi eventuali fabbisogni possono condurre all’istituzione di profili professionali diversi da quelli contemplati dalla normativa nazionale.

L’art. 5 della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico­sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali), ha difatti delineato una specifica procedura per l’individuazione, con il coinvolgimento delle Regioni, di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli artt. l, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica).

Evidenzia il ricorrente che la predetta procedura è stata recentemente modificata dall’art. 6 della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute). Tale articolo, che ha sostituito, a decorrere dal 15 febbraio 2018, il citato art. 5 della legge n. 43 del 2006, ha previsto che «[l]’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri».

Conclude il ricorrente affermando che «[a] seguito di tale intervento legislativo emerge chiaramente che l’esigenza di garantire un percorso formativo comune per tutti coloro che operano nel campo della “clownterapia” potrà essere eventualmente soddisfatta osservando la procedura sopra illustrata e soltanto con tale modalità; medio tempore, per quanto sinora osservato, alla Regione Puglia non è consentito, con propria legge, istituire la figura professionale del “clown di corsia”, pena la violazione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione».

2.– La Regione Puglia non si è costituita in giudizio.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni in materia di clownterapia), e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3 e 5, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

1.1.– L’art. l, comma 1, della legge regionale impugnata stabilisce che essa promuove la conoscenza, lo studio e l’utilizzo della clownterapia quale trattamento a supporto ed integrazione delle cure cliniche-terapeutiche, con particolare riferimento alle strutture sanitarie, nonché a supporto degli interventi nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali. Il comma 2, lettera a), definisce il termine «clownterapia», o terapia del sorriso, come «la possibilità di utilizzare, attraverso l’opera di personale medico, non medico, professionale e di volontari appositamente formati, il sorriso e il pensiero positivo a favore di chi soffre un disagio fisico, psichico o sociale. La clownterapia può svolgersi in contesti ospedalieri, non solo pediatrici, in centri per la disabilità, in centri per la terza età, in contesti sociali difficili, carceri, quartieri a rischio, nelle scuole, in missioni umanitarie e in occasione di eventi calamitosi». La lettera b) definisce, poi, con il termine «clown di corsia», quella «figura che, utilizzando specifiche competenze acquisite in varie discipline, analizza i bisogni dell’utente per migliorarne le condizioni fisiche e mentali, all’interno delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando i principi e le tecniche della clownterapia».

L’art. 2, al comma l, prevede che «[p]er il conseguimento delle finalità di cui all’articolo l, la Regione Puglia promuove la formazione professionale del personale delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e delle associazioni di volontariato e di promozione sociale e delle cooperative che operano nell’ambito della clownterapia». Il comma 2 stabilisce che «[l]a qualifica professionale del clown di corsia è riconosciuta al termine di un percorso formativo che deve svolgersi nel rispetto degli standard formativi specifici, individuati dal regolamento di cui all’articolo 3». Il successivo comma 3 prevede che «[i] corsi di formazione sono organizzati dalle associazioni di cui al comma l, iscritte nel registro regionale delle associazioni di volontariato di cui alla legge regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Norme di attuazione della legge quadro sul volontariato), secondo le modalità e i criteri stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 3».

L’art. 3 dispone che, «[e]ntro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, con apposito regolamento da adottarsi ai sensi dell’articolo 44, comma 2, dello Statuto regionale, definisce i criteri e le modalità di svolgimento dei corsi previsti dalla presente legge», tra cui le materie oggetto del percorso formativo, la durata e il numero complessivo delle ore dei corsi, suddivise in ore di studio e ore di tirocinio, i requisiti per l’accesso ai corsi, i requisiti professionali dei membri della commissione incaricata di effettuare la valutazione della prova finale, le modalità per il riconoscimento dei crediti formativi e lavorativi per coloro che già svolgono l’attività di clownterapia presso strutture o enti alla data di entrata in vigore della legge stessa.

L’art. 5, infine, nel prevedere l’istituzione da parte della Regione Puglia di un registro regionale a cui possono iscriversi «i soggetti che ai sensi della presente legge svolgono attività di clownterapia» ovvero enti, fondazioni, onlus e cooperative sociali, le cui finalità statutarie prevedono l’espletamento dell’attività di clownterapia, stabilisce che a tale fine la predetta attività «deve essere svolta da almeno tre anni secondo le disposizioni della presente legge e dei regolamenti adottati». Inoltre, l’articolo in esame dispone che «[l]e strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali che vogliono implementare i servizi offerti con la clownterapia, attingono dal registro previsto dal presente articolo».

1.2.– Secondo il ricorrente, le riferite disposizioni e l’intera legge reg. Puglia n. 68 del 2017, avente contenuto normativo omogeneo, nell’individuare e disciplinare la figura professionale del clown di corsia, della quale definiscono il percorso formativo, e prevedendo, altresì, l’istituzione di un apposito registro regionale per i soggetti che svolgono l’attività di clownterapia, ledono la competenza statale in materia di «professioni», essendo riservata al legislatore nazionale l’individuazione delle figure professionali con i relativi profili e titoli abilitanti.

2.– Le questioni sono fondate.

2.1.– La legge reg. Puglia n. 60 del 2017 costituisce il primo intervento normativo in Italia nel campo della clownterapia, definita come terapia del sorriso e costituente una applicazione della gelotologia o scienza del sorriso.

La normativa censurata si compone di otto articoli.

Oltre ai citati artt. 1, 2, 3 e 5, oggetto di specifica impugnazione da parte del ricorrente, la legge regionale in esame contempla: l’art. 4 (Progetti di clownterapia), che dispone l’emanazione di un bando di adesione per promuovere progetti di clownterapia presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie della Regione; l’art. 6 (Clausola valutativa), che stabilisce l’obbligo annuale per la Giunta regionale di riferire al Consiglio in merito alla realizzazione degli interventi previsti dalla legge; l’art. 7 (Disposizioni finanziarie), che individua la dotazione per finanziare i progetti di clownterapia di cui all’art. 4 e la copertura dei relativi oneri; ed infine l’art. 8, che fissa la data di entrata in vigore della legge.

2.2.– Rileva questa Corte che, nel complessivo contesto della legge reg. Puglia n. 60 del 2017, gli artt. 1, 2, 3 e 5 rivestono carattere essenziale, costituendo la stessa ragione ispiratrice dell’intervento legislativo.

Difatti, il legislatore regionale, nel promuovere complessivamente la clownterapia «quale trattamento a supporto e integrazione delle cure cliniche terapeutiche, con particolare riferimento alle strutture sanitarie, nonché a supporto degli interventi nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali» (art. 1), attribuisce specifico rilievo alla individuazione della figura professionale del clown di corsia. Quest’ultima è definita quale «figura che, utilizzando specifiche competenze acquisite in varie discipline, analizza i bisogni dell’utente per migliorarne le condizioni fisiche e mentali, all’interno delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando i principi e le tecniche della clownterapia» (art. 1, comma 2, lettera b).

A sua volta, l’art. 2 prevede che la qualifica professionale del clown di corsia è riconosciuta al termine di uno specifico percorso professionale definito dal regolamento previsto dall’art. 3, la cui emanazione è demandata alla Giunta regionale ed avente il contenuto sopra ricordato al punto 1.1.

Infine, con l’istituzione del registro previsto dall’art. 5, il legislatore regionale mira a subordinare l’esercizio delle attività di clownterapia nel territorio regionale al rispetto dei requisiti e delle condizioni fissati dalla legge medesima.

3.– Questa Corte ha ripetutamente affermato che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale; tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali » (sentenza n. 147 del 2018, con richiamo alla sentenza n. 98 del 2013).

Con numerose decisioni è stato poi precisato che «tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione» vi è «quello della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento della attività che la legge regolamenta, giacché “l’istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale” (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e 57 del 2007 e n. 355 del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento della attività cui l’elenco fa riferimento (sentenza n. 300 del 2007)» (sentenza n. 98 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 217 del 2015).

3.1.– Questa Corte ha, altresì, delineato gli ambiti propri delle materie «professioni» e «formazione professionale», la prima di competenza concorrente, la seconda ascrivibile alla competenza legislativa residuale delle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 108 del 2012, n. 77 del 2011, n. 132 del 2010, n. 139 del 2009, n. 93 del 2008, n. 459 e n. 319 del 2005, n. 353 del 2003).

In particolare, ha precisato che «il nucleo della potestà statale “si colloca nella fase genetica di individuazione normativa della professione: all’esito di essa una particolare attività lavorativa assume un tratto che la distingue da ogni altra e la rende oggetto di una posizione qualificata nell’ambito dell’ordinamento giuridico, di cui si rende espressione, con funzione costitutiva, l’albo” (sentenza n. 230 del 2011). Ove, pertanto, la legge definisca i tratti costitutivi peculiari di una particolare attività professionale e le modalità di accesso ad essa, in difetto delle quali ne è precluso l’esercizio, l’intervento legislativo non si colloca nell’ambito materiale della formazione professionale, ma, semmai, lo precede (sentenze n. 300 del 2007 e n. 449 del 2006). Una volta, invece, che la legge statale abbia dato vita ad un’autonoma figura professionale “non si spiega per quale motivo le Regioni, dotate di potestà primaria in materia di formazione professionale, non possano regolare corsi di formazione relativi alle professioni (…) già istituite dallo Stato” (sentenza n. 271 del 2009)» (sentenza n. 108 del 2012).

4.– Alla luce di tale costante giurisprudenza, non può dubitarsi che la legge impugnata individui e definisca la professione in esame (il clown di corsia), sicché la relativa attività lavorativa assume le connotazioni distintive peculiari che la configurano come posizione qualificata nell’ambito dell’ordinamento giuridico (ex plurimis, la già richiamata sentenza n. 108 del 2012).

Ne consegue che l’intervento legislativo censurato non può ritenersi espressione della competenza regionale in materia di «formazione professionale», in quanto questa si riferisce alle figure professionali definite dal legislatore statale, delle quali la Regione, nell’esercizio della predetta competenza, può regolare i corsi di formazione.

4.1.– Per tali ragioni, la legge reg. Puglia n. 60 del 2017 lede i principi fondamentali in materia di «professioni», ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., come declinati dall’art. 1 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo l della legge 5 giugno 2003, n. 131).

4.2.– Del resto, la comprensibile esigenza di assicurare che i soggetti che svolgono in via volontaria attività di clownterapia e, nello specifico, di clown di corsia, abbiano competenze adeguate ai delicati ambiti socio-sanitari in cui essa si espleta, può essere soddisfatta attraverso la previsione di appositi corsi di formazione condizionanti l’accesso ai peculiari contesti di operatività.

4.3.– Qualora invece si ritenga necessaria l’istituzione di una specifica professione in riferimento all’attività del clown di corsia, riconducibile all’ambito sanitario, la normativa statale già prevede un particolare procedimento, che contempla il coinvolgimento delle stesse Regioni, per individuare e istituire nuove figure professionali.

L’art. 5, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali), come sostituito dall’art. 6, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute), prevede, difatti, che «[l’]istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri».

4.4.– Gli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge reg. Puglia n. 60 del 2017, impugnati «in particolare» dal ricorrente, nel riguardare, per quanto già evidenziato, il nucleo centrale ed essenziale dell’intervento legislativo regionale, sicché la riscontrata illegittimità costituzionale di essi coinvolge l’intera legge, comportandone, perciò, la integrale caducazione, ai sensi della giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 81 del 2018, n. 14 del 2017 e n. 201 del 2008). Difatti, gli artt. 4, 6, 7 e 8 non assumono autonoma rilevanza e significatività, svolgendo funzioni meramente accessorie o, comunque, complementari alla normativa principale contenuta negli artt. 1, 2, 3 e 5.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 20 dicembre 2017, n. 60 (Disposizioni in materia di clownterapia).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2018.