Sentenza n.12 del 1987

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SENTENZA N. 12

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente:

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 18 legge 25 ottobre 1968 n. 1089 (Conversione con modificazioni del d.l. 30 agosto 1968 n. 918 concernente provvidenze creditizie, agevolazioni fiscali e sgravio di oneri sociali per favorire nuovi investimenti nei settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato), 1 legge 4 agosto 1971 n. 589 (Conversione con modificazioni del d.l. 5 luglio 1971 n. 429 concernente proroga ed aumento dello sgravio degli oneri sociali per le imprese industriali ed artigiane nel Mezzogiorno); art. 18 d.l. 30 agosto 1968 n. 918, convertito con modificazioni in legge 25 ottobre 1968 n. 1089; art. 1 d.l. 5 luglio 1971 n. 429, convertito con modificazioni in legge 4 agosto 1971 -n. 589; art. 22, ultimo comma, legge 2 maggio 1976 n. 183; art. 59 d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218; art. 1, terzo comma, d.l. 28 febbraio 1981 n. 36, convertito con modificazioni in legge 29 aprile 1981 n. 163; artt. 23 e 25 legge 16 aprile 1973 n. 171, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 5 febbraio 1980 dal Pretore di Venezia nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Soc. Rado e Nardin ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 829 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44 dell'anno 1981;

2) ordinanza emessa il 19 ottobre 1982 dal Pretore di Lecce nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Pispico Giuseppe ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 830 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 dell'anno 1983;

3) ordinanza emessa il 28 ottobre 1983 dal Pretore di Catania nel procedimento civile vertente tra S.n.c. Casa di cura Villa S. Maria Center e l'I.N.P.S., iscritta al n. 1099 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 115 dell'anno 1984;

4) ordinanza emessa il 25 ottobre 1983 dal Tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra l'I.N.P.S. e S.r.l. Centro Clinico Diagnostico G. B. Morgagni, Casa di cura, iscritta al n. 279 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 245 dell'anno 1984;

5) ordinanza emessa il 2 ottobre 1985 dal Pretore di Catania nel procedimento civile vertente tra l'I.N.P.S. e Russo Giuseppe ed altro, iscritta al n. 890 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23/I ss. dell'anno 1986;

Visti gli atti di costituzione dell'I.N.P.S., di Pispico Giuseppe, del Centro Clinico Diagnostico G. B. Morgagni nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1986 il Giudice relatore Francesco Greco;

Uditi l'avv. Sebastiano Italia per Pispico Giuseppe, l'avv. Carlo Alessandro Pace per il Centro Clinico Diagnostico G. B. Morgagni, l'avv. Fabio Fonzo per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - A) Nel corso di un procedimento civile introdotto ad istanza di taluni titolari di ristoranti o trattorie in Venezia, al fine di ottenere l'accertamento giudiziale del loro diritto agli sgravi contributivi di cui agli ant. 14 della legge 2 maggio 1976 n. 183, 18 della legge 25 ottobre 1968 n. 1089 e 23 della legge 10 aprile 1973 n. 171, il Pretore di quella città ha sollevato questione di legittimità costituzionale della norma da ultimo citata e dell'art. 25 della stessa legge n. 171/73, in relazione all'art. 18 della legge n. 1089/68, ravvisandone il contrasto con l'art. 81, comma quarto, Cost.,

Il giudice a quo, premesso che il suddetto beneficio, già previsto dalla legge n. 1089/68 é stato esteso alle aziende industriali ed artigiane operanti nel territorio di Venezia insulare, nelle isole della laguna e nel centro storico di Chioggia per effetto della censurata normativa, ha rilevato che, in via interpretativa, il concetto di azienda industriale risultante dalla normativa stessa é stato esteso fino a ricomprendervi anche i ristoranti perché queste aziende non sono strumentali a mere operazioni di esitazione di beni nello stesso stato in cui vengono acquistati dal titolare, ma provvedono alla somministrazione di servizi e di prodotti trasformati e manipolati fino a perdere gli originari caratteri, attraverso l'opera di personale qualificato e l'ausilio di apposite attrezzature meccaniche.

Dalla estensione della categoria degli aventi diritto allo sgravio contributivo consegue un proporzionale e rilevante accrescimento degli oneri finanziari, di cui non pare essersi tenuto conto nello stabilire la copertura finanziaria delle leggi attributive del beneficio e nell'indicare i mezzi per farvi fronte (art.19 e 20 d.l. 30 agosto 1968 n. 918 convertito con modificazioni nella citata legge n. 1089/68; art. 25 1. n. 171/73): di qui il contrasto della normativa censurata con l'art. 81, comma quarto, Cost., almeno con riferimento ai destinatari del suddetto beneficio non espressamente indicati o, comunque, tradizionalmente non rientranti nella categoria delle aziende industriali, ma ricomprensivi in via di interpretazione estensiva.

L'ordinanza, emessa il 5 febbraio 1980, regolarmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 44 del 13 febbraio 1981 ed iscritta al n. 829 del registro ordinanze 1980.

  1. B) Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito l'I.N.P.S. ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

L'I.N.P.S., nella memoria depositata ha, in particolare, osservato che gli sgravi contributivi originariamente concessi alle aziende industriali ed artigiane operanti nel Mezzogiorno (art. 18 1. n. 1089/68) implicavano un onere gravante sulla Gestione per l'Assicurazione contro la disoccupazione involontaria, alla quale affluivano i finanziamenti compensativi previsti dallo Stato (artt.19 e 20 1. n. 1089/68). La determinazione di tali finanziamenti si fondava su di un calcolo statistico previsionale elaborato alla stregua dei bilanci della gestione-disoccupazione, fra le cui voci attive figurava la contribuzione proveniente dalle aziende che, classificate dall'I.N.P.S. come industriali, provvedevano ai relativi versamenti, i quali, invece, non erano dovuti dalle imprese tradizionalmente considerate come commerciali a fini contributivi. Pertanto, la copertura finanziaria della legge attributiva del ripetuto beneficio era assicurata nei soli limiti in cui la categoria dei beneficiari coincideva con quella dei soggetti obbligati a contribuire alla gestione - disoccupazione, secondo l'inquadramento operato dall'Istituto stesso e considerato dal legislatore ai fini dei finanziamenti suddetti. Identiche considerazioni valgono anche riguardo alla legge n. 171/73 che ha esteso gli sgravi alle aziende industriali ed artigiane operanti in zone lagunari, essendosi in essa prevista la copertura finanziaria per oneri derivanti da interventi diversi da quelli della precedente previsione senza che vi sia stata alcuna modificazione dei criteri seguiti dal legislatore del 1968. In considerazione di tutto ciò, conclude la difesa dell'I.N.P.S., l'estensione, in via interpretativa, del novero dei soggetti beneficiari procura un'alterazione dell'equilibrio economico connesso al più ristretto ambito presupposto in quella data ed i maggiori oneri conseguenti non trovano la necessaria copertura finanziaria, producendosi, così, una situazione di antigiuridicità ulteriormente aggravata dal fatto che lo sgravio contributivo é stato successivamente esteso ope legis (art. 3 1. 5 agosto 1978 n. 502) alle aziende alberghiere, ancora una volta senza previsione di copertura finanziaria.

L'Avvocatura dello Stato eccepisce, in limine, l'inammissibilità della questione per manifesta irrilevanza: presupponendo l'argomentazione del giudice a quo l'esistenza di due diverse opzioni ermeneutiche, una delle quali soltanto (e cioè quella intesa ad estendere l'area di operatività soggettiva delle norme attributive del beneficio in questione) non conforme a Costituzione, avrebbe dovuto discenderne l'onere dello stesso giudice, in applicazione di un principio pacifico, di optare per l'interpretazione più ristretta ed, a suo avviso, legittima. In sostanza, nella specie, sarebbe stata rimessa all'esame di questa Corte una norma inesistente nell'ordinamento in quanto la sua enucleazione per via interpretativa appariva preclusa proprio dalla questione di costituzionalità relativamente ad essa sollevata.

Subordinatamente, nel merito, deduce l'infondatezza della questione sotto un duplice profilo:

  1. a) perché l'obbligo di indicazione della copertura finanziaria si esaurisce con l'indicazione da parte del legislatore di mezzi corretti e non implica anche che questa comporti la garanzia certa della effettiva idoneità dei mezzi stessi alle necessità concrete imposte dalla spesa divisata: il che, del resto, appare particolarmente evidente in epoche di perdurante inflazione, nelle quali può sopravvenire facilmente un'insufficienza della copertura originariamente adeguata, per effetto della quale non si ha una egualmente sopravvenuta incostituzionalità della legge, ma semmai il presupposto di fatto per provvedere ad un suo rifinanziamento;
  2. b) perché le disposizioni sulla copertura finanziaria della legge n. 171/73 vanno rintracciate non tanto nell'ambito di questa, quanto nel quadro della normativa di cui all'art. 19 della legge n. 1089/68 come successivamente modificata ed integrata.

Particolarmente rilevante in questo quadro é il disposto dell'art. 22 della legge 2 maggio 1976 n. 183, ove si prevede che i crediti dell'I.N.P.S. conseguenti agli sgravi contributivi vengono soddisfatti con operazioni di ricorso al mercato finanziario fino a concorrenza degli "importi risultanti dai rendiconti annuali dell'I.N.P.S.".

  1. - A) Analoga questione, ancorché con specifico riferimento alla normativa che regola la materia degli sgravi contributivi concessi alle aziende industriali ed artigiane operanti nel Mezzogiorno, é stata sollevata dal Pretore di Catania con due distinte ordinanze, emesse rispettivamente il 28 ottobre 1983 (R.O. n. 1099/83) ed il 2 ottobre 1985 (R.O. n. 890/85) nel corso di altrettanti procedimenti introdotti ad istanza, l'uno di una Casa di cura, l'altro di un Istituto di Vigilanza, per rivendicare i suddetti benefici.

Con la prima di tali ordinanze il Pretore ha così puntualizzato l'assetto normativo implicato dalla fattispecie sottoposta al suo esame:

  1. a) con l'art. 18 del d.l. 30 agosto 1968 n.918 - convertito con modificazioni nella legge 25 ottobre 1968 n. 1089 - alle aziende di cui sopra é stato concesso uno sgravio contributivo del 10% delle retribuzioni soggette alla contribuzione per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, per il periodo 31 agosto 1968-31 dicembre 1972; e un ulteriore sgravio, per il medesimo periodo, pari al 10% delle suddette retribuzioni corrisposte al personale assunto dopo il 30 settembre 1968 e risultante superiore al numero complessivo dei lavoratori occupati presso l'azienda beneficiaria alla stessa data; tale sgravio aggiuntivo é stato elevato dal 10 al 20% per il personale assunto dall'1 gennaio 1971 ed il termine del 31 dicembre 1972 é stato prorogato al 31 dicembre 1980 per entrambi gli sgravi (art. 1 d.l. 5 luglio 1971 n. 429 convertito con modificazioni in 1. 4 agosto 1971 n. 589);
  2. b) il provvedimento sulla copertura finanziaria occorrente per tali benefici, già preannunciato dall'art. 1 del citato d.l. n 429/71, é stato poi effettivamente adottato con la 1. 2 maggio 1976 n. 183, ivi prevedendosi (art. 22) la possibilità del Ministro del Tesoro di reperire i mezzi necessari mediante operazioni di ricorso al mercato finanziario, fino a concorrenza degli importi risultanti dai rendiconti annuali dell'I.N.P.S.;
  3. c) la validità delle disposizioni (indicanti il termine del 31 dicembre 1980) del Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno (aggiornato ed approvato con d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218) e così dell'art. 59 di tale T.U., é stata poi prorogata - per quanto interessa la fattispecie esaminata dal giudice remittente - a tutto il 30 settembre 1981 (art. 1 d.l. 28 febbraio 1981 n. 36, convertito, con modificazioni, nella legge 29 aprile 1981 n. 163).

Tanto premesso sull'identificazione della normativa implicata dalla fattispecie, il giudice a quo ha ritenuto la rilevanza della questione osservando che tale implicazione discende dalla necessità di considerare anche le case di cura ricomprese nel novero delle aziende beneficiarie degli sgravi, in quanto, alla stregua di una consolidata giurisprudenza, si deve ritenere il loro carattere industriale perché esse espletano una vera e propria attività organizzata diretta alla produzione di servizi.

In punto di non manifesta infondatezza, lo stesso giudice ha poi rilevato che la suddetta normativa (specificamente: art. 1 d.l. 5 luglio 1971 n. 429 come convertito in 1. 4 agosto 1971 n. 589; art. 22, ult. co.,1. 2 maggio 1976 n. 183, art. 59 d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218 - in relazione tutti all'art. 18 del d.l. 30 agosto 1968 n. 918, come convertito in 1. 25 ottobre 1968 n. 1089 - e art. 1, comma terzo, d.l. 28 febbraio 1981 n. 36, come convertito in 1. 29 aprile 1981 n. 163, nella parte in cui proroga la validità delle disposizioni sugli sgravi contenuti nel citato art. 59 del d.P.R. n. 218/78) si pone in contrasto con l'art. 81, comma quarto, Cost. perché le disposizioni sulla copertura finanziaria (art. 22 1. n. 183/76) non contengono alcuna determinazione dell'importo delle somme dovute all'I.N.P.S. a fronte degli sgravi disposti.

E, sebbene siffatta determinazione fosse stata prevista, dallo stesso legislatore, come necessaria (art. 1, comma quarto, d.1. n. 429/71), le su indicate disposizioni, intervenute, peraltro, dopo circa cinque anni da tale previsione, si sono limitate ad una mera indicazione dei mezzi atti ad assicurare le necessarie disponibilità. Risulta cosi spezzato il rapporto oneri-mezzi che solo può consentire il mantenimento di un dato equilibrio finanziario ed, in ipotesi, il ricorso al pubblico indebitamento é reso possibile - in difetto di puntuali previsioni espresse - per qualsiasi somma risultante dai rendiconti annuali dell'ente di previdenza.

Secondo il giudice a quo l'esposto profilo di illegittimità non é stato neanche rimosso dalle leggi successive che, prorogando la validità delle disposizioni a termine contenute nel d.P.R. n. 218/78 (e quindi anche quelle dell'art. 59 in materia di sgravi), hanno bensì disposto in ordine alle fonti di finanziamento dell'attività della Cassa per il Mezzogiorno, ma non in ordine alla copertura finanziaria specificamente inerente ai menzionati benefici.

  1. B) Le medesime norme sono censurate, in riferimento allo stesso parametro costituzionale, anche con la seconda delle ricordate ordinanze del Pretore di Catania, che é sostanzialmente motivata per relationem alla precedente, dopo una autonoma premessa concernente la asserita necessità di ricomprendere anche le imprese esercenti attività di vigilanza nel novero di quelle industriali, beneficiarie degli sgravi in questione.
  2. C) Con altra ordinanza emessa il 25 ottobre 1983 (R.O. n. 279/84) anche il Tribunale di Catania ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 d.l. n. 429/71, come convertito nella legge n. 589/71, 22, ultimo comma, l. n. 183/76 e 59 d.P.R. n. 218/78, in relazione all'art. 18 d.l. n. 918/68, convertito in 1. n. 1089/68, nella parte in cui, in contrasto con l'art. 81, comma quarto, Cost., non prevedono o non determinano il costo del beneficio degli sgravi contributivi riconosciuti alle imprese industriali ed artigiane operanti nel Mezzogiorno e, conseguentemente, non prevedono o non determinano i mezzi finanziari per far fronte alla relativa spesa.

Trattasi anche qui del problema della spettanza o meno degli sgravi suddetti ad una casa di cura, che il Tribunale ha ritenuto compresa nel novero delle aziende beneficiarie per ragioni identiche a quelle già svolte nell'identica fattispecie dal Pretore di Catania: di qui l'asserita rilevanza della questione, che poi, in punto di non manifesta infondatezza, é stata, a sua volta, motivata con considerazioni analoghe nella sostanza a quelle fatte proprie dal giudice testé menzionato.

In particolare, il Tribunale ha anche rilevato che già l'art,. 18 della 1. 1089/68, per effetto dell'interpretazione estensiva del concetto di impresa industriale, veniva a porsi in contrasto con l'art. 81, quarto comma, Cost. come aveva già denunciato il Pretore di Venezia con l'ordinanza sopra ricordata: nella fattispecie, peraltro, il problema degli sgravi contributivi restava circoscritto ad epoche coperte soltanto dalle successive leggi di proroga del beneficio, riguardo alle quali, appunto, é stata proposta la censura in esame, difettando anch'esse, ad avviso del giudice a quo, della necessaria copertura finanziaria.

Anche secondo tale giudice, invero, il sistema di copertura previsto dall'art. 22 1. n. l83/76 (poi trasfuso nell'ultimo comma dell'art. 59 del T.U. di cui al d.P.R. n. 218/78 e quindi assoggettato alle proroghe che si sono susseguite circa l'efficacia delle disposizioni dello stesso T.U.: art. 1 d.l. n. 36/81 convertito in 1. n. 163/81; d.l. n. 679/81 convertito in 1. n. 13/82; d.l. n. 389/82 convertito in 1. n. 546/82; 1. n. 941/82; 1. n. 192/83) appare del tutto astratto e generico, concretandosi praticamente in una norma in bianco che prevede spese ed assunzione di debiti senz'altro limite che l'esigenza di cassa della Tesoreria, apprezzata da un organo amministrativo (Ministero del Tesoro) é per di più sulla base di meri rendiconti dell'I.N.P.S.: il che palesemente contrasta con le esigenze di ordinato equilibrio delle finanze statali, salvaguardate dal citato precetto costituzionale.

  1. D) In tutti i giudizi susseguenti alle tre ordinanze di cui sopra e intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri; l'I.N.P.S. si é costituito in quello promosso con la prima ordinanza del Pretore di Catania (R.O. n. 1099/83) e nell'altro promosso con l'ordinanza (R.O. n. 279/84) del Tribunale della stessa città, nel quale si é altresì costituito il Centro Chimico Diagnostico "Morgagni", parte privata nel giudizio a quo. Tutte le ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, sono state rispettivamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 26 aprile 1984, n. 23 del 23 maggio 1986 e n. 245 del 5 settembre 1984.
  2. E) L'Avvocatura dello Stato ha insistito per la declaratoria di infondatezza della questione deducendo in primo luogo che non esiste la presunta genericità della norma di copertura in quanto l'ammontare del ricorso al mercato da parte del Ministro del Tesoro trova la sua specifica determinazione limitativa per effetto del collegamento alla misura ed al tempo del rimborso richiesto dall'I.N.P.S. N! é detto ricorso determina un'alterazione dell'equilibrio del bilancio statale in corso, in quanto le relative rate di ammortamento hanno decorrenza dall'anno successivo, cosi da poter essere valutate nel contesto dei nuovi equilibri ed in occasione delle scelte di politica economica afferenti al nuovo bilancio nel quale le rate stesse vengono a cadere. Inoltre, con decorrenza dall'anno 1979 (a seguito della legge n. 468/78: art. 14), nel bilancio di previsione dello Stato debbono trovare iscrizione anche le spese da coprire con specifiche operazioni di indebitamento, ivi comprese, quindi, gli oneri derivanti dagli sgravi in questione, iscritti sulla base dei dati di preconsuntivo forniti dall'I.N.P.S. e concorrenti a formare quelle poste passive che, unitamente alle entrate, costituiscono oggetto della manovra finanziaria contemplata dall'apposita legge.

L'I.N.P.S. ha depositato memorie di contenuto sostanzialmente adesivo rispetto alle eccezioni svolte dai giudici remittenti senza aggiungere nuovi argomenti.

Ha resistito, invece, a tali eccezioni, la parte privata contestando sia l'ipotesi di una illegittimità costituzionale "sopravvenuta" per effetto della dilatazione, in via interpretativa, del novero delle aziende beneficiarie degli sgravi, sia la presunta idoneità del meccanismo di copertura approntato dall'art. 22 della legge 183/76 a determinare imprevedibili squilibri di bilancio. Sul primo punto ha osservato che quella interpretazione, proprio per essere tale, non é stata creativa di diritti prima inesistenti, ma si é limitata a chiarire l'esatta portata delle norme attributive dei benefici in questione secondo l'intenzione del legislatore, alla stregua della quale erano da ritenere istituiti anche gli strumenti di copertura originariamente previsti (d.l. n. 918/68 conv. in 1. n. 1089/68).

Estensioni in senso proprio sono state bensì operate, ma solo con leggi successive (es. art. 3 1. 5 agosto 1978 n. 502, per le aziende di somministrazione di alimenti e bevande), quando proprio in via interpretativa é apparso impossibile arricchire di nuove categorie quelle degli originari beneficiari degli sgravi.

Quanto al secondo punto e con specifico riferimento al periodo coperto dalle leggi di modificazione e di proroga dei benefici già concessi dalla legge n. 1089/68, ha affermato che, ai fini della osservanza dell'art. 81, comma quarto, Cost., rileva non tanto l'esatta determinazione della spesa da sostenere, quanto la sua determinabilità e che tale criterio é stato nella specie osservato, essendo stato il potere di indebitamento concesso al Ministro del Tesoro nei soli limiti degli importi emergenti dai rendiconti dell'I.N.P.S.. Sul punto ha richiamato i principi sanciti da questa Corte con la sentenza n. 1 del 1966, secondo la quale il citato precetto costituzionale esige che l'onere di copertura vada determinato con puntualità rigorosa solo relativamente a spese incidenti "sopra un esercizio in corso", mentre margini di elasticità e di discrezionale apprezzamento non possono non imporsi riguardo a spese destinate ad incidere su esercizi futuri.

Tutte le successive proroghe sull'attribuzione degli sgravi hanno riguardato anche l'operatività del meccanismo di copertura già previsto dall'art. 22 della legge n. 183/76, in quanto recepiti nell'ultimo comma dell'art. 59 del d.P.R. n. 218/78.

  1. - A) Con ordinanza emessa il 19 ottobre 1982 (R.O. n. 830/82) il Pretore di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 18 della legge 25 ottobre 1968 n. 1089 e 1 della legge 4 agosto 1971 n. 589, nella parte in cui, in violazione dell'art. 3 Cost., non prevedono alcun criterio oggettivo da adottare ai fini di un retto calcolo degli sgravi contributivi da concedere alle ditte che operano a ciclo stagionale (nella specie: un'azienda trasformatrice della foglia di tabacco).

Il giudice a quo ha preliminarmente osservato che, sebbene la ratio delle suddette norme sia ravvisabile, là dove esse accordano lo sgravio contributivo aggiunto (del 10% delle retribuzioni corrisposte al personale assunto dopo il 30 settembre 1968 e risultante superiore al numero complessivo dei lavoratori occupati dall'azienda alla stessa data: art. 18 1. n. 1089/68; misura elevata poi al 20%, con decorrenza dall'1 agosto 1971, limitatamente al personale assunto dall'1 gennaio 1971: art. 11. n. 589/71), nell'intento di favorire quelle imprese meridionali le quali, nonostante la difficile congiuntura economica, abbiano incrementato il numero dei dipendenti, la loro applicabilità non può essere esclusa nei confronti delle aziende operanti a ciclo discontinuo o stagionale: la lettera delle stesse norme sarebbe, infatti, tale da impedire siffatta esclusione. Il che, tuttavia, determinerebbe, ai fini de quibus, un'irrazionale disparità di trattamento fra tali aziende e quelle operanti a ciclo continuo oltre che delle prime fra loro, a seconda che l'attività sia o meno in corso alle date sopra indicate.

Invero, per quanto riguarda il primo aspetto della questione, la ritenuta operatività delle norme censurate nei confronti delle aziende a ciclo produttivo stagionale implica che queste, ove riprendano, dopo le dette date, l'attività sospesa ed all'uopo provvedano all'assunzione del personale necessario, si trovano a fruire, per tutte queste nuove assunzioni, dello sgravio aggiuntivo di cui sopra, anche se l'incremento occupazionale derivante dalla ripresa dell'attività é del tutto apparente in quanto, di norma, viene riassorbito quello stesso personale che già componeva l'organico aziendale al momento della cessazione dell'anteriore ciclo produttivo e che era stato licenziato per effetto della cessazione stessa. Viceversa, aziende industriali ed artigiane operanti a ciclo continuo e che mantengono, a differenza delle altre, un numero stabile di lavoratori occupati, non possono fruire del detto beneficio aggiuntivo. E cioè sebbene le prime, alla luce della segnalata ratio legis, appaiono degne di maggiore considerazione ai fini dell'attribuzione di benefici, proprio in quanto la continuità della loro attività non determina quelle fasi di disoccupazione conseguenti al tipico modo di operare delle seconde, le quali fasi, per effetto dell'irrazionalità di una previsione normativa non adeguatamente commisurata alla realtà di siffatte differenze, paradossalmente si risolvono in un fattore di vantaggio per esse.

La disparità di trattamento risulta, poi, aggravata dal fatto che la data posta come momento di riferimento per la verifica dell'intervenuto incremento occupazionale non risponde ad alcuna giustificazione oggettiva, per cui trattasi di un momento del tutto casuale. In conseguenza di ciò, può poi verificarsi il secondo profilo di disparità di trattamento che interessa le stesse aziende operanti a ciclo discontinuo ed il loro esclusivo ambito. Invero, per il fatto meramente casuale che a quella data una di tali aziende si trovi o no nella fase di svolgimento della propria attività dipende l'applicazione dello sgravio aggiuntivo, negata nella prima ipotesi ed ammessa, invece, nella seconda, allorché la ripresa del ciclo avvenga dopo la stessa data.

I richiamati aspetti di illegittimità della normativa censurata sono, inoltre, avvalorati con richiamo alla sentenza n. 185/76 di questa Corte, con la quale é stata dichiarata l'illegittimità di norme (art. 9 l. 12 marzo 1968 n. 334) in forza delle quali imprese dello stesso tipo erano tenute a versare contributi di differente onerosità non in relazione a loro diverse situazioni giuridiche o economiche, ma solo per il fatto, del tutto casuale, di avere già nel passato assunto obblighi contributivi propri del settore del commercio o di quello dell'agricoltura.

  1. B) L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella G.U n. 94 del 6 aprile 1983.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri; si sono costituiti l'I.N.P.S. ed il titolare dell'azienda, parte nel giudizio a quo.

L'Avvocatura dello Stato ha sollecitato la declaratoria di infondatezza della questione osservando che la presunta irrazionalità della disciplina censurata é, in realtà, una lacuna tecnica della stessa che può essere colmata in via interpretativa: se la ratio legis é quella di favorire gli incidenti di occupazione, l'applicabilità del beneficio deve essere escluso tutte le volte in cui tale presupposto non si verifichi e, quindi, anche quando, come nella fattispecie, le assunzioni successive alle ricordate date del 30 settembre 1968 e dell'1 gennaio 1971 si limitino a ricomporre un organico aziendale già anteriormente esistente in quanto siano da ricondurre alle intrinseche e peculiari caratteristiche di ciclicità delle lavorazioni.

Anche secondo l'I.N.P.S. dovrebbe essere nella specie consentita un'interpretazione "costituzionalizzante" del tipo testé delineato. Ma la difesa dell'istituto previdenziale soggiunge anche che, ove essa si ritenga impossibile, non dovrebbero esservi dubbi sulla fondatezza della censura sollevata dal giudice a quo, attesa l'inammissibile ed irrazionale disparità di trattamento che si verificherebbe a tutto favore delle imprese operanti a ciclo discontinuo, le quali si vedrebbero premiate in relazione alla sola circostanza della ciclicità della propria attività, per le ragioni esposte con l'ordinanza di rimessione.

La difesa della parte privata ha insistito per la declaratoria di infondatezza della questione sotto vari profili: a) preliminarmente perché sarebbe mal posto il riferimento all'art. 3 Cost. Di tale norma si deduce, infatti, l'inapplicabilità nei confronti delle persone giuridiche e degli imprenditori, in quanto rispetto alle prime non é dato apprezzare quei requisiti (sesso, lingua, ecc...) con riferimento ai quali, tassativamente, la norma stessa vuole realizzate le condizioni di uguaglianza; mentre i secondi, per la specifica qualità loro conferita dalla natura dell'attività svolta, sono interessati all'area di operatività di altri precetti costituzionali come gli artt. 41 e 43 ai quali va, dunque, commisurata la legittimità della disciplina relativa allo svolgimento di siffatta attività. Precisa anche la difesa che tali affermazioni non risultano contraddette dalla giurisprudenza costituzionale, applicativa dell'art. 3 alle persone giuridiche (sent. n. 40/65; n. 25/66; n. 2/69 e n. 185/76) nei soli casi in cui una effettiva soggettività dell'ente collettivo faceva in realtà difetto ovvero in quelle in cui é apparsa particolarmente rilevante una situazione di immedesimazione fra dette persone e quelle fisiche che le compongono. Come, poi, la stessa giurisprudenza ha chiarito che l'art. 43 Cost. non interessa qualsiasi categoria di cose ma soltanto le imprese (Corte Cost., sent. n. 5/62), così, correlativamente, deve ritenersi che l'art. 3 Cost. non interessa qualsiasi soggetto giuridico ma solo le persone fisiche. b) In secondo luogo, sarebbe, comunque, da ritenere inesistente qualsiasi violazione del principio di eguaglianza. Erroneamente il giudice a quo ritiene finalità primaria della normativa sulla fiscalizzazione degli oneri sociali, globalmente valutata, quella di incrementare i livelli occupazionali: tale finalità, pur non potendosi negare, é stata invece valutata dal legislatore sul piano delle risultanze effettuali di una politica intesa a promuovere l'industrializzazione del Mezzogiorno e la produttività delle aziende ivi operanti, nonché a rendere più competitive tali aziende, sul piano interno ed internazionale, assicurando loro una riduzione del costo del lavoro. In quest'ottica si giustifica agevolmente la scelta del legislatore di non escludere le imprese operanti a ciclo discontinuo dai benefici connessi alla ripresa della loro attività dopo le date di cui sopra: sono proprio queste le imprese che registrano una produttività già al limite della redditività, in quanto legata a ragioni stagionali e sovente soggetta al rischio di eventi estranei alla logica industriale, quale la possibile carenza di quantità e qualità della materia prima, conseguente ad imprevedibili cause naturali, sicché rispetto ad esse massimamente si apprezza l'opportunità di perseguire la politica di cui sopra, senza ingiuste discriminazioni rispetto alle imprese operanti a ciclo continuo, apparendo, così, ragionevole e giustificata la scelta suddetta operata dal legislatore, anche alla luce del principio per cui l'art. 3 Cost. non costituisce un criterio di mera uguaglianza formale e perciò consente al legislatore stesso di regolare diversamente situazioni ritenute diverse. (Corte Cost. n. 74/78; n. 40/65; n. 27/76; n. 73/79; n. 209/75). c) Le date con riferimento alle quali sono stati previsti i benefici in questione risultano coerentemente poste in relazione ad epoche imposte dall'entrata in vigore delle leggi attributive dei benefici stessi e perciò ne va negata la casualità. d) Non é pertinente il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 185/76, relativa a fattispecie non assimilabile alla presente. e) In ogni caso, le aziende che trasformano la foglia secca del tabacco allo stato sciolto nella provincia di Lecce hanno un ciclo produttivo di durata superiore ai sei mesi, onde non possono considerarsi stagionali e, pertanto, a maggior ragione se ne impone l'assimilabilità alle imprese che lavorano senza interruzioni del ciclo produttivo.

Considerato in diritto

  1. - Le ordinanze dei Pretori di Venezia (R.O. n. 829/80), di Catania (R.O. nn. 1099/83 e 890/85), del Tribunale di Catania (R.O. n. 279/84) possono essere riunite e decise con un'unica sentenza in quanto prospettano questioni connesse.
  2. - Il Pretore di Venezia (R.O. n. 829/80) denuncia la illegittimità costituzionale degli artt. 23 e 25 della legge 16 aprile 1973 n. 171, i quali hanno esteso alle aziende industriali ed artigiane operanti nel centro storico di Chioggia e nelle isole della laguna gli sgravi contributivi ordinariamente concessi ad analoghe aziende operanti nel Mezzogiorno con l'art. 18 della legge 25 ottobre 1968 n. 1089 di conversione, con modifiche, del d.l. 30 agosto 1968 n. 918.

Il Pretore di Catania (R.O. nn. 1099/83 e 890/85) ed il Tribunale di Catania (R.O. n. 279/84) denunciano la illegittimità costituzionale degli artt. 1 del d.l. 5 luglio 1971 n. 429, conv. con modificazioni in legge 4 agosto 1971 n. 589; 22, ult. comma, della legge 2 maggio 1976 n. 183; 59 del d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218; art. 1, terzo comma, del d.l. 28 febbraio 1981 n. 36, conv. con modificazioni in legge 29 aprile 1981 n. 163, nelle parti in cui prorogano o incrementano il beneficio degli sgravi contributivi già concessi alle aziende industriali ed artigiane operanti nel Mezzogiorno dall'art. 18 del d.l. n. 918/68, conv. con modificazioni in legge n. 1089/68, i quali, per la copertura dei relativi oneri, prevedono il ricorso al mercato finanziario da parte del Ministro del Tesoro.

A parere dei giudici remittenti, risulterebbe violato l'art. 81, ult. comma, della Costituzione perché:

  1. a) la previsione della copertura finanziaria sarebbe generica;
  2. b) mancherebbe, dei detti oneri, la determinazione, peraltro affidata ad un organo amministrativo (il Ministro del Tesoro) al quale sarebbe attribuito un potere teoricamente illimitato di indebitamento dell'erario e di aumento del passivo del bilancio;
  3. c) gli sgravi riconosciuti ad aziende inserite nella categoria di quelle industriali solo in virtù dell'interpretazione delle norme di previsione operata dai giudici, risulterebbero privi della copertura finanziaria.
  4. - Preliminarmente va esaminata l'eccezione di inammissibilità della questione sollevata dal Pretore di Venezia.

L'Avvocatura dello Stato all'uopo rileva che, a fondamento della denunciata illegittimità costituzionale, il giudice a quo pone la qualificazione di industriale dell'azienda parte nel giudizio conseguente all'interpretazione delle norme di previsione da lui stesso effettuata e ritenuta, poi, come ragione della dedotta violazione del precetto costituzionale.

Ed osserva che lo stesso giudice a quo può modificare il detto presupposto ed effettuare l'interpretazione delle norme che egli reputa adeguatrice della Costituzione e che porta all'esclusione della stessa azienda dal novero di quelle beneficiarie dello sgravio dei contributi previdenziali di cui trattasi, onde la irrilevanza della questione stessa.

L'eccezione non é fondata.

Invero, non può condividersi il detto rilievo che, peraltro, può estendersi anche alle questioni sollevate in giudizi le cui parti (Case di cura ed Istituto di vigilanza) sono state ritenute aziende industriali in base all'interpretazione delle norme di previsione effettuate dai giudici remittenti. É stato seguito l'indirizzo giurisprudenziale costante sia dei giudici di merito che della Corte di Cassazione; indirizzo giurisprudenziale che, come più diffusamente si dirà in seguito, non importa violazione dell'invocato precetto costituzionale.

  1. - Nel merito le questioni non sono fondate.

Con la legge del 25 ottobre 1968 n. 1089, di conversione del d.l. n. 918/68, sono state emanate norme recanti anche lo sgravio di oneri sociali per favorire nel Mezzogiorno, tra l'altro, per quello che interessa, nuovi investimenti nei settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

Lo sgravio é stato concesso:

  1. a) a decorrere dal periodo di paga successivo a quello in corso alla data del 31 agosto 1968 e fino a tutto il periodo di paga in corso alla data del 31 dicembre 1972, sul complesso dei contributi da corrispondere all'I.N.P.S. dalle aziende industriali ed artigiane che impiegavano dipendenti nei territori indicati nel d.P.R. n. 1523/67 nella misura del 10% delle retribuzioni assoggettate alle contribuzioni per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai dipendenti che effettivamente lavoravano nei suddetti territori;
  2. b) e ulteriormente, sempre nella misura del 10% delle retribuzioni, calcolate come innanzi, per il personale assunto posteriormente alla data del 30 settembre 1968 e risultante superiore al numero complessivo dei lavoratori occupati dall'azienda nei su indicati territori del Mezzogiorno alla data medesima ancorché lavoranti ad orario ridotto o sospesi.

L'art. 19 s.l. ha disposto che l'importo dello sgravio fosse posto a carico dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria gestita dall'I.N.P.S. che vi avrebbe fatto fronte con un apporto dello Stato, determinato nell'ammontare (lire 466.500 milioni) da erogarsi in rate bimestrali anticipate con importi annuali determinati.

L'art. 20 s.l. ha stabilito che la copertura della spesa avvenisse con emissione, da parte del Ministro del Tesoro, di certificati speciali di credito su una somma determinata, nel complesso, in lire 466.500 milioni e suddivisa in varie annualità, dal 1968 al 1972.

Con il d.l. n. 429/71, conv. con modif. nella legge n. 589/71, lo sgravio contributivo a favore delle aziende industriali ed artigiane dislocate nei territori meridionali é stato prorogato al 31 dicembre 1980; lo sgravio aggiuntivo é stato elevato, per il personale assunto dall'1 gennaio 1971, dal 10 al 20%; lo sgravio supplementare del 10% é stato applicato sulle retribuzioni relative ai lavoratori assunti dopo la data del 31 dicembre 1970, depennando da questi, in ordine di assunzione, un numero di lavoratori pari a quelli licenziati dopo la stessa data.

Conseguentemente, é stato elevato l'apporto dello Stato per gli anni 1971 e 1972 rispettivamente a 18 miliardi ed a 36 miliardi di lire; ed egualmente l'importo dei certificati speciali di credito emittibili dal Ministro del Tesoro.

É stato, inoltre, stabilito che un successivo provvedimento legislativo avrebbe determinato le somme che dovevano essere versate dallo Stato all'I.N.P.S. a partire dal 1973.

L'art. 14 della legge n. 183/76, in materia di interventi straordinari nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980 per i nuovi assunti dal 1ø luglio 1976 al 31 dicembre 1980 ad incremento delle unità effettivamente occupate alla data del 30 giugno 1976 nelle aziende artigiane, nelle imprese alberghiere e nelle aziende industriali operanti nei settori indicati dal C.I.P.E., ha disposto lo sgravio contributivo di cui alla legge n. 1089/68 e successive modificazioni nella misura totale sino al periodo di paga in corso al 31 dicembre 1986 sulle retribuzioni assoggettate a contribuzioni per il fondo pensioni lavoratori dipendenti gestito dall'I.N.P.S.

Il quinto comma del successivo art. 22 ha disposto che dalle somme annualmente iscritte nello stato di previsione del Ministero del Tesoro si prelevassero le somme da versare all'I.N.P.S. per lo sgravio contributivo.

L'ultimo comma dello stesso articolo, per la copertura finanziaria ha autorizzato il Ministro del Tesoro ad effettuare, a decorrere dall'anno 1977 e per il periodo 1973-1980 di concessione dello sgravio contributivo ai sensi del terzo comma dell'art. 1 del d.l. 5 luglio 1971 n. 429, conv. in legge 4 agosto 1971 n. 589, operazioni di ricorso al mercato finanziario fino alla concorrenza degli importi risultanti dai rendiconti annuali dello I.N.P.S. nella forma di assunzione di mutui con il Consorzio delle opere pubbliche o con gli altri Istituti di credito a medio o lungo termine a ciò autorizzati, in deroga anche a disposizioni di leggi o di statuto, oppure il ricorso ad emissioni di buoni poliennali del tesoro o di certificati di credito.

L'art. 23 della legge 16 aprile 1973 n. 171 ha disposto, a partire dalla sua entrata in vigore (2 maggio 1973), l'applicazione dell'art. 18 del d.l. n. 918/68, conv. con modifiche in legge n. 1089/68, anche ai dipendenti delle aziende industriali ed artigiane lavoranti effettivamente nel territorio di Venezia insulare, nelle isole della laguna e nel centro storico di Chioggia.

L'art. 25 della stessa legge ha previsto la copertura finanziaria di altre opere da effettuarsi nei suddetti territori.

L'art. 59 del T.U. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218, ha operato la sistemazione delle norme precedenti in un unico contesto.

L'art. 3 della legge 5 agosto 1978 n. 502, recependo l'interpretazione giurisprudenziale dell'art. 18 della legge n. 1089/68, ha sancito espressamente l'applicazione dello sgravio contributivo anche alle aziende alberghiere, fermo restando il loro inquadramento nel settore commerciale ai fini previdenziali ed assistenziali.

Inoltre, con decorrenza 1ø luglio 1978, ha esteso l'applicazione delle norme di cui all'art. 14 della legge n. 183 del 1976 anche ai pubblici esercizi ed alle aziende di somministrazione di alimenti e bevande.

Il d.-l. n. 36 del 1981, conv. con modif. in legge n. 163/81, ha prorogato le disposizioni delle leggi sull'intervento nel Mezzogiorno fino al 31 dicembre 1981.

4.1 - Per quanto riguarda la fattispecie di cui ai giudizi a quibus, la Corte rileva che, per i periodi di tempo in cui sono avvenuti i fatti di causa, delle norme citate hanno rilievo solo quelle che si riferiscono agli anni dal 1973 al 1981.

Non riguarda la fattispecie di cui all'ordinanza del Pretore di Venezia l'art. 25 della legge 16 aprile 1973 n. 171 in quanto la copertura di quegli sgravi é contenuta nell'art. 1 d.l. n. 429/71, convertito con modif. in legge n. 589/71 e art. 22, ult. comma, legge n. 183/76.

  1. - Così individuate le norme che hanno rilevanza per la questione da decidere, interessa considerare che esse si inseriscono nel quadro della politica che ha promosso l'incentivazione della industrializzazione del Mezzogiorno e delle zone depresse del Centro-Nord sia con la creazione di nuove industrie, sia con la ripresa, il potenziamento e l'aumento dell'attività produttiva delle imprese già esistenti mediante la riduzione del costo del lavoro, il tutto anche per favorire l'occupazione con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Infatti, alla fiscalizzazione degli oneri sociali si fa ricorso nei momenti di particolare difficoltà. Lo Stato va incontro alle imprese che non investono e producono dannosi ristagni della produzione, accollandosi in parte i contributi che esse devono versare per ciascun dipendente all'Istituto di previdenza.

Per quanto riguarda l'ambito di applicazione delle norme richiamate, si considera che si é formato un indirizzo giurisprudenziale, ormai costante, in base al quale la qualificazione come industriale delle aziende beneficiarie degli sgravi contributivi si effettua con i criteri desumibili dall'art. 2195 del codice civile, per cui, sempre secondo il suddetto indirizzo, l'attività industriale é quella che ha per oggetto la produzione di beni e di servizi mediante l'organizzazione del lavoro altrui e che, attraverso l'utilizzazione della materia prima, l'elaborazione e la trasformazione dei vari fattori già raccolti o predisposti dall'imprenditore, tende ad un risultato economico nuovo.

Invece, l'attività commerciale é caratterizzata da una intermediazione nella circolazione di beni e di servizi che é tipica di chi rivende beni. Il prezzo risulta remunerativo della sola attività di rivendita, a differenza di quanto avviene per l'industria, per la quale il prezzo remunera sia il valore intrinseco della merce sia il costo inerente al ciclo produttivo ed ai servizi connessi. Può anche avvenire che il commerciante rivenda i beni dopo una certa lavorazione ma non risultano mai superati i limiti di una semplice operazione accessoria della rivendita.

In definitiva, si é rilevato che l'attività industriale produce beni e servizi che hanno una loro autonoma rilevanza, un certo carattere di novità ed una propria peculiare individualità.

Non é stato condiviso l'assunto della difesa dell'I.N.P.S., ribadito, peraltro, anche in questa sede, secondo cui la detta qualificazione doveva essere effettuata in base alla legge sugli assegni familiari mentre é stato riconosciuto l'aggancio effettuato dal legislatore alla gestione dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria come limite del numero delle aziende industriali beneficiarie.

Si é considerato che le leggi di previsione dello sgravio contributivo non contengono alcun rinvio o riferimento ad altre leggi di natura previdenziale e che, ai fini interpretativi, assumono rilievo lo scopo della legge e gli effetti che il legislatore ha voluto realizzare; ed inoltre, che la normativa sugli assegni familiari ha una propria finalità, quella, cioè, di attuare in modo continuativo il cd. salario familiare anche in osservanza dell'art. 36 Cost. Non si é mancato di osservare che, a questi ultimi fini, la classificazione delle imprese va fatta con provvedimento amministrativo e che, quindi, anche le leggi in esame si sarebbero dovute integrare con provvedimenti di tale natura. Il che, però, non é stato affatto previsto.

Oggetto di specifica valutazione da parte della giurisprudenza é stato anche il riferimento alla contribuzione dovuta per la disoccupazione involontaria ed alla relativa gestione a carico della quale é posto l'importo dello sgravio (art. 18, primo e ottavo comma, legge n. 1089/68 e successive leggi di proroga degli sgravi).

All'uopo si é precisato che il primo comma dell'art. 18, legge citata, individua i datori di lavoro che possono beneficiare dello sgravio (tra le altre, le aziende industriali) ed il periodo a cui questo si riferisce ed, inoltre, indica il minuendo della sottrazione da compiersi; il secondo comma indica solo il sottraendo, statuendo che si deve calcolare il 10% delle retribuzioni assoggettate alla contribuzione per la disoccupazione involontaria corrisposta ai lavoratori che effettivamente lavorano, depurato del compenso per lavoro straordinario. L'ottavo comma prevede che i datori di lavoro deducano l'importo degli sgravi dal complesso delle somme dovute per i contributi e non solo da quelle versate per la disoccupazione.

Trattasi, quindi, di dati meramente contabili e gestionali, tanto é vero che il legislatore, successivamente, nell'intento di allargare l'ambito di applicazione del beneficio, ha fatto riferimento alla gestione per il fondo pensioni (art. 14 legge n. 183 del 1976) anziché quella della disoccupazione.

Inoltre, é stato ritenuto possibile l'inquadramento di una stessa azienda nel settore industriale, ai fini dello sgravio contributivo, ed in quello commerciale, ad altri fini assistenziali e previdenziali (art. 3 legge n. 502 del 1978 a proposito degli alberghi).

Pertanto, conclusivamente, va affermato che l'inquadramento nel settore industriale delle case di cura, dei ristoranti, degli istituti di vigilanza ed il loro accesso al beneficio dello sgravio contributivo é la risultante dell'interpretazione delle norme di previsione secondo i comuni canoni ermeneutici.

Si deve, quindi, escludere il lamentato allargamento dell'ambito di applicazione della norma e della originaria copertura finanziaria a seguito e per effetto di una interpretazione giurisprudenziale estensiva, essendo le dette aziende già comprese nell'apprestata disciplina e già rientranti nella previsione del legislatore.

Conseguentemente, non ha alcun fondamento la lamentata violazione del precetto costituzionale di cui all'art. 81, quarto comma, Cost., collegata alla pretesa interpretazione estensiva - essendo la copertura finanziaria rimasta negli originari limiti - della previsione normativa.

  1. - Nella fattispecie, la denunciata violazione del richiamato precetto costituzionale si deve escludere anche alla stregua delle decisioni di questa stessa Corte. Si é ritenuto (sentt. nn. 1/66 e 22/68) che la norma costituzionale la quale, per le leggi diverse dal bilancio che importino nuove e maggiori spese, impone di indicare i mezzi per farvi fronte, riguarda i limiti sostanziali che il legislatore é tenuto ad osservare nella sua politica di spesa che deve essere contrassegnata non già dall'automatico pareggio del bilancio ma dal tendenziale equilibrio tra entrata e spesa. L'indicazione dei mezzi per fronteggiare nuove spese si riduce alla determinazione di un incremento di entrata che, in una visione globale del bilancio, assicuri il mantenimento dell'equilibrio complessivo del bilancio presente e dei bilanci futuri, senza pretendere di spezzarne l'unità.

L'obbligo del legislatore di indicare i mezzi per fare fronte a nuove o maggiori spese va osservato con puntualità rigorosa per quelle che incidono sull'esercizio in corso per il quale é stato consacrato, con l'approvazione del Parlamento, l'equilibrio tra le entrate e le spese, nell'ambito di una visione generale dello sviluppo economico del Paese e della situazione finanziaria dello Stato.

Altrettanto rigore, per la natura stessa delle cose, non é richiesto per gli esercizi futuri.

Pertanto, per la copertura di spese future é ammessa la possibilità di ricorrere, oltre che ai mezzi consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di quelli già esistenti, anche alla riduzione delle spese già autorizzate, all'accertamento formale di nuove entrate, all'emissione di prestiti ed, in genere, ad altre operazioni finanziarie che assicurino la raccolta di fondi; ed anche alla previsione non irrazionale e non arbitraria di una maggiore entrata in un equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare negli esercizi futuri e non in contraddizione con le previsioni del medesimo Governo, quali risultano dalla relazione sulla situazione economica del Paese e dal programma di sviluppo, sui quali punti la Corte potrà portare il suo esame nei limiti della sua competenza.

Non é richiesta una precisa, puntuale e rigorosa previsione della spesa che impegni più esercizi negli esatti termini e nell'esatto importo, ai quali, poi, debba corrispondere puntualmente una copertura essendo possibile effettuare il riscontro nei bilanci dei vari esercizi.

Non occorre che la legge di spesa debba necessariamente precisare, esplicitamente o implicitamente, l'entità delle somme da erogarsi in base ad essa, né che non possa rinviare al bilancio propriamente impegnato la determinazione dell'esatto importo e, quindi, l'effettiva erogazione. L'entità della spesa può essere determinata in ciascun singolo esercizio. Tanto più se, per sua natura, la stessa a priori é solo determinabile e solo a posteriori determinata nella sua esatta entità.

Il che é per quelle spese in esame.

  1. - Procedendo all'esame dell'effettivo rispetto dei limiti innanzi richiamati per l'osservanza del precetto costituzionale, si rileva, anzitutto, che la spesa di cui trattasi si inquadra nei fini programmatici e negli indirizzi di politica economica orientati alla industrializzazione del Mezzogiorno, all'aiuto a zone depresse del Centro-Nord, all'incremento dell'occupazione, alla riduzione del costo del lavoro, il tutto ai fini della riduzione degli effetti negativi della congiuntura economica.

Per quanto, in particolare, riguarda la fattispecie, compreso l'onere finanziario conseguente all'estensione dello sgravio alle aziende industriali operanti in Venezia, Laguna e Chioggia (art. 23 legge n. 171 del 1973), per gli anni 1971 e 1972 é stata prevista (art. 20 legge n. 1089/68; art. 1 d.l. n. 429/71 e legge n. 589/71) l'emissione, da parte del Ministro del Tesoro, di certificati speciali di credito per gli anni dal 1973 al 1980, l'effettuazione, sempre da parte del Ministro del Tesoro, di operazioni di ricorso al mercato finanziario nella forma di assunzione di mutui con il Consorzio per le opere pubbliche o con altri Istituti di credito a medio o lungo termine a ciò autorizzati, oppure all'emissione di buoni poliennali del tesoro o di certificati di credito.

Egualmente per l'anno 1981.

Non é oggetto di una specifica censura il ritardo con cui si é operato per gli anni dal 1973 al 1976.

Il collegamento con i rendiconti annuali dell'I.N.P.S., nei quali sono riportati nel loro preciso ammontare gli importi dei concessi sgravi contributivi e l'avvenuto rimborso delle relative somme da parte dello Stato, hanno assicurato l'operatività della copertura finanziaria.

Non rileva la mancata quantificazione, nella normativa impugnata, delle somme spese. Detta quantificazione, peraltro per sé molto difficile non potendosi riconoscere a priori l'esatto numero delle aziende richiedenti lo sgravio ed il preciso ammontare dell'importo degli sgravi contributivi, é avvenuta nei singoli bilanci relativi agli esercizi nei quali la spesa é stata effettivamente erogata.

Inoltre, l'inserimento delle rate di ammortamento dei mutui contratti dallo Stato é avvenuto nel bilancio dell'anno successivo all'indebitamento avendo avuto le stesse rate decorrenza da quell'anno.

Nel 1979 e per gli anni successivi é intervenuta la legge finanziaria, che é stata prevista (articolo 11 della legge 5 agosto 1978 n. 468) come mezzo di adeguamento delle entrate e delle uscite del bilancio statale per la realizzazione degli obiettivi di politica economica che impegnano il bilancio pluriennale ed annuale e la possibilità con essa di operare modifiche ed integrazioni delle disposizioni legislative aventi riflessi sul bilancio dello Stato e su quello degli altri enti che si ricollegano alla finanza statale.

L'art. 14 ha stabilito l'iscrizione nel bilancio di previsione di tutte le autorizzazioni di spesa, comprese quelle per cui la legislazione vigente ha previsto la copertura mediante specifiche operazioni di indebitamento. Anche le somme corrispondenti all'ammontare degli sgravi contributivi da effettuarsi in base ai dati del preconsuntivo forniti dallo I.N.P.S. sono state direttamente iscritte nel bilancio di previsione e, quindi, hanno concorso a formare gli elementi di spesa che, unitamente all'entrata, hanno formato oggetto della manovra economico-finanziaria contemplata al fine di assicurare la copertura di tutte le spese da iscrivere al bilancio.

  1. - Il Pretore di Lecce dubita della legittimità costituzionale degli artt. 18 legge 25 ottobre 1968 n. 1089 e 1 della legge 4 agosto 1971 n. 589 nella parte in cui non hanno previsto un criterio obiettivo da adottare ai fini di un retto calcolo degli sgravi contributivi da concedere alle ditte che operano a ciclo stagionale per disparità di trattamento con le aziende che operano a ciclo continuo (art. 3 Cost.).

Dalla considerazione che il fine primario della norma é quello di incentivare l'economia meridionale e soprattutto l'occupazione, prendendo come punto di riferimento una data certa in modo che l'operatore abbia un criterio generale e ben determinato al quale attenersi, il giudice a quo fa derivare l'impossibilità di una sottodistinzione tra imprese ad attività continua ed imprese ad attività ciclica.

Osserva, poi, che il riferimento alla data del 30 settembre 1968 per le aziende operanti nel Mezzogiorno comporta una evidente disparità di trattamento tra quelle lavoranti a regime continuo ed occupanti gran parte delle maestranze a quella data (così come in altro giorno dell'anno) e quelle in genere ed in in specie del tabacco che, lavoranti a regime saltuario e stagionale, a quella data si sono trovate in periodo di totale sosta, sicché, riassumendo, dopo tale data, periodicamente, gli stessi operai che avevano lavorato nel periodo precedente e che avevano licenziato senza incremento di mano d'opera hanno locupletato una grande massa di contributi a scapito di altre ditte a lavorazione continua le quali hanno fatto grandi sforzi per mantenere il numero dei lavoratori occupati. Lo stesso giudice a quo rileva anche una disparità di trattamento tra aziende a ciclo stagionale ma operanti in periodi diversi in quanto può avvenire che un'azienda abbia il pieno dei lavoratori proprio il 30 settembre 1968 ed il vuoto in un'altra data e, quindi, versa nella impossibilità di usufruire degli sgravi.

Egualmente ciò si verifica per la legge n. 589/71 che, ai fini dell'ulteriore sgravio cd. supplementare, fissa la data del 1ø gennaio 1971.

Si richiama, infine, la sentenza di questa Corte n. 185/76 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una norma che aveva sancito un'irrazionale discriminazione di trattamento solo in dipendenza di una circostanza di mero fatto.

  1. - La questione é fondata.

É indubbio che la norma denunciata, prevedendo sgravi supplementari a favore di aziende che abbiano aumentato il numero dei lavoratori occupati o abbiano assunto nuovi lavoratori, ha lo scopo di favorire l'incremento dell'occupazione agevolando l'insediamento nel Mezzogiorno di nuove iniziative industriali o il potenziamento di quelle già esistenti di guisa che risulti accelerato lo sviluppo economico dell'area meridionale in conformità degli obiettivi prioritari del più generale piano di sviluppo economico del Paese. Ai fini dell'accertamento dell'incremento occupazionale, il legislatore ha fatto riferimento ad un dato temporale che, peraltro, é collegato al momento della emanazione della normativa. Esso ha, quindi, una propria valenza logica e non é irrazionale. Deve, quindi, escludersi che il legislatore, esercitando la discrezionalità che gli compete, abbia commesso arbitrio.

É evidente la necessità della fissazione di uno spartiacque rispetto al quale si sarebbe potuto valutare un prima e un poi, per verificare il conseguimento della finalità della legge, cioè l'incremento occupazionale.

In primo luogo, in via generale, va dato atto della formazione di un indirizzo giurisprudenziale anche della Cassazione, secondo cui lo sgravio supplementare é concesso in relazione al solo personale assunto posteriormente alle date indicate (30 settembre 1968 e 1ø gennaio 1971) e risultante, nel complesso, superiore al numero complessivo dei lavoratori occupati dall'azienda nei territori del Mezzogiorno alla data medesima ancorché lavoranti ad orario ridotto o sospesi.

Ed inoltre, per la concessione del beneficio, la norma ha preso a base la situazione occupazionale esistente al 30 agosto 1968 ed al 1ø gennaio 1971, senza tener conto del fatto che le aziende che abbiano effettuato assunzioni di lavoratori siano state fino allora inattive o si siano costituite ex novo e disponendo, comunque, che nel numero dei lavoratori da considerare non si conteggino i lavoratori licenziati dopo la stessa data.

Alle su indicate date l'azienda deve anzitutto essere esistente, deve poi avere incrementato la produzione effettuando nuovi investimenti ed assumendo nuove maestranze, creando così una maggiore occupazione.

Sicché, la fiscalizzazione cd. supplementare opera solo a favore dell'occupazione cd. addizionale.

Secondo lo stesso indirizzo giurisprudenziale, le date su indicate devono rimanere ferme. Lo sgravio dei contributi va anche applicato alle aziende riattivate, per le quali si considera la differenza tra il numero di dipendenti occupati al momento dell'ultima cessazione o della sospensione dell'attività in epoca anteriore al 30 settembre 1968 o al 1ø gennaio 1971 ed il numero (maggiore) degli occupati a date posteriori alle suddette (30 settembre 1968 e 1ø gennaio 1971).

In altri termini, la determinazione del numero dei lavoratori occupati va operata in via di rapporto tra il numero dei dipendenti occupati nell'ultimo periodo di attività anteriore al 30 settembre 1968 e 1ø gennaio 1971 e quello dei dipendenti assunti successivamente; e quest'ultimo numero deve essere maggiore del primo. E ciò in conformità dello scopo della legge. Successivamente, l'art. 14 della legge n. 183/76 ha addirittura previsto lo sgravio totale dei contributi a carico dei datori di lavoro per i lavoratori nuovi assunti ed effettivamente occupati dal 1ø luglio 1976 al 31 dicembre 1980.

É di tutta evidenza, quindi, che si richieda soprattutto l'attuazione di un incremento effettivo del numero dei lavoratori, il che non può ritenersi per le aziende che a quelle date abbiano sempre lo stesso numero di lavoratori compreso quelli assunti al posto dei licenziati. Per quanto riguarda, però, le aziende a ciclo stagionale, cui appartengono le aziende manifatturiere di tabacco, si é formato un indirizzo giurisprudenziale, di recente anche della Corte di cassazione, secondo cui le dette aziende beneficiano dello sgravio contributivo anche se esse, nel nuovo ciclo stagionale, riassumono lo stesso numero di lavoratori nella mera presunzione che esse avrebbero avuto bisogno di un minor numero di lavoratori; cioè, in altri termini, allorché non si possa escludere che, se non godessero del beneficio, assumerebbero mano d'opera in minore quantità nei cicli produttivi successivi. La Corte ritiene che la norma, intesa secondo il detto indirizzo giurisprudenziale, importi violazione del precetto costituzionale al quale il giudice a quo fa riferimento (art. 3 Cost.). Invero, esso importa una inammissibile disparità di trattamento tra le aziende industriali ad attività continua le quali, alle date fissate dal legislatore (30 settembre 1968 e 1ø gennaio 1971), per beneficiare dello sgravio contributivo, devono attuare un effettivo e concreto aumento del numero dei lavoratori, rispetto a quello occupato in precedenza, mentre le aziende industriali a ciclo stagionale beneficiano dello sgravio contributivo anche se, nel nuovo ciclo di produzione, occupano lo stesso numero di lavoratori di quello del precedente ciclo, reputandosi per esse, come incremento occupazionale, il mantenimento dello stesso numero di lavoratori del precedente ciclo in una ipotetica e meramente supposta situazione di necessità di un numero minore di lavoratori.

Invece, una completa parità di trattamento deve sussistere tra le aziende industriali di vario tipo non avendo il legislatore, ai fini che interessano, distinto aziende a ciclo continuo da aziende a ciclo stagionale. Ed ha solo voluto incentivare la realizzazione di un incremento occupazionale concedendo il beneficio dello sgravio contributivo a quelle aziende che effettuano un concreto ed effettivo aumento di mano d'opera in una determinata epoca.

Una interpretazione che ha portato ad aumentare il numero dei beneficiari dello sgravio e, per giunta, anche senza un effettivo incremento occupazionale di mano d'opera e che non é consentita perché viola la lettera e la ratio della norma e, peraltro, risulta affetta anche da palese illogicità.

Tanto più che trattasi di una legge di indubbio carattere eccezionale che prevede un onere anche rilevante a carico del bilancio dello Stato che si é obbligato a ripianare il bilancio dell'I.N.P.S. tenendolo indenne dalla perdita economica che subisce per effetto della prevista diminuzione delle entrate conseguenti al disposto sgravio dei contributi.

Nulla rileva di contro che alcune aziende stagionali eventualmente non possono beneficiare dello sgravio contributivo per non avere aumentato in concreto ed effettivamente la mano d'opera occupata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi (R.O. nn. 829/80, 1099/83, 279/84, 890/85, 830/82):

  1. a) dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 18 legge 25 ottobre 1968 n. 1089 e 1 legge 4 agosto 1971 n. 589 nella parte in cui consentono l'applicabilità degli sgravi contributivi ivi previsti anche alle aziende che, operando a ciclo stagionale, nel nuovo ciclo produttivo non abbiano effettivamente aumentato il numero dei lavoratori rispetto a quelli occupati nel ciclo precedente;
  2. b) dichiara non fondata la questione di illegittimità costituzionale degli artt. 18 d.l. 30 agosto 1968 n. 918, conv. con modif. in legge 25 ottobre 1968 n. 1089; 1 d.l. 5 luglio 1971 n. 429 conv. con modif. in legge 4 agosto 1971 n. 589; 22 ult. comma, legge 2 maggio 1976 n. 183; 59 d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218; art. 1, terzo comma, d.l. 28 febbraio 1981 n. 36 conv. con modif. in legge 29 aprile 1981 n. 163; artt. 23 e 25 legge 16 aprile 1973 n. 171, sollevata dai Pretori di Venezia e Catania e dal Tribunale di Catania con le ordinanze in epigrafe, in riferimento all'art. 81 Cost.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il redattore: GRECO

Depositata in cancelleria il 22 gennaio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE