Sentenza n. 107 del 1977
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SENTENZA N. 107

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi decimo e undicesimo, della legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), promossi con le ordinanze emesse il 4 dicembre 1974 dal pretore di Saluzzo e il 22 luglio 1975 dal pretore di Empoli, nei procedimenti civili vertenti tra Pietro Ferrero e Beatrice Ferrero, e tra Lorenzo Pozzolini e Ugo Pozzolini, iscritte ai nn. 45 e 435 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 5 marzo 1975 e n. 306 del 19 novembre 1975.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 aprile 1977 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile promosso da Pietro Ferrero, con ricorso 16 settembre 1974, al fine di ottenere, ai sensi dell'art. 8, comma decimo, legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), il riscatto della quota di comproprietà spettante alla sorella e coerede Beatrice Ferrero su terreni situati in Villanova Solaro e Murello - il Pretore di Saluzzo, con ordinanza 4 dicembre 1974, ha ritenuto non manifestamente infondate e pregiudiziali ai fini della decisione della controversia le questioni proposte dalla convenuta, Beatrice Ferrero, e concernenti la legittimità costituzionale delle norme di cui ai commi decimo e undicesimo art. 8 citata legge n. 590 del 1965, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42 e 43 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 5 marzo 1975.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si sono costituite le parti private.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 24 marzo 1975, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale vengano dichiarate non fondate.

Nel corso del procedimento civile - promosso da Lorenzo Pozzolini, con ricorso 26 maggio 1975, per ottenere, ai sensi dell'art. 8, comma decimo, legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), il riscatto della quota di comproprietà spettante al fratello, coerede, Ugo Pozzolini sul terreno denominato Campolungo - il Pretore di Empoli, con ordinanza 22 luglio 1975, ha ritenuto non manifestamente infondate e pregiudiziali ai fini della decisione della controversia le questioni di legittimità costituzionale proposte dal convenuto, Ugo Pozzolini, e concernenti la legittimità costituzionale delle norme di cui ai commi decimo e undicesimo art. 8 citata legge n. 590 del 1965, in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 43 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 19 novembre 1975.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si sono costituite le parti private.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 9 dicembre 1975, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale vengano dichiarate non fondate.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza 4 dicembre 1974 il pretore di Saluzzo ha prospettato questioni di legittimità costituzionale delle norme di cui all'art. 8, commi decimo e undicesimo, legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42 e 43 della Costituzione.

Le medesime questioni di legittimità costituzionale delle norme sopra citate sono state prospettate, in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 43 della Costituzione, dal pretore di Empoli, che nell'ordinanza 22 luglio 1975 ha esposto motivi sostanzialmente uguali a quelli dell'ordinanza 4 dicembre 1974 del pretore di Saluzzo.

I due giudizi possono, quindi, essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - La prima questione concerne la legittimità costituzionale del comma decimo art. 8 legge n. 590 del 1965.

Secondo i pretori, la norma impugnata sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, perché determinerebbe una disparità di trattamento tra coeredi e comproprietari solo in dipendenza della diversa attività economica di ciascuno di essi, dato che attribuisce il diritto di conservare in natura la quota di comproprietà del fondo solo a coloro che continuino l'attività di coltivatore diretto.

La questione non é fondata.

Il comma decimo dell'art. 8 legge n. 590 del 1965 prescrive: "Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto di riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempre che l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura prevista dalle vigenti leggi per l'affrancazione dei fondi enfiteutici".

Questa Corte ha costantemente affermato che la violazione del principio di eguaglianza in tanto può ritenersi sussistente in quanto siano regolate diversamente situazioni omogenee e non vi sia razionale giustificazione di tale diversità. Ha, in particolare, riconosciuto riservato al potere discrezionale del legislatore lo stabilire discipline differenziate per regolare situazioni che egli ritiene ragionevolmente e non arbitrariamente diverse e per il perseguimento di finalità apprezzabili costituzionalmente (sentenze n. 55 del 1974, n. 158 del 1975 e n. 50 del 1976). Nella specie é di tutta evidenza la diversità obiettiva tra la situazione dei comproprietari, coeredi, che coltivano il fondo, e quella dell'altro comproprietario che ha abbandonato da cinque anni la conduzione dello stesso fondo.

Inoltre, la norma in esame, come é precisato nella relazione parlamentare di maggioranza al disegno di legge divenuto legge 26 maggio 1965, n. 590, persegue il particolare fine di ordine sociale di assicurare il consolidamento dell'impresa coltivatrice familiare. E la dottrina ha individuato la ratio della norma negli intenti di evitare il frazionamento del fondo, su cui si esercita l'impresa agricola, e, in ogni caso, di evitare l'intromissione, in tale impresa, di persone estranee alla famiglia coltivatrice, che potrebbero pregiudicare la regolare amministrazione della cosa comune e soprattutto lo sviluppo tecnico ed economico dell'impresa.

3. - La seconda questione riguarda la legittimità costituzionale delle norme di cui ai commi decimo e undicesimo dell'art. 8 legge n. 590 del 1965. Il richiamato da queste norme, secondo i pretori di Saluzzo e di Empoli, sarebbe in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in quanto consentirebbe di pervenire all'ordinanza pretorile di privazione della proprietà di un bene senza concedere alla parte, che lo subisce, pienezza di difesa in ordine alla fondatezza della richiesta di riscatto: sulla base di una documentazione amministrativa rilasciata senza contraddittorio con la controparte e senza che quest'ultima sia stata in grado di proporre eccezioni.

Neppure questa seconda questione é fondata.

"La procedura prevista dalle vigenti leggi per l'affrancazione dei fondi enfiteutici", prescritta dal comma decimo, sopra integralmente riportato, dell'art. 8 legge n. 590 del 1965, é quella disciplinata dalla legge 26 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue) ed é caratterizzata da due fasi, la prima, a cognizione sommaria, davanti al pretore, la seconda davanti al giudice specializzato agrario, fasi che si integrano in unico processo interamente a carattere giurisdizionale, come ha più volte affermato la Corte di cassazione anche a Sezioni unite.

Questa Corte ha già riconosciuto che é esclusa la supposta menomazione del diritto di difesa nella fase del suddetto procedimento giurisdizionale che si svolge davanti al pretore, dato che a questo giudice é riservata ampia cognizione su tutti i presupposti della domanda (sentenza n. 37 del 1969 e ordinanza n. 5 del 1974).

Né può considerarsi; in contrasto con il principio di diritto di difesa il comma undicesimo dell'art. 8 legge n. 590 del 1965, il quale demanda l'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal precedente comma, all'Ispettorato agrario provinciale competente per territorio. Tale accertamento é affidato a quell'organo tecnico, particolarmente qualificato, per le particolari caratteristiche delle circostanze sopra precisate e non può ritenersi configurato dalla legge come dotato di particolare forza probatoria vincolante per il giudice ordinario, al quale, quindi, spetta sempre di valutare le risultanze del suddetto accertamento e di compiere tutte le indagini necessarie al fine di stabilire se sussistono i presupposti prescritti per l'esercizio del diritto di riscatto.

4. - La terza questione é stata prospettata solo dal pretore di Saluzzo e riguarda la legittimità costituzionale del comma decimo dell'art. 8 legge n. 590 del 1965, che violerebbe il principio della libertà di iniziativa economica, enunciato dall'art. 41 della Costituzione, dato che considererebbe l'attività economica del comproprietari criterio selettivo per la conservazione della quota in natura.

La questione non é fondata.

La norma impugnata non impone alcuna restrizione alla iniziativa economica del comproprietario, che ha cessato volontariamente di far parte della famiglia colonica ed ha abbandonato la coltivazione del fondo, in quanto esso non incontra limiti nella scelta e nello svolgimento di alcuna attività.

L'art. 41, poi, va considerato nel suo complesso: il principio della libera iniziativa economica é affermato nel primo comma, ma trova limiti nel secondo e particolarmente nel terzo comma, nel quale é previsto l'intervento del legislatore nel determinare i programmi ed i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (sentenze nn. 5,7,54 del 1962; n. 37 del 1969 e n. 9 del 1973). E tra questi fini sociali rientra quello, già sopra precisato, perseguito dalla legge n. 590 del 1965.

5. - La quarta ed ultima questione concerne la legittimità costituzionale del menzionato comma decimo art. 8 legge n. 590 del 1965 che, secondo i pretori di Saluzzo e di Empoli, violerebbe le garanzie del diritto di proprietà (artt. 42 e 43 della Costituzione), dato che creerebbe altri casi di espropriazione al di fuori di quelli previsti dal comma terzo dell'art. 42 della Costituzione; e, comunque, consentirebbe il trasferimento coattivo della proprietà a favore di soggetti diversi da quelli previsti dall'art. 43 della Costituzione ("enti pubblici" o "comunità di lavoratori" o "utenti determinate imprese", "che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale").

Nemmeno questa questione é fondata.

É del tutto arbitrario equiparare all'espropriazione per pubblica utilità la particolare forma di riscatto prevista dalle norme denunciate a favore dei comproprietari, componenti di famiglia coltivatrice che coltivino in comune un fondo, nei confronti del comproprietario che da cinque anni abbia cessato di dedicarsi alla coltivazione del fondo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi decimo e undicesimo, legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), proposte dal pretore di Saluzzo, con ordinanza 4 dicembre 1974, in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42 e 43 della Costituzione, e dal pretore di Empoli, con ordinanza 22 luglio 1975, in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 43 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 2 giugno 1977.