SENTENZA N.
15
ANNO 2021
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo
CORAGGIO;
Giudici: Giuliano
AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca
ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria
SAN GIORGIO,
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale degli artt. 18, secondo comma, e 25, primo comma,
del decreto del Presidente della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n. 8
(Approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi
chiusi nella Provincia di Bolzano), promosso dal Tribunale ordinario di Bolzano
nel procedimento vertente tra F. J. B. e altro e G. L. B., con ordinanza
del 27 settembre 2019, iscritta al n. 70 del registro ordinanze 2020 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie
speciale, dell’anno 2020.
Udita nell’udienza
pubblica del 13 gennaio 2021 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
visti gli atti di
costituzione di G. L. B. e di F. J. B.;
uditi gli avvocati Meinhard Durnwalder per G. L. B.
e Roland Unterhofer per F. J. B.;
deliberato nella camera
di consiglio del 14 gennaio 2021.
1.– Nel corso di un
giudizio per la determinazione, a seguito di successione legittima, del diritto
di assunzione e del prezzo di assunzione di un maso chiuso, il Tribunale
ordinario di Bolzano, con ordinanza del 27 settembre 2019 (r. o. n. 70 del
2020), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3, primo comma,
della Costituzione, dell’art. 18, secondo comma, del decreto del Presidente
della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n. 8 (Approvazione del testo unico
delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi nella Provincia di
Bolzano). Il Tribunale ha, altresì, posto la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 25, primo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, per violazione degli artt. 3 e 42 Cost.
1.1.– In punto di
fatto, il giudice rimettente rileva che l’originario proprietario del maso
chiuso «L.» era deceduto ab intestato il 24 giugno 1967, lasciando la moglie e
tre figli: F. J. B., M. B. e G. L. B. In base al certificato ereditario del 18
gennaio 1971, i figli venivano intavolati quali proprietari del maso per la
quota indivisa di un terzo ciascuno, oltre al diritto di usufrutto uxorio sulla
quota di un terzo a favore della vedova, e il maso veniva gestito in regime di
impresa familiare, con il contributo di tutti i componenti della famiglia. Con
i proventi derivanti da tale conduzione venivano acquistati altri due masi,
anch’essi gestiti dall’impresa familiare, che venivano attribuiti in proprietà
esclusiva, rispettivamente, al figlio minore G. L. B. (cui veniva intestato il
maso «S.») e alla secondogenita M. B.
Il giudice a quo,
investito del ricorso di F. J. B., espone che il ricorrente ha invocato
l’applicazione del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei
masi chiusi, emanato con il citato d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, quale disciplina vigente al
momento dell’apertura della successione, e che il medesimo ricorrente, in
quanto fratello maggiore, ha chiesto di essere designato assuntore, in
applicazione dell’art. 18, secondo comma, del richiamato testo unico, che
preferisce fra i chiamati alla successione ab intestato nello stesso grado il
più anziano.
A tale istanza si è
opposto il fratello minore, G. L. B., il quale, come riportato dal rimettente,
ha sollevato nel giudizio principale eccezione di legittimità costituzionale,
per contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost.,
dell’indicato art. 18, secondo comma, in quanto disposizione che
«irragionevolmente e senza richiedere alcuna valutazione in concreto circa
l’idoneità a condurre il maso, individuerebbe quale assuntore tra i chiamati
alla successione nello stesso grado il più anziano». Diversamente – secondo il
resistente – ove trovasse applicazione l’art. 14, comma 2, della successiva
legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui
masi chiusi), che privilegia chi «dimostra di possedere i migliori requisiti
per la conduzione del maso», il diritto di assunzione sarebbe a lui spettato:
infatti, sin dall’età di diciassette anni aveva sempre lavorato, a tempo pieno
e in via esclusiva, al maso oggetto della controversia, mentre il fratello
maggiore, a partire dal 1994, aveva lavorato per un’azienda pubblica.
Previa declaratoria di
illegittimità costituzionale del citato art. 18, secondo comma, il resistente
ha, pertanto, chiesto di essere dichiarato assuntore del maso «L.» e che fosse
fissato il prezzo di assunzione.
Al fine della
determinazione di tale valore, il giudice ha nominato un consulente tecnico
d’ufficio che, sulla base del criterio stabilito dall’art. 25, primo comma, del
d. Pres. prov. Bolzano n. 8
del 1962, ha individuato il prezzo di assunzione del maso chiuso in euro
30.768,00. Nello specifico, il consulente ha rilevato l’esistenza di
«coefficienti stabiliti dalla Commissione censuaria provinciale» (ai quali fa
riferimento il primo comma della disposizione appena richiamata) solo fino all’anno
1984, non essendo stati tali coefficienti da allora più aggiornati. Ad
integrazione del quesito originariamente proposto, il giudice ha chiesto,
pertanto, al consulente tecnico d’ufficio di determinare anche l’attuale valore
di mercato del maso chiuso (quantificato in euro 2.785.270,00) nonché il valore
di assunzione, sulla base del nuovo criterio di calcolo previsto dall’art. 20,
comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001
(determinato in euro 574.905,00).
2.– In punto di
rilevanza, il Tribunale rimettente espone di dover applicare il diritto
sostanziale vigente al momento dell’apertura della successione, richiamando
quanto affermato dalla sentenza n. 193 del
2017 di questa Corte.
Nella fattispecie in
esame, il de cuius era deceduto ab intestato quando
erano in vigore gli artt. 18, secondo comma, e 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962.
2.1.– Inoltre, secondo
il giudice a quo, la questione relativa all’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962
sarebbe rilevante ai fini del decidere, poiché sia F. J. B. sia G. L. B.
rivestono lo stesso grado di parentela rispetto al de cuius,
quali suoi figli, e la legge provinciale citata impone l’applicazione del
criterio basato sulla preferenza accordata al più anziano. Diversamente, sulla
base dei criteri ricavabili dalla disciplina attualmente in vigore (in
particolare alla luce dell’art. 14, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001), il giudice rimettente considera non implausibile che il diritto di assunzione del maso «L.»
possa essere riconosciuto in capo al figlio minore.
2.2.– Infine, la
questione relativa all’art. 25, primo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962 è ritenuta rilevante in
quanto il prezzo di assunzione varia notevolmente a seconda del criterio
utilizzato: in base all’art. 25, primo comma, andrebbe determinato in euro
30.768,00, vale a dire un valore fortemente divergente rispetto a quello di
mercato, pari ad euro 2.785.270,00; qualora, viceversa, l’assunzione del maso
«L.» fosse regolata dalla disciplina attualmente vigente, il valore di
assunzione ammonterebbe ad euro 574.905,00.
3.– Quanto al merito,
il giudice rimettente ritiene le questioni non manifestamente infondate perché,
con riferimento all’art. 18, secondo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, la preferenza accordata,
tra i chiamati alla successione nello stesso grado, al più anziano,
contrasterebbe con l’art. 3, primo comma, Cost., in
quanto la regola del maggiorascato privilegerebbe in modo automatico, senza
alcuna ragionevole giustificazione, il coerede più anziano, «sulla base del
mero dato anagrafico, senza prevedere alcuna valutazione di merito circa l’idoneità
in concreto dell’assuntore a coltivare ed a condurre il maso». Inoltre, ad
avviso del rimettente, l’art. 25, primo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962 violerebbe l’art. 3,
primo comma, Cost., perché irragionevolmente porrebbe
un criterio di calcolo del prezzo di assunzione che «conduce alla
determinazione di un importo esiguo e comunque del tutto disancorato dal valore
di mercato del bene». Sotto un diverso profilo, l’applicazione della norma
contestata implicherebbe un trattamento irragionevolmente deteriore in capo ai
coeredi non assuntori del maso rispetto a casi analoghi in cui la fattispecie
dell’assunzione di un maso chiuso è regolata dalla disciplina attualmente
vigente. Infine, l’art. 25, primo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, sarebbe lesivo dell’art.
42 Cost., in quanto l’applicazione del criterio ivi
previsto per la determinazione del prezzo di assunzione comporterebbe «una
rilevantissima compromissione delle legittime ragioni ereditarie degli eredi ab
intestato non assuntori di maso chiuso».
4.– Il Presidente della
Provincia autonoma di Bolzano non è intervenuto in giudizio.
5.– Con atto depositato
il 1° luglio 2020 si è costituito il primogenito, F. J. B., ricorrente nel
procedimento principale, che ha eccepito in primis l’inammissibilità per
irrilevanza della questione di legittimità costituzionale del censurato art.
18, secondo comma. L’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale di
tale norma determinerebbe infatti – secondo la difesa di F. J. B. – un vuoto
normativo che non potrebbe essere colmato con i criteri individuati dalla legge
prov. Bolzano n. 17 del 2001, bensì con
l’applicazione, in via estensiva o analogica, dell’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962, secondo cui «[s]e l’erede chiamato ad assumere il maso al momento della
devoluzione dell’eredità è già proprietario di un maso chiuso, il diritto di
preferenza passa agli altri coeredi». Tale previsione si coordinerebbe con il
principio fondamentale secondo il quale un maso chiuso deve garantire un
reddito medio annuo «sufficiente per un adeguato mantenimento di almeno 5
persone, senza superare il triplo di tale reddito» (art. 2 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962). Da ciò si dovrebbe desumere la necessaria esclusione, quali possibili
assuntori del maso «L.», sia del fratello minore sia della sorella, dal momento
che, negli anni successivi all’apertura della successione, erano stati
acquistati con i proventi dell’impresa familiare altri due masi, a loro
intestati.
In subordine, F. J. B.
contesta le argomentazioni del giudice rimettente per cui non assumerebbero
rilievo i criteri di preferenza di cui all’art. 14, comma 1, legge prov. Bolzano n. 17 del 2001. Tale disposizione ha,
infatti, continuato a contemplare, sino al 2010 – quando è stata abrogata con
la legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 gennaio 2010, n. 2 (Norme in
materia di agricoltura, usi civici, utilizzazione delle acque pubbliche,
energia, urbanistica e tutela dell’ambiente) – la lettera g), che attribuiva il
diritto di assunzione al più anziano o alla più anziana d’età, in caso di più
coeredi con pari preferenza, secondo le lettere dalla a) alla f): non essendo
tale norma stata impugnata, essa potrebbe continuare a identificare nel
fratello maggiore il titolare del diritto di assunzione.
In ogni caso, la parte
rileva che, anche qualora il giudice a quo dovesse invece decidere
l’attribuzione del diritto in base al criterio di cui all’art. 14, comma 2,
della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, la
preferenza andrebbe, comunque, accordata al fratello maggiore «sia per il fatto
che questi gestisce già la maggior parte del maso “L.” da oramai otto anni sia
per il fatto che il convenuto [G. L. B.] è già da vent’anni proprietario di un
altro maso chiuso».
Nel merito, la difesa
ha insistito per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, evidenziando che il criterio
del maggiorascato opera solo là dove il de cuius non
abbia disposto diversamente e che, in ogni caso, la disciplina «prevede dei
correttivi per assicurare che l’assuntore del maso sia anche effettivamente in
grado di continuare la coltivazione», in particolare, quelli dell’art. 18/a e
dell’art. 19 del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962.
Inoltre, si adduce che
rientra nella discrezionalità esclusiva del legislatore ritenere non più
moderno il criterio del maggiorascato, mentre questa Corte dovrebbe limitarsi a
verificare se tale criterio violi il principio di uguaglianza di cui all’art. 3
Cost. A tal riguardo si rileva che la norma
costituzionale, mentre fa espressamente riferimento al sesso, non considera
invece l’età, tant’è che in più occasioni sarebbe stata confermata la
legittimità costituzionale di tale criterio preferenziale, purché non si riveli
«arbitrario o irragionevole» (la difesa cita, in proposito, le pronunce n. 268
del 2001 e n. 466 del 1997). Sulla base, dunque, degli argomenti già spesi
dalla sentenza
n. 40 del 1957, viene sostenuta la ragionevolezza della regola del
maggiorascato, essendo «nella normalità dei casi il primogenito il più maturo
dei figli, idoneo a proseguire l’attività aziendale».
6.– Con atto depositato
il 14 luglio 2020 si è costituito in giudizio anche G. L. B., resistente nel
giudizio principale, il quale ha concluso per l’ammissibilità e la fondatezza
di entrambe le questioni, nei termini esposti dal giudice rimettente.
Con specifico
riferimento all’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, si sottolinea che la regola
del maggiorascato, in linea con quanto evidenziato dalla sentenza di questa
Corte n. 193 del 2017, deve essere giudicata secondo una prospettiva
attenta alla evoluzione economico-sociale e a quella normativa del maso chiuso;
di conseguenza, l’automatismo della maggiore età si porrebbe in contrasto con i
principi ispiratori e fondamentali di tale istituto, il che andrebbe a
riverberarsi sull’irragionevolezza, ai sensi dell’art. 3 Cost.,
della norma censurata indicata.
7.– Il 21 dicembre 2020
la difesa di F. J. B. ha depositato una memoria in cui ribadisce alcune delle
argomentazioni già spese a favore dell’infondatezza della questione di
legittimità costituzionale del censurato art. 18, secondo comma. In
particolare, insiste sulla ragionevolezza del criterio preferenziale basato
sull’età e comunque sostiene che l’esame di legittimità debba essere condotto
in un’ottica storica, «riferita al momento dell’apertura della successione
(1967)»; questo perché l’assuntore del maso chiuso è considerato diretto ed
immediato successore del de cuius, perciò è come se
fosse diventato assuntore già nel 1967, quando – a dire di tale difesa – il
criterio del maggiorascato non era superato, né era stato dichiarato
costituzionalmente illegittimo.
8.– Il 23 dicembre 2020
la difesa di G. L. B. ha depositato memoria illustrativa in replica alle
eccezioni di irrilevanza, riferite alla questione di legittimità costituzionale
dell’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, adducendo che tutti gli
argomenti enunciati atterrebbero a questioni di merito, di spettanza del
giudice civile ed estranei rispetto all’ammissibilità del giudizio di
costituzionalità. In sintesi, con specifico riferimento all’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962, si deduce che la norma riguarda chi sia proprietario al momento della
devoluzione e che, in ogni caso, essa contempla un impedimento superabile, ove
solo il titolare del diritto di assunzione, che sia già proprietario di altro
maso, sia disponibile a cederlo al prezzo di cui all’art. 25, primo comma, del
d. Pres. prov. Bolzano n. 8
del 1962, per preservare il diritto che gli spetta iure successionis.
Una simile disponibilità sarebbe stata sempre manifestata dal resistente con
riguardo al maso «S.», onde poter conseguire la proprietà del maso «L.».
Quanto al riferimento
all’art. 14, comma 1, lettera g), della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001, parimenti invocato per escludere la rilevanza della
questione di legittimità dell’art. 18, secondo comma del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, la difesa di G. L. B.
precisa che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale di
quest’ultima disposizione potrebbe estendersi, in via conseguenziale, ai sensi
dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), anche all’art. 14, comma 1, lettera
g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, rimasto
in vigore sino alla sua abrogazione da parte della legge prov.
Bolzano n. 2 del 2010.
1.– Il Tribunale
ordinario di Bolzano dubita della legittimità costituzionale, in riferimento
all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dell’art. 18, secondo comma, del
decreto del Presidente della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962, n. 8
(Approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi
chiusi nella Provincia di Bolzano), nella parte in cui prevede che, tra i
chiamati alla successione nello stesso grado, la preferenza per l’assunzione di
un maso chiuso spetti al più anziano. Il Tribunale sospetta, inoltre,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962, sia per contrasto con l’art. 3 Cost., perché
porrebbe un criterio di calcolo del prezzo di assunzione che «irragionevolmente
conduce alla determinazione di un importo esiguo e del tutto disancorato dal
valore di mercato del bene», configurando, altresì, una irragionevole disparità
di trattamento rispetto a situazioni analoghe regolate dalla successiva legge
della Provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 (Legge sui masi
chiusi), sostituiva del Testo unico censurato; sia per contrasto con l’art. 42 Cost., in quanto «il criterio comporterebbe un
rilevantissimo sacrificio delle legittime ragioni degli eredi ab intestato non
assuntori del maso».
1.2.– Si sono
costituiti in giudizio il primogenito F. J. B., ricorrente nel procedimento principale,
e il fratello minore, G. L. B., resistente nello stesso giudizio. Il Presidente
della Provincia autonoma di Bolzano non è intervenuto.
Il fratello minore
insiste per la dichiarazione di fondatezza di ambo le questioni. Il
primogenito, viceversa, solleva due eccezioni di inammissibilità per
irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo
comma, del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962 e, in subordine, insiste per l’infondatezza della
questione sollevata in relazione alla medesima disposizione.
2.– Sotto il profilo
della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale, in ragione della
disciplina operante ratione temporis,
il Tribunale rimettente espone di dover applicare il d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, in quanto diritto
sostanziale vigente al momento dell’apertura della successione.
2.1.– Il riferimento a
tale momento per individuare, ai sensi degli artt. 10 e 11 delle Preleggi, la
disciplina chiamata a regolare l’assunzione, a seguito di successione legittima,
viene suffragato dalla sentenza n. 193 del
2017 di questa Corte e trova, altresì, conforto negli artt. 21 e 23, comma
2, lettera j), del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile,
al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e
all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione
di un certificato successorio europeo: tali disposizioni individuano il locus
della legge applicabile alle divisioni ereditarie in quello dell’apertura della
successione, sicché, indirettamente, forniscono una possibile indicazione anche
relativamente al tempus.
Del resto, la stessa
giurisprudenza di legittimità e la dottrina prevalente hanno sinora condiviso
che, per individuare la legge applicabile ratione temporis alla divisione ereditaria, e di riflesso
all’assunzione, occorra fare riferimento a quella vigente al momento
dell’apertura della successione (ex multis,
Corte di cassazione, sezione terza civile, sentenza 25 marzo 2016, n. 5950;
sezione seconda civile, sentenza 31 maggio 2012, n. 8746; sezione seconda
civile, sentenza 23 settembre 2011, n. 19498; sezione seconda civile, sentenza
15 febbraio 2010, n. 3469).
Vero è che un recente
orientamento nomofilattico (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 7
ottobre 2019, n. 25021) ha decretato la natura costitutiva, e non più
dichiarativa, della divisione ereditaria; tuttavia, gli eventuali riverberi di
tale mutamento sulla identificazione della legge applicabile ratione temporis alla divisione,
e di riflesso all’assunzione, sono meramente ipotetici e tali da non inficiare,
nel presente, il giudizio sulla rilevanza che, in ragione delle plurime
argomentazioni richiamate, supera certamente il vaglio di non implausibilità richiesto per accedere al processo
costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 267,
n. 224 e n. 32 del 2020,
n. 85 del 2017
e n. 228 del
2016).
3.– Le questioni
sollevate vanno esaminate affrontando, per prima, quella relativa all’art. 18,
secondo comma, del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962, in riferimento alla quale il ricorrente nel giudizio
principale ha posto due eccezioni di inammissibilità per irrilevanza.
In primo luogo, si
osserva che il vuoto normativo, conseguente ad un’eventuale pronuncia di
fondatezza della questione, dovrebbe essere colmato con l’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962; in secondo luogo, si obietta che, anche applicando l’art. 14 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, il diritto di assunzione
spetterebbe in ogni caso al fratello maggiore.
3.1.– L’art. 19 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962
prevede che «[s]e l’erede chiamato ad assumere il maso al momento della
devoluzione dell’eredità è già proprietario di un maso chiuso, il diritto di
preferenza passa agli altri coeredi, ed il maso viene assegnato a quello degli
eredi che lo segue nel rango previsto dal presente testo unico, a meno che il
primo chiamato non preferisca cedergli il proprio maso al prezzo da stabilirsi
in conformità all’art. 25».
A parere del ricorrente
nel giudizio a quo, sarebbe possibile un’interpretazione estensiva o per lo
meno analogica dell’art. 19 nonché del principio fondamentale secondo il quale
un maso chiuso deve garantire un reddito medio annuo «sufficiente per un
adeguato mantenimento di almeno 5 persone, senza superare il triplo di tale
reddito» (art. 2 del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962); da ciò si inferisce che il fratello già proprietario di
un altro maso non potrebbe essere assuntore del maso «L.».
L’eccezione non è
fondata.
Fermo restando – come
già sopra ribadito – che il vaglio sulla rilevanza della questione di
legittimità costituzionale deve limitarsi ad un controllo esterno sulla
motivazione offerta dal giudice a quo, in ogni caso, deve sottolinearsi che
l’art. 19 del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962 considera, come momento nel quale verificare se l’erede
chiamato all’assunzione sia già proprietario di un altro maso, quello della
«devoluzione dell’eredità», momento in cui il figlio minore non vantava la
proprietà su alcun maso, sicché l’indicato art. 19 appare una norma
inconferente.
D’altro canto, neppure
una sua interpretazione analogica renderebbe priva di rilevanza la questione di
legittimità dell’art. 18, secondo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962. Quest’ultima
disposizione, nell’individuare il titolare del diritto all’assunzione,
costituisce un antecedente logico dell’art. 19 del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962, che non può operare se
prima non si definisce a chi spetti il diritto: dunque, non può inficiare la
rilevanza della questione di legittimità costituzionale della norma, che è il
suo presupposto.
Da ultimo – come rileva
la difesa del resistente nel giudizio di merito – non può tacersi che l’art. 19
del d. Pres. prov. Bolzano
n. 8 del 1962 non configura un impedimento insuperabile al mantenimento del
diritto di assunzione, in quanto consente al suo titolare di preservarlo,
offrendo di cedere il maso, di cui era proprietario al momento della
devoluzione, al prezzo di cui all’art. 25 del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962. E, a tal riguardo, sia
l’ordinanza di rimessione sia l’atto di costituzione di G. L. B. riferiscono la
disponibilità, più volte manifestata da quest’ultimo, a trasferire la proprietà
del maso «S.» in favore del fratello F. J. B., ove quest’ultimo si rendesse
disponibile a riconoscergli il diritto di assunzione del maso «L.».
3.2.– Con la seconda
eccezione di inammissibilità per irrilevanza, il ricorrente nel giudizio a quo
ritiene che, anche applicando la successiva legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001 sui masi chiusi, e in particolare l’art. 14, il giudice
dovrebbe, comunque, riconoscere il diritto di assunzione in capo al
primogenito.
Infatti, il fratello
minore non potrebbe avvantaggiarsi della disciplina di cui all’indicato art.
14, comma 2, potendo invece operare il comma 1 e, nello specifico, la lettera
g), che, sino al 2010, ha continuato a riferirsi alla regola del maggiorascato.
In ogni caso – conclude
la difesa – anche ipotizzando di applicare il comma 2 dell’art 14, il fratello
maggiore dovrebbe essere considerato il più idoneo.
Anche questa eccezione
non è fondata.
Il requisito necessario
per l’ammissibilità dello scrutinio di legittimità costituzionale di una legge
è da ravvisarsi nella circostanza che la norma, di cui si dubita, si ponga come
necessaria ai fini della definizione del giudizio, mentre deve ritenersi
«totalmente ininfluente sull’ammissibilità della questione di legittimità
costituzionale il “senso” degli ipotetici effetti che potrebbero derivare per
le parti in causa da una pronuncia sulla costituzionalità della legge» (sentenza n. 98 del
1997; e, analogamente: sentenza n. 241 del
2008 e ordinanza
n. 53 del 2010). Compete, dunque, al Tribunale rimettente valutare le
conseguenze applicative che potrebbero discendere da una eventuale pronuncia di
accoglimento.
La circostanza poi che
anche la successiva legge prov. Bolzano n. 17 del
2001 abbia confermato la regola del maggiorascato, abrogata solo nel 2010 con
la legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 gennaio 2010, n. 2 (Norme in
materia di agricoltura, usi civici, utilizzazione delle acque pubbliche,
energia, urbanistica e tutela dell’ambiente), non depone nel senso della
irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, secondo
comma, del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962, ma al più evidenzia un problema di eventuale
declaratoria in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), dell’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1,
lettera g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001.
Per il resto, a questa
Corte compete un controllo meramente esterno, di non implausibilità,
sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale; controllo
positivamente superato rispetto all’individuazione di G. L. B. come possibile
assuntore, in base al criterio di maggiore idoneità alla gestione del maso,
ritenuto applicabile dal giudice a quo in considerazione dei caratteri di tale
istituto.
4.– Si può quindi
procedere all’esame di merito della prima delle questioni sollevate. Occorre,
in particolare, verificare se l’art 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962
sia in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost.,
perché, in via di automatismo e senza alcuna razionale giustificazione, accorda
preferenza al coerede più anziano.
4.1.– La questione è
fondata.
Questa Corte ben
rammenta che, con sentenza
n. 40 del 1957, in relazione a questioni sostanzialmente analoghe, aventi
ad oggetto gli allora vigenti artt. 16 e 18 della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 29 marzo 1954, n. 1 (Ordinamento dei masi chiusi nella
Provincia di Bolzano), aveva giustificato la preferenza per il primogenito
maschio «sulla base di una presunzione tratta da un fatto normale se non
costante»: che il coerede più anziano, avendo vissuto più a lungo accanto al de
cuius, titolare dell’azienda, «può di questa
conoscere meglio di altri il più efficace sistema di conduzione e può avere un
maggiore attaccamento al fondo avito».
Sennonché tale
orientamento, alquanto risalente, non può essere confermato ed è stato, invero,
già superato dalla sentenza n. 193 del
2017, relativamente alla prevalenza della linea maschile su quella
femminile.
La tutela accordata
all’istituto del maso chiuso non giustifica, infatti, qualsiasi deroga ai
principi dell’ordinamento, ma soltanto quelle che siano funzionali alla
conservazione dell’istituto, nelle sue essenziali finalità e specificità, e che
non comportino la lesione di principi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale (sentenze
n. 193 del 2017, n. 173 del 2010,
n. 340 del 1996,
n. 40 e n. 5 del 1957).
4.2.– Nella prima
prospettiva, se è vero che la regola del maggiorascato, in base alla normativa
del 1962, detta una disciplina di chiusura, finalizzata a garantire
l’individuazione dell’unico assuntore del maso chiuso, a seguito di successione
legittima, d’altro canto, essa non configura una previsione intangibile, che
possa essere modificata soltanto mediante un intervento del legislatore.
L’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale di tale regola
determinerebbe, infatti, una lacuna suscettibile di essere agevolmente colmata,
attraverso la trama del sistema positivo, con un diverso criterio di
assunzione, coerente sia con i profili attualmente distintivi dell’istituto del
maso sia con i principi costituzionali.
Si tratta – secondo lo
stesso giudice rimettente – di quanto dispone l’art. 14, comma 2, della vigente
legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, secondo il quale
«[n]el caso in cui vi siano più coeredi aventi gli
stessi diritti di preferenza […] quale assuntore o assuntrice viene scelta,
sentiti i e le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, la persona
che dimostra di possedere i migliori requisiti per la conduzione personale del
maso chiuso».
Tale norma, che opera
come criterio di chiusura dell’attuale disciplina sul maso chiuso, a presidio
dell’indivisibilità, mostra il respiro di una previsione generale e flessibile,
fedele ai moderni tratti distintivi dell’istituto, conforme ai principi
costituzionali fondamentali e in sintonia con le stesse regole dell’ordinamento
civile.
4.3.– Sulla base di
questa premessa si può, dunque, procedere a verificare se l’art. 18, secondo
comma, del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962 superi il vaglio di conformità al principio di cui al primo
comma dell’art. 3 Cost.
Obietta, in proposito,
il ricorrente nel giudizio a quo che la richiamata previsione costituzionale
non fa menzione del parametro dell’età. Sennonché è un dato acquisito
nell’interpretazione della norma costituzionale che l’elenco di cui all’art. 3,
primo comma, Cost. non debba ritenersi tassativo,
esprimendo piuttosto il generale divieto di arbitrarie discriminazioni; se ne
trae ulteriore conferma dal coordinamento ermeneutico con l’art. 21 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7
dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che espressamente
vieta, al paragrafo n. 1, qualsiasi forma di discriminazione fondata, tra
l’altro, sull’età.
Di conseguenza,
l’automatica differenziazione sulla base del criterio dell’età in tanto può
risultare ragionevole, e per questo non discriminatoria, in quanto evidenzi una
giustificazione e risulti, nello specifico, coerente con le finalità proprie
dell’istituto regolato, quale viene plasmato dall’evoluzione economico-sociale.
In tale prospettiva, e
con specifico riferimento all’istituto del maso chiuso, l’indicata sentenza n. 193 del
2017 spiega, in maniera nitida, che l’evoluzione economico-sociale può
condurre «ad una diversa valutazione di compatibilità [delle sue regole] con i
parametri costituzionali. Proprio la persistenza dell’istituto ne comporta una
evoluzione, nel cui ambito alcuni rami possono divenire […] incompatibili con
l’ordinamento nazionale».
Né certo convince il
diverso avviso – suggerito dalla memoria di F. J. B. – secondo cui il giudizio
di legittimità costituzionale dovrebbe svolgersi in un’ottica storica riferita
al momento dell’apertura della successione. Da un lato, infatti, i meccanismi
costitutivi dell’assunzione e della divisione si realizzano nel presente ed è
solo una fictio iuris la
retroattività dettata dall’art. 757 cod. civ.; da un altro lato, e soprattutto,
è nel presente che si svolge il suddetto giudizio che non può tollerare una
differenziazione, ove questa nell’attualità dovesse palesarsi come
discriminatoria.
4.4.‒ Ciò
premesso, l’evoluzione economico-sociale dell’istituto del maso chiuso consente
di ritenere superata la presunzione di coerenza, costruita dalla sentenza n. 40 del
1957 sulla base dell’id quod plerumque
accidit, tra la regola del maggiorascato e le
finalità che, nella contemporaneità, connotano l’istituto del maso.
L’idea, espressa da
quella pronuncia, che sia un «fatto normale se non costante [che] colui che,
essendo più a lungo vissuto accanto al titolare dell’azienda agricola, [possa]
di questa conoscere meglio di altri il più efficace sistema di conduzione e
[possa] avere un maggiore attaccamento al fondo avito», seppure sostenibile in
un’epoca caratterizzata dal normale perpetuarsi del mestiere fra i componenti
della famiglia, e in specie dagli ascendenti ai discendenti, non può certamente
essere riproposta nell’attuale contesto economico-sociale.
Non è, dunque,
dirimente l’età dei coeredi rispetto agli obiettivi del maso, mentre quel che
conta è il tempo effettivo che un soggetto abbia ivi trascorso e quanto si sia
dedicato alle attività dell’azienda e alla specializzazione nella sua
conduzione. Peraltro, la stessa fattispecie oggetto del giudizio a quo, come
ricavabile dalla lettura dell’ordinanza di rimessione, smentisce la
ragionevolezza della presunzione, là dove il primogenito aveva per lo più lavorato
altrove, mentre il minore si era dedicato in via esclusiva alla coltivazione e
alla gestione del maso chiuso, apparendo perciò al giudice rimettente il più
idoneo ad acquisire il diritto all’assunzione.
D’altro canto,
l’avvento delle tecnologie nei metodi di produzione agricola e il diffondersi
dell’esercizio contestuale di attività connesse a quella agricola rendono
essenziale la preparazione tecnico-specialistica nella gestione, mentre fanno
apparire superata la trasmissione – peraltro meramente ipotetica – di
competenze da una generazione all’altra.
Se è vero, dunque, che
sono le regole di esperienza generalizzate (riassunte nella formula dell’id quod plerumque accidit: ex multis, sentenze n. 185
e n. 48 del 2015)
a supportare il vaglio di ragionevolezza di una presunzione, l’irragionevolezza
della regola del maggiorascato è comprovata dal carattere “agevole” con cui è
dato formulare la “normalità” di accadimenti reali contrari alla
generalizzazione posta alla base di tale presunzione.
4.5.‒ Non è un
caso, del resto. che, nell’adeguarsi all’evoluzione economico-sociale, lo sviluppo
normativo dell’istituto del maso chiuso abbia tradotto le finalità che esso
persegue, nella sua moderna configurazione, in criteri preferenziali di
attribuzione del diritto di assunzione incentrati sull’effettivo attaccamento
al maso e sulla competenza professionale nella gestione aziendale. L’art. 14
della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, oltre a
considerare nel comma 1, quali criteri preferenziali, l’essere cresciuto nel
maso, l’aver partecipato abitualmente alla sua conduzione e alla sua coltivazione
e l’essere in possesso di un diploma ad indirizzo agrario o di economia
domestica, ha soprattutto contemplato, nel comma 2, quale clausola di chiusura
della nuova disciplina, l’accertamento che il diritto venga attribuito alla
«persona che dimostr[i] di possedere i migliori
requisiti per la conduzione personale del maso chiuso».
In questa prospettiva,
è quanto mai emblematico constatare che l’evoluzione della disciplina sul maso
chiuso abbia condotto nel 2010 all’abrogazione proprio della regola del
maggiorascato, che era rimasta nel 2001, quale mero criterio preferenziale
residuale, antecedente alla sola clausola di chiusura.
4.6.– L’evoluzione
economico-sociale nonché quella normativa dell’istituto del maso chiuso, appena
descritte, palesano, dunque, l’irragionevolezza della presunzione di idoneità
sottesa all’art. 18, secondo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, e tale essa rimane, ove pure
si proietti la disposizione in un più complesso quadro normativo, comprensivo
dell’art. 18/a dello stesso decreto, secondo il quale «sono normalmente escluse
dal diritto all’assunzione del maso per successione legittima le persone [….
che] non siano idonee o qualificate a condurre personalmente il maso o non
abbiano risieduto abitualmente sullo stesso».
Simile previsione, se
in parte tempera la rigidità degli effetti del censurato art. 18, secondo
comma, certo non ha il potere di conferire ragionevolezza al criterio legale di
attribuzione del diritto sulla base dell’età.
La possibilità,
infatti, di escludere chi sia inidoneo alla conduzione del maso o non vi abbia
abitualmente risieduto non consente in alcun modo di giustificare il
privilegio, irragionevolmente associato al fattore dell’età, nell’attribuzione
del diritto di assunzione: simile correttivo non apporta alcun rimedio al
rischio che il maso venga assegnato al soggetto con un minor attaccamento al
fondo e meno idoneo a gestirlo e a garantire il mantenimento dell’unità
economica agricola. Altro è giudicare la fattispecie attributiva di un diritto,
nella quale il criterio dell’età opera come automatismo, altro è considerare le
fattispecie a posteriori correttive, che non si applicano (e dunque non
correggono) se non si verificano le ipotesi limite in esse contemplate. Fuori
da tali previsioni estreme, l’automatismo irrimediabilmente si produce, insieme
con il conseguente rischio di assegnare il fondo al soggetto meno idoneo a
gestirlo rispetto agli altri coeredi.
Tale vizio non
pregiudica soltanto l’interesse della persona discriminata, ma lo stesso
istituto del maso e, dunque, la tutela oggettiva della res frugifera, di cui
tradisce le finalità: l’efficienza dell’azienda, che è garanzia della stessa
indivisibilità, e la connessione con la compagine familiare che, nei passaggi
in via successoria, non può tollerare discriminazioni da tempo superate
nell’ambito dell’istituto giusfamiliare. Sovviene, a
riguardo, il rilievo della sentenza n. 193 del
2017, secondo la quale la correlazione fra la regola del maggiorascato e
«[l]’esigenza obiettiva di mantenere indiviso il fondo [non è che il frutto di]
una ormai superata concezione patriarcale della famiglia come entità bisognosa
della formale investitura di un capo del gruppo parentale (in tal senso, sentenza n. 505 del
1988). La desuetudine della visione patriarcale della famiglia e del
principio del maggiorascato […] hanno [viceversa] profondamente mutato sia il
contesto sociale che quello giuridico di riferimento».
4.7.‒ Per le
ragioni sopra esposte l’art. 18, secondo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962 si pone in irrimediabile
contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost.
A presidio della
indivisibilità dell’istituto in questione, la regola della preferenza per il
maggiore d’età viene ad essere sostituita con quella secondo cui, fra più
coeredi dello stesso grado, «quale assuntore o assuntrice viene scelta, sentiti
i e le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, la persona che
dimostra di possedere i migliori requisiti per la conduzione personale del maso
chiuso» (art. 14, comma 2, legge prov. Bolzano n. 17
del 2001).
Tale criterio, infatti,
nel contesto attuale, appare perfettamente idoneo a chiudere la disciplina con
una previsione flessibile e di respiro generale, che si inserisce nel tessuto
normativo coerentemente con i principi costituzionali, con le peculiarità
dell’istituto del maso chiuso e con i principi generali dell’ordinamento
giuridico in materia di successione legittima e di divisione ereditaria (si
vedano, in proposito, le sentenze: Corte di cassazione, sezione seconda civile,
sentenza 3 settembre 2019, n. 22038; sezione seconda civile, sentenza 22 agosto
2018, n. 20961; sezione seconda civile, sentenza 5 novembre 2015, n. 22663).
4.8.‒ L’acclarata
irragionevolezza della regola del maggiorascato, quale criterio per la
determinazione in via di automatismo del diritto di assunzione, comporta, ai
sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale
in via conseguenziale dell’art. 14, comma 1, lettera g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, operante sino all’entrata in
vigore della legge prov. Bolzano n. 2 del 2010, in
quanto disposizione di contenuto identico rispetto a quello della norma
censurata (sentenze
n. 229 del 2019 e n. 149 del 2018).
La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera
g), della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001 non
necessita di alcuna sostituzione, in quanto il contenuto del precetto
sostitutivo è già presente nel comma 2 del medesimo art. 14 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001.
5.‒ Passando alla
seconda questione di legittimità costituzionale, occorre verificare se l’art.
25, primo comma, del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962, che regola i criteri di determinazione del prezzo di
assunzione, violi gli artt. 3 e 42 Cost.
In particolare, si deve
accertare se la norma censurata contrasti con l’art. 3 Cost.,
perché irragionevolmente pone un criterio di calcolo del prezzo di assunzione
che conduce alla determinazione di un importo esiguo e comunque del tutto
disancorato dal valore di mercato del bene; se ‒ sotto un diverso profilo
‒ l’applicazione dell’indicato art. 25, primo comma, determini un
trattamento irragionevolmente deteriore in capo ai coeredi non assuntori del
maso rispetto a casi analoghi in cui la fattispecie dell’assunzione di un maso
chiuso è regolata dalla disciplina attualmente vigente; e, infine, se il
medesimo art. 25, primo comma, sia altresì lesivo dell’art. 42 Cost., perché come sostenuto dal rimettente, l’applicazione
del criterio ivi previsto per la determinazione del prezzo di assunzione
«comporta una rilevantissima compromissione delle ragioni ereditarie degli
eredi ab intestato non assuntori del maso».
6.– La questione è
inammissibile per incompleta ricostruzione del quadro normativo che si
riverbera sia sul profilo della rilevanza, sia su quello della non manifesta
infondatezza.
6.1.– Innanzitutto,
l’ordinanza di rimessione non opera alcun cenno all’art. 50, comma 01, della
legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, rubricato «Norme
transitorie», introdotto con la legge della Provincia autonoma di Bolzano 19
aprile 2018, n. 5 (Modifiche della legge provinciale sui masi chiusi e della
legge urbanistica provinciale), di oltre un anno antecedente rispetto
all’ordinanza di rimessione. In tale disposizione si legge che «[i] criteri per
la determinazione del valore di assunzione di cui all’articolo 20, comma 2,
trovano applicazione dalla data di entrata in vigore del regolamento in tutti i
casi non ancora definiti con decisione giudiziale passata in giudicato».
La norma transitoria
riflette un’esigenza propria della determinazione del valore di assunzione, che
la accomuna ad analoga istanza sottesa alla disciplina codicistica
relativa alla stima di quanto rimane nella massa ereditaria dopo i prelevamenti
(art. 726 cod. civ.) nonché alla stima dello squilibrio rilevante ai fini della
rescissione della divisione (art. 766 cod. civ.): la necessità del carattere
attuale della stima, in sede sia di assunzione sia di divisione, a fronte di
comunioni ereditarie che spesso si protraggono per decenni, dopo l’apertura
della successione, come, per l’appunto, si è verificato nella vicenda oggetto
del giudizio a quo.
In tale prospettiva, la
norma transitoria – nel contemplare l’applicazione retroattiva dell’art. 20,
comma 2, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, il
quale parametra il valore di assunzione al reddito medio netto annuo, riferito
non solo all’attività agricola, ma anche alle attività connesse di cui al terzo
comma dell’art. 2135 cod. civ. – ha inteso garantire la congruità del valore di
assunzione, assicurando l’attualità degli stessi parametri di determinazione
del valore e la rivalutazione di quest’ultimo. Il prezzo di assunzione,
infatti, per un verso, non deve eguagliare il valore di mercato, bensì deve
essere coerente con la funzione dell’istituto del maso, il cui assuntore è
destinato a mantenersi con il solo reddito prodotto dall’azienda. Ma, per un
altro verso, deve essere stimato in maniera attuale e corrispondente al reddito
che nel presente può produrre il maso, se vuole rimanere fedele alla sua stessa
funzione, che al contempo giustifica la compressione dell’interesse dei coeredi
non assuntori.
Or dunque, se quella
richiamata è la ratio della norma transitoria, non supera il vaglio di non implausibilità la valutazione del giudice rimettente, che
ha omesso di evocare tale disposizione e, comunque, non ha considerato la
possibile applicazione dell’art. 20, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001. Né si comprende perché non abbia argomentato in merito
a eventuali ragioni ostative alla disciplina transitoria, quale per ipotesi la
mancata emanazione del regolamento, cui fa riferimento in maniera generica
l’art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17
del 2001, implicitamente richiamando il regolamento di esecuzione menzionato
nell’ultima parte dell’art. 20, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001 (e altresì citato dall’art. 49, che immagina un unitario
regolamento di esecuzione comprensivo tanto dei criteri per la stima del valore
di assunzione ai sensi dell’art. 20, comma 2, quanto dei titoli di studio e dei
diplomi menzionati dagli artt. 2, comma 3, lettera a, e 14, comma 1, lettera c,
della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001).
In particolare, ove si
consideri che l’art. 20, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001 trova regolare applicazione, pur in mancanza
dell’emanazione del regolamento di esecuzione, cui si riferiscono tanto l’art.
20, comma 2, quanto, per relationem, l’art. 50, comma
01, resta incomprensibile l’assoluto silenzio dell’ordinanza di rimessione. E
questo tanto più stride, ove si consideri che lo stesso giudice rimettente ha
chiesto al consulente tecnico d’ufficio di applicare al caso concreto proprio i
criteri di cui all’art. 20, comma 2, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001, ma solo al fine di comparare il relativo valore con
quello che deriva dall’applicazione dei criteri dettati nel 1962.
È, invero, di tutta
evidenza che l’art. 50, comma 01, della legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001 si sarebbe potuto prestare in primis ad una
interpretazione di tipo logico, speculare rispetto a quella invalsa per l’art.
20, comma 2: se la mancata emanazione del regolamento previsto da tale norma
non è ostativa all’applicazione dell’art. 20, comma 2, essa avrebbe potuto ritenersi
non ostativa anche all’applicazione retroattiva della medesima norma, ai sensi
della disposizione transitoria.
Del resto, anche a
ritenere l’emanazione del regolamento un elemento impeditivo proprio della
retroattività, che deroga agli artt. 10 e 11 delle Preleggi, il suo superamento
avrebbe potuto connotarsi quale interpretazione costituzionalmente orientata,
se è vero che la norma transitoria serve a garantire la coerenza della
disciplina sulla determinazione del prezzo di assunzione con la funzione del
maso e, nel rispetto di tale funzione, la sua conformità ai principi
costituzionali.
Quanto sopra
evidenziato palesa le plurime ragioni per ritenere non giustificato il silenzio
dell’ordinanza di rimessione in merito all’art. 50, comma 01, della legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, che doveva essere, viceversa,
richiamato ed indagato per acclarare l’effettiva rilevanza della questione di
legittimità costituzionale relativa all’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del
1962.
6.2.‒ La ricostruzione
del quadro normativo offerta dal giudice a quo presenta un’ulteriore lacuna che
incide sulla valutazione dello scrutinio di non manifesta infondatezza.
Il rimettente, infatti,
non ha considerato il secondo comma del censurato art. 25, secondo il quale
l’assuntore o uno qualsiasi dei coeredi possono rifiutare la valutazione
automatica effettuata sulla base della norma oggetto del presente giudizio (il
primo comma dell’art. 25), presentando domanda al pretore (oggi al giudice
monocratico), competente per il certificato ereditario, affinché determini il
reddito presunto, dal quale – con l’applicazione del tasso legale – ricavare il
valore del bene.
Con tale istanza si
apre una procedura non contenziosa, che può cessare in ogni momento se le parti
raggiungono un accordo tra loro (art. 25, settimo comma; art. 25, primo comma,
e art. 33 del d. Pres. prov.
Bolzano n. 8 del 1962) e che si svolge altrimenti in sede di volontaria
giurisdizione, con conseguente sospensione della causa per la determinazione
del prezzo di assunzione (art. 25/a del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962).
Tale procedura conduce
ad una valutazione del valore del maso riferita al reddito presunto e, dunque,
incentrata su un criterio non dissimile dall’attuale disciplina che si rivolge al
“reddito medio netto annuo presunto”.
La normativa del 1962
conosce, allora, un’alternativa che consente di sfuggire ai rigidi criteri
dettati dal primo comma dell’art. 25. Pertanto, pur se dall’ordinanza di
rimessione non si evince che tale opzione sia stata attivata dalle parti in
causa, ad ogni modo si tratta di un’azione a disposizione dei coeredi, che
avrebbe dovuto essere scrutinata per una completa ricostruzione del quadro
normativo, al fine di motivare la non manifesta infondatezza della dedotta questione
sulla legittimità costituzionale della regola dettata per la determinazione del
prezzo di assunzione.
In definitiva, il
giudice rimettente, non tenendo conto del secondo comma dell’art. 25 del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962
e, soprattutto, non facendo alcun richiamo alla disciplina transitoria dettata
dall’art. 50, comma 01, della nuova legge prov.
Bolzano n. 17 del 2001, come novellato nel 2018, non ha ricostruito in maniera
completa il quadro normativo di riferimento, con ciò pregiudicando in radice
l’iter logico che lo ha condotto a ritenere la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 25, primo comma, del d. Pres.
prov. Bolzano n. 8 del 1962 non manifestamente
infondata e rilevante.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, secondo
comma, del decreto del Presidente della Provincia di Bolzano 7 febbraio 1962,
n. 8 (Approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei
masi chiusi nella Provincia di Bolzano) nella parte in cui afferma che «tra i
chiamati alla successione nello stesso grado è preferito il più anziano»,
anziché prevedere che «tra i chiamati alla successione nello stesso grado viene
scelta, sentiti i e le coeredi e la commissione locale per i masi chiusi, la
persona che dimostra di possedere i migliori requisiti per la conduzione
personale del maso chiuso»;
2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale) l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera
g), della legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17
(Legge sui masi chiusi);
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 25, primo comma, del d. Pres. prov. Bolzano n. 8 del 1962, sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 42 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Bolzano, con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio
2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO,
Presidente
Emanuela NAVARRETTA,
Redattore
Roberto MILANA,
Direttore della Cancelleria
Depositata in
Cancelleria il 9 febbraio 2021.