Ordinanza n. 287 del 2009

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ORDINANZA N. 287

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco     AMIRANTE               Presidente

- Ugo               DE SIERVO                 Giudice

- Paolo            MADDALENA                      “

- Alfio              FINOCCHIARO                    “

- Alfonso         QUARANTA                         “

- Luigi              MAZZELLA                           “

- Gaetano        SILVESTRI                            “

- Sabino           CASSESE                              “

- Maria Rita     SAULLE                                 “

- Giuseppe       TESAURO                             “

- Paolo Maria  NAPOLITANO                      “

- Giuseppe       FRIGO                                   “

- Alessandro    CRISCUOLO                         “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 206, 208 e 222 del codice penale promosso dal Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia nel procedimento relativo a M. D., con ordinanza del 18 marzo 2008, iscritta al n. 414 del registro ordinanze 2008 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 2008.

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

    Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, con ordinanza depositata il 18 marzo 2008, nel corso del procedimento di cui all'articolo 679 del codice di procedura penale nei confronti di M. D., internato nel locale ospedale psichiatrico, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 222, 206 e 208 del codice penale, in riferimento agli artt. 3, 13 e 32 della Costituzione;

    che il rimettente premette, in fatto, di essere stato investito del procedimento dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia per l'applicazione definitiva – previo accertamento dell'attuale pericolosità sociale del soggetto – della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario;

    che detta misura è stata disposta dal Tribunale di Treviso nei confronti di M. D. per la durata di anni tre, con la sentenza di assoluzione emessa il 14 aprile 2007, divenuta irrevocabile il 10 novembre 2007, trattandosi di persona non imputabile per incapacità di intendere e di volere, in riferimento ai delitti di tentato omicidio nei confronti di un medico, violazione della legge sulle armi e fabbricazione di due bottiglie incendiarie, fatti avvenuti presso il servizio psichiatrico ove il soggetto era stato condotto per la valutazione delle condizioni mentali, in quanto presentava una «psicosi paranoica cronicamente attiva»;

    che il giudice a quo, nel rilevare come durante il processo penale e l'esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere, sia stata disposta provvisoriamente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Treviso, con ordinanza del 3 ottobre 2003, la misura di sicurezza indicata, osserva che, dall'epoca successiva all'internamento (avvenuto il 6 ottobre 2003) e fino alla pronuncia della sentenza, non risultano emessi altri provvedimenti relativi alla fase cautelare;

    che, aggiunge il rimettente, dopo l'acquisizione della relazione aggiornata sul programma terapeutico e riabilitativo concordato con il servizio psichiatrico competente, egli si trova sia a dover accertare, in concreto, la pericolosità sociale dell'internato, ai fini dell'applicazione definitiva della misura di sicurezza, sia a doverne determinare la durata e fissare la scadenza, in sede di riesame della pericolosità, ai sensi dell'art. 208 cod. pen., secondo il disposto degli artt. 206 («il tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza è computato nella durata minima di essa») e 222 cod. pen. (disposizione che fissa la durata minima del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario);

    che il Magistrato di sorveglianza sottolinea la rilevanza della questione in relazione alla fattispecie in esame, risultando indispensabile l'applicazione delle norme censurate, perché la durata della misura provvisoriamente applicata è superiore alla durata della misura di sicurezza disposta con la sentenza di assoluzione;

    che, inoltre, avendo la sentenza previsto la durata minima della misura in tre anni, egli dovrebbe stabilire la durata della misura di sicurezza in un periodo congruo, al fine di consentire l'avvio e «la sperimentazione del progetto comunitario», mentre nel caso di specie, l'internato, computando anche il periodo di internamento provvisorio, ha subito limitazioni alla libertà personale senza alcun titolo legittimante;

    che, infatti, non si potrebbe attribuire efficacia sanante al successivo provvedimento che il magistrato di sorveglianza deve emettere in sede di esecuzione della condanna, e non si può ritenere titolo legittimante il provvedimento di applicazione provvisoria della misura di sicurezza, seppure validamente emesso, solo perché non è stato mai revocato, se non risulta che lo stesso sia stato rinnovato od espressamente confermato in epoca successiva;

    che, quanto al profilo della non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente ritiene che l'art. 222 cod. pen., il quale fissa la durata minima della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario in relazione alla diversa gravità del reato, non permette, né al giudice in sede di cognizione, né al magistrato di sorveglianza in sede esecutiva, di contemperare adeguatamente le esigenze di sicurezza con le esigenze trattamentali e di cura, in violazione dell'art. 32 Cost.;

    che, nonostante la Corte costituzionale, con sentenza n. 253 del 2003, abbia dichiarato costituzionalmente illegittima la norma nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente ed a fronteggiare la sua pericolosità sociale, la disposizione in esame prevede, a fronte del carattere eminentemente terapeutico della misura in oggetto, la fissazione di un termine minimo, secondo scaglioni predeterminati e pertanto vincolanti in ragione della natura del reato, senza alcun collegamento alla patologia diagnosticata al soggetto;

    che la norma, quindi, a parere del giudice rimettente, non consente all'autorità giudiziaria (della fase di merito e di quella di esecuzione) di formulare un giudizio di adeguatezza della misura irrogata con riguardo alla natura ed alla gravità della patologia;

    che, inoltre, l'art. 206, terzo comma, cod. pen. (secondo il quale «il tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza è computato nella durata minima di essa»), presenta, ad avviso del rimettente, aspetti che violano il principio di cui all'art. 3 Cost., qualora il magistrato di sorveglianza (dovendo applicare la citata norma) venga a trovarsi nella situazione in cui la durata minima della misura di sicurezza, stabilita in sentenza, sia coincidente con la durata della misura applicata in via provvisoria o addirittura, come nella specie, la durata minima della misura di sicurezza, che dovrebbe essere stabilita, sia inferiore al periodo già trascorso dal soggetto in regime di privazione della libertà personale;

    che tale disciplina violerebbe il principio di uguaglianza, in presenza di situazioni sostanzialmente identiche che coinvolgono il diritto costituzionalmente garantito alla libertà personale, ai sensi dell'art. 13 Cost., in quanto per le misure di sicurezza risultano previsti solo i controlli periodici semestrali, ai sensi dell'art. 72 cod. proc. pen., ma non la durata massima, prevista invece per la custodia cautelare in carcere;

    che invero, a parere del rimettente, dopo l'adozione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria che applica la misura di sicurezza in via provvisoria (con le garanzie procedurali di cui all'art 313 cod. proc. pen., quali la necessità dell'interrogatorio), non sono previste «pronunce espresse dell'autorità giudiziaria eventualmente in occasione degli accertamenti periodici» (spesso limitati, nel caso di ricovero provvisorio in ospedale psichiatrico giudiziario, all'invio d'ufficio da parte della direzione della struttura stessa, di una relazione sanitaria a cui non viene dato alcun riscontro), né è prevista la fissazione di una durata massima della misura di sicurezza provvisoriamente applicata, durata eventualmente suscettibile di proroga;

    che, secondo il giudice a quo, il sistema degli accertamenti periodici semestrali – con possibilità di revoca della misura provvisoriamente applicata – appare non adeguato al rispetto dei principi costituzionali, poiché non sono previsti l'obbligo dell'autorità procedente di rinnovare il provvedimento a norma dell'art. 206, primo comma, cod. pen., ovvero la previsione di un termine di scadenza della misura, eventualmente prorogabile all'esito dell'esame delle relazioni sanitarie periodiche, e tale carenza nella disciplina dell'applicazione provvisoria dell'istituto si riflette inevitabilmente sulla fase esecutiva, «creando incertezze sulla scadenza delle misure di sicurezza, sul titolo in base al quale le misure di sicurezza devono ritenersi tuttora valide e efficaci nella loro applicazione»;

    che, infine, il giudice a quo ritiene la censura relativa agli artt. 206 e 208 cod. pen. non manifestamente infondata anche in riferimento alla violazione del parametro di cui all'art. 32 Cost., poiché tali disposizioni impongono al magistrato di sorveglianza di tenere conto della durata della misura di sicurezza detentiva applicata in via provvisoria nel momento in cui, all'esito del giudizio di pericolosità sociale, egli determina l'esecuzione della stessa, stabilendo un termine minimo di durata (non inferiore ad anni due, cinque o dieci), con la fissazione della scadenza per il riesame della pericolosità, detraendo il periodo già sofferto, ai sensi dell'art. 206, terzo comma, cod. pen.;

    che questo provvedimento, secondo il rimettente, finirebbe per “ratificare” tutto il periodo di restrizione della libertà personale trascorso fino a quel momento, in contrasto con il contenuto terapeutico e di cura che dovrebbe essere assegnato alle misure di sicurezza, in violazione del principio di cui all'art. 32 Cost.;

    che la restrizione della libertà personale, anche in presenza di una infermità mentale e della pericolosità sociale del soggetto, presuppone sempre – ad avviso del rimettente – un atto motivato dell'autorità giudiziaria, i cui effetti non potrebbero protrarsi oltre la durata minima fissata dal giudice nella sentenza, solo perché manca un esplicito provvedimento di revoca, sempreché non siano emessi ulteriori provvedimenti da parte dell'autorità giudiziaria procedente.

    Considerato che il Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia dubita della legittimità costituzionale degli artt. 206, 208 e 222 del codice penale, in riferimento agli artt. 3, 13 e 32 della Costituzione, perché l'art. 208 cod. pen. non prevede l'obbligo dell'autorità procedente di rinnovare il provvedimento ai sensi dell'art. 206 cod. pen., «eventualmente in occasione degli accertamenti periodici», né un termine di scadenza della misura, eventualmente prorogabile all'esito dell'esame delle relazioni sanitarie periodiche e perché, dovendo il magistrato di sorveglianza tenere conto della durata della misura di sicurezza detentiva applicata in via provvisoria (ai sensi dell'art. 206, terzo comma, cod. pen.) nel momento in cui, all'esito del giudizio di pericolosità sociale, egli determina l'esecuzione della stessa stabilendo un termine minimo di durata, finisce per “ratificare” l'intero periodo di restrizione della libertà personale trascorso, in contrasto con il contenuto terapeutico e di cura che deve essere assegnato alle misure di sicurezza;

    che la questione è manifestamente inammissibile per più motivi concorrenti;

    che, in primo luogo, dalla formulazione della questione di legittimità costituzionale non si comprende quale sia la decisione richiesta alla Corte in riferimento alle disposizioni censurate, risultando mancante, indeterminato e comunque non riconoscibile un petitum specifico, in quanto il rimettente ha omesso d'indicare in modo chiaro quali interventi vengano richiesti con riguardo ai rilievi formulati (ex plurimis: ordinanze n. 117 del 2009, n. 223 del 2008, n. 393 e n. 35 del 2007);

    che, in secondo luogo, la rilevanza della questione è stata valutata dal giudice a quo sulla base di un presupposto interpretativo erroneo (ordinanze n. 34 del 2009, n. 447 e n. 390 del 2008), costituito dalla considerazione che il protrarsi del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, disposto con l'applicazione in via provvisoria di tale misura di sicurezza, configuri una restrizione priva di titolo, mentre il controllo sulla legittimità del perdurare dell'applicazione provvisoria della misura di sicurezza è attribuito dalla legge al giudice che procede attraverso il sistema del riesame semestrale della pericolosità sociale ai sensi dell'art. 72 cod. proc. pen., richiamato espressamente dal disposto dell'art. 313, comma 2, cod. proc. pen.;

    che, inoltre, il giudice rimettente non motiva in ordine alla possibilità di interpretare le disposizioni in modo costituzionalmente orientato, in riferimento al parametro di cui all'art. 32 Cost., in quanto, in materia di misure di sicurezza, è indirizzo ormai consolidato quello che esclude ogni automatismo nell'applicazione delle misure a carattere detentivo, «anche quando una misura meno drastica, e in particolare una misura più elastica e non segregante come la libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni stabilite dal giudice medesimo, si riveli capace, in concreto, di soddisfare contemporaneamente le esigenze di cura e tutela della persona interessata» (sentenza n. 208 del 2009; ordinanze nn. 341 e 226 del 2008);

    che, ancora, il giudice a quo postula la sussistenza di termini minimi per la durata della misura, «secondo scaglioni predeterminati e pertanto vincolanti in ragione della natura del reato», ma trascura di considerare che spetta al giudice il potere di revoca della misura di sicurezza – ove sia accertata la cessazione dello stato di pericolosità – anche prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge (sentenza n. 110 del 1974), e che, ai fini del riesame della pericolosità, quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato, il giudice può, in ogni tempo, procedere a nuovi accertamenti (art. 208, secondo comma, cod. pen.);

    che, quanto alla mancata previsione di un termine massimo di durata della misura di sicurezza detentiva applicata in via provvisoria, diversamente dalla disciplina della custodia cautelare (art. 303 cod. proc. pen.), questa Corte ha già chiarito che i due istituti hanno natura e finalità diverse (ordinanza n. 148 del 1987), onde non è configurabile violazione dell'art. 3 e dell'art. 13, quinto comma, Cost.;

    che, infine, il rimettente sembra prospettare soluzioni non costituzionalmente obbligate, suggerendo modifiche alla disciplina dell'applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ambito questo afferente alla discrezionalità del legislatore, cui resta riservata (in materia di infermità di mente, ex plurimis, ordinanze n. 83 del 2007, n. 245 del 2005 e n. 88 del 2001);

    che la questione in oggetto va, dunque, dichiarata manifestamente inammissibile.

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE    

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 206, 208 e 222 del codice penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 novembre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 novembre 2009.