Sentenza n. 315 del 2006

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SENTENZA N. 315

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Franco                                          BILE                                      Presidente

-         Giovanni Maria                            FLICK                                   Giudice

-         Ugo                                              DE SIERVO                               "

-         Romano                                        VACCARELLA                        "

-         Paolo                                            MADDALENA                          "

-         Alfio                                            FINOCCHIARO                        "

-         Alfonso                                        QUARANTA                             "

-         Franco                                          GALLO                                      "

-         Luigi                                            MAZZELLA                              "

-         Gaetano                                        SILVESTRI                                "

-         Sabino                                          CASSESE                                   "

-         Maria Rita                                    SAULLE                                    "

-         Giuseppe                                      TESAURO                                 "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 13 giugno 2002, relativa all’insindacabilità delle opinioni espresse dall’on. Cesare Previti nei confronti della signora Stefania Ariosto, promosso con ricorso del Tribunale di Como – Sezione penale, notificato il 17 giugno 2003, depositato in cancelleria il 28 giugno 2003 ed iscritto al n. 25 del registro conflitti 2003.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2006 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

udito l’avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

Con ricorso in data 15 giugno 2002, il Tribunale di Como, nell’ambito del procedimento penale a carico del deputato Cesare Previti – imputato del reato di cui agli artt. 595 del codice penale, 13 e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, 30, commi 4 e 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, per avere rilasciato, nel corso della trasmissione televisiva “TG Sera”, trasmessa dalla RAI alle ore 20,30 del 16 settembre 1997, una intervista, in cui, tra l’altro, dichiarava :«L’Ariosto è un teste falso, fabbricato in laboratorio, pagata per calunniare…», in tal modo offendendo la reputazione di Stefania Ariosto –, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in ordine alla deliberazione del 13 giugno 2002 (doc. IV-quater, n. 31), che ha ritenuto insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, le dichiarazioni riguardo alle quali è stata formulata la predetta imputazione.

Secondo il Tribunale ricorrente, la descritta condotta del deputato Previti non potrebbe essere ricompresa nella previsione di cui al primo comma dell’art. 68 della Costituzione, dal momento che le dichiarazioni di cui si tratta sono state pronunciate fuori dal Parlamento e dal contesto di iniziative parlamentari tipiche, non essendo individuabile alcuno specifico atto parlamentare adottato dal medesimo deputato il cui contenuto esse riproducano, e potendo le stesse, eventualmente, essere ricollegate, secondo la prospettazione della Camera dei deputati, ad un’attività politica in senso lato, quale quella relativa alla «polemica politica inerente al procedimento penale – nel quale il deputato in questione era coimputato – cosiddetto IMI–SIR», in cui figurava come teste la predetta Ariosto. Tale collegamento non può, secondo il ricorrente, costituire valido oggetto di immunità parlamentare.

Né varrebbe, in contrario, il richiamo alla circostanza che il deputato Previti, durante l’esame della richiesta di autorizzazione all’arresto cautelare inoltrata dalla Procura della Repubblica di Milano in data 3 settembre 1997, poi ripresentata il 12 dicembre 1997, fosse stato ascoltato in data 8 gennaio 1998 in sede parlamentare, producendo una memoria difensiva, nella quale avanzava la tesi che la Ariosto si fosse resa strumento di un complotto politico e di alcuni giudici contro lui stesso: si sarebbe trattato, infatti, di audizione e di scritti successivi al momento dell’intervista in questione. Del resto, le dichiarazioni rese da un membro del Parlamento nel proprio interesse non potrebbero in nessun caso rientrare tra gli atti tipici della funzione parlamentare, in quanto volte ad ottenere il rigetto di una istanza di autorizzazione a procedere all’applicazione di una misura cautelare nei propri confronti.

Pertanto, la richiamata deliberazione della Camera avrebbe illegittimamente interferito nella sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, dell’autorità giudiziaria: donde, la richiesta alla Corte di annullare la delibera.

Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 210 del 2003.

Il Tribunale di Como ha provveduto a notificare alla Camera dei deputati, e, successivamente, a ritualmente depositare tale ordinanza e l’atto introduttivo del giudizio innanzi a questa Corte.

Si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, eccependo la inammissibilità del ricorso per la mancanza dei requisiti dell’atto introduttivo, e concludendo, nel merito, per la infondatezza dello stesso.

Nella imminenza della udienza pubblica, la difesa della Camera ha depositato memoria con la quale, nel ribadire le conclusioni già raggiunte, ha individuato una serie di interrogazioni ed interpellanze presentate da diversi parlamentari, alcuni dei quali appartenenti allo stesso gruppo del deputato Previti, aventi ad oggetto la vicenda concernente le deposizioni della Ariosto, a dimostrazione del carattere politico che aveva assunto il dibattito sull’argomento.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale di Como ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata dall’Assemblea il 13 giugno 2002 (doc.IV-quater, n. 31), con la quale è stato affermato che le dichiarazioni per le quali il deputato Cesare Previti è imputato per il reato di diffamazione della signora Stefania Ariosto nel procedimento penale pendente innanzi al Tribunale di Como concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

2. – Preliminarmente, deve essere confermata l’ammissibilità del conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come già ritenuto da questa Corte con l’ordinanza n. 210 del 2003.

3. – L’eccezione di inammissibilità dell’atto introduttivo del conflitto sollevata dalla difesa della Camera per l’incertezza della forma, in quanto l’atto si autoqualifica ricorso nell’intestazione e ordinanza nella parte conclusiva, è infondata.

E’, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale quello secondo cui, con riguardo ai conflitti proposti da un’autorità giudiziaria, non ha rilievo il fatto che l’atto introduttivo abbia, anziché la forma del ricorso, quella dell’ordinanza, qualora, al di là del nomen iuris, l’ordinanza, come nella specie, possieda i requisiti di sostanza necessari per un valido ricorso (sentenze n. 193 del 2005 e n. 298 del 2004).

4. – La difesa della Camera deduce altresì la mancanza dei requisiti prescritti per l’atto introduttivo, con particolare riferimento alla omessa indicazione dei parametri costituzionali nei quali si radicherebbero le attribuzioni del ricorrente e alla mancata menzione della richiesta di dichiarazione di non spettanza alla Camera del potere esercitato e di annullamento della relativa delibera.

L’eccezione di omessa precisazione del petitum va disattesa sulla base della costante giurisprudenza per la quale «va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, per avere il ricorrente omesso di chiedere alla Corte una pronuncia di non spettanza alla Camera del potere in contestazione, cioè della deliberazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un parlamentare. Infatti non vi è alcuna norma – costituzionale o ordinaria – che imponga di adottare forme obbligate per proporre un conflitto di attribuzione tra poteri, essendo prevalente la sostanza della pretesa che il ricorrente introduce nel giudizio davanti alla Corte» (sentenza n. 164 del 2005). Nè rileva che le censure non abbiano investito nella sua totalità la deliberazione di insindacabilità, ma si siano concentrate su alcuni profili della medesima (v., per analoghe affermazioni, sentenza n. 146 del 2005).

Con riguardo alla mancata evocazione dei parametri costituzionali, l’eccezione deve essere respinta in quanto, nella specie, risulta chiara ed univoca la deduzione relativa alla menomazione delle attribuzioni funzionali, come completo risulta il petitum.

5. – Nel merito, il ricorso è fondato.

Spetta a questa Corte valutare se le dichiarazioni rese dal deputato Previti, di cui la Camera dei deputati ha dichiarato l’insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, siano legate da nesso funzionale con le attività svolte da tale deputato nella sua qualità di membro della Camera, ed in particolare se esse siano «sostanzialmente riproduttive di una opinione espressa in sede parlamentare» (v., ex plurimis, sentenze n. 260 del 2006, n. 28 del 2005; n. 20 del 2000).

In tale indagine, non assumono rilievo – nonostante le contrarie deduzioni della difesa della Camera circa l’invocabilità di atti posteriori alle dichiarazioni, ovvero formulate da altri membri della Camera – né gli atti attribuibili ad altri parlamentari (v. sentenze numeri 193, 164 e 146 del 2005 e n. 347 del 2004), né quelli posti in essere dallo stesso deputato in data posteriore alle dichiarazioni oggetto del presente giudizio (sentenze numeri 223, 164, 146 e 28 del 2005; numeri 347 e 246 del 2004; n. 521 del 2002 e n. 289 del 1998).

La circostanza, poi, che gli altri parlamentari, ai cui atti si collegherebbero le dichiarazioni oggetto del giudizio penale, appartengano allo stesso gruppo dell’on. Previti non può influire sull’estensione della garanzia a soggetti diversi da quello cui si riferisce la delibera di insindacabilità.

Questa Corte ha recentemente affermato – ed il principio deve essere confermato – che «è vero che le guarentigie previste dall’art. 68 Cost. sono poste a tutela delle istituzioni parlamentari nel loro complesso e non si risolvono in privilegi personali dei deputati e dei senatori. Da questa esatta rilevazione non si può trarre tuttavia la conseguenza che […] esista una tale fungibilità tra i parlamentari iscritti allo stesso gruppo da produrre effetti giuridici sostanziali nel campo della loro responsabilità civile e penale per le opinioni espresse al di fuori delle Camere: l’art. 68, primo comma, Cost. non configura una sorta di insindacabilità del gruppo, per cui un atto o intervento parlamentare di un appartenente ad un gruppo fornirebbe copertura costituzionale per tutti gli altri iscritti al gruppo medesimo» (sentenza n. 249 del 2006).

Sulla base di tale principio deve, pertanto, escludersi la rilevanza delle interrogazioni e interpellanze presentate nei due rami del Parlamento dal 5 giugno 1996 al 14 luglio 1997 da parlamentari diversi dal deputato Previti, pur se tutte relative a valutazioni dei comportamenti della teste Stefania Ariosto.

Con riferimento, poi, alle prime dichiarazioni addebitate al deputato Previti, le stesse risalgono al 16 settembre 1997 e, cioè, ad un’epoca anteriore alla audizione dello stesso innanzi alla Giunta per le autorizzazioni a procedere, in relazione alla quale lo stesso Previti depositò una memoria scritta, in data 8 gennaio 1998.

L’indicata successione degli eventi esclude l’applicabilità dei principi enunciati nella sentenza n. 223 del 2005, che ha ritenuto coperte dalla garanzia di insindacabilità le dichiarazioni che – mentre è in corso il procedimento parlamentare, disciplinato dall’art. 18 del regolamento della Camera – il deputato, destinatario della misura cautelare da autorizzare, renda a proposito di essa, fuori dalla sede del Parlamento, prima di essere ascoltato dalla Giunta (o di avere altrimenti esercitato al riguardo le sue funzioni parlamentari), in quanto le stesse sono collegate alla pendenza di quel procedimento parlamentare, sì da restarne in tal senso qualificate.

In conclusione, per nessuna delle dichiarazioni rese all’esterno del Parlamento sussiste il nesso funzionale con l’esercizio dell’attività parlamentare.

Le dichiarazioni del deputato Previti non rientrano, pertanto, nell’esercizio della funzione parlamentare e non sono garantite dall’insindacabilità. Conseguentemente, l’impugnata delibera della Camera dei deputati ha violato l’art. 68, primo comma, della Costituzione, ledendo le attribuzioni dell’autorità giudiziaria ricorrente, e deve essere annullata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spettava alla Camera dei deputati deliberare che le dichiarazioni rese dal deputato Cesare Previti, oggetto del procedimento penale pendente davanti al Tribunale di Como, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 13 giugno 2002 (doc. IV-quater, n. 31).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2006.

Franco BILE, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2006.