Sentenza n. 146 del 2005

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 146

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Fernanda             CONTRI                                     Presidente

- Guido                  NEPPI MODONA                      Giudice

- Piero Alberto       CAPOTOSTI                              "

- Annibale              MARINI                                     "

- Franco                 BILE                                           "

- Giovanni Maria   FLICK                                         "

- Francesco            AMIRANTE                               "

- Ugo                     DE SIERVO                               "

- Romano               VACCARELLA                         "

- Paolo                   MADDALENA                          "

- Alfio                    FINOCCHIARO                        "

- Alfonso               QUARANTA                              "

- Franco                 GALLO                                       "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 16 marzo 2000 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Nicolò Antonio Cuscunà nei confronti del deputato Sergio Tanzarella, promosso con ricorso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, notificato il 19 luglio 2002, depositato in cancelleria il 7 agosto 2002 ed iscritto al n. 32 del registro conflitti 2002.

Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell’udienza pubblica del 25 gennaio 2005 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;

udito l’Avv. Roberto Nania per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso del 4 giugno 2001, depositato il 10 giugno 2001, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione assunta dalla Assemblea nella seduta del 16 marzo 2000, con la quale − approvando la proposta formulata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere (Doc. IV-quater, n. 120) − è stato affermato che i fatti per i quali pende procedimento penale a carico del deputato Antonio Nicolò Cuscunà concernono opinioni espresse dal medesimo parlamentare nell’esercizio delle relative funzioni.

Il ricorrente premette che il deputato Cuscunà è imputato, in concorso con D.G., del reato di diffamazione in danno di Sergio Tanzarella, anch’egli deputato all’epoca dei fatti, per averne offeso la reputazione a seguito della affissione, nel giugno del 1995, di un manifesto di propaganda elettorale, nel quale, tra l’altro, si affermava: «Tanzarella come segretario della XII Commissione parlamentare, si è preoccupato del ghetto di Villa Literno e dei fondi per i malati di AIDS, gira furtivamente tra gli ospedali, denuncia tutti, ma dimentica di proporre alternative concrete per l’azienda ospedaliera di Caserta»; ed ancora: «Tanzarella ed altri colleghi di partito si dichiarano difensori della sanità pubblica, ma hanno accreditato e pagato con denaro della collettività i centri privati protetti da loro stessi e da vecchi potentati DC».

Il ricorrente, in particolare, sottolinea come la Giunta per le autorizzazioni a procedere abbia motivato la proposta di insindacabilità sul rilievo che le affermazioni in questione costituissero «un giudizio ed una critica di natura eminentemente politica», vertenti su fatti che all’epoca «erano al centro dell’attenzione politico-parlamentare», essendo stato il manifesto pubblicato nel periodo delle elezioni amministrative: sicché tali opinioni, risalendo al dibattito parlamentare, risultavano attratte nell’alveo della garanzia sancita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Tali conclusioni sono state però contestate dal ricorrente, il quale, facendo leva sulla giurisprudenza costituzionale, reputa che  l’immunità discendente dall’art. 68 della Costituzione − oltre a riguardare le opinioni espresse ed i voti dati dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni − può estendersi alle opinioni espresse fuori dalla sede parlamentare solo allorché esse possano dirsi esplicazione della funzione parlamentare e siano a questa collegate da un nesso funzionale: restando escluso,  tuttavia, che la generale attività politica del parlamentare, svolta in qualsiasi sede, possa, da sola, integrare la nozione di “funzione parlamentare”, pena la trasformazione, a causa di tale genericità, dell’immunità della funzione in un privilegio di appartenenza. A parere del Tribunale ricorrente, nel caso in esame, i giudizi espressi dal deputato nel manifesto di propaganda politica non avrebbero alcuna coincidenza di contenuto con opinioni espresse in sede parlamentare, non esistendo atti ufficiali indicativi di tale identità. Conseguentemente – deduce il ricorrente – non costituendo il contenuto del manifesto  riproduzione o divulgazione di opinioni formulate in sede parlamentare, esso non risulta collocabile nell’alveo della relativa immunità, difettando il presupposto dell’originario esercizio di funzioni parlamentari. Da ciò la proposizione del conflitto, in relazione alla deliberazione di insindacabilità adottata dalla Assemblea della Camera dei deputati; e la conseguente richiesta di declaratoria di non spettanza del corrispondente potere esercitato da quel ramo del Parlamento, e di annullamento dell’atto di cui si assume la illegittima adozione.

2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile da questa Corte con ordinanza n. 298 del 2002, ritualmente notificata alla Camera dei deputati, unitamente all’atto introduttivo del ricorso, e successivamente depositata, nei termini, con la prova delle avvenute notificazioni, nella cancelleria di questa Corte.

3. – Nel giudizio si è costituita la Camera dei deputati, la quale ha chiesto, in via preliminare, che il conflitto venga dichiarato improcedibile o inammissibile; e, nel merito, che la Corte dichiari che spettava ad essa Camera affermare l’insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni rese dal deputato Cuscunà ed oggetto del procedimento penale pendente dinanzi al giudice ricorrente.

3.1. – Quanto all’inammissibilità, essa deriverebbe dalla circostanza che il ricorso per conflitto − oltre a non contenere l’esplicita menzione delle disposizioni costituzionali che si assumono violate − sarebbe privo di «sufficiente chiarezza … in ordine al thema decidendum». Le censure prospettate dal Tribunale ricorrente, infatti, non investirebbero la delibera di insindacabilità nella sua interezza, ma soltanto una parte di essa: quella secondo cui la prerogativa opera anche relativamente alle affermazioni del manifesto di propaganda che indicano il deputato Tanzarella «come parlamentare che avrebbe, con il denaro pubblico, accreditato e protetto centri di cura privati».

3.2. – Nel merito, l’assunto fondamentale della difesa della Camera è che la delibera di insindacabilità si giustifica pienamente alla luce di un duplice ordine di argomenti. Per un verso, infatti, le dichiarazioni asseritamente offensive rese dal deputato Cuscunà si riferivano direttamente all’attività ispettiva posta in essere dal deputato Tanzarella, quale parlamentare e segretario della XII Commissione parlamentare. In proposito, la difesa della Camera  – dopo aver esaminato una serie di interrogazioni a risposta scritta formulate da quest’ultimo – sostiene che le affermazioni espresse dal deputato Cuscunà, attraverso il manifesto affisso, risultano essere il «fedele, quanto sintetico, resoconto» del dibattito politico-parlamentare inerente alle tematiche trattate dal deputato Tanzarella.

La difesa della resistente precisa peraltro che, con il riferimento ad atti parlamentari posti in essere da soggetti diversi dal dichiarante, benché investiti, anch’essi, del mandato elettivo, non si vuol sostenere la sussistenza del «carattere politico parlamentare delle opinioni esterne»; quanto, piuttosto, evidenziare come le dichiarazioni oggetto dell’incriminazione nel giudizio penale palesino una «attinenza» con l’attività svolta dal parlamentare destinatario della critica politica.

Per un altro verso, la Camera dei deputati assume l’esistenza di numerosi atti di funzione posti in essere dal deputato Cuscunà, dai quali discenderebbe la correttezza della delibera di insindacabilità oggetto del conflitto. A tale proposito, vengono richiamate una serie di interrogazioni a risposta scritta (n. 4/02001; n. 4/02003) riguardanti, specificamente, gravi carenze di strutture sanitarie nell’area del casertano; nonché taluni atti ispettivi (quali, tra le altre, le interrogazioni n. 4/02208 del 13 luglio 1994; n. 4/05303 del 16 novembre 1994) relativi alla situazione dell’Istituto dei Tumori di Napoli: atti, tutti, che dimostrerebbero il costante interesse, in ambito parlamentare, del deputato Cuscunà verso le problematiche della sanità pubblica e della «interferenza di logiche politiche nella sfera sanitaria». Ciò, secondo la difesa della resistente, evidenzia come tutte le affermazioni contenute nel manifesto elettorale – concernendo una «critica politica», avente «carattere unitario», nei confronti dell’attività svolta dal deputato Tanzarella – risultino insindacabili; d’altronde, la nozione di insindacabilità non presuppone l’esistenza di una totale coincidenza − in senso meccanico e formalistico − tra i contenuti dell’esternazione e quelli espressi in sede parlamentare.

La difesa della Camera conclude rammentando che la «critica politica» del deputato Cuscunà nei confronti del collega parlamentare era maturata nel contesto dell’accesa campagna elettorale per le elezioni amministrative del 1995; e che − considerata la qualità di parlamentare anche del destinatario delle affermazioni oggetto dell’incriminazione − «risulterebbero particolarmente improprie applicazioni restrittive della garanzia di insindacabilità», atte a trasferire il confronto, anche aspro, tra le diverse posizioni politiche nella dimensione del contenzioso giudiziario.

In prossimità dell’udienza pubblica, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria illustrativa in cui, ribadite le argomentazioni svolte in sede di costituzione in giudizio, ha insistito nella richiesta di inammissibilità e/o improcedibilità, e in subordine di infondatezza del ricorso.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta,  solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione assunta dalla Assemblea nella seduta del 16 marzo 2000, con la quale è stata approvata  la proposta − formulata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere (Doc. IV-quater, n. 120) − di dichiarare che i fatti per i quali pende procedimento penale a carico del deputato Antonio Nicolò Cuscunà, davanti al medesimo giudice, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni; e ricadono, pertanto, nell’ipotesi di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Il Giudice ricorrente ha premesso che il deputato Cuscunà è imputato di diffamazione nei confronti di Sergio Tanzarella in relazione ad un manifesto di propaganda di partito, fatto affiggere alla vigilia delle elezioni amministrative del giugno del 1995, nel quale si censurava l’attività svolta dal Tanzarella − anch’egli, all’epoca, deputato e segretario della XII Commissione parlamentare − contenente l’affermazione che questi, nell’espletamento di tale sua funzione, si sarebbe «preoccupato di Villa Literno e dei fondi per i malati di AIDS», girando «furtivamente tra gli ospedali» e «denunciando tutti», ma avrebbe omesso «di proporre alternative concrete per l’azienda ospedaliera di Caserta»; e, soprattutto, l’affermazione che lo stesso Tanzarella «ed altri colleghi del partito», pur dichiarandosi «difensori della sanità pubblica», avrebbero «accreditato e pagato con denaro della collettività i centri privati protetti da loro stessi e da vecchi potentati DC».

Nel merito, il Giudice ricorrente dà atto della circostanza che la Giunta per le autorizzazioni a procedere ha motivato la proposta di insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Cuscunà affermando la loro natura di giudizio e di critica «di natura eminentemente politica», riferiti a fatti che, all’epoca, risultavano oggetto di attenzione politico-parlamentare. Il ricorrente nega, tuttavia, che la delibera di insindacabilità della Camera dei deputati sia fondata sui presupposti richiesti dalla citata norma costituzionale e, conseguentemente, denuncia un’illegittima interferenza nelle attribuzioni dell’autorità giudiziaria: ciò perché la dichiarazione con la quale si attribuisce ad una persona la commissione di delitti – come, ad avviso del Tribunale ricorrente, è avvenuto nel manifesto di propaganda in questione – «è condotta esulante dalle funzioni di parlamentare». L’avere, quindi, il deputato Cuscunà esternato opinioni con tali caratteristiche, non rappresenterebbe, secondo il Giudice ricorrente, divulgazione di opinione espressa in sede parlamentare, e non godrebbe, pertanto, della relativa immunità; con l’ovvia conseguenza di rendere illegittima la contraria deliberazione adottata dalla Camera.

2. – Deve essere preliminarmente dichiarata l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità proposte dalla Camera dei deputati.

Con una prima eccezione, la resistente denuncia sia il mancato richiamo, da parte del ricorrente, delle disposizioni costituzionali relative alle attribuzioni dell’autorità giudiziaria, che risulterebbero violate; sia la circostanza che lo stesso Tribunale ricorrente non abbia lamentato una specifica menomazione delle anzidette attribuzioni, limitandosi ad evidenziare «supposti motivi di illegittimità della delibera camerale».

Si assume, in secondo luogo, che il ricorso per conflitto sarebbe privo di «sufficiente chiarezza … in ordine al thema decidendum», atteso che le censure da esso mosse  non riguarderebbero la delibera di insindacabilità nella sua interezza, ma solo  parte di essa.

Contrariamente a quanto reputato dalla difesa della Camera, peraltro, il ricorso proposto non genera incertezza. Risulta infatti chiara ed univoca – al di là di ogni formale evocazione dei relativi parametri costituzionali – la denuncia di menomazione delle attribuzioni funzionali, ritenuta dal giudice ricorrente. Risulta altresì completo il petitum, articolato tanto nella richiesta a questa Corte di una pronuncia di non spettanza alla Camera dei deputati della valutazione contenuta nella deliberazione assunta dalla Assemblea nella seduta del 16 marzo 2000, quanto nell’esplicita domanda di annullamento della stessa: a nulla rilevando che, in relazione a tale pretesa, gli argomenti di censura si siano concentrati su alcuni profili della delibera di insindacabilità, anziché investirla nella sua totalità.

3. – Nel merito, il ricorso è fondato.

3.1. − Questa Corte è chiamata a verificare, alla stregua dei principî della sua giurisprudenza, se sussista un «nesso funzionale» delle affermazioni in questione − rese extra moenia dal parlamentare ed oggetto della delibera di insindacabilità − con l’esercizio di un’attività parlamentare.

In proposito, la difesa della Camera richiama, innanzitutto, una serie di atti ispettivi – interrogazioni a risposta scritta – posti in essere dalla persona offesa del procedimento penale da cui origina il conflitto, il deputato Tanzarella, quale  parlamentare e segretario della XII Commissione parlamentare: ciò al fine di dimostrare che le affermazioni espresse dal deputato Cuscunà, attraverso il manifesto affisso, risultano essere il «fedele, quanto sintetico, resoconto» del dibattito politico-parlamentare inerente alle tematiche trattate dal deputato Tanzarella. Nondimeno, è la stessa difesa della Camera a riconoscere che il riferimento ad «atti posti in essere da soggetti sempre investiti del mandato elettivo, ma diversi dal dichiarante» non è utilizzabile «ai fini della dimostrazione del carattere politico parlamentare delle opinioni esterne». Ciò è tanto più vero, ove si consideri che risulterebbe davvero singolare che l’esistenza del “nesso funzionale” − ai fini dell’applicazione della guarentigia di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione − fosse ricavabile da atti parlamentari tipici posti in essere non già dall’autore delle dichiarazioni asseritamente offensive, ma dal destinatario di esse.

E, d’altra parte, questa Corte ha avuto già occasione, in generale, di evidenziare che «le dichiarazioni rese da un senatore o da un deputato fuori dalla sede parlamentare, ritenute da un cittadino lesive della propria reputazione, in tanto sono coperte dalla garanzia di insindacabilità di cui al primo comma dell’art. 68 della Costituzione, in quanto un “nesso funzionale” le colleghi ad atti già posti dal loro autore nell’esercizio delle sue funzioni di membro del Parlamento, mentre sono irrilevanti gli atti di altri parlamentari  e quelli compiuti bensì dall’autore delle dichiarazioni, ma in epoca ad esse posteriore » (v. sentenza n. 347 del 2004).

La Camera dei deputati indica, poi, alcuni atti di funzione posti in essere dal deputato Cuscunà, ai quali risulterebbero in assunto collegate le affermazioni contenute nel manifesto di propaganda elettorale oggetto dell’incriminazione. Vengono richiamate, in particolare, una serie di interrogazioni a risposta scritta riguardanti, specificamente, gravi carenze di strutture sanitarie nell’area del casertano (n. 4/02001; n. 4/02003) ed altri atti ispettivi (quali, ad esempio, le interrogazioni n. 4/02208 del 13 luglio 1994; n. 4/05303 del 16 novembre 1994) relativi alla situazione dell’Istituto dei Tumori di Napoli: atti i quali, secondo l’assunto della resistente, attesterebbero il regolare e durevole interessamento verso le problematiche della sanità pubblica da parte del predetto parlamentare, nell’esercizio delle relative funzioni. E poiché le affermazioni contenute nel manifesto risultavano orientate a stigmatizzare, in termini di critica politica, l’azione politico-parlamentare del deputato Tanzarella, ne discenderebbe che – indipendentemente dall’identità, «testuale e totale, … tra opinioni esterne ed atti interni» – sussisterebbe un «rapporto di continuità e di prosecuzione» di quelle opinioni, fra loro e con gli atti interni, tale da rendere applicabile la guarentigia costituzionale dell’insindacabilità.

In effetti, non mancano atti parlamentari, tra quelli richiamati, che presentano una qualche attinenza con il tema delle esternazioni oggetto della delibera di insindacabilità; ma è agevole osservare come nessuno tra gli atti funzionali verta sul tema specifico delle dichiarazioni rese fuori dalla sede parlamentare. Nell’ambito di queste ultime viene in rilievo, in particolare, una precisa affermazione relativa al deputato Tanzarella – quella secondo cui il predetto ed i suoi colleghi di partito avrebbero «accreditato e pagato con denaro della collettività i centri privati protetti da loro stessi e da vecchi potentati DC» – il cui contenuto non appare in alcun modo ricollegabile, funzionalmente, all’esercizio di attività parlamentare, quale emerge dagli atti indicati. E, poiché la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente ribadito che il “nesso funzionale” è configurabile se ed in quanto esista una sostanziale corrispondenza di significato con opinioni espresse nell’esercizio di funzioni parlamentari, non essendo sufficiente una mera comunanza di argomenti (sentenze n. 347 del 2004; numeri 508, 509, e 521 del 2002), deve ritenersi, nella specie, l’insussistenza di un collegamento funzionale tra l’esternazione e l’attività parlamentare.

Difetta, insomma, la «sostanziale identità di contenuti» (sentenza n. 298 del 2004) tra il manifesto di propaganda elettorale del deputato Cuscunà e gli atti tipici da costui posti in essere nella qualità di membro del Parlamento, di cui il primo non rappresenta in alcun modo divulgazione o riproduzione extra moenia. E, considerato che «garanzia e funzione sono inscindibilmente legate fra loro da un nesso che, reciprocamente, le definisce e giustifica» (sentenza n. 219 del 2003), è solo nella dimensione funzionale che le opinioni espresse extra moenia dal parlamentare possono risultare presidiate dalla garanzia di insindacabilità: dimensione funzionale che, nel caso di specie, risulta assente.

4. – In conclusione, la deliberazione di insindacabilità relativa alle dichiarazioni in oggetto, votata dalla Camera dei deputati in data 16 marzo 2000, ha violato l’art. 68, primo comma, Cost., così ledendo le attribuzioni dell’autorità giudiziaria ricorrente. Essa deve, pertanto, essere annullata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali è in corso avanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, il procedimento penale a carico del deputato Nicolò Antonio Cuscunà, di cui al ricorso in epigrafe, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

annulla, per l’effetto, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 16 marzo 2000 (doc. IV-quater, n. 120).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.

Fernanda CONTRI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2005.