Sentenza n. 80 del 2017

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SENTENZA N. 80

ANNO 2017

 

Commento alla decisione di

 

Flavio Guella

Pacta sunt servanda, armonizzazione dei bilanci pubblici e buon senso. Le ragioni della Corte costituzionale per normalizzare l’ordinamento finanziario comunale della Provincia di Bolzano

 

per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                                           Presidente

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                    Giudice

-           Giorgio                        LATTANZI                                              

-           Aldo                            CAROSI                                                   

-           Marta                           CARTABIA                                             

-      Mario Rosario              MORELLI                                                

-      Giancarlo                     CORAGGIO                                            

-      Giuliano                       AMATO                                                   

-      Silvana                         SCIARRA                                                

-      Daria                            de PRETIS                                               

-      Franco                         MODUGNO                                            

-      Augusto Antonio        BARBERA                                              

-      Giulio                          PROSPERETTI                                        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, comma 4, 8, 12, 14, 15, 16, 17, 18 e 66 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015, n. 17 (Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29 febbraio-3 marzo 2016, depositato in cancelleria il 3 marzo 2016 ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 2016.

Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;

udito nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2017 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stephan Beikircher per la Provincia autonoma di Bolzano.

Ritenuto in fatto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 29 febbraio-3 marzo 2016, e depositato il 3 marzo 2016 (reg. ric. n. 6 del 2016), rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, comma 4, 8, 12, 14, 15, 16, 17, 18 e 66, nonché delle «ulteriori disposizioni a queste connesse e correlate», della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015, n. 17 (Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali), pubblicata nel BUR n. 52 del 29 dicembre 2015, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ed all’art. 79, comma 4-octies, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e in relazione agli artt. 1, comma 1; 11, comma 3; 48; 74, comma 1, numeri 5), 6), 11), 12), 18), 22), 23) e 61); e all’allegato 4/1 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

Il ricorrente premette che il d.lgs. n. 118 del 2011 ‒ a garanzia dell’unitarietà e dell’omogeneità della disciplina contabile dei bilanci pubblici, ed in particolare di quelli delle Regioni, e per evitare situazioni patologiche determinate dall’uso di regole contabili non adeguate che potrebbero avere ripercussioni sul sistema economico nazionale – disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. che riserva alla potestà esclusiva statale la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici».

La ratio della riserva statale prevista nell’art. 117 Cost. e della disciplina attuativa contenuta nel d.lgs. n. 118 del 2011, e delle norme presupposte e successive, è, difatti, quella di rendere omogenei i sistemi di bilancio delle regioni e delle provincie autonome, fornendo una disciplina di riferimento unica, cui esse debbono attenersi, al fine di disporre di regole comuni per il consolidamento dei conti pubblici, come, peraltro, previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).

In questo contesto, anche la Provincia autonoma di Bolzano è tenuta a rispettare l’ambito di competenza esclusiva dello Stato e la normativa statale interposta.

La Provincia autonoma ha, infatti, l’obbligo di recepire con propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal d.lgs. n. 118 del 2011, nonché degli eventuali atti successivi e presupposti, in modo da consentire l’operatività e l’applicazione delle predette disposizioni nei termini previsti dal citato d.lgs. n. 118 del 2011 per le regioni a statuto ordinario, posticipati di un anno, secondo quanto previsto, dall’art. 79, comma 4-octies, del d.P.R. n. 670 del 1972. Detto articolo, ha, peraltro, recepito il contenuto di uno specifico accordo del medesimo tenore intervenuto in materia tra lo Stato e la Provincia autonoma nell’ottobre del 2014.

2.– Ciò premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri censura, specificamente, le disposizioni della legge prov. n. 17 del 2015 che si pongono in contrasto con quanto previsto dal d.lgs. n. 118 del 2011.

2.1.– In particolare, l’art. 2 della legge prov. in esame stabilisce che «l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è disciplinato dalle disposizioni della presente legge».

Secondo il ricorrente, la disposizione individuerebbe un perimetro «normativo» non coincidente con quello indicato dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, atteso che la disciplina statale si applica anche agli organismi ed agli enti strumentali individuati dal successivo comma 2; essa, inoltre non contempla, quale disciplina prevalente su quella regionale, quella recata dal d.lgs. n. 118 del 2011 e le norme presupposte e successive, necessarie per assicurare unitarietà e uniformità.

2.2.– Anche l’art. 3 della legge prov. in esame detta una disciplina in materia di programmazione difforme dalla disciplina del d.lgs. n. 118 del 2011 e segnatamente dal «principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio» di cui all’allegato n. 4/1 del menzionato d.lgs., che contiene una disciplina articolata ed organica di detta materia.

2.3.– L’art. 4 demanda agli enti una potestà regolamentare che differisce da quanto previsto dall’art. 152 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6), lettera b) [recte: lettere a e b], del d.lgs. n. 118 del 2011 e successive modifiche.

In particolare, l’art. 4, comma 1, prevede che: «Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i principi contabili stabiliti dalla presente legge, dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche, con modalità organizzative corrispondenti alle proprie caratteristiche, ferme restando le disposizioni previste dalla presente legge per assicurare l’unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile», mentre, secondo il ricorrente, la disciplina di riferimento per assicurare unitarietà ed uniformità deve essere esclusivamente quella statale prevista dall’art. 152 del TUEL come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011, a cui non potrebbe essere «sovrapposta» quella regionale.

2.4.– L’art. 7, comma 4, della legge prov. impugnata disciplina la redazione del bilancio in contrasto con gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificati dall’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11) del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui prevede eccezioni non contemplate nella citata disciplina statale.

L’art. 7, comma 4, infatti, prevede «Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese connesse, tutte le spese sono parimenti iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate pertanto le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio, salvo le eccezioni previste dall’articolo 37, comma l». A sua volta, il richiamato art. 37, comma 1, recita: «Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio. l. Con deliberazione consiliare di cui all’articolo 36, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze passate in giudicato o immediatamente esecutive, nonché decreti ingiuntivi, transazioni giudiziarie, lodi arbitrali e relative spese legali; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo del pareggio di bilancio di cui all’articolo 45, comma 3, della legge regionale 4 gennaio 1993, n. l, e successive modifiche, e il disavanzo derivi da fatto di gestione oggettivamente non valutabile; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; e) fatti e provvedimenti ai quali non abbiano concorso, in alcuna fase, interventi o decisioni di amministratori, funzionari o dipendenti dell’ente; f) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui all’articolo 35, commi l e 2, nei limiti dell’accertata e dimostrata utilità e arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza».

Secondo il ricorrente, le illustrate eccezioni in materia di redazione del bilancio non sono contenute nella citata disciplina statale di riferimento e, pertanto, sono illegittime.

2.5.– L’art. 8 disciplina il documento unico di programmazione, indicando un termine difforme per l’adozione di detto documento rispetto a quello previsto dall’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 151 del d.lgs. 267 del 2000.

L’art. 8, comma 1, prevede, infatti, che «Entro il 31 ottobre di ciascun anno la giunta presenta al consiglio il documento unico di programmazione per le conseguenti deliberazioni. Il primo documento unico di programmazione è adottato con riferimento agli esercizi finanziari 2016 e successivi»; diversamente, l’art. 74, comma l, numero 5), prevede che il documento di programmazione sia presentato entro il 31 luglio di ogni anno.

2.6.– L’art. 12 disciplina il fondo di riserva anche in relazione all’organo competente a disporre l’utilizzo del fondo, in contrasto con l’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011, che lascia all’ente solo la regolamentazione delle modalità e dei limiti di prelievo.

L’art. 12, al comma 2, prevede, infatti, che «Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell’organo esecutivo da comunicare all’organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie relative alla gestione corrente di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si rivelino insufficienti», mentre, al comma 5, prevede che «I prelevamenti dal fondo di riserva, dal fondo di riserva di cassa e dai fondi spese potenziali sono di competenza dell’organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di ciascun anno».

Al contrario, l’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011 stabilisce che «L’ordinamento contabile della regione disciplina le modalità e i limiti del prelievo di somme dai fondi di cui al comma l, escludendo la possibilità di utilizzarli per l’imputazione di atti di spesa. I prelievi dal fondo di cui al comma l, lettera a), [«fondo di riserva per spese obbligatorie»] sono disposti con decreto dirigenziale. I prelievi dal fondo di cui al comma l, lettera b), [«fondo di riserva per spese impreviste»] sono disposti con delibere della giunta regionale».

2.7.– L’art. 14 disciplina il piano esecutivo di gestione e le sue variazioni in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000, perché la disciplina statale non concede le facoltà previste dalla norma provinciale in esame in favore degli enti di popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.

L’art. 14, al comma 3, infatti, prevede che «L’applicazione dei commi l e 2 del presente articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, fermo restando l’obbligo di rilevare unitariamente i fatti gestionali secondo la struttura del piano dei conti secondo lo schema di cui all’allegato n. 6 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche», mentre al comma 9, prevede che «Negli enti locali con meno di l0.000 abitanti, in mancanza del piano esecutivo di gestione, la giunta emana atti programmatici di indirizzo, attuativi del bilancio e/o della relativa relazione previsionale e programmatica, a cui conseguono le determinazioni di impegno di spesa da parte dei responsabili dei servizi».

Tale facoltà non è, invece, prevista dall’art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, che la consente solo per gli enti di popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.

2.8.– L’art. 15 disciplina la predisposizione e l’approvazione del bilancio di previsione e dei suoi allegati in modo difforme da quanto previsto dall’art. 174 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 22), del d.lgs. n. 118 del 2011, prevedendo, tra l’altro, dei termini non conformi a quelli indicati nella normativa statale.

L’art. 15 stabilisce che: «1. Lo schema di bilancio di previsione finanziario e il documento unico di programmazione sono predisposti dall’organo esecutivo e da questo presentati all’organo consiliare unitamente agli allegati e alla relazione dell’organo di revisione entro il termine previsto dal regolamento di contabilità. 2. Il regolamento di contabilità dell’ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell’organo consiliare e dalla giunta emendamenti agli schemi di bilancio. A seguito di variazioni del quadro normativo di riferimento sopravvenute, l’organo esecutivo presenta all’organo consiliare emendamenti allo schema di bilancio e alla nota di aggiornamento al documento unico di programmazione in corso di approvazione. 3. Il bilancio di previsione finanziario è deliberato dall’organo consiliare entro il 31 dicembre ovvero altro termine stabilito con l’accordo previsto dall’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268». Mentre l’art. 174 del TUEL così prevede: «Lo schema di bilancio di previsione, finanziario e il Documento unico di programmazione sono predisposti dall’organo esecutivo e da questo presentati all’organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione dell’organo di revisione entro il 15 novembre di ogni anno. 2. Il regolamento di contabilità dell’ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell’organo consiliare e dalla Giunta emendamenti agli schemi di bilancio. A seguito di variazioni del quadro normativa di riferimento sopravvenute, l’organo esecutivo presenta all’organo consiliare emendamenti allo schema di bilancio e alla nota di aggiornamento al Documento unico di programmazione in corso di approvazione. 3. Il bilancio di previsione finanziario è deliberato dall’organo consiliare entro il termine previsto dall’articolo 151. 4. [omissis]».

In particolare, il termine per la predisposizione e per la presentazione dello schema di bilancio, del Documento unico di programmazione e degli allegati è inderogabilmente quello del 15 novembre di ogni anno e non può essere stabilito dal regolamento di contabilità, tantomeno in modo difforme a quanto previsto nella disciplina statale di riferimento.

2.9.− L’art. 16 della legge prov. in esame concede ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti una facoltà in materia di allegazione di documenti al bilancio di previsione in contrasto con l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, che sancisce l’obbligo di predisposizione degli allegati al bilancio di previsione.

L’art. 16, infatti, prevede che «Al bilancio di previsione sono allegali i documenti previsti dall’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche. Per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, la predisposizione degli allegati di cui alle lettere e) e f) della disposizione citata è facoltativa».

Al contrario, l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011 si limita a prevedere, senza eccezioni, gli allegati al bilancio di previsione, «oltre a quelli previsti dai relativi ordinamenti contabili: a) il prospetto esplicativo del presunto risultato di amministrazione; b) il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato per ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione; c) il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità per ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione; d) il prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento; e) per i soli enti locali, il prospetto delle spese previste per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali, per ciascuno degli anni considerali nel bilancio di previsione; f) per isoli enti locali, il prospetto delle spese previste per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione; g) la nota integrativa redatta secondo le modalità previste dal comma 5; h) la relazione del collegio dei revisori dei conti)».

2.10.‒ L’art. 17 prevede una disciplina dell’esercizio provvisorio in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 12), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 163 del d.lgs. n. 267 del 2000, laddove prevede che l’esercizio provvisorio possa essere autorizzato con accordo invece che con legge.

L’art. 17, infatti, prevede che «2. L’esercizio provvisorio è autorizzato con accordo previsto dall’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268». L’art. 74, comma l, numero 12), al contrario dispone: «3. L’esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con decreto del Ministro dell’interno che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 151, primo comma, differisce il termine di approvazione del bilancio, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomia locale, in presenza di motivate esigenze».

2.11.‒ L’art. 18 disciplina le variazioni al bilancio di previsione in difformità con quanto previsto dall’art. 175 del d.lgs. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 23), del d.lgs. n. 118 del 2011.

2.12.‒ Infine, l’art. 66 disciplina le funzioni del revisore dei conti in difformità dall’art. 239 del d.lgs. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011.

In particolare, l’art. 66 prevede tra i compiti del revisore la vigilanza sugli inventari (comma l, lettera c), e quella sui contratti collettivi (lettera g) non previste nel TUEL che prevede che il revisore adotti pareri sugli strumenti di programmazione economica-finanziaria (art. 239, comma l, lettera b, numero l), sulle modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni (numero 3), sulle proposte di ricorso all’indebitamento (numero 4), sulle proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia (numero 5) e sulle proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali (numero 7).

L’Avvocatura generale dello Stato ha quindi concluso per l’accoglimento del ricorso.

3.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, con atto depositato l’8 aprile 2016, chiedendo che il ricorso sia dichiarato manifestamente inammissibile o, comunque, infondato.

La Provincia resistente ha premesso che il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri si fonda sull’asserita violazione del d.lgs. n. 118 del 2011, in quanto attuativo dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia della «armonizzazione dei bilanci pubblici», e che, pertanto, le regioni e le province autonome sarebbero tenute a rispettarlo a garanzia dell’unitarietà della disciplina contabile dei bilanci pubblici.

Il ricorrente sostiene, quindi, che la Provincia autonoma di Bolzano avrebbe l’obbligo di recepire con propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi secondo quanto previsto dall’articolo 79, comma 4-octies, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).

Tale conclusione sarebbe errata in riferimento all’ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali.

In forza del Titolo VI dello Statuto di autonomia, la Provincia autonoma di Bolzano gode di una particolare autonomia in materia finanziaria, rafforzata dalla previsione di un meccanismo peculiare per la modifica delle disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che ammette l’intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo in presenza di una preventiva intesa con la Regione e le Province autonome, in applicazione dell’art. 104 dello stesso Statuto.

Con il cosiddetto "Accordo di Milano” del 30 novembre 2009, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno concordato con il Governo la modificazione del Titolo VI dello Statuto di autonomia, secondo la menzionata procedura rinforzata.

La predetta intesa ha, quindi, portato, ai sensi dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2009), ad un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma in senso federalista contenuto nella legge n. 42 del 2009. Il comma 106 citato ricorda espressamente che le disposizioni recate dai commi da l07 a 125 sono approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104 dello Statuto, per cui vanno rispettati i suddetti parametri statutari e le relative norme interposte.

Successivamente è intervenuto l’accordo del 15 ottobre 2014, c.d. "patto di garanzia”, tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il quale ha portato all’ulteriore modificazione del Titolo VI dello Statuto di autonomia, stipulato secondo la procedura rinforzata prevista dal menzionato art. 104.

Tale ultima intesa, recepita con legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha, quindi, ulteriormente rinnovato, ai sensi dell’art. l, commi da 407 a 413, della medesima legge, il sistema di relazioni finanziarie con lo Stato. Anche il comma 406 ricorda espressamente che le disposizioni recate dai commi da 407 a 413 sono approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104 dello Statuto di autonomia, per cui vanno rispettati i parametri statutari e le relative norme interposte.

È espressamente previsto che nei confronti della Regione e delle Province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all’erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal Titolo VI dello Statuto speciale di autonomia; che sono la Regione e le Province autonome a provvedere, per sé e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni statali, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), la propria legislazione ai principi i quali costituiscono limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia, nelle materie individuate dal medesimo Statuto; che, conseguentemente, vengono adottate autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa, anche orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, e, per converso, non vengono applicate le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale.

In particolare, l’art. 79 dello Statuto di autonomia, nel definire i termini e le modalità del concorso – da parte del sistema territoriale regionale integrato, costituito dalla regione, dalle province e dagli enti locali, dai propri enti e organismi strumentali pubblici e privati e da quelli degli enti locali, dalle aziende sanitarie, dalle università, incluse quelle non statali di cui all’art. 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e dagli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria − al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti, nonché all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, stabilisce che detto concorso avvenga nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge n. 243 del 2012, con la precisazione che tali misure possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall’art. l04 dello stesso Statuto e che fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica (comma 2).

Fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell’art. 117 Cost., il comma 3 della medesima disposizione stabilisce che sono le province a provvedere al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti del loro territorio facenti parte del sistema territoriale regionale integrato; che, al fine di conseguire gli obiettivi in termini di saldo netto da finanziare previsti in capo alla regione e alle province ai sensi dello stesso articolo, spetta alle province definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza; che sono le province a vigilare sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza e che, ai soli fini del monitoraggio dei saldi di finanza pubblica, comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti.

L’art. 80, comma 1, del medesimo Statuto, da ultimo sostituito dall’art.1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», attribuisce, poi, al comma 4, alle Province autonome la potestà legislativa primaria, anziché concorrente, in materia di finanza locale, potestà da esercitarsi nel rispetto dell’art. 4 dello stesso Statuto e dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.

L’art. 81, comma 2, dello Statuto prevede inoltre che, allo scopo di adeguare le finanze dei Comuni al raggiungimento delle finalità ed all’esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, le Province autonome corrispondono ai Comuni stessi idonei mezzi finanziari da concordare tra il Presidente della relativa Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni.

Infine, l’art. 83 dello Statuto di autonomia prevede che la regione, le province ed i comuni hanno un proprio bilancio per l’esercizio finanziario e che la regione e le province adeguano la propria normativa alla legislazione dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici. E nella normativa di attuazione statutaria alle province autonome è attribuita la potestà di emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti delle medesime e degli enti da esse dipendenti (art. 16 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale»); dette norme di attuazione contengono inoltre specifiche disposizioni per quanto attiene l’attribuzione e l’esercizio delle funzioni in materia di finanza locale da parte delle Province autonome (artt. 17, 18, e 19).

Nel contesto normativo così descritto, si colloca il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali, dominato dal principio dell’accordo e dal principio di consensualità (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 98 del 2000 e n. 39 del 1984), definito, per quanto riguarda la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello Statuto di autonomia.

In particolare, con riferimento al d.lgs. n. 118 del 2011, questa Corte, nella sentenza n. 178 del 2012, ha precisato chiaramente che tutte le censure della ricorrente Regione autonoma muovevano dall’erronea premessa interpretativa che la norma impugnata (art. 37, comma l, primo periodo, del d.lgs. n. 118 del 2011) imponesse agli enti ad autonomia differenziata di adottare, sia pure mediante le procedure di attuazione statutaria, il contenuto dell’intero decreto legislativo delegato. L’erroneità di tale premessa discende dal fatto che la previsione di una procedura "pattizia” al fine di applicare agli enti ad autonomia speciale una normativa in materia di sistemi contabili e di bilancio implica necessariamente una determinazione paritetica del contenuto di detta normativa ed esclude, perciò, l’automatica recezione della disciplina prevista dal decreto legislativo delegato per le regioni a statuto ordinario.

Se è vero, difatti, che con la lettera e), numero 4), dell’art. l, comma 407, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), in attuazione del c.d. "patto di garanzia”, è stato introdotto il comma 4-octies dell’art. 79 dello Statuto d’autonomia, sarebbe parimenti da escludersi che il termine «recepire» usato in tale disposizione possa intendersi come recepimento passivo dell’intera disciplina senza alcun adattamento alla particolare situazione degli enti locali.

Infatti, nella sentenza n. 263 del 2013 questa Corte ha già chiarito che, con riferimento alla norma in base alla quale la titolarità di cariche, uffici od organi di natura elettiva negli enti territoriali non previsti dalla Costituzione è, in linea di principio, esclusivamente onorifica e non comporta alcuna forma di remunerazione, l’attività di adeguamento normativa non può essere ridotta, ove non si vogliano intendere ed applicare in senso esclusivamente formale i principi della autonomia locale, alla mera sostituzione della fonte normativa regionale o, in questo caso, provinciale, a quella statale, essendo in questa già dettagliatamente predeterminato il contenuto dell’intervento legislativo decentrato. Si deve, invece, prevedere, nel rispetto del perseguimento dell’obiettivo del contenimento delle spese per la gestione degli organismi rappresentativi locali, che sia il legislatore, in questo caso, provinciale ad individuare gli specifici mezzi ed ambiti di realizzazione dei predetti obiettivi.

L’obiettivo dell’art. 79, comma 4-octies, sarebbe enunciato nella stessa disposizione ed indirettamente avallato dalla citata sentenza n. 178 del 2012, ed è unicamente volto a consentire l’operatività e l’applicazione delle predette disposizioni in attuazione dei principi contenuti nella legge n. 42 del 2009.

Una diversa interpretazione, nel senso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, comporterebbe una lesione della gerarchia delle fonti, essendo la Provincia autonoma di Bolzano unicamente vincolata al recepimento dei principi enucleabili dalla legge delega.

Peraltro, ove ciò non fosse già sufficiente, la Provincia autonoma evidenzia che il medesimo d.lgs. n. 118 del 2011, con l’art. 74, comma 1, numero 4), lettera a), ha modificato l’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000, prevedendo che l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato e stabilito non solo dalle disposizioni di principio del d.lgs. n. 267 del 2000, ma anche del d.lgs. n. 118 del 2011.

Il legislatore delegato avrebbe dunque precisato che l’ordinamento finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali è retto unicamente dalle disposizioni di principio enucleabili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non da ogni norma di dettaglio dello stesso.

Le disposizioni del predetto d.lgs. n. 267 del 2000 non si applicano comunque alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione (art. l, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000).

La Provincia autonoma di Bolzano rammenta, infine, che in passato la competenza legislativa per la contabilità dei comuni era in capo alla Regione Trentino-Alto Adige (art. 4, numero 3, dello Statuto di autonomia).

Sulla base di quanto previsto dall’art. 52-bis del d.P.G.R. 28 maggio 1999, n. 4/L (Approvazione del Testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento contabile e finanziario nei comuni della Regione Trentino-Alto Adige), la Provincia autonoma di Bolzano, nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 79 dello Statuto di autonomia, ha provveduto a riassumere le disposizioni della previgente legge regionale 23 ottobre 1998, n. 10 recante «Modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1 (Nuovo ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige)», del testo unico di cui al d.P.R.G. n. 4/L del 1999, e del relativo regolamento di attuazione (decreto della Presidente della Giunta regionale 27 ottobre 1999, n. 8/L), modificando e aggiornando la disciplina regionale, ora provinciale, alle disposizioni del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.

Attualmente, comunque, le norme statutarie attribuiscono alla Provincia autonoma di Bolzano la potestà legislativa esclusiva, e la corrispondente potestà amministrativa, in materia di finanza locale, nonché il coordinamento della finanza pubblica provinciale che comprende la finanza locale (artt. 16, 79, 80 e 81, in particolare, commi 3 e 4 dello Statuto di autonomia, e artt. 17 e 18 del d.lgs. n. 268 del 1992).

4.− In merito alle singole censure la Provincia autonoma di Bolzano svolge le seguenti osservazioni.

4.1.− Secondo il ricorrente, l’art. 2 della legge prov. n. 17 del 2015 − che stabilisce che l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è disciplinato dalle disposizioni di detta legge e reca l’ambito di applicazione della stessa − sarebbe illegittimo, in quanto si rivolgerebbe ad un perimetro normativo non coincidente con quello indicato dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011.

La Provincia autonoma sostiene l’inconferenza del parametro evocato e la carente ricostruzione del quadro normativo in materia di armonizzazione dei bilanci.

In particolare, l’applicazione dei principi di cui al d.lgs. n. 118 del 2011 agli enti strumentali deriverebbe dal disposto dell’art. 23, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 dicembre 2014, n. 11, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 (Legge finanziaria 2015)», in base al quale: «Le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche, sono recepite negli ordinamenti contabili della Provincia, degli enti locali e dei relativi enti e organismi strumentali e trovano applicazione a decorrere dall’esercizio finanziario successivo a quello previsto per le regioni a statuto ordinario».

Peraltro, il comma 3 dell’art. 71 della legge prov. n. 17 del 2015 rinvia espressamente all’art. 23, commi 2 e 3, della legge prov. n. 11 del 2014, che nella versione attualmente vigente dispone: «2. L’adozione dei principi applicati della contabilità economico-patrimoniale e il conseguente affiancamento della contabilità economico patrimoniale alla contabilità finanziaria previsto dall’articolo 2, commi l e 2, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche, è rinviato all’anno 2017. 3. A decorrere dal 2016 la Provincia autonoma di Bolzano e gli enti locali del territorio provinciale adottano gli schemi di bilancio e di rendiconto previsti dal comma l dell’articolo 11 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche, cui è attribuita funzione autorizzatoria».

La legittimità dell’impugnato art. 2 deriverebbe inoltre indirettamente dall’art. 52 della legge prov. n. 17 del 2015, che al comma 4 così dispone: «Contestualmente al rendiconto, l’ente approva il rendiconto consolidato, comprensivo dei risultati degli eventuali organismi strumentali secondo le modalità previste dall’articolo 11, commi 8 e 9, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche».

L’art. 59 della legge prov. n. 17 del 2015 disciplina inoltre il bilancio consolidato e prevede che lo stesso bilancio consolidato di gruppo è predisposto secondo le modalità previste dal d.lgs. n. 118 del 2011, e successive modifiche, e che è redatto secondo lo schema previsto dall’allegato n. 11 del menzionato decreto.

In conclusione, la lettura combinata della legge prov. Bolzano n. 17 del 2015 e dell’art 23 della legge prov. Bolzano n. 11 del 2014 consentirebbe di ritenere l’impugnato art. 2 costituzionalmente legittimo.

4.2.‒ L’art. 3 della legge prov. n. 17 del 2015 stabilisce genericamente i principi generali e differisce leggermente dall’art. 151 del TUEL (d.lgs. n. 267 del 2000) al fine di rendere le disposizioni provinciali compatibili con l’art. 81 dello Statuto d’autonomia e con la relativa norma di attuazione, costituita dall’art. 18 del d.lgs. n. 268 del 1992.

L’art. 3 impugnato, secondo il ricorrente, sarebbe illegittimo, in quanto non farebbe proprio l’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011.

La Provincia resistente evidenzia la non fondatezza della doglianza, sia in quanto l’art. 151 del d.lgs. n. 267 del 2000 non si riferisce in alcun modo all’allegato 4/1; sia in quanto l’adozione degli schemi di bilancio è disciplinata dal menzionato art. 23 (commi 2 e 3) della legge prov. n. 11 del 2014. Infine, l’art. 71 della legge prov. n. 17 del 2015 rinvia alle disposizioni della legge prov. n. 11 del 2014.

Ne consegue che anche gli enti locali della provincia di Bolzano, nel redigere gli strumenti della programmazione degli enti locali di cui al numero 4.2.) dell’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011, dovranno attenersi alle indicazioni ivi contenute essendo altrimenti tali strumenti ‒ quali il Documento unico di programmazione (DUP), nota di aggiornamento del DUP, schema di bilancio di previsione finanziario, il piano esecutivo di gestione e delle performances, il piano degli indicatori di bilancio, lo schema di delibera di assestamento del bilancio, il controllo della salvaguardia degli equilibri di bilancio, le variazioni di bilancio e lo schema di rendiconto sulla gestione ‒ illeggibili.

Ad ogni modo, l’art. 8, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015 richiama espressamente il principio in base al quale il documento unico di programmazione è predisposto nel rispetto di quanto previsto dal principio applicato della programmazione di cui all’allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011 e successive modifiche.

La questione di legittimità costituzionale sollevata è quindi inammissibile, in quanto si sostanzia in una mera enunciazione di principio, che non solo prescinde dal contenuto delle norme impugnate, ma che neppure specifica quali principi statali dei bilanci pubblici entrino nella specie in gioco.

Peraltro, l’invocato parametro normativo è inconferente e non tiene conto della disciplina provinciale in materia di armonizzazione, che è contenuta anche in altre disposizioni provinciali, sicché la doglianza è priva di fondamento.

4.3.− L’art. 4 della legge prov. n. 17 del 2015 stabilisce il potere regolamentare degli enti locali.

Secondo il ricorrente tale norma sarebbe illegittima, in quanto non citerebbe l’art. 152 del TUEL.

Una simile doglianza è priva di ogni fondamento, in quanto, come già detto, ai sensi dell’art. l, comma 2, del TUEL, le disposizioni dello stesso non si applicano direttamente alla Provincia autonoma di Bolzano.

In ogni caso la mancata riproduzione testuale dell’art. 152 del TUEL è comunque irrilevante, in ragione del rinvio al d.lgs. n. 118 del 2000 che con l’art. 74, comma 1, numero 6), lettera b) [recte: lettere a e b], ha modificato il menzionato art. 152 del TUEL.

Inoltre, l’art. 4, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015, si limita a consentire agli enti locali, con il regolamento di contabilità, di disciplinare alcuni aspetti particolari.

L’unica differenza tra l’art. 4, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015 e l’art. 152 TUEL consisterebbe nel fatto che sono stati tralasciati gli aspetti regolati in altre parti della stessa legge prov., quali, ad esempio, le disposizioni sul servizio di tesoreria e sui revisori dei conti, nonché ulteriori disposizioni in materia di enti locali.

Questa Corte ha comunque più volte affermato che alla legge regionale e provinciale «non è consentito ripetere quanto già stabilito da una legge statale» (sentenze n. 98 e n. 18 del 2013 e n. 271 del 2009), perché in tal modo si verifica «un’indebita ingerenza in un settore, [...] costituente principio fondamentale della materia» (sentenza n. 153 del 2006).

4.4.− L’art. 7 della legge prov. n. 17 del 2015, che disciplina i principi per la redazione del bilancio di previsione, sarebbe, secondo il ricorrente, illegittima, in quanto in contrasto con gli artt. 151 e 162 del TUEL, come modificati dal d.lgs. n. 118 del 2011, che non prevederebbero eccezioni di sorta.

Tale doglianza è del tutto generica e non tiene conto dell’intero impianto del TUEL e della disciplina provinciale.

L’art. 162, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 non rinvia esplicitamente alle eccezioni con riferimento alla procedura del riconoscimento dei debiti fuori bilancio, in quanto l’istituto dei debiti fuori bilancio è di per sé un’eccezione alla gestione contabile regolare, prevista anche dal TUEL.

L’art. 194 del TUEL, difatti, così dispone: «1. Con deliberazione consiliare di cui all’articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi l, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. 2. Per il pagamento l’ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori».

Quelli indicati nell’art. 194 del TUEL sarebbero gli stessi casi elencati che ricorrono anche nell’art. 37, comma l, della legge prov. n. l7 del 2015.

Pertanto anche questa doglianza sarebbe infondata.

4.5.− Secondo il ricorrente, l’art. 8 della legge prov. n. 17 del 2015 che disciplina il documento unico di programmazione sarebbe illegittimo, in quanto prevederebbe un termine difforme per l’adozione di detto documento di programmazione rispetto a quello previsto dall’art. 151 del TUEL, come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.

Effettivamente, l’art. 151 del TUEL prevede il termine del 31 luglio, mentre la norma provinciale prevede quello del 31 ottobre.

In base alla competenza in materia di enti locali, di cui all’art. 81 dello Statuto speciale, si è stabilito un termine diverso da quello previsto dal d.lgs. n. 118 del 2011, e successive modifiche, anche in considerazione del fatto che tale disciplina non comporterebbe in alcun modo una lesione dei principi previsti dal citato decreto legislativo, né per quanto riguarda la programmazione, né per quanto riguarda in generale i documenti programmatici ed il loro inserimento all’interno della gestione dell’esercizio finanziario degli enti.

Peraltro, il termine di cui all’art. 151 del TUEL non sarebbe in alcun caso da ritenere termine perentorio ed inderogabile.

Il legislatore nazionale ha, difatti, più volte prorogato il termine del 31 luglio, talvolta con un decreto.

In particolare, il Decreto del Ministro dell’interno 3 luglio 2015 ha differito al 31 ottobre 2015 il termine per la presentazione del documento unico di programmazione degli enti locali, relativo almeno ad un triennio decorrente dall’anno 2016.

Successivamente, stante le difficoltà applicative emerse a livello nazionale in sede di stesura del documento unico di programmazione, da adottarsi per la prima volta nel 2015, in quanto introdotto dal d.lgs. n. 118 del 2011, coordinato con il d.lgs. 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che ha aggiornato il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ed alla luce delle possibili modifiche normative al patto di stabilità interno per gli enti locali e per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio da parte della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», con l’art. l, comma l, del D.M. 28 ottobre 2015 è stato disposto un ulteriore differimento del termine per la presentazione del Documento unico di programmazione degli enti locali, relativo ad almeno un triennio, dal 31 ottobre al 31 dicembre 2015. In conseguenza di detto differimento è stato previsto che gli enti locali presentino la relativa nota di aggiornamento entro il 28 febbraio 2016.

Questa Corte, con la sentenza n. 77 del 2013, si è già espressa incidenter tantum circa la legittimità della fissazione del termine per l’approvazione del bilancio di previsione da parte del legislatore provinciale ed esigerebbe, pertanto, una coerenza con i termini statali, ma non «la pedissequa copiatura».

Il termine fissato dal legislatore provinciale terrebbe comunque conto delle realtà medie e piccole degli enti comunali in provincia di Bolzano e risulta, quindi, legittimo.

4.6.− L’art. 12 della legge prov. n. 17 del 2015 disciplina il fondo di riserva.

Secondo il ricorrente tale norma sarebbe illegittima, in quanto disciplinerebbe l’organo competente a disporre l’utilizzo del fondo in contrasto con l’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011 che lascerebbe all’ente solo la regolamentazione delle modalità e dei limiti di prelievo.

Tale censura è inammissibile per errata individuazione del parametro.

L’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011 richiamato fa, difatti, chiaramente riferimento all’ordinamento contabile della regione. Infatti, esso si trova nel Titolo III concernente l’ordinamento finanziario e contabile delle regioni e disciplina i fondi di riserva del bilancio regionale.

Ma anche nel merito la questione sarebbe infondata.

L’art. 12, comma 5, della legge prov. n. 17 del 2015, difatti, attribuisce la competenza per quanto riguarda il fondo di riserva all’organo esecutivo e tale competenza corrisponde perfettamente all’organo individuato a livello statale dall’art. 176 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 118 del 2011.

4.7.− L’art. 14 della legge prov. n. 17 del 2015, che disciplina il piano esecutivo di gestione, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe illegittimo, in quanto la disciplina statale non concederebbe le facoltà previste dalla norma in esame in favore degli enti di popolazione inferiore ai 10.000 abitanti e sarebbe pertanto in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Secondo la Provincia autonoma, le disposizioni censurate sarebbero ascrivibili alla potestà esclusiva in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», di cui all’art. 4 dello Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige e, pertanto, la denunciata violazione dell’art. 169 del TUEL sarebbe insussistente.

Il limite dei 10.000 abitanti discende, difatti, direttamente dall’art. 4, comma l, del d.P.Reg. l febbraio 2005, n. 3/L (Testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione autonoma Trentino-Alto Adige), ove è prevista la possibilità di attribuire tramite statuto e norme regolamentari compiti di natura tecnico-gestionale al sindaco, agli assessori o all’organo esecutivo nei comuni privi di figure dirigenziali.

La possibilità di prevedere tali figure dirigenziali è prevista dall’art. 37, comma l, del d.P.Reg. l febbraio 2005, n. 2/L (Approvazione del testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige) unicamente per i comuni sopra i 10.000 abitanti; motivo per cui anche il PEG è obbligatorio unicamente per questi comuni.

I comuni più piccoli operano con un atto programmatico (art. 37, comma 9), come già previsto nella normativa regionale ora abrogata.

In conclusione, dal momento che la Provincia autonoma di Bolzano è tenuta all’applicazione solo dei principi desumibili dalla normativa statale, e prevedendo la normativa statale una disciplina semplificata per i comuni con una determinata popolazione, l’art. 14 della legge prov. n. 17 del 2015 sarebbe rispettoso di tale principio, adattandolo ai diversi presupposti desumibili dall’ordinamento regionale.

4.8.− Sostiene l’Avvocatura generale dello Stato che l’art. 15 della legge prov. n. 17 del 2015, che disciplina la predisposizione e l’approvazione del bilancio di previsione e dei suoi allegati, sarebbe illegittimo, in quanto prevederebbe dei termini non conformi a quelli indicati nella normativa statale, di cui all’art. 174 TUEL.

Il termine di cui al menzionato art. 174 non sarebbe comunque da ritenere termine perentorio ed inderogabile, in base a quanto già illustrato in relazione all’impugnato art. 8.

I termini di cui all’art. 151 del TUEL, al quale rinvia espressamente l’art. 174, sono stati difatti prorogati con D.M. 28 ottobre 2015 e, successivamente, con D.M. 10 marzo 2016.

La disponibilità di detti termini da parte dello Stato dovrebbe comportarne la modificabilità anche da parte della Provincia autonoma di Bolzano, che gode di competenze esclusive in materia.

4.9.− L’art. 16 della legge prov. n. 17 del 2015, che concede ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti l’allegazione facoltativa al bilancio di previsione di determinati documenti, sarebbe illegittima, in quanto secondo la normativa statale, di cui all’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, tale facoltà di non allegazione non sarebbe prevista.

Anche questa questione sarebbe infondata.

In primo luogo, si evidenzia l’erroneità del parametro normativo invocato, dal momento che l’art. 11 ora citato, dopo aver elencato, al comma 3, i documenti da allegare al bilancio di previsione, al successivo comma 10 ne prevede la facoltatività, per alcuni documenti, per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. L’art. 16 della legge prov. n. 17 del 2015 risulta dunque rispettosa dei principi statali, che prevedono per i comuni più piccoli un attenuato obbligo di allegazioni, giustificato sicuramente dalla dimensione del comune.

4.10.‒ L’art. 17 della legge prov. n. 17 del 2015, che disciplina l’esercizio provvisorio e la gestione provvisoria, sarebbe illegittimo, in quanto secondo la normativa statale, di cui all’art. 163 del TUEL, l’esercizio provvisorio deve essere autorizzato con legge o con decreto del Ministero dell’interno e non con accordo, come invece previsto dalla norma impugnata.

La questione sarebbe infondata, in quanto non tiene conto delle specifiche norme in materia di finanza locale vigenti in provincia di Bolzano e, in particolare ‒ oltre ai già menzionati artt. 81 dello Statuto di autonomia e 18 del d.lgs. n. 268 del 1992 ‒ dell’art. 17, comma 1, delle norme di attuazione dello Statuto di autonomia in materia di finanza regionale e provinciale (d.lgs. n. 268 del 1992), in base al quale «Le attribuzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di finanza locale esercitate direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato, nonché quelle già spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige nella stessa materia, sono esercitate per il rispettivo territorio dalle province di Trento e Bolzano […]». In provincia di Bolzano, dunque, il Ministro dell’interno non potrebbe differire i termini di approvazione del bilancio, in quanto privo di competenza in materia.

4.11.‒ La censura relativa all’art. 18 della legge prov. n. 17 del 2015, che disciplina le variazioni al bilancio di previsione, per essere in contrasto con la disciplina di cui all’articolo 175 del TUEL, sarebbe, innanzitutto, inammissibile per genericità, non comprendendosi in quale parte la disciplina provinciale differirebbe da quella statale.

In ogni caso la Provincia autonoma di Bolzano evidenzia che le differenze tra le menzionate disposizioni sarebbero meramente lessicali e non inciderebbero sulla disciplina sostanziale.

Le differenze tra le due disposizioni consisterebbero, infatti, nella dicitura «della gestione provvisoria» contenuta nel comma 6, lettera a), dell’art. 18 della legge prov. n. 17 del 2015, anziché nell’espressione «dell’esercizio provvisorio» del comma 5-bis, lettera a), dell’art. 175 del TUEL; nel comma 10 dell’art. 18 della legge prov. n. 17 del 2015, che omette la dicitura «di giunta», contenuta nel comma 6 dell’art. 175 del TUEL; nel fatto che l’art. 18 in esame contiene i riferimenti normativi relativi alla medesima legge, mentre il corrispondente art. 175 del TUEL contiene i riferimenti normativi allo stesso; infine, nei commi dell’art. 18, che sono indicati numericamente (dal comma l al comma 14), a differenza di quelli dell’articolo 175 del TUEL, elencati alfabeticamente.

Queste lievi differenze non sarebbero tali da considerare la disciplina illegittima, con consequenziale rigetto della questione.

4.12.‒ Infine, quanto all’asserita illegittimità costituzionale dell’art. 66, per aver ricompreso tra i compiti del revisore la vigilanza sugli inventari e quella sui contratti collettivi, non previste dalla disciplina statale, la Provincia autonoma osserva, innanzitutto, che la vigilanza della tenuta degli inventari si giustifica sulla considerazione che stati patrimoniali e conti economici corretti si devono basare sugli inventari.

L’evoluzione dei sistemi di rivelazione contabile nell’ambito degli enti pubblici territoriali, che ha portato alla rendicontazione economico-patrimoniale, impone, tra l’altro, la predisposizione e l’aggiornamento periodico degli inventari degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell’ente. L’art. 230, comma 7, del TUEL dispone che gli enti locali provvedono annualmente all’aggiornamento degli inventari.

Tale attività rientra nel più ampio obbligo di vigilanza previsto dal legislatore secondo il quale al collegio dei revisori spetta la vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all’acquisizione delle entrate, all’effettuazione delle spese, all’attività contrattuale, all’amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali e alla tenuta della contabilità.

Il riferimento alla tenuta della contabilità pone a carico dell’organo di revisione il controllo anche degli inventari, per i quali il legislatore si è limitato a prevedere l’aggiornamento.

In generale, la difesa della Provincia autonoma rammenta che per inventario si intende una raccolta di elenchi analitici delle partite che, sommate e raggruppate, conducono, sulla base delle valutazioni effettuate, agli importi delle rispettive voci di bilancio. Al fine di fornire elementi di riflessione per l’attività di revisione da parte del Collegio dei revisori relativamente a tale scrittura contabile, in assenza di altre previsioni normative specifiche, si deve fare riferimento a quanto previsto nel codice civile e nella normativa tributaria.

In particolare, l’art. 2217 cod. civ. stabilisce che l’inventario deve essere redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e, successivamente, ogni anno e deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee alla medesima.

L’inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili. Infine, è previsto che l’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette.

Quindi, sulla base di tale quadro normativo, sarebbe certamente opportuno prevedere la vigilanza degli inventari da parte dei revisori dei conti.

In relazione all’art. 66, comma 2, lettera g), della legge prov. impugnata, che prevede tra le funzioni del revisore dei conti anche la vigilanza sull’applicazione dei contratti collettivi, la Provincia autonoma osserva che essa si giustifica per il fatto che dai contratti collettivi possono derivare delle spese che potrebbero influenzare la gestione economica, come, ad esempio, la particolare disciplina in materia di bilinguismo che prevede il pagamento di indennità non previste a livello statale.

Anche a livello legislativo statale, dall’art. 40, comma 3-sexies, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), è previsto un simile controllo.

Un richiamo a tale obbligo di vigilanza non contrasterebbe dunque con il sistema giuridico nazionale: la disposizione provinciale, pertanto, è pienamente compatibile con l’impianto normativo statale e si sottrae alla denunciata illegittimità.

Infine, per quanto concerne gli altri punti previsti dalla disciplina statale (art. 175, comma l, lettera b, numeri l, 3, 4, 5 e 7 del TUEL), non sono stati espressamente ripetuti nel censurato art. 66, perché sono contenuti, anche implicitamente, nelle disposizioni di cui al medesimo art. 66, comma l, lettere b), numero 1), e c).

In particolare, il numero 1) previsto dalla disciplina statale (art. 175, comma l, lettera b, del TUEL) non è stato ripreso nella disciplina provinciale, perché rientra nelle proposte di cui all’art. 66, comma l, lettera b), numero 1); il numero 7) previsto dalla disciplina statale (art. 175, comma l, lettera b, del TUEL) non è stato ripreso nella disciplina provinciale, perché rientra nelle proposte di cui all’art. 66, comma l, lettera c); riguardo ai punti 3), 4) e 5) previsti dalla disciplina statale (art. 175, comma l, lettera b, del TUEL), essi sono di importanza secondaria rispetto alle altre funzioni dell’organo di revisione contabile a livello locale.

Tale disciplina terrebbe anche conto del fatto che in provincia di Bolzano non sono molto diffuse le partecipazioni ad organismi esterni e che il ricorso all’indebitamento già da anni è in netta diminuzione, risultando sporadici i casi in cui, ad oggi, i comuni contraggono contratti di mutuo; infine, in provincia di Bolzano non esistono comuni strutturalmente deficitari o con disavanzo di amministrazione.

La Provincia ha dunque concluso per il rigetto del ricorso.

5.− In prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria in cui ha confutato le argomentazioni difensive.

La Provincia autonoma di Bolzano, difatti, ha l’obbligo, in virtù dell’art. 79, comma 4-octies, del d.P.R. n. 670 del 1972, di recepire il d.lgs. n. 118 del 2011 e la facoltà di regolamentare aspetti contabili non disciplinati dal suddetto decreto o da questo demandati all’ente o alle peculiarità statutarie garantite alla Provincia, mentre non è legittimata a dettare disposizioni in contrasto con la disciplina statale.

Le censurate disposizioni, invece, nel provvedere alla regolamentazione della disciplina contabile applicabile ai comuni e alle comunità comprensoriali della Provincia in contrasto con il d.lgs. n. 118 del 2011, lede l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nonché l’art. 81, sesto comma, Cost., con riguardo al principio del pareggio del bilancio e l’art. 97, primo comma, Cost. in relazione ai principi dell’equilibrio del bilancio ed alla sostenibilità del debito pubblico, derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea. I parametri da ultimo menzionati (artt. 81, sesto comma, e 97, primo comma, Cost.) possono ritenersi implicitamente richiamati nel ricorso introduttivo, secondo quanto affermato nella recente sentenza n. 184 del 2016 ed in considerazione della loro intima connessione.

Quanto alle singole disposizioni, il ricorrente ribadisce l’illegittimità del censurato art. 2, dal momento che la disposizione richiamata dalla resistente (art. 23 della legge prov. n. 11 del 2014) si è limitata a stabilire l’obbligo di recepire le disposizioni in materia di armonizzazione negli ordinamenti degli enti e degli organismi strumentali ma, allorché la Provincia ha dato attuazione alle predette disposizioni, non avrebbe potuto generare il rischio di un non consentito restringimento del campo applicativo della disciplina statale.

Quanto all’art. 3, l’omesso riferimento all’allegato 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011, che detta prescrizioni puntuali ed organiche in relazione alla materia della programmazione di bilancio, consentirebbe agli enti di applicare solo il dettato normativo e non il predetto allegato.

L’art. 4 della legge prov. impugnata, inoltre, non richiama i principi statali di carattere inderogabile, facendo comunque salva la legge provinciale; inoltre, le eccezioni previste dalla disciplina provinciale sono in parte differenti da quella statale.

L’art. 7, nel disciplinare il bilancio di previsione, prevede eccezioni non contemplate dalla disciplina statale; inoltre, il richiamo al corrispondente art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000 non sarebbe corretto, dal momento che anche le eccezioni previste da quest’articolo con riguardo ai debiti fuori bilancio risultano essere inferiori a quelle previste dalla Provincia autonoma.

Anche la previsione, ai sensi dell’art. 8, di un termine per la presentazione del documento unico di programmazione differente da quello previsto dal legislatore statale sarebbe lesivo degli evocati parametri, dal momento che la proroga di detto termine da parte dello Stato per ragioni straordinarie non comporta la facoltà della Provincia di sottrarsi alla scadenza sancita dal d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 12 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2015 attribuisce all’organo esecutivo la competenza in ordine all’utilizzo del fondo di riserva in contrasto con il d.lgs. n. 118 del 2011 che stabilisce, al contrario, che i prelievi dal fondo sono disposti con decreto dirigenziale per il fondo di riserva per spese obbligatorie, e con delibera della giunta regionale per quanto concerne il fondo di riserva per spese impreviste. La legge provinciale, se poteva definire le modalità ed i limiti di prelievo dal fondo, non poteva incidere sulla titolarità delle delibere di utilizzo.

Anche l’art. 14 sarebbe illegittimo, in quanto prevede la facoltatività di alcuni adempimenti concernenti il Piano esecutivo di gestione per gli enti di popolazione inferiore ai 10.000, e non per quelli con popolazione inferiore ai 5.000, come invece previsto dalla norma statale.

Il termine per la predisposizione e la presentazione del bilancio di previsione finanziario e il documento unico di programmazione, previsto dall’art. 15, sarebbe in contrasto con quello previsto dall’art. 174 del d.lgs. n. 267 del 2000 e, dunque, lesivo degli evocati parametri, dal momento che la proroga di detto termine da parte dello Stato per ragioni straordinarie non comporta la facoltà della Provincia di sottrarsi alla scadenza sancita dal d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 16 consente l’allegazione facoltativa al bilancio di previsione, da parte dei Comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, in termini più restrittivi del d.lgs. n. 118 del 2011, limitando la facoltà di allegazione della presentazione solo ad alcuni dei documenti.

La previsione dell’art. 17 stabilisce che l’esercizio provvisorio possa essere autorizzato con accordo anziché con legge o con decreto del Ministero dell’interno, in violazione dell’art. 74, comma 1, numero 12), del d.lgs. n. 118 del 2011. Non possono al riguardo essere utilmente invocati, a differenza di quanto fa la Provincia autonoma, l’art. 81 dello Statuto di autonomia e l’art. 18 delle Disposizioni di attuazione, i quali si occupano della corresponsione dei mezzi finanziari ai Comuni per il raggiungimento delle finalità previste dalle leggi e l’esercizio delle funzioni da queste stabilite, da effettuare mediante accordo, ma non riguardano l’esercizio provvisorio.

L’art. 18 prevede una disciplina dettagliata delle variazioni al bilancio di previsione in violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 23) del d.lgs. n. 118 del 2011.

Anziché limitarsi a regolamentare le procedure amministrative che il d.lgs. n. 118 del 2011 demanda alle regioni e alle province autonome, e l’esercizio di eventuali facoltà concesse nell’individuazione della titolarità dell’organo competente, la disposizione impugnata prevede i singoli casi e indica l’organo competente ad operare le variazioni al bilancio, mancando, peraltro, di esaustività.

Infine, la mancata indicazione di alcune competenze del revisore contabile, nell’art. 66 della legge impugnata, contrasta con l’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, non potendosi ritenere implicitamente evocate anche quelle non espressamente previste, né sostenerne l’importanza secondaria, dal momento che tutte le funzioni elencate nella norma statale si propongono di garantire l’uniformità delle procedure a livello nazionale e la salvaguardia dei valori indicati nelle norme costituzionali violate.

L’Avvocatura generale ha quindi concluso per l’accoglimento del ricorso.

6.− Anche la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato memoria in cui, in via preliminare, ha chiesto volersi dichiarare la cessazione della materia del contendere, in considerazione dell’intervenuta abrogazione della legge impugnata ad opera della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali della Provincia di Bolzano), entrata in vigore il 1°gennaio 2017.

Ha, infine, richiamato le conclusioni rassegnate nell’atto di costituzione.

7.‒ All’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri, ritenendo, al contrario, alcune disposizioni riproduttive della legge impugnata ha chiesto il trasferimento delle questioni di legittimità costituzionale promosse nel presente giudizio alle norme sopravvenute.

In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato ha indicato gli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 14, 28 e 32 della legge prov. n. 25 del 2016.

Entrambe le parti hanno, quindi, insistito nelle conclusioni già formulate.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 7, comma 4, 8, 12, 14, 15, 16, 17, 18 e 66, nonché delle «ulteriori disposizioni a queste connesse e correlate», della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre del 2015, n. 17 (Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione ed in relazione agli artt. 1, comma 1; 11, comma 3; 48; 74, comma 1, numeri 5), 6), 11), 12), 18), 22), 23) e 61); e all’allegato 4/1 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

1.1.– Il ricorrente premette che il menzionato d.lgs. n. 118 del 2011 ‒ a garanzia dell’unitarietà e dell’omogeneità della disciplina contabile dei bilanci pubblici – disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, in conformità all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla potestà esclusiva statale la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici».

La ratio di tale competenza esclusiva statale della disciplina attuativa contenuta nel citato d.lgs. n. 118 del 2011, nonché delle norme presupposte e successive, sarebbe quella di rendere omogenei i sistemi di bilancio delle regioni e delle province autonome, fornendo una disciplina di riferimento unica, vincolante per tutti gli enti territoriali, al fine di disporre regole comuni per il consolidamento dei conti pubblici, come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione).

In questo contesto, anche la Provincia autonoma di Bolzano sarebbe tenuta a rispettare l’ambito di competenza esclusiva dello Stato e la normativa statale interposta.

La Provincia autonoma si dovrebbe limitare – ai sensi dell’art. 79, comma 4-octies, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), come introdotto dall’art. 1, comma 407, lettera e), numero 4), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» (detto articolo, ha, peraltro, recepito il contenuto di uno specifico accordo del medesimo tenore intervenuto in materia tra lo Stato e la Provincia autonoma di Bolzano nell’ottobre del 2014), – al mero recepimento, mediante rinvio formale recettizio, delle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal d.lgs. n. 118 del 2011, in modo da omogeneizzare l’operatività e l’applicazione delle predette disposizioni nel contesto organizzativo della Provincia autonoma, ferma restando, tuttavia, l’immediata applicabilità agli enti locali della Provincia autonoma di Bolzano delle regole contenute nel citato decreto legislativo.

1.2.– Ciò premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri censura le disposizioni della legge prov. n. 17 del 2015 perché, a suo avviso, si porrebbero in contrasto con quanto previsto dal richiamato d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 2 della legge prov. impugnata, stabilendo che «l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è disciplinato dalle disposizioni della presente legge», individuerebbe un «perimetro normativo» non coincidente con quello indicato dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, atteso che la disciplina statale si applica anche agli organismi ed agli enti strumentali individuati dal successivo comma 2; la norma impugnata, inoltre, non contemplerebbe, quale disciplina prevalente su quella provinciale, quella recata dal d.lgs. n. 118 del 2011.

L’art. 3 della legge prov. n. 17 del 2015 detterebbe in tema di programmazione una disciplina difforme da quella del d.lgs. n. 118 del 2011 e segnatamente dal «principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio», di cui all’allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011, che contiene una disciplina articolata ed organica di detta materia.

Il successivo art. 4 demanderebbe agli enti locali una potestà regolamentare che differisce da quanto previsto dall’art. 152 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6), lettera b) [recte: lettere a e b], del d.lgs. n. 118 del 2011 e successive modifiche, il quale dovrebbe costituire l’unica disciplina di riferimento per assicurare unitarietà ed uniformità.

L’art. 7, comma 4, della legge prov. impugnata regolerebbe la redazione del bilancio in contrasto con gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificati dall’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui prevede eccezioni non contemplate nella citata normativa statale.

Il successivo art. 8, nel disciplinare il documento unico di programmazione, indicherebbe un termine difforme per la sua adozione rispetto a quello previsto dall’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 151 del d.lgs. 267 del 2000. La norma impugnata, infatti, prescrivendo che «Entro il 31 ottobre di ciascun anno la giunta presenta al consiglio il documento unico di programmazione per le conseguenti deliberazioni. Il primo documento unico di programmazione è adottato con riferimento agli esercizi finanziari 2016 e successivi», contrasterebbe con il citato art. 74, comma l, numero 5), il quale prevede che il documento di programmazione sia presentato entro il 31 luglio di ogni anno.

L’art. 12 della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando il fondo di riserva anche in relazione all’organo competente a disporne l’utilizzo, sarebbe in contrasto con l’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011, che lascia all’ente solo la regolamentazione delle modalità e dei limiti di prelievo.

L’art. 14 della legge prov. impugnata, regolando il piano esecutivo di gestione e le sue variazioni in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000, conferirebbe prerogative non consentite agli enti locali della Provincia autonoma con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.

Il successivo art. 15, in tema di predisposizione e approvazione del bilancio di previsione e dei suoi allegati, contrasterebbe con l’art. 174 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 22), del d.lgs. n. 118 del 2011, prevedendo, tra l’altro, dei termini non conformi a quelli ivi indicati.

L’art. 16 della legge prov. in esame concede ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti una facoltà in materia di allegazione di documenti al bilancio di previsione in contrasto con l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, che, viceversa, sancirebbe l’obbligo di predisposizione degli allegati al bilancio di previsione.

L’art. 17 della medesima legge prevederebbe una disciplina dell’esercizio provvisorio in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 12), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 163 del d.lgs. n. 267 del 2000, laddove è stabilito che l’esercizio provvisorio possa essere autorizzato con accordo invece che con legge.

Il successivo art. 18, disciplinando le variazioni al bilancio di previsione, sarebbe in contrasto con l’art. 175 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 23), del d.lgs. n. 118 del 2011.

Infine, l’art. 66 della legge prov. n. 17 del 2015, in tema di funzioni del revisore dei conti, contrasterebbe con l’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui non prevede le funzioni dei revisori dei conti stabilite dal d.lgs. da ultimo menzionato e includerebbe, tra i loro compiti, la vigilanza sugli inventari (comma l, lettera c) e quella sui contratti collettivi (lettera g), non previste nella disciplina statale.

1.3.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo che il ricorso sia dichiarato manifestamente inammissibile o, comunque, infondato.

Dopo aver premesso che il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri si fonda sull’asserita violazione del d.lgs. n. 118 del 2011, in quanto attuativo dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, e che le regioni e le province autonome sarebbero tenute a rispettarlo a garanzia dell’unitarietà della disciplina contabile dei bilanci pubblici, la resistente richiama l’art. 79, comma 4-octies, del proprio Statuto di autonomia, in base al quale la Provincia autonoma di Bolzano avrebbe l’obbligo di recepire con propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi. In tale attività di recepimento godrebbe di un’autonomia che troverebbe limiti solo nei principi sussumibili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non nelle singole regole di dettaglio di quest’ultimo.

In forza del Titolo VI dello Statuto speciale di autonomia la Provincia autonoma di Bolzano beneficerebbe di una particolare autonomia in materia finanziaria, rafforzata dalla previsione di un meccanismo peculiare per la modifica delle disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che ammette l’intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo in presenza di una preventiva intesa con la Regione e le Province autonome, in applicazione dell’art. 104 dello stesso Statuto.

A tal fine la resistente ricorda che, con il cosiddetto "Accordo di Milano” del 30 novembre 2009, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno concordato con il Governo la modificazione del Titolo VI dello Statuto di autonomia, secondo la menzionata procedura rinforzata.

L’intesa avrebbe introdotto, ai sensi dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma in senso federalista contenuto nella legge n. 42 del 2009. In tale prospettiva il comma 106 precisa che le disposizioni recate dai commi da 107 a 125 sono approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104 dello Statuto, onde la necessità di rispettare i parametri statutari e le relative norme di attuazione.

Il successivo accordo del 15 ottobre 2014, cosiddetto "Patto di garanzia”, tra lo Stato, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, avrebbe introdotto l’ulteriore modificazione del Titolo VI dello Statuto di autonomia, sempre secondo la procedura rinforzata prevista dal menzionato art. 104.

Detta intesa, recepita con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», avrebbe ulteriormente innovato, ai sensi dell’art. l, commi da 407 a 413, della legge stessa, il sistema di relazioni finanziarie con lo Stato. In tale contesto il comma 406, prescrivendo che le disposizioni recate dai commi da 407 a 413 sono approvate ai sensi e per gli effetti del predetto art. 104, conferirebbe rango costituzionale ai contenuti dell’intesa medesima.

In virtù del descritto contesto normativo, nei confronti della Regione, delle Province autonome e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sarebbero applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all’erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti al patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal Titolo VI dello Statuto di autonomia. In tale prospettiva la Regione e le Province autonome provvederebbero, per sé e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni statali, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello Statuto di autonomia, nelle materie individuate dal medesimo Statuto. Conseguentemente, verrebbero adottate autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa idonee ad assicurare il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea e, per converso, non verrebbero applicate le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale.

Nel contesto normativo così descritto, si collocherebbe il regime dei rapporti finanziari tra Stato ed autonomie speciali, dominato dal principio dell’accordo e dal principio di consensualità, definito, per quanto riguarda la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello Statuto di autonomia.

L’interpretazione del parametro costituzionale proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe in contrasto con il principio di gerarchia delle fonti, essendo la Provincia autonoma di Bolzano unicamente vincolata al recepimento dei principi enucleabili dalla legge delega n. 42 del 2009.

Secondo la resistente, l’ordinamento finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali sarebbe retto unicamente dalle disposizioni di principio enucleabili dal d.lgs. n. 118 del 2011 e non da ogni norma di dettaglio dello stesso.

Sulla base di tali argomentazioni la Provincia autonoma ha quindi specificamente svolto specifiche e articolate deduzioni in relazione alle singole disposizioni censurate, concludendo per il rigetto del ricorso.

1.4.− In prossimità dell’udienza pubblica, entrambe le parti hanno depositato memorie.

La Provincia autonoma di Bolzano ha chiesto volersi dichiarare la cessazione della materia del contendere in considerazione dell’intervenuta abrogazione della legge impugnata ad opera della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali della Provincia di Bolzano), entrata in vigore il 1° gennaio 2017.

1.5.– Nel corso dell’udienza, la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che l’intervenuta abrogazione delle disposizioni censurate non sarebbe affatto satisfattiva delle pretese del ricorrente.

Fermo restando che la legge impugnata avrebbe avuto piena attuazione fino alla abrogazione, intervenuta il 20 dicembre 2016, e che, quindi, non potrebbe operare l’istituto della cessazione della materia del contendere, l’Avvocatura generale dello Stato sottolinea come una serie di norme della legge abrogativa sopravvenuta abbiano riprodotto ed aggravato i vizi della precedente; a tal fine ha sollecitato questa Corte ad operare il trasferimento delle originarie censure sulle nuove disposizioni.

L’Avvocatura indica come riproduttivi o peggiorativi delle precedenti violazioni gli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 14, 28 e 32 della legge prov. n. 25 del 2016, ricordando che alcune di tali disposizioni contrasterebbero con quanto precedentemente deciso da questa Corte in fattispecie analoghe.

2.– In via preliminare, è necessario decidere sulla richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere avanzata dalla resistente.

Trattandosi di questioni inerenti a norme che hanno disciplinato l’esercizio 2016 e posto che la loro abrogazione decorre dal 1° gennaio 2017, è evidente l’avvenuta applicazione medio tempore della normativa censurata, con conseguente impossibilità di dichiarare cessata la materia del contendere.

3.– Prima di procedere all’esame delle singole censure proposte dal Presidente del Consiglio dei ministri occorre soffermarsi sui punti di dissenso interpretativo tra le parti; punti la cui risoluzione risulta pregiudiziale ai fini della decisione delle questioni proposte, dal momento che essi costituiscono la premessa maggiore delle contrapposte argomentazioni.

Tale dialettica ermeneutica riguarda essenzialmente: a) il rapporto tra il parametro costituzionale invocato – l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – in relazione alle norme interposte e l’art. 79, comma 4-octies, dello Statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige; b) il carattere del «rinvio formale recettizio» al d.lgs. n. 118 del 2011 previsto – per la Provincia autonoma di Bolzano – dal citato art. 79, comma 4-octies, dello Statuto speciale; c) l’interpretazione della sentenza n. 184 del 2016 di questa Corte in tema di rapporti tra armonizzazione dei conti pubblici ed autonomia finanziaria delle regioni, nel caso di specie della Provincia autonoma di Bolzano.

3.1.– Quanto al profilo sub a), il ricorrente ritiene che il parametro costituzionale invocato e le norme interposte attuative dello stesso costituiscano regole direttamente vincolanti per tutti gli enti territoriali nazionali, mentre la Provincia autonoma di Bolzano assume che da tali norme interposte dovrebbero essere desunti i soli principi, rimanendo in capo alla Provincia stessa la competenza ad attuarli nel modo più peculiare e congruente con le caratteristiche territoriali degli enti sub-provinciali.

Peraltro, per quanto riguarda più specificamente il riferimento al d.lgs. n. 118 del 2011 – sia per la parte direttamente applicata agli enti locali, sia per quella indirettamente ad essi riferita attraverso le modifiche che il decreto in questione ha apportato al d.lgs. n. 267 del 2000 – esso è inteso dal Presidente del Consiglio dei ministri come "integrale”, cioè comprensivo di tutte le disposizioni che riguardano la struttura e la disciplina dei bilanci, mentre la Provincia autonoma di Bolzano ritiene che, per quanto la riguarda, valgano solo i principi desumibili dal medesimo d.lgs. n. 118 del 2011, ben potendosi – come avvenuto attraverso la legge impugnata – adeguare i principi attraverso diverse norme espressive delle peculiarità provinciali.

3.2.– Per quanto riguarda il «rinvio formale recettizio» prescritto dall’art. 79, comma 4-octies, dello Statuto di autonomia, norma assurta a rango costituzionale per effetto del meccanismo di "decostituzionalizzazione” della parte finanziaria dello Statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige, precedentemente descritto, lo Stato ritiene che tale prescrizione, intervenuta a seguito dell’accordo (Patto di garanzia) tra le parti, sia un mero adempimento formale della Provincia autonoma di Bolzano per rendere coerente al dettato costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. l’ordinamento finanziario e contabile della Provincia stessa e dei suoi enti locali. La resistente, al contrario, ritiene che detta disposizione costituisca il fondamento di un’autonomia finanziario-contabile, legittimante un regime peculiare degli enti locali altoatesini, pur nel rispetto dei principi desumibili dal d.lgs. n. 118 del 2011.

3.3.– Alla luce di tali divergenti opinioni viene letta anche la sentenza di questa Corte n. 184 del 2016: lo Stato la interpreta come confermativa del proprio assunto in considerazione del fatto che detta sentenza conferirebbe all’armonizzazione contabile un carattere "integrato” tra tutti i precetti costituzionali posti a tutela degli interessi finanziari di carattere generale; la Provincia autonoma di Bolzano la richiama, al contrario, come legittimante la propria autonomia finanziaria nei confronti dello Stato.

3.4.– Con riguardo ai dialettici profili ermeneutici precedentemente sintetizzati, occorre innanzitutto precisare che l’armonizzazione dei bilanci pubblici è una competenza esclusiva dello Stato, che non può subire deroghe territoriali, neppure all’interno delle autonomie speciali costituzionalmente garantite.

Prima ancora che una conseguenza giuridica dello spostamento di tale competenza statale dal terzo al secondo comma dell’art. 117 Cost. per effetto della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) l’indefettibilità del principio di armonizzazione dei bilanci pubblici è ontologicamente collegata alla necessità di leggere, secondo il medesimo linguaggio, le informazioni contenute nei bilanci pubblici. Ciò per una serie di inderogabili ragioni tra le quali, è bene ricordare, la stretta relazione funzionale tra «armonizzazione dei bilanci pubblici», «coordinamento della finanza pubblica», «unità economica della Repubblica», osservanza degli obblighi economici e finanziari imposti dalle istituzioni europee. Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, la finanza di regioni ed enti locali concorre con la finanza statale al perseguimento degli obiettivi di convergenza e stabilità derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, operando in coerenza con i vincoli che ne derivano in ambito nazionale, sulla base dei principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci e del coordinamento della finanza pubblica (in tal senso, in un affollato contesto di recenti disposizioni, merita di essere ricordato l’art. 1, comma 1, della legge n. 196 del 2009, ove si stabilisce che le amministrazioni pubbliche «concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall’Unione europea e ne condividono le conseguenti responsabilità»; con precisazione che il «concorso al perseguimento di tali obiettivi si realizza secondo i principi fondamentali dell’armonizzazione dei bilanci e del coordinamento della finanza pubblica».

Già prima dello spostamento della materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» dal terzo al secondo comma dell’art. 117 Cost., questa Corte aveva precisato che i vincoli generali a tutela dell’equilibrio finanziario e dei bilanci riguardano in modo indifferenziato tutti gli enti operanti nell’ambito del sistema di finanza pubblica allargata.

È stato così affermato che «[l]a finanza delle Regioni a statuto speciale è infatti parte della "finanza pubblica allargata” nei cui riguardi lo Stato aveva e conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento, nell’esercizio dei quali poteva e può chiamare pure le autonomie speciali a concorrere al conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica, connessi anche ai vincoli europei (cfr. sentenze n. 416 del 1995; n. 421 del 1998), come quelli relativi al cosiddetto patto di stabilità interno (cfr. sentenza n. 36 del 2004). Il nuovo sesto comma dell’art. 119 Cost. trova dunque applicazione nei confronti di tutte le autonomie, ordinarie e speciali, senza che sia necessario all’uopo ricorrere a meccanismi concertati di attuazione statutaria: e di conseguenza non è illegittima l’estensione che la legge statale ha disposto, nei confronti di tutte le regioni, della normativa attuativa. Né si potrebbero rinvenire ragioni giustificatrici di una così radicale differenziazione fra i due tipi di autonomia regionale, in relazione ad un aspetto – quello della soggezione a vincoli generali di equilibrio finanziario e dei bilanci – che non può non accomunare tutti gli enti operanti nell’ambito del sistema della finanza pubblica allargata» (sentenza n. 425 del 2004).

Analogamente, in tema di controlli di legittimità-regolarità della Corte dei conti nei confronti degli enti locali, è stato affermato che la disciplina e l’attribuzione di tali controlli riguarda l’intera platea degli enti locali ed è riservata alla competenza esclusiva dello Stato poiché «se è vero che, al momento dell’emanazione della Costituzione, per indicare l’intera finanza pubblica non poteva non farsi riferimento al bilancio dello Stato, è altrettanto vero che oggi tale dizione deve intendersi riferita non solo al bilancio dello Stato, ma anche a quello di tutti gli altri enti pubblici che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata» (sentenza n. 179 del 2007) e che «i vincoli di finanza pubblica obbligano l’Italia nei confronti dell’Unione europea ad adottare politiche di contenimento della spesa, il cui rispetto viene verificato in relazione al bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche (sentenze n. 138 del 2013, n. 425 e n. 36 del 2004) […]. Quest’ultimo deve corrispondere ai canoni stabiliti dalla stessa Unione europea mentre le sue componenti aggregate, costituite dai bilanci degli enti del settore allargato, sono soggette alla disciplina statale che ne coordina il concorso al raggiungimento dell’obiettivo stabilito in sede comunitaria» (sentenza n. 40 del 2014).

In tale contesto «occorre ricordare che l’armonizzazione dei bilanci pubblici è finalizzata a realizzare l’omogeneità dei sistemi contabili per rendere i bilanci delle amministrazioni aggregabili e confrontabili, in modo da soddisfare le esigenze informative connesse a vari obiettivi quali la programmazione economico-finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica, la gestione del federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole comunitarie, la prevenzione di gravi irregolarità idonee a pregiudicare gli equilibri dei bilanci» (sentenza n. 184 del 2016).

In sostanza, senza l’uniformità dei linguaggi assicurata dall’armonizzazione dei conti pubblici a livello nazionale non sarebbe possibile alcun consolidamento della finanza pubblica allargata, il quale – essendo una sommatoria dei singoli bilanci delle amministrazioni pubbliche – non può che avvenire in un contesto espressivo assolutamente omogeneo.

L’omogeneità dell’espressione finanziaria e contabile deve ricomprendere non solo gli schemi ed i modelli aggreganti ma anche la rappresentazione uniforme dei fenomeni giuridici ed economici sottesi alla struttura matematica dei bilanci. Così, ad esempio, deve essere uniforme la disciplina dei residui attivi e passivi perché i crediti e i debiti delle amministrazioni pubbliche devono possedere lo stesso comun denominatore a prescindere dal livello di autonomia di cui sono dotate le amministrazioni stesse. Analogamente va detto per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio, la cui "tipicità” è connotato essenziale per l’inclusione nelle scritture contabili degli enti territoriali.

Il carattere polifunzionale dell’armonizzazione dei conti pubblici è stato messo in luce da questa Corte: l’armonizzazione in «un ambito finanziario astrattamente riferibile a più interessi costituzionali protetti, trova la sua ragione nella disciplina di specifiche prerogative dell’ente territoriale e nella "omogeneizzazione” di dette prerogative attraverso modalità di "espressione contabile” le quali devono essere compatibili con le regole indefettibili poste a tutela della finanza pubblica, in attuazione di una pluralità di precetti costituzionali […]. Rispetto alle altre competenze legislative dello Stato in materia finanziaria […] può dirsi che l’armonizzazione – ancorché finalizzata a rendere i documenti contabili delle amministrazioni pubbliche omogenei e confrontabili – dopo la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), e la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che ne ha sancito il passaggio dalla competenza concorrente a quella esclusiva dello Stato, ha assunto gradualmente una sua fisionomia più ampia e rigorosa attraverso la legislazione ordinaria ed in particolare, per quel che riguarda gli enti territoriali, attraverso il d.lgs. n. 118 del 2011. Il nesso di interdipendenza che lega l’armonizzazione alle altre materie, e la conseguente profonda e reciproca compenetrazione, hanno comportato che proprio in sede di legislazione attuativa si sia verificata un’espansione della stessa armonizzazione ad ambiti di regolazione che si pongono nell’alveo di altri titoli di competenza, nominati ed innominati. In sostanza, la stretta compenetrazione degli ambiti materiali ha reso inseparabili alcuni profili di regolazione. Così, a titolo esemplificativo, si può affermare che l’armonizzazione si colloca contemporaneamente in posizione autonoma e strumentale rispetto al coordinamento della finanza pubblica: infatti, la finanza pubblica non può essere coordinata se i bilanci delle amministrazioni non hanno la stessa struttura e se il percorso di programmazione e previsione non è temporalmente armonizzato con quello dello Stato. [… Nel] d.lgs. n. 118 del 2011, quale norma interposta [in tema di armonizzazione], vengono richiamate disposizioni ascrivibili, sotto il profilo teleologico, sia al coordinamento della finanza pubblica, sia alla disciplina degli equilibri di bilancio di cui all’art. 81 Cost., sia al principio del buon andamento finanziario e della programmazione di cui all’art. 97 Cost. (sul collegamento tra buon andamento finanziario e programmazione, sentenze n. 129 e n. 10 del 2016)» (sentenza n. 184 del 2016).

4.– Dunque, è proprio in relazione a questa sequenza dinamica e mutevole che caratterizza la legislazione attuativa della tutela costituzionale degli interessi finanziari, «ambito connotato dall’intreccio di competenze trasversali, concorrenti e residuali» (sentenza n. 184 del 2016), che devono essere inquadrate le censure del Presidente del Consiglio dei ministri con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione a specifiche disposizione del d.lgs. n. 118 del 2011.

Se il sistema contabile provinciale – indipendentemente dalla sua possibile configurazione come autonoma materia ascrivibile alla potestà legislativa della Provincia autonoma di Bolzano – non è stato totalmente sottratto ad un’autonoma regolazione, quest’ultima è, tuttavia, «intrinsecamente soggetta a limitazioni necessarie "a consentire il soddisfacimento contestuale di una pluralità di interessi costituzionalmente rilevanti” (sentenza n. 279 del 2006). In particolare, l’autonomia della Provincia autonoma in questo settore normativo trova il suo limite esterno nelle disposizioni poste dallo Stato nell’ambito della salvaguardia degli interessi finanziari riconducibili ai parametri precedentemente richiamati. Tali considerazioni comportano quindi che le censure mosse alla legge […] in esame debbano essere valutate non in astratto, ma in riferimento ad una concreta collisione con i precetti ricavabili direttamente dalle norme costituzionali in materia finanziaria o da specifiche norme interposte come quelle contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011» (sentenza n. 184 del 2016).

Ai fini della presente decisione occorre anche tener conto del fatto che non rileva in tale contesto l’esistenza di una potestà provinciale – riconosciuta anche in sede di accordi ai sensi dell’art. 27 della legge n. 42 del 2009 – nella determinazione delle procedure di programmazione e contabili degli enti locali insistenti sul proprio territorio, poiché la potestà di esprimere nella contabilità di tali enti locali le peculiarità connesse e conseguenti all’autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia autonoma di Bolzano trova il suo limite esterno nella legislazione statale ed europea in materia di vincoli finanziari (in tal senso, la sentenza n. 6 del 2017, riferita alla Regione autonoma Sardegna).

Neppure si verte in tema di relazioni finanziarie nel cui ambito gli accordi – ed in particolare quelli richiamati dalla Provincia autonoma di Bolzano – diventano indefettibili.

In proposito questa Corte ha affermato che detti accordi servono «a determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti l’autonomia finanziaria ad esse spettante. Ciò anche modulando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione alla diversità delle situazioni esistenti nelle varie realtà territoriali. Per questo motivo, il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della Regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, può e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l’accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruità di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. In definitiva, l’oggetto dell’accordo è costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale. Infatti, gli obiettivi conseguenti al patto di stabilità esterno sono i saldi complessivi, non le allocazioni di bilancio. Per questo motivo, ferme restando le misure finanziarie di contenimento della spesa concordate in sede europea, le risorse disponibili nel complesso della finanza pubblica allargata ben possono essere riallocate, a seguito di accordi, anche ad esercizio inoltrato. Dunque, l’accordo stipulato dalle autonomie speciali consente la negoziazione di altre componenti finanziarie attive e passive, ulteriori rispetto al concorso fissato nell’ambito della manovra di stabilità ed è soprattutto in questo spazio convenzionale che deve essere raggiunto l’accordo previsto dall’impugnato comma 11» (sentenza n. 19 del 2015).

Dall’esame del ricorso precedentemente illustrato si evince che nessuna delle censure formulate dallo Stato ha quale oggetto le relazioni finanziarie tra lo Stato e la Provincia autonoma di Bolzano; esse riguardano, al contrario, le modalità di esposizione e classificazione dei fenomeni economico-finanziari finalizzate alla omogenea redazione dei bilanci degli enti territoriali nell’ambito del consolidamento della finanza pubblica allargata.

5.– Venendo al merito del ricorso, occorre innanzitutto esaminare, con i criteri precedentemente espressi, la questione promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti dell’art. 2 della legge prov. n. 17 del 2015, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011.

La disposizione censurata, stabilendo che «l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è disciplinato dalle disposizioni della presente legge», individuerebbe un «perimetro normativo» non coincidente con quello indicato dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, atteso che la disciplina statale si applica anche agli organismi ed agli enti strumentali individuati dal successivo comma 2; essa, inoltre, non contemplerebbe, quale disciplina prevalente su quella regionale, quella recata dal d.lgs. n. 118 del 2011.

5.1– La questione è fondata in relazione all’art. 1 del d.lgs. n. 118 del 2011, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), nella parte in cui non prevede che il sistema contabile e lo schema di bilancio degli enti locali provinciali e dei loro enti ed organismi strumentali sono disciplinati dal d.lgs. n. 118 del 2011 e nella parte in cui non prevede che al legislatore provinciale rimane attribuita una competenza normativa che non sia in contrasto con le disposizioni della armonizzazione, del coordinamento nazionale della finanza pubblica, del rispetto dei vincoli europei e della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Infatti, l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011, stabilisce che «ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, il presente titolo e il titolo III disciplinano l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, ad eccezione dei casi in cui il Titolo II disponga diversamente, con particolare riferimento alla fattispecie di cui all’art. 19, comma 2, lettera b), degli enti locali di cui all’art. 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e dei loro enti e organismi strumentali, esclusi gli enti di cui al titolo II del presente decreto. A decorrere dal 1° gennaio 2015 cessano di avere efficacia le disposizioni legislative regionali incompatibili con il presente decreto».

Tale disposizione è espressione di un principio generale dell’armonizzazione – inteso nell’accezione "integrata” fissata dalla sentenza n. 184 del 2016 – che governa i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, ivi incluse le autonomie speciali. La mancata fedele trasposizione della norma statale nella legislazione provinciale non può comportare la sostanziale disapplicazione della prima nell’ambito della Provincia autonoma di Bolzano. In tal senso va letto anche l’invocato art. 79, 4-octies, dello Statuto, laddove è stabilito che il recepimento del parametro di armonizzazione interposto avvenga «mediante rinvio formale recettizio», senza consentire alcuna possibilità di variante al legislatore provinciale, neppure attraverso il ricorso al principio pattizio largamente adottato per volontà dello stesso legislatore ordinario quando quest’ultimo intende riconoscere alcune peculiarità del sistema regionale, meritevoli di disciplina differenziata da quella statale.

Se il sistema contabile provinciale – come in precedenza sottolineato – non è stato totalmente sottratto ad una differente regolazione, l’autonomia della Provincia autonoma di Bolzano in questo settore normativo trova il suo limite esterno nelle disposizioni poste dallo Stato nell’ambito della salvaguardia di interessi finanziari unitari riconducibili all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed agli altri parametri inderogabili precedentemente richiamati. Questi ultimi si integrano in modo sincretico nel concetto di armonizzazione dei bilanci pubblici così da operare, nel giudizio di costituzionalità, «non in astratto, ma in riferimento ad una concreta collisione con i precetti ricavabili direttamente dalle norme costituzionali in materia finanziaria o da specifiche norme interposte come quelle contenute nel d.lgs. n. 118 del 2011» (sentenza n. 184 del 2016). Ed è appunto questo il caso della disposizione in esame, la quale capovolge la regola unitaria secondo cui il sistema contabile e lo schema di bilancio degli enti locali provinciali e dei loro enti ed organismi strumentali devono essere conformi al d.lgs. n. 118 del 2011 e non alla legge provinciale di settore.

Come già in precedenza ricordato da questa Corte, l’autonomia degli enti territoriali nella materia dell’espressione finanziaria e contabile viene circoscritta, ma non certo eliminata, perché sopravvive nella più elevata prospettiva del "rapporto di mandato elettorale” tra amministratori ed amministrati. È stato, infatti, precisato che «le indefettibili esigenze di armonizzazione dei conti pubblici, di custodia della finanza pubblica allargata e della sana gestione finanziaria non precludono peculiari articolazioni del bilancio regionale fondate sull’esigenza di scandire la programmazione economico-finanziaria nelle procedure contabili e le modalità analitiche di illustrazione di progetti e di interventi. Occorre ricordare che il bilancio è un "bene pubblico” nel senso che è funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente territoriale, sia in ordine all’acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, onere inderogabile per chi è chiamato ad amministrare una determinata collettività ed a sottoporsi al giudizio finale afferente al confronto tra il programmato ed il realizzato. In altre parole, la specificazione delle procedure e dei progetti in cui prende corpo l’attuazione del programma, che ha concorso a far ottenere l’investitura democratica, e le modalità di rendicontazione di quanto realizzato costituiscono competenza legislativa di contenuto diverso dall’armonizzazione dei bilanci. Quest’ultima, semmai, rappresenta il limite esterno – quando è in gioco la tutela di interessi finanziari generali – alla potestà regionale di esprimere le richiamate particolarità. Il carattere funzionale del bilancio preventivo e di quello successivo, alla cui mancata approvazione, non a caso, l’ordinamento collega il venir meno del consenso della rappresentanza democratica, presuppone quali caratteri inscindibili la chiarezza, la significatività, la specificazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche. Sotto tale profilo, i moduli standardizzati dell’armonizzazione dei bilanci, i quali devono innanzitutto servire a rendere omogenee, ai fini del consolidamento dei conti e della loro reciproca confrontabilità, le contabilità dell’universo delle pubbliche amministrazioni, così articolato e variegato in relazione alle missioni perseguite, non sono idonei, di per sé, ad illustrare le peculiarità dei programmi, delle loro procedure attuative, dell’organizzazione con cui vengono perseguiti, della rendicontazione di quanto realizzato. Le sofisticate tecniche di standardizzazione, indispensabili per i controlli della finanza pubblica ma caratterizzate dalla difficile accessibilità informativa per il cittadino di media diligenza, devono essere pertanto integrate da esposizioni incisive e divulgative circa il rapporto tra il mandato elettorale e la gestione delle risorse destinate alle pubbliche finalità. Pertanto, la peculiarità del sistema contabile [provinciale] mantiene, entro i limiti precedentemente precisati, la sua ragion d’essere in relazione alla finalità di rappresentare le qualità e le quantità di relazione tra le risorse disponibili e gli obiettivi in concreto programmati al fine di delineare un quadro omogeneo» (sentenza n. 184 del 2016; in senso conforme, con riguardo alla Regione autonoma Sardegna, sentenza n. 6 del 2017).

6.– È inoltre impugnato l’art. 3 della legge prov. in esame, il quale detterebbe una disciplina in materia di programmazione difforme dalla disciplina del d.lgs. n. 118 del 2011, e segnatamente dal «principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio» di cui all’allegato n. 4/1 del d.lgs. n. 118 del 2011, che contiene una regolamentazione articolata ed organica di detta materia.

Occorre preliminarmente verificare se la genericità del richiamo all’allegato n. 4/1 – in quanto nel ricorso viene contestata la difformità dell’art. 3 rispetto al suddetto allegato senza indicarne analiticamente i motivi – sia in grado di superare il vaglio di ammissibilità, anche alla luce della successiva specificazione contenuta nella memoria del ricorrente, in cui si fa espresso riferimento alla possibilità per gli enti locali della Provincia autonoma di Bolzano di derogare al termine del 31 dicembre previsto dalla norma interposta.

Raffrontando il contenuto della disposizione impugnata con quest’ultima si ricava in modo inequivocabile che la difformità riguarda – come appunto specificato nella memoria del ricorrente – il termine di approvazione del bilancio di previsione. Infatti, l’impugnato art. 3, comma 1, prescrive che gli enti locali della Provincia autonoma «approvano […] il bilancio di previsione finanziario entro il 31 dicembre o entro altro termine stabilito con accordo previsto dall’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, riferiti a un orizzonte temporale almeno triennale».

Ai fini che qui interessano è da sottolineare come l’ultima parte della disposizione faccia riferimento alla norma statutaria ed alla disposizione di attuazione, le quali prevedono un accordo tra il Presidente della Provincia e la rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni. È evidente che detto accordo è potenzialmente in grado di derogare, sulla base della norma impugnata, al termine del 31 dicembre stabilito dall’allegato n. 4/1, numero 9.3, terzo comma, del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale dispone: «Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Consiglio approva il bilancio di previsione riguardante le previsioni di entrata e di spesa riguardanti almeno il triennio successivo».

Alla luce di tali considerazioni, la questione in esame deve, dunque, essere ritenuta ammissibile.

6.1.– Essa risulta altresì fondata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e in relazione all’allegato n. 4/1, numero 9.3, terzo comma, del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui prevede che gli enti locali possano approvare il bilancio di previsione entro un termine diverso dal 31 dicembre, attraverso l’accordo fra il Presidente della Provincia e la rappresentanza unitaria dei comuni di cui agli artt. 81 del d.P.R. n. 670 del 1972, e successive modifiche, e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale). Nel caso di specie, infatti, la deroga al termine generale previsto dal d.lgs. n. 118 del 2011 non costituisce uno scostamento meramente formale poiché «la norma interposta – pur contenuta nel decreto di armonizzazione dei bilanci – per effetto delle strette interrelazioni tra i principi costituzionali coinvolti è servente al coordinamento della finanza pubblica, dal momento che la sincronia delle procedure di bilancio è collegata alla programmazione finanziaria statale e alla redazione della manovra di stabilità, operazioni che presuppongono da parte dello Stato la previa conoscenza di tutti i fattori che incidono sugli equilibri complessivi e sul rispetto dei vincoli nazionali ed europei» (sentenza n. 184 del 2016).

7.‒ L’art. 4 della legge prov. n. 17 del 2015 demanderebbe agli enti locali una potestà regolamentare che differisce da quanto previsto dall’art. 152 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6), lettera b) [recte: lettere a e b], del d.lgs. n. 118 del 2011, e successive modifiche, il quale dovrebbe costituire l’unica disciplina di riferimento per assicurare unitarietà ed uniformità.

7.1.– La questione, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione alle citate norme interposte, è fondata, limitatamente ai commi 1 e 4 del censurato art. 4.

Il comma 1 dispone infatti che: «Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i principi contabili stabiliti dalla presente legge, dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modifiche, con modalità organizzative corrispondenti alle proprie caratteristiche, ferme restando le disposizioni previste dalla presente legge» ed il comma 4 che «I regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della presente legge e della relativa normativa regionale, da considerarsi come principi generali con valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si applicano qualora il regolamento di contabilità dell’ente rechi una differente disciplina».

L’art. 152 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 6), lettera a), del d.lgs. n. 118 del 2011, dispone invece – nell’esercizio della competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. – che «1. Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i principi contabili stabiliti dal presente testo unico e dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, con modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste dall’ordinamento per assicurare l’unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile […] 3. Il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell’amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi vigenti […]».

Dal confronto tra le norme impugnate e le disposizioni interposte appare evidente come la Provincia autonoma sostituisca, di fatto, il riferimento all’art. 152 con quello alla legge provinciale, anziché ribadire – conformemente a quanto precisato da questa Corte (sentenze n. 6 del 2017 e n. 184 del 2016) – l’indefettibilità del principio di armonizzazione e la possibilità di applicare la legge provinciale e la potestà regolamentare degli enti locali nei margini consentiti dal legislatore statale. Ciò senza contare che anche le fattispecie rimesse alla potestà normativa secondaria dell’ente locale sono parzialmente diverse da quelle previste dalla norma interposta.

L’art. 4, comma 1, della legge prov. n. 17 del 2015 è dunque costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dispone che ciascun ente locale provinciale applica i principi contabili stabiliti dalla legge provinciale e che rimangono ferme le disposizioni previste dalla legge provinciale per assicurare l’unitarietà e l’uniformità del sistema finanziario e contabile.

L’art. 4, comma 4, della medesima legge, invece, è costituzionalmente illegittimo in quanto prevede che i regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della legge provinciale, da considerarsi come principi generali con valore di limite inderogabile, e perché prevede ipotesi di potestà regolamentare degli enti locali diverse da quelle previste dal d.lgs. n. 118 del 2011.

8.– L’art. 7, comma 4, della legge prov. impugnata disciplinerebbe la redazione del bilancio in contrasto con gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificati dall’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del d.lgs. n. 118 del 2011, nella parte in cui prevede eccezioni non contemplate nelle citate disposizioni. Secondo il ricorrente, le illustrate eccezioni in materia di redazione del bilancio non sarebbero contenute nella normativa statale di riferimento.

La disposizione sarebbe, dunque, illegittima in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione all’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del d.lgs. n. 118 del 2011, modificativo degli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000.

8.1.– La questione è fondata.

Come correttamente sostenuto dal ricorrente, tra i principi di redazione del bilancio di previsione contenuti nella norma provinciale impugnata sono previste eccezioni non contemplate nei correlati artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000, come rispettivamente modificati dall’art. 74, comma 1, numero 5) e numero 11) del d.lgs. n. 118 del 2011. Emerge con chiarezza dal raffronto tra la norma provinciale e quelle interposte che dette eccezioni consistono in un rinvio al successivo art. 37, comma 1, della medesima legge provinciale. Infatti, dopo il richiamo ad alcuni principi generali in tema di redazione del bilancio di previsione, i quali sono sostanzialmente conformi alle norme interposte invocate dal ricorrente ed alle buone pratiche della materia, il censurato art. 7, comma 4, individua, in deroga ai principi contabili, le eccezioni previste dall’art. 37, comma 1, della medesima legge provinciale. Quest’ultima disposizione contempla fattispecie di riconoscimento di debito diverse e più ampie di quelle tassativamente previste per gli enti locali dall’art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000.

È proprio l’ultimo inciso della disposizione impugnata a violare l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiché esso si discosta dai principi dell’armonizzazione, peraltro invadendo, come si vedrà, altre materie riservate allo Stato. In proposito, questa Corte ha già avuto modo di precisare che non può essere disconosciuta la potestà di esprimere nella contabilità regionale, pur nel rispetto dei vincoli statali, le peculiarità connesse e conseguenti all’autonomia costituzionalmente garantita alla Regione (nel caso di specie alla Provincia autonoma di Bolzano). La fattispecie del riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio non rientra, tuttavia, nella pluralità di prerogative che vanno dall’esercizio dell’autonomia organizzativa e finanziaria, alla salvaguardia dei propri equilibri finanziari e della programmazione, alle modalità di declinazione delle regole di volta in volta emanate a livello statale in tema di coordinamento della finanza pubblica e neppure è ascrivibile agli strumenti di governo e di indirizzo dell’attività dell’amministrazione, elementi che consentirebbero di disciplinare il riconoscimento stesso senza travalicare i limiti esterni costituiti dalla legislazione statale ed europea in tema di vincoli finanziari (in tal senso, sentenza n. 184 del 2016).

Al contrario, la disciplina del riconoscimento dei debiti fuori bilancio attiene certamente a finalità connesse all’armonizzazione, al coordinamento della finanza pubblica e all’ordinamento civile.

In particolare, per quel che riguarda l’armonizzazione dei bilanci pubblici, non può essere consentito che l’eccezionale immissione in bilancio di spese irritualmente ordinate sia disciplinata in modo differenziato dagli altri enti locali; per quanto riguarda il coordinamento della finanza pubblica, è evidente come una disposizione di più ampia applicazione, come quella provinciale, consenta di espandere indebitamente la spesa dei comuni insistenti sul territorio provinciale secondo moduli diversi da quelli degli altri enti locali; infine, per quanto concerne l’ordinamento civile, la disposizione in questione comporta una vera e propria invasione della competenza esclusiva del legislatore statale perché introduce, nelle fattispecie costitutive di obbligazioni passive degli enti provinciali, ipotesi negoziali non previste dal legislatore statale. Non a caso, il riconoscimento del debito è disciplinato nell’art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000, il quale opera in regime di specialità rispetto alle norme civilistiche che prevedono la legittimazione a contrarre e le procedure contrattuali delle amministrazioni pubbliche.

Da quanto considerato emerge la stretta connessione funzionale tra l’art. 37, comma 1, della legge prov. n. 17 del 2015, relativo al riconoscimento di debiti fuori bilancio, e la norma impugnata, della quale condivide analoga illegittimità: di talché dalla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, della legge prov. n. 17 del 2015 consegue, in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in ragione dell’evidenziato rapporto di consequenzialità, anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, della stessa legge provinciale.

9.– L’art. 8 della legge prov. n. 17 del 2015, nel disciplinare il documento unico di programmazione, indicherebbe un termine difforme per l’adozione del documento di programmazione rispetto a quello previsto dall’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 151 del d.lgs. 267 del 2000. In particolare, la norma provinciale, prescrivendo che «Entro il 31 ottobre di ciascun anno la giunta presenta al consiglio il documento unico di programmazione per le conseguenti deliberazioni. Il primo documento unico di programmazione è adottato con riferimento agli esercizi finanziari 2016 e successivi», contrasterebbe con l’art. 74, comma l, numero 5), del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale prevede che il documento di programmazione sia presentato entro il 31 luglio di ogni anno.

9.1.– La questione, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione ai citati parametri interposti, è fondata nella parte in cui prevede che il documento unico di programmazione viene presentato al Consiglio entro il 31 ottobre di ciascun anno per le conseguenti deliberazioni anziché entro il 31 luglio, come previsto dalla evocata disposizione statale.

10.– L’art. 12 della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando il fondo di riserva anche in relazione all’organo competente a disporne l’utilizzo, sarebbe lesivo dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione all’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011, che lascia all’ente solo la regolamentazione delle modalità e dei limiti di prelievo.

10.1.– La questione non è fondata.

La disposizione richiamata dal ricorrente ‒ l’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011 ‒ è inconferente in quanto disciplina i fondi di riserva delle regioni e non quelli degli enti locali, regolati, invece, dall’art. 167 del d.lgs. n. 267 del 2000.

11.– L’art. 14 della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando il piano esecutivo di gestione (PEG) e le sue variazioni in contrasto con l’art. 74, comma l, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, che modifica l’art. 169 del d.lgs. n. 267 del 2000, consentirebbe ai comuni di popolazione inferiore ai 10.000 abitanti di evitare la predisposizione del citato PEG.

11.1.– La questione, proposta in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione alle citate norme interposte, è fondata.

Il decreto legislativo n. 118 del 2011 prevede, attraverso la norma invocata dal Presidente del Consiglio dei ministri, tale deroga solo per gli enti locali con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, limite che deve essere applicato anche agli enti locali appartenenti alla Provincia autonoma di Bolzano. È vero che il PEG non riguarda espressamente la struttura del bilancio dell’ente locale, di talché si potrebbe ritenere che la facoltà di predisporlo possa essere rimessa all’autonomia dell’ente territoriale. Tuttavia il PEG, in quanto tale, è elemento consustanziale alla espressione del rapporto tra politiche finanziarie, espresse nella redazione del bilancio in senso stretto, e loro attuazione. È strumento di programmazione e di autorizzazione alla spesa finalizzato ad ordinare ed a razionalizzare l’attività degli enti locali, attraverso la previsione di obiettivi, risorse e responsabilità di gestione. Esso consente la programmazione analitica dei flussi finanziari, l’attribuzione delle risorse ai responsabili, la possibilità di correlare l’utilizzo di tali risorse agli obiettivi assegnati, fornendo nel contempo gli strumenti adatti a creare, in capo ai funzionari competenti, attribuzioni specifiche e coerenti responsabilità attuative.

L’indefettibilità della sua redazione non lede certamente l’autonomia dell’ente locale, ed in particolare quella organizzativa, perché il PEG è costruito "a matrice” sull’organizzazione dell’ente senza creare alcuna preclusione o predefinizione dei moduli operativi che l’ente stesso, nella sua autonomia, può darsi.

Infatti, successivamente all’approvazione del bilancio annuale da parte del Consiglio comunale, la Giunta, attraverso la redazione del PEG, suddivide il bilancio (del quale il piano esecutivo di gestione costituisce peraltro un’analitica rappresentazione) in partite di entrata e di spesa relative agli obiettivi da raggiungere, assegnando ciascun obiettivo ai responsabili dei servizi competenti, secondo l’organizzazione autonomamente fissata dall’ente territoriale.

Costituendo un documento nel quale viene a concretizzarsi, dal punto di vista attuativo-gestionale, l’indirizzo politico dell’ente locale, il PEG assume la qualità di strumento di raccordo tra l’organo politico ed i funzionari preposti, definito per ampiezza e contenuto (obiettivi da raggiungere, dotazioni da impiegare, relativa tempistica) e commisurato ai fattori reali e potenziali (cambiamenti organizzativi, legislativi ecc.) incidenti sul piano operativo, di modo che risulti più immediata l’individuazione delle relative responsabilità.

Non prescrivendo la legge statale alcun modello organizzativo vincolante, la concreta definizione del PEG spetta, in ultima analisi, alla libertà di autoregolamentazione dell’ente locale, come risulta confermato dalla prassi, nella quale molteplici sono i modelli che di tale strumento sono stati realizzati.

Quanto detto permette anche di inquadrare la ratio della diversa e più rigorosa delimitazione demografica dell’esenzione da parte della norma statale rispetto a quella provinciale impugnata: essa non risiede certamente in un ampliamento dell’autonomia degli enti cui è riservata la possibilità di derogare all’impiego del PEG, bensì trova ragione nelle specifiche dimensioni amministrative dei destinatari della facoltà, di regola caratterizzate da una dotazione burocratica talmente limitata da rendere sostanzialmente irrilevante la scansione analitica degli obiettivi in relazione alle singole competenze ed alle conseguenti responsabilità gestorie. E tale situazione dimensionale non è certo diversa con riguardo agli enti locali della Provincia autonoma di Bolzano.

12.– L’art. 15 della legge prov. n. 17 del 2015, in tema di predisposizione e approvazione del bilancio di previsione e dei suoi allegati, contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 174 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 22), del d.lgs. n. 118 del 2011, prevedendo, tra l’altro, dei termini non conformi a quelli indicati nella normativa statale.

12.1.– La questione è fondata, nella parte (commi 1 e 3) in cui prevede per la presentazione dello schema di bilancio finanziario e del documento unico di programmazione nonché per la deliberazione del bilancio di previsione la possibilità di termini diversi da quelli stabiliti dal d.lgs. n. 118 del 2011.

Infatti, il comma 1 dell’articolo impugnato prevede la presentazione dello schema di bilancio di previsione e del documento unico di programmazione entro il termine previsto dal regolamento di contabilità dell’ente locale, anziché entro il termine del 15 novembre di ogni anno fissato dall’art. 174, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma 1, numero 22), lettera a), del d.lgs. n. 118 del 2011, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

Il comma 3 della disposizione censurata, a sua volta, ammette la possibilità di derogare al termine del 31 dicembre per deliberare il bilancio di previsione, previsto dall’art. 174, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000, attraverso un diverso termine fissato mediante accordi ai sensi dell’art. 81 del d.P.R. n. 670 del 1972, e successive modifiche, e dell’art. 18 del d.lgs. n. 268 del 1992.

Valgono, anche in questo caso, le considerazioni svolte in ordine all’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della medesima legge provinciale.

13.– L’art. 16 della legge prov. in esame concede ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti una facoltà derogatoria in materia di allegazione di documenti al bilancio di previsione. Il Presidente del Consiglio ritiene che ciò sia in contrasto con l’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale prevede, tra l’altro, l’obbligo, per gli enti locali, di allegazione al bilancio del prospetto delle spese previste per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali e del prospetto delle spese previste per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni.

13.1.– La censura del ricorrente non è fondata perché il successivo comma 10 del medesimo art. 11 prevede una eccezione, in termini di facoltatività, assolutamente speculare a quella della norma provinciale impugnata. Si tratta, in sostanza, di un recepimento formale della disposizione statale come prescritto dall’art. 79, comma 4-octies del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, introdotto dall’art. 1, comma 407, lettera e), numero 4), della legge n. 190 del 2014.

14.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge prov. n. 17 del 2015, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. ed in relazione all’art. 74, comma l, numero 12), del d.lgs. n. 118 del 2011, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 126 del 2014, che modifica l’art. 163 del d.lgs. n. 267 del 2000, è fondata nella parte in cui prevede che l’esercizio provvisorio è autorizzato con accordo tra il Presidente della Provincia ed una rappresentanza del comune, mentre la norma statale dispone che «L’esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con decreto del Ministro dell’interno che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 151, primo comma, differisce il termine di approvazione del bilancio, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomia locale, in presenza di motivate esigenze».

Valgono, anche in questo caso, le considerazioni svolte in ordine all’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della medesima legge provinciale.

15.– L’art. 18, della legge prov. n. 17 del 2015, disciplinando le variazioni al bilancio di previsione, sarebbe lesivo dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione all’art. 74, comma l, numero 23), del d.lgs. n. 118 del 2011, che ha modificato l’art. 175 del d.lgs. 267 del 2000.

15.1.– La questione è fondata.

Deve, difatti, essere condivisa la censura del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo cui la disposizione si sarebbe dovuta limitare all’individuazione dei soggetti competenti e delle procedure amministrative afferenti all’adozione delle variazioni di bilancio, lasciando del tutto inalterate le fattispecie consentite dal d.lgs. n. 118 del 2011.

Al contrario, la norma provinciale individua casistiche diverse, ingenerando dubbi applicativi che possono riverberarsi sull’uniformità delle risultanze dei bilanci.

16.– L’art. 66 della legge prov. n. 17 del 2015, in tema di funzioni del revisore dei conti, sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011, che ha modificato l’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, nella parte in cui non prevede le funzioni dei revisori dei conti stabilite dal d.lgs. da ultimo menzionato, bensì quelle di vigilanza sugli inventari (comma l, lettera c) e sui contratti collettivi (lettera g), non contemplate nella disciplina statale.

16.1.– La questione non è fondata.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’impugnato art. 66, disciplinando le funzioni del revisore dei conti in difformità con quanto disposto dall’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011, sarebbe costituzionalmente illegittimo. Ciò in quanto prevederebbe, tra i compiti del revisore, la vigilanza sugli inventari (comma l, lettera c) e quella sui contratti collettivi (lettera g) non contemplate nella richiamata norma interposta. Al contrario, non prevederebbe che il revisore fornisca pareri sugli strumenti di programmazione economico-finanziaria (di cui all’art. 239, comma l, lettera b, numero l, del d.lgs. n. 267 del 2000), sulle modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni (art. 239, comma l, lettera b, numero 3), sulle proposte di ricorso all’indebitamento (art. 239 comma l, lettera b, numero 4), sulle proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia (art. 239, comma 1, lettera b, numero 5) e sulle proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali (art. 239, comma 1, lettera b, numero 7).

In ordine a tali profili, deve essere condivisa la tesi della Provincia autonoma, la quale fa presente come il compito naturale della revisione contabile, sia negli ordinamenti pubblici che privatistici, è quello di vigilare sulla corrispondenza alla legge ed alle regole contabili ed economiche dei fatti di gestione, come rappresentati in bilancio e nelle scritture contabili. Sottolinea in particolare la Provincia autonoma come siano naturale terreno della revisione contabile le verifiche inerenti «all’acquisizione delle entrate, all’effettuazione delle spese, all’attività contrattuale, all’amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali e alla tenuta della contabilità». In tal senso depongono anche le specifiche norme di settore contenute nel decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59), laddove è previsto che «Ai controlli [interni] di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione, e, in particolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonché i servizi ispettivi» (art. 2, comma 1), che «[l]e pubbliche amministrazioni, nell’ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti adeguati a: a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile)» (art. 1, comma 1) e che «è fatto divieto di affidare verifiche di regolarità amministrativa e contabile a strutture addette al controllo di gestione, alla valutazione dei dirigenti, al controllo strategico. Gli enti locali […] possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presente decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l’ordinamento finanziario e contabile» (art. 1, comma 2, lettera e, e comma 3).

In definitiva, la vigilanza sulla corretta compilazione degli inventari e quella sulla corrispondenza della spesa del personale ai contratti collettivi è un sindacato ascrivibile alla categoria dei controlli interni di legittimità-regolarità ed alla funzione di revisione contabile.

In tale prospettiva funzionale, le attribuzioni richiamate nella norma impugnata in aggiunta a quelle previste dall’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000 fanno ontologicamente parte, come correttamente evidenziato dalla Provincia resistente, della revisione contabile, così come delineata dai principi specifici della materia, contenuti nel d.lgs. n. 286 del 1999 e da quelli corrispondenti vigenti in ambito civilistico.

Rimangono da esaminare le ragioni della non fondatezza della seconda censura, inerente al mancato inserimento, tra i compiti del revisore, di quello di esprimere pareri sugli strumenti di programmazione economico-finanziaria, sulle modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni, sulle proposte di ricorso all’indebitamento, sulle proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia, e sulle proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali.

È evidente come detti adempimenti rientrino tutti nel concetto di «vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione» di cui all’art. 66, comma 1, lettera c), della legge prov. n. 17 del 2015.

La disposizione impugnata (art. 66 della legge prov. n. 17 del 2015) richiama, come quella interposta (art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000) l’istituto del parere che – con riguardo all’attività dei revisori – può essere definito obbligatorio e non vincolante. Infatti, il controllo interno di regolarità amministrativa e contabile cui appartiene la revisione contabile non è vincolante per le definitive determinazioni in ordine all’efficacia dell’atto, le quali sono comunque di pertinenza dell’organo amministrativo responsabile (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1999) ma è obbligatorio, come prescritto sia dalla disposizione impugnata (art. 66, comma 2, della legge prov. n. 17 del 2015), sia da quella interposta (art. 239, comma 1-bis, del d.lgs. n. 267 del 2000) secondo cui «[i] pareri sono obbligatori. L’organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall’organo di revisione».

In buona sostanza, se l’attività degli organi di revisione non può sovrapporsi al potere decisionale dell’ente locale, la segnalazione di violazioni di regole contabili, finanziarie ed economiche e di appropriate prescrizioni per la loro rimozione pone l’ente interessato di fronte alla responsabilità politica ed amministrativa di adottare eventuali decisioni in difformità da tali prescrizioni, che potrebbero comportare ipotesi di consapevole illegittimità od illecito nell’espletamento delle proprie funzioni.

Così interpretato, il combinato della disposizione impugnata e di quella interposta non presenta profili di contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., poiché spiega esaurientemente il significato pregnante della funzione consultiva dei revisori e l’inerenza di detta attività all’obiettivo di avvertire e salvaguardare gli organi preposti dal rischio di adottare eventuali decisioni non conformi a legge su tutte le questioni che hanno un impatto sulla gestione del bilancio, ivi comprese la programmazione economico-finanziaria, la gestione dei servizi, la costituzione o la partecipazione ad organismi esterni, il ricorso all’indebitamento, l’utilizzo di strumenti di finanza innovativa, l’adozione del regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e l’applicazione dei tributi locali. Detti adempimenti sono, dunque, in astratto ricompresi nella norma regionale impugnata.

17.– Nel corso del presente giudizio è stata promulgata la legge prov. n. 25 del 2016 che, tra l’altro, ha abrogato, a far data dal 1° gennaio 2017, le disposizioni impugnate. Detta sopravvenienza ha indotto la resistente a chiedere la cessazione della materia del contendere della cui impraticabilità si è in precedenza argomentato.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, ritenendo, al contrario, alcune disposizioni riproduttive della legge impugnata ed affette da vizi di legittimità ancora più gravi, ha chiesto il trasferimento delle questioni di legittimità costituzionale promosse nel presente giudizio alle norme sopravvenute ed, in particolare, agli artt. 1, 3, 4, 5, 6 ,7, 8, 14, 28 e 32, comma 3, della nuova legge.

17.1.– È costante orientamento di questa Corte che, in caso di ius superveniens, la questione di legittimità costituzionale può essere trasferita sul nuovo testo della norma impugnata, anzitutto, a condizione che quest’ultima non «appaia dotata di un contenuto radicalmente innovativo rispetto alla norma originaria» (sentenza n. 141 del 2016), che le modifiche siano marginali (tra le tante, sentenza n. 30 del 2012) o che comunque non abbiano «alterato la portata precettiva della norma impugnata» (sentenza n. 193 del 2012); ed, infine, che non siano satisfattive rispetto alle censure proposte (sentenza n. 219 del 2013).

La Corte ha precisato che, ove le modifiche introdotte incidano in maniera sostanziale sulla disciplina oggetto di impugnativa, «il supposto trasferimento della questione di costituzionalità, lungi dal garantire il principio di effettività della tutela delle parti nel giudizio in via di azione, supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione» (sentenza n. 300 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 162 del 2007 e n. 137 del 2004). Si è ulteriormente affermato che «[i]n definitiva, se dalla disposizione legislativa sopravvenuta sia desumibile una norma sostanzialmente coincidente con quella impugnata, la questione – in forza del principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via d’azione – deve intendersi trasferita sulla nuova norma (sentenza n. 326 del 2010 e, nello stesso senso, da ultimo, sentenze n. 40 del 2016, n. 155, n. 77 e n. 46 del 2015)» (sentenza n. 141 del 2016).

Anche in relazione alle deduzioni del ricorrente, occorre verificare, quindi, se e quali disposizioni della novella legislativa provinciale abbiano reiterato i già dedotti vizi di illegittimità costituzionale: il che comporterebbe la dichiarazione di illegittimità della norma in entrambi i testi scrutinati, nella formulazione originaria ed in quella successiva (sentenza n. 178 del 2013).

18.– Tanto premesso, il trasferimento delle questioni proposte dal ricorrente deve essere effettuato nei confronti degli artt. 1, commi 2 e 3; 3, 4 e 8, comma 1, della legge prov. n. 25 del 2016.

18.1.– I commi 2 e 3 dell’art. 1 della legge prov. n. 25 del 2016 riproducono sostanzialmente il contenuto dell’art. 2 e dell’art. 4, commi 1 e 4, della legge prov. n. 17 del 2015, sulla cui illegittimità costituzionale si è precedentemente argomentato.

Tali disposizioni invadono la competenza esclusiva dello Stato nella determinazione dei criteri di armonizzazione dei bilanci degli enti locali provinciali, delle relative eccezioni nonché dei criteri di definizione degli enti interessati ad attuare i principi dell’armonizzazione e, come le norme sostanzialmente riprodotte, risultano, quindi, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 ed all’art. 74, comma 1, numero 6), lettera a), del medesimo decreto.

Pertanto anch’esse devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime.

18.2.– Quanto all’art. 3, appare evidente che esso riproduce in modo pedissequo il contenuto degli artt. 8 e 17 dell’abrogata legge prov. n. 17 del 2015, dettando tempi e modalità difformi da quanto statuito rispettivamente nell’allegato 4/1, punto 9.3, terzo comma, del d.lgs. n. 118 del 2011 e nell’art. 74, comma 1, numero 22), lettera c), del medesimo decreto, come aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 126 del 2014.

Per questi motivi anche l’art. 3 della legge prov. n. 25 del 2016 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

18.3.– L’art. 4, comma 1, della legge prov. n. 25 del 2016 riproduce specularmente la formulazione dell’art. 14, comma 3, della legge prov. n. 17 del 2015, alzando la soglia della deroga facoltativa alla redazione del PEG per gli enti locali con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.

Anch’esso deve essere quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 169, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera g-bis), del d.l. n. 174 del 2012, così sostituito dall’art. 74, comma 1, numero 18), del d.lgs. n. 118 del 2011, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa), del d.lgs. n. 126 del 2014.

18.4.– L’art. 8, comma 1, della legge prov. n. 25 del 2016, in tema di riconoscimento di debiti fuori bilancio, riproduce specularmente l’art. 37, comma 1, della legge prov. n. 17 del 2015 e pertanto deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. in relazione all’art. 74, comma 1, numeri 5) e 11), del d.lgs. n. 118 del 2011, che ha modificato gli artt. 151 e 162 del d.lgs. n. 267 del 2000.

19.– Gli artt. 5, 6, 7, 14, 28 e 32 della legge prov. n. 25 del 2016, sui quali l’Avvocatura generale dello Stato ha chiesto il trasferimento delle questioni di legittimità costituzionale, presentano un contenuto radicalmente innovativo rispetto alle norme impugnate della precedente legge, di talché un loro esame in questa sede supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione (ex multis, sentenza n. 300 del 2012).

Occorre peraltro ricordare che, sulle pretese della Provincia autonoma di Bolzano di autoattribuirsi le funzioni di controllo della Corte dei conti nei confronti degli enti territoriali provinciali, questa Corte si è già pronunciata.

In sede di conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Bolzano nei confronti dello Stato e della Corte dei conti è stato affermato che le funzioni di controllo della Provincia e della Corte dei conti non sono assolutamente fungibili: «Alla Corte dei conti è infatti attribuito il controllo sull’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell’unità economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.): equilibrio e vincoli che trovano generale presidio nel sindacato della Corte dei conti quale magistratura neutrale ed indipendente, garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico. Alla Provincia autonoma spettano invece diverse forme di controllo interno sulla gestione delle risorse finanziarie, ancorché declinate in forma differenziata rispetto agli altri enti territoriali secondo quanto previsto dalle peculiari condizioni dello statuto di autonomia. Né può trascurarsi che tale distinzione, su cui poggia l’estensione agli enti territoriali dotati di autonomia speciale del controllo sulla legalità e sulla regolarità della gestione economico-finanziaria, assuma ancora maggior rilievo nel quadro delineato dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), che, nel comma premesso all’art. 97 Cost., richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico» (sentenza n. 60 del 2013).

Successivamente, in sede di ricorso promosso dallo Stato nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano in ordine a disposizione di analogo tenore, è stato affermato che il controllo della Corte dei conti ai sensi dell’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000 nei confronti degli enti locali è di natura generale ed obbligatoria, di talché «I controlli delle sezioni regionali della Corte dei conti – previsti a partire dalla emanazione dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2006) e poi trasfusi nell’art. 148-bis del TUEL – hanno assunto progressivamente caratteri cogenti nei confronti dei destinatari (sentenza n. 60 del 2013), proprio per prevenire o contrastare gestioni contabili non corrette, suscettibili di alterare l’equilibrio del bilancio (art. 81 Cost.) e di riverberare tali disfunzioni sul conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, vanificando conseguentemente la funzione di coordinamento dello Stato finalizzata al rispetto degli obblighi comunitari. Dunque, tale tipo di sindacato, che la norma impugnata vorrebbe concentrare nella sfera di attribuzioni della Provincia autonoma di Bolzano, è esercitato nell’interesse dello Stato per finalità che riguardano la finanza pubblica nel suo complesso e non può essere confuso e sovrapposto a controlli esercitati da un ente ad autonomia speciale. Per la sua intrinseca finalità questo tipo di verifica non può essere affidato ad un singolo ente autonomo territoriale, ancorché a statuto speciale, che non ne potrebbe assicurare la conformità ai canoni nazionali, la neutralità, l’imparzialità e l’indipendenza con riguardo agli interessi generali della finanza pubblica coinvolti. Questi ultimi trascendono l’ambito territoriale provinciale e si pongono potenzialmente anche in rapporto dialettico con gli interessi della Provincia autonoma sotto il profilo del concreto riscontro delle modalità con cui i singoli enti del territorio provinciale rispettano i limiti di contenimento della spesa. […] Dunque, l’art. 12, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 22 del 2012 viola gli artt. 81, quarto comma, e 117, terzo comma, Cost. e gli artt. 8, 9 e 79 dello statuto speciale e deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto sottrae – per acquisirlo alla sfera funzionale della Provincia, in assenza di previsione statutaria – alla Corte dei conti, organo a ciò deputato dal legislatore statale, il sindacato sulla legittimità e regolarità dei bilanci degli enti locali della Provincia autonoma, finalizzato a verificare il rispetto – in detto ambito provinciale – dei limiti e degli equilibri complessivi di finanza pubblica, alla cui attuazione detti enti concorrono» (sentenza n. 40 del 2014).

20.– In definitiva, l’impianto della legge impugnata e di quella successiva che l’ha abrogata – così come scandito dalle norme costituzionalmente illegittime – non appare improntato a valorizzare la conoscenza e la "leggibilità finanziaria” dei programmi attuativi delle politiche pubbliche degli enti territoriali della Provincia autonoma di Bolzano.

È proprio quest’ultimo l’ambito di competenza finanziario-contabile che questa Corte ha già individuato come proprio del legislatore regionale e delle Province autonome, quello, cioè, di chiarire e specificare le scelte e le priorità politiche del governo territoriale, tradotte nella composizione quantitativa, qualitativa e finalistica delle partite attive e passive del bilancio. È stato, infatti, precisato che in ossequio alle esigenze «della democrazia rappresentativa […] deve essere assicurata ai membri della collettività la cognizione delle modalità con le quali le risorse vengono prelevate, chieste in prestito, destinate, autorizzate in bilancio ed infine spese» (sentenza n. 184 del 2016).

In altre parole, la disciplina dell’esposizione divulgativa (riservata al legislatore provinciale) dei termini numerici che caratterizzano il bilancio di previsione costituisce elemento di razionalizzazione e di trasparenza del processo decisionale dell’ente territoriale, fornendo alla collettività amministrata il senso delle priorità politiche e della loro proiezione finanziaria, così da individuare, rispettivamente ex ante (bilancio di previsione) ed ex post (rendiconto) la reale traiettoria delle gestioni pubbliche e dei loro risultati effettivi.

Al contrario, le norme censurate non appaiono, nel loro complesso, idonee ad integrare – sotto il profilo della trasparenza, della chiarezza, della significatività e della specificazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche – la forte connotazione tecnica dei principi di armonizzazione.

Tali principi – come già osservato da questa Corte – risultano indispensabili per assicurare l’uniformità giuridica delle transazioni finanziarie e l’omogeneità dei dati finanziario-contabili della finanza pubblica allargata ed, in ragione di questi obiettivi, sono caratterizzati da una accentuata standardizzazione tecnica che produce, di riflesso, una difficile accessibilità informativa per il cittadino di media diligenza (ancora, sentenza n. 184 del 2016). Proprio nello scopo di qualificare la natura ed il funzionamento reale di un sistema di democrazia rappresentativa su base territoriale, trova fondamento e limite l’autonomia finanziaria e contabile della Provincia autonoma di Bolzano che, con riguardo alle norme censurate – le quali vengono, al contrario, a realizzare una mera integrazione finalizzata soprattutto a derogare e distorcere le regole dell’armonizzazione del d.lgs. n. 118 del 2011 – non è stata correttamente esercitata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 22 dicembre 2015, n. 17 (Ordinamento finanziario e contabile dei comuni e delle comunità comprensoriali), nella parte in cui non prevede che l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali provinciali e dei loro enti ed organismi strumentali è disciplinato dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e nella parte in cui non prevede che al legislatore provinciale rimane attribuita una competenza normativa che non sia in contrasto con le disposizioni della armonizzazione, del coordinamento nazionale della finanza pubblica, del rispetto dei vincoli europei e della salvaguardia degli equilibri di bilancio;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, limitatamente alle parole «o entro altro termine stabilito con accordo previsto dall’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modifiche, e dall’articolo 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, riferiti a un orizzonte temporale almeno triennale»;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, nella parte in cui dispone che ciascun ente locale provinciale applica i principi contabili stabiliti «dalla presente legge» e nella parte in cui prevede «ferme restando le disposizioni previste dalla presente legge per assicurare l’unitarietà e l’uniformità del sistema finanziario e contabile»;

4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;

5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, limitatamente all’inciso «salvo le eccezioni previste dall’articolo 37, comma 1»;

6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, nella parte in cui prevede che il documento unico di programmazione sia presentato al Consiglio entro il 31 ottobre di ciascun anno per le conseguenti deliberazioni anziché entro il 31 luglio;

7) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;

8) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, commi 1 e 3, della medesima legge prov. n. 17 del 2015, nella parte in cui prevede per la presentazione dello schema di bilancio finanziario e del documento unico di programmazione, nonché per la deliberazione del bilancio di previsione, termini diversi da quelli stabiliti dal d.lgs. n. 118 del 2011;

9) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 2, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;

10) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della medesima legge prov. n. 17 del 2015;

11) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, della medesima legge prov. n. 17 del 2015;

12) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 2 e 3; 3, 4, comma 1, e 8, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2016, n. 25 (Ordinamento contabile e finanziario dei comuni e delle comunità comprensoriali della Provincia di Bolzano);

13) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge prov. Bolzano n. 17 del 2015 promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed in relazione all’art. 48 del d.lgs. n. 118 del 2011, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

14) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della medesima legge prov. n. 17 del 2015 promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed in relazione all’art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 118 del 2011, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

15) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 66 della medesima legge prov. n. 17 del 2015, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., e in relazione all’art. 74, comma l, numero 61), del d.lgs. n. 118 del 2011, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 febbraio 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Carmelinda MORANO, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2017.