Sentenza n. 300 del 2012

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SENTENZA N. 300

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                                              Presidente

-           Luigi                           MAZZELLA                                                      Giudice

-           Gaetano                      SILVESTRI                                                              "

-           Sabino                         CASSESE                                                                 "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                                "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                                                        "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                                      "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                                           "

-           Paolo                           GROSSI                                                                    "

-           Giorgio                       LATTANZI                                                               "

-           Aldo                           CAROSI                                                                    "

-           Marta                          CARTABIA                                                              "

-           Sergio                         MATTARELLA                                                        "

-           Mario Rosario             MORELLI                                                                 "

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, promossi dalla Regione autonoma della Sardegna e dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con ricorsi notificati il 24 ed il 25 febbraio 2012, depositati in cancelleria il 2 ed il 5 marzo 2012 ed iscritti al n. 47 e n. 50 del registro ricorsi 2012.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2012 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con due ricorsi, il primo notificato il 24 febbraio 2012 e depositato il 2 marzo 2012, il secondo notificato il 25 febbraio 2012 e depositato il 5 marzo 2012, le Regioni autonome Sardegna e Friuli-Venezia Giulia hanno promosso questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

2.— La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’art. 16 del citato decreto-legge, censurato dalla Regione Sardegna per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia per violazione degli articoli 3, 117, terzo comma, e 119 Cost., degli articoli 4, 5, 8, 48 e 51, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché degli articoli 1 e 5, comma 5, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonché di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo), e degli articoli 9 e 11, comma 1, del decreto legislativo 1 aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti).

3.— La Regione Sardegna impugna le seguenti norme: il comma 2, che, a decorrere dal 1° maggio 2012, assoggetta le unità da diporto che stazionino in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche, al pagamento di una tassa annuale di stazionamento, calcolata per ogni giorno, o frazione di esso, in misure parametrate a nove categorie di lunghezza dello scafo; il comma 3, che prevede una riduzione della tassa per le unità con scafo di lunghezza fino a dodici metri, utilizzate esclusivamente dai proprietari residenti nei comuni ubicati nelle isole minori e nella laguna di Venezia; il comma 4, che prevede ulteriori esenzioni per le unità di proprietà o in uso allo Stato e ad altri enti pubblici e per quelle che si trovino in un’area di rimessaggio e per i giorni di effettiva permanenza in rimessaggio; il comma 5, che esenta dalla tassa le unità da diporto possedute ed utilizzate da enti ed associazioni di volontariato esclusivamente a fini di assistenza sanitaria e pronto soccorso; il comma 5-bis, che prevede ulteriori esenzioni per la promozione della nautica da diporto; i commi 6, 7, 8, 9 e 10, che disciplinano le modalità di determinazione degli importi da versare, i controlli, le sanzioni e il relativo contenzioso; il comma 11, che istituisce un’imposta erariale sugli aeromobili privati in misure parametrate a sette categorie di velivoli con riguardo al peso massimo al decollo e alla tipologia degli aeromobili e una diversa imposta per i mezzi ad ala rotante, nonché per alianti, moto alianti, autogiri e aerostati; i commi 12 e 13, che disciplinano i soggetti passivi d’imposta, le misure ed i tempi dei versamenti da effettuare; il comma 14, che esenta dall’imposta gli aeromobili di Stato, quelli ad essi equiparati ed ulteriori categorie di velivoli; il comma 14-bis, che estende l’imposta agli aeromobili non immatricolati nel registro aeronautico nazionale in sosta nel territorio italiano; i commi 15 e 15-bis, che dettano le modalità di versamento dell’imposta – anche mediante rinvio a provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate – e disciplinano le sanzioni e il relativo contenzioso.

3.1.— Osserva la Regione ricorrente che l’art. 16, commi da 2 a 15-bis, del d.l. n. 201 del 2011 istituisce una «tassa sul turismo», in contrasto con le norme costituzionali (artt. 117 e 119 Cost.) e statutarie (artt. 7 e 8). Mentre tali parametri riservano la competenza in materia di «turismo» alla Regione, risulterebbe invece evidente l’intento del legislatore statale di utilizzare, quale presupposto di imposta, beni ad uso turistico tanto in riferimento alle unità da diporto quanto agli aeromobili privati.

La Regione Sardegna deduce, quindi, la lesione dell’autonomia finanziaria regionale (art. 119 Cost., in relazione anche all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e delle proprie prerogative connesse alla materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» (art. 117, terzo comma, Cost., sempre in riferimento alla summenzionata “clausola di maggior favore”), in violazione degli artt. 7 (finanza regionale) e 8 (entrate della Regione) dello statuto speciale. La Regione asserisce che il legislatore statale ha, infatti, introdotto una forma di imposizione tributaria in violazione dell’art. 8, comma 1, lettera h), dello statuto speciale, il quale prevede che le entrate della Regione sono costituite, tra l’altro, da «imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri che la Regione ha facoltà di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato». Al riguardo, la Regione Sardegna richiama la sentenza n. 102 del 2008 di questa Corte, che – nel sottoporre a scrutinio di costituzionalità l’art. 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), istitutivo di una tassa regionale avente come presupposto d’imposta lo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto – ha ritenuto «non implausibile la classificazione del suddetto tributo come tassa sul turismo».

4.— La ricorrente Regione Friuli-Venezia Giulia assume l’art. 16, commi da 2 a 10, del d.l. n. 201 del 2011 – limitatamente, quindi, alla disciplina della tassa sulle unità da diporto – come lesivo dell’autonomia finanziaria e patrimoniale della Regione, soffermandosi in via preliminare sulla qualificazione giuridica del tributo. Osserva la Regione ricorrente che diversi elementi inducono a ritenere che quest’ultimo rivesta la natura di tassa per l’utilizzazione del bene pubblico «acqua» e non già per la presenza del bene «unità da diporto» nel patrimonio del soggetto.

4.1.— La Regione Friuli-Venezia Giulia fornisce preliminarmente una ricostruzione del quadro normativo delle competenze regionali in materia di acque pubbliche, richiamando i trasferimenti dei beni del demanio idrico, incluse le relative pertinenze, anche in specifico riferimento a quelli situati nella laguna di Marano-Grado. Ne conseguirebbe l’illegittimità dell’art. 16, commi da 2 a 10, del d.l. n. 201 del 2011, nella parte in cui non esclude i beni del demanio idrico e la laguna di Marano-Grado dall’applicazione della tassa di stazionamento, per violazione degli artt. 48 e 51, primo comma, dello statuto (che garantiscono l’autonomia finanziaria e patrimoniale della Regione).

4.2.— In via subordinata, ove l’istituzione della tassa apparisse legittima, la Regione ricorrente deduce l’illegittimità della destinazione dei relativi proventi al bilancio dello Stato, atteso che l’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 265 del 2001 riserva alla Regione «i proventi e le spese derivanti dalla gestione dei beni trasferiti», non potendo tra essi non includersi quelli derivanti dalle imposizioni relative alla fruizione dei beni stessi.

4.3.— Con una terza censura, la Regione ricorrente asserisce l’illegittimità dell’art. 16, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, che prevede una riduzione della tassa per le imbarcazioni utilizzate esclusivamente dai proprietari residenti nei comuni ubicati nelle isole minori e nella laguna di Venezia, senza estendere eguale regime ai comuni ubicati nella laguna di Marano-Grado. Osserva la Regione Friuli-Venezia Giulia che, distinguendo irragionevolmente tra situazioni del tutto assimilabili, si determina una violazione dell’art. 3 Cost. che si traduce in lesione dell’autonomia finanziaria regionale. Al riguardo, la Regione ricorrente richiama la sentenza n. 276 del 1991 di questa Corte in merito alla legittimazione della Regione, quale ente esponenziale della comunità stanziata sul proprio territorio, a far valere la violazione del principio di eguaglianza a fronte di una disciplina irragionevolmente differenziata dettata dal legislatore statale.

5.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel giudizio promosso dalla Regione Sardegna con atto depositato il 4 aprile 2012, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, in subordine, respinto in quanto infondato.

5.1.— Osserva l’Avvocatura generale dello Stato che sono intervenute varie modificazioni dell’art. 16, commi da 2 a 15-bis, del d.l. n. 201 del 2011, che hanno mutato la natura del tributo da tassa di stazionamento ad imposta sul possesso. Le norme impugnate, nella versione sopravvenuta, sfuggirebbero pertanto alle censure della Regione ricorrente, in quanto il prelievo previsto è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva, quale l’essere proprietario o titolare di altro diritto reale o utilizzatore di unità da diporto o aeromobile.

6.— Nel giudizio instaurato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, ha depositato fuori termine memoria di costituzione in giudizio.

7.— Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la Regione Sardegna ha depositato una memoria con la quale insiste per l’accoglimento della questione proposta, ribadendo le argomentazioni contenute nel ricorso.

8.— La Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria con la quale ha riconosciuto, da parte sua, la cessazione della materia del contendere per effetto delle sopravvenute modificazioni delle norme impugnate.

Considerato in diritto

1.— Le Regioni autonome Sardegna e Friuli-Venezia Giulia con due ricorsi, il primo notificato il 24 febbraio 2012 e depositato il 2 marzo 2012, il secondo notificato il 25 febbraio 2012 e depositato il 5 marzo 2012, impugnano (unitamente ad altre disposizioni) l’articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

La Regione Sardegna, in particolare, censura i commi da 2 a 15-bis di tale articolo, per violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna).

La Regione Friuli-Venezia Giulia, invece, censura i commi da 2 a 10 dello stesso art. 16, per violazione degli articoli 3, 117, terzo comma, e 119 Cost., degli articoli 4, 5, 8, 48 e 51, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché degli articoli 1 e 5, comma 5, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonché di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo), e degli articoli 9 e 11, comma 1, del decreto legislativo 1 aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti).

2.— Nel giudizio promosso dalla Regione Friuli-Venezia Giulia va dichiarata inammissibile la costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, avvenuta tardivamente, oltre il termine di cui al comma 3 dell’art. 19 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

3.— L’identità di materia e l’analogia delle questioni prospettate rendono opportuna, al fine della loro congiunta trattazione e decisione, la riunione dei giudizi relativi alle questioni aventi ad oggetto l’art. 16 del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011.

4.— Occorre preliminarmente rilevare che le disposizioni censurate sono state oggetto di numerose modifiche in epoca successiva al promovimento degli odierni giudizi di legittimità costituzionale, per effetto dell’articolo 60-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; degli articoli 3, comma 16-quinquies, e 3-sexies del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44; e dell’articolo 67, comma 5-quater, lettera b) del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.

L’art. 16, commi da 2 a 10, del d.l. n. 201 del 2011, relativo alla tassa sulle unità da diporto, risulta così modificato: il comma 2 è stato integralmente sostituito dall’art. 60-bis, comma 1, lettera a), del d.l. n. 1 del 2012, il quale prevede che tutte le unità da diporto oltre i dieci metri sono assoggettate, a decorrere dal 1° maggio di ogni anno, ad una tassa annuale in misure correlate a dieci categorie di grandezza (in base alla lunghezza dello scafo); i commi 3 e 4 sono stati modificati dall’art. 60-bis, comma 1, lettere b) e c), del d.l. n. 1 del 2012, che ha tra l’altro esteso l’applicazione della tassa anche al periodo di permanenza in rimessaggio dei natanti; gli altri commi sono stati parzialmente modificati dall’art. 60-bis, comma 1, lettere d) e e), del d.l. n. 1 del 2012, che ha, tra l’altro, esteso l’esenzione dalla tassa a talune fattispecie allo scopo di sviluppare la nautica da diporto e ha ampliato la platea dei soggetti passivi della tassa annuale a tutti i possessori di unità da diporto residenti sul territorio dello Stato.

Quanto all’imposta sugli aeromobili privati, è stato inserito il comma 10-bis nell’art. 16 del d.l. n. 201 del 2011 dall’art. 3-sexies, comma 1, lettera a), del d.l. n. 16 del 2012, che ha istituito una nuova imposta erariale sui voli dei passeggeri di aerotaxi, a carico del passeggero e versata dal vettore, in misure parametrate a tre categorie di lunghezza dei tragitti. Il comma 11 è stato integralmente sostituito dall’art. 3-sexies, comma 1, lettera b), del d.l. n. 16 del 2012, che ha: ridotto le misure annuali dell’imposta erariale sugli aeromobili di minori dimensioni; ridotto l’imposta sugli elicotteri; escluso gli autogiri dal versamento dell’imposta stessa. Il comma 14 è stato integralmente sostituito dall’art. 3-sexies, comma 1, lettera c), del d.l. n. 16 del 2012, che ha esteso l’esenzione dall’imposta agli aeromobili storici, a quelli di costruzione amatoriale, agli apparecchi per il volo da diporto o sportivo di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 106 (Disciplina del volo da diporto o sportivo).

L’art. 3-sexies, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012 ha, infine, disposto effetti giuridici retroattivi delle modificazioni apportate (a decorrere dall’entrata in vigore dell’originario d.l. n. 201 del 2011), introducendo meccanismi compensativi in favore del soggetto passivo ed escludendo l’applicazione di sanzioni e interessi per i versamenti, eventualmente effettuati in misura inferiore a quella successivamente stabilita, qualora l’eccedenza venga versata entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 16 del 2012.

Alla luce delle sopravvenute modifiche richiamate, occorre valutare la persistenza delle condizioni che rendono necessaria una pronuncia da parte di questa Corte.

5.— L’art. 16, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, è impugnato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia nella parte in cui prevede una riduzione della tassa di stazionamento per le imbarcazioni utilizzate dai proprietari residenti nei comuni ubicati nelle isole minori e nella laguna di Venezia, senza estendere eguale regime ai comuni ubicati nella laguna di Marano-Grado.

In tale previsione, la Regione ricorrente ravvisa una violazione dell’art. 3 Cost., perché il trattamento irragionevolmente differenziato tra situazioni del tutto assimilabili si tradurrebbe in lesione dell’autonomia finanziaria regionale.

La questione relativa all’art. 16, comma 3, è inammissibile.

Questa Corte ha più volte affermato che, nei giudizi in via principale, le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze e possono invocare altri parametri soltanto ove la violazione di questi comporti una lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (ex plurimis, sentenze n. 151 del 2012; n. 341 del 2009; n. 286 del 2004).

Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto la violazione del principio di ragionevolezza non incide sulla distribuzione delle competenze costituzionali tra Stato e Regioni. Al riguardo, il richiamo della Regione ricorrente alla sentenza n. 276 del 1991 di questa Corte – che consentirebbe alla Regione di dedurre la violazione del principio di eguaglianza quale ente esponenziale della comunità stanziata sul proprio territorio – appare inconferente, atteso che, in quel giudizio, la violazione dell’art. 3 Cost. da parte della norma statale censurata – una legge volta ad attribuire alla Regione Veneto e al Comune di Venezia una posizione di privilegio rispetto alla scelta di altre città come sede di organismi internazionali – si rifletteva comunque su parametri competenziali e sulla riconosciuta attività di rilievo internazionale delle Regioni.

Ne consegue che la censura della Regione ricorrente dedotta in riferimento all’art. 3 Cost. si connota per insufficiente motivazione sulla sua ridondanza sui parametri competenziali della Regione stessa (ex plurimis, sentenza n. 341 del 2009).

6.— Con riguardo alle censure mosse in relazione all’art. 16, commi 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, relativi alla disciplina della tassa di stazionamento delle unità da diporto, occorre soffermarsi sugli effetti del suddetto ius superveniens sulle disposizioni impugnate.

La mancata applicazione delle norme impugnate nel periodo di vigenza è inequivocabilmente desumibile dallo stesso comma 2, che dispone l’applicazione della tassa a far data dal 1° maggio 2012, atteso che la stessa disposizione è stata integralmente sostituita dal non impugnato art. 60-bis, comma 1, lettera a), del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e cioè ben prima che le norme impugnate potessero esplicare i loro effetti.

Nel caso di specie, la nuova struttura delle disposizioni abrogate o modificate – e segnatamente la sostituzione integrale dell’impugnato comma 2, che ha modificato il presupposto di imposta censurato – evidenzia il mutamento della natura del tributo da tassa di stazionamento ad imposta sul possesso, a vario titolo, del soggetto passivo.

6.1.— Ne consegue che la nuova fattispecie tributaria prevista dalla richiamata disposizione non impugnata sfugge alle censure mosse dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto il presupposto di imposta non incide sul demanio idrico, né su alcun altro bene demaniale oggetto di trasferimento alla Regione (sentenza n. 1 del 2008), con conseguente impossibilità di ritenere la questione trasferita sul nuovo testo normativo.

Ricorrono pertanto, nella specie, le condizioni richieste dalla giurisprudenza di questa Corte perché debba essere dichiarata la cessazione della materia del contendere per: a) sopravvenuta abrogazione o modificazione delle norme censurate in senso satisfattivo della pretesa avanzata con il ricorso; b) mancata applicazione, medio tempore, delle norme abrogate o modificate (ex plurimis, sentenze n. 193 del 2012; n. 32 del 2012; n. 325 del 2011).

Peraltro, nella memoria presentata in data 17 ottobre 2012, la Regione ricorrente, per parte sua, ha riconosciuto la cessazione della materia del contendere.

6.2.— Quanto alla questione promossa dalla Regione Sardegna in relazione all’art. 16, commi da 2 a 10, del d.l. n. 201 del 2011, relativamente alla tassa sulle unità da diporto, bisogna precisare che la struttura delle disposizioni abrogate o modificate e la univocamente identificabile data di produzione di effetti giuridici – successiva alle abrogazioni e modificazioni apportate – consentono di ritenere pacifica la mancata applicazione medio tempore delle disposizioni impugnate. Queste ultime, applicabili «a decorrere dal 1° maggio 2012», sono state infatti abrogate o modificate ben prima che potessero esplicare alcun effetto.

La già ricordata sostituzione integrale dell’impugnato comma 2, che ha radicalmente modificato il presupposto di imposta censurato, unitamente alle modificazioni sostanziali intervenute sugli altri aspetti della disciplina tributaria, rendono pertanto la norma soggetta ad onere di ulteriore impugnazione affinché possa essere sottoposta allo scrutinio di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 32 del 2012 e n. 326 del 2010).

Anche in relazione a tali censure va pertanto dichiarata la cessazione della materia del contendere.

7.— Ulteriori disposizioni oggetto di censura sono costituite dai commi da 11 a 15-bis, dell’art. 16 del d.l. n. 201 del 2011, impugnate dalla Regione Sardegna per violazione di norme costituzionali (artt. 117 e 119) e statutarie (artt. 7 e 8).

Occorre preliminarmente soffermarsi sugli effetti del sopramenzionato ius superveniens sulle disposizioni impugnate, distinguendo tra il comma 10-bis – inserito all’art. 16 del d.l. n. 201 del 2011 dall’art. 67, comma 5-quater, del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 – e le disposizioni sopra richiamate.

Il comma 10-bis ha istituito una nuova imposta erariale sui voli di passeggeri di aerotaxi, applicata anche sui “voli taxi” effettuati tramite elicottero. Tale disposizione apporta, quindi, modificazioni sostanziali alle norme impugnate, istituendo un tributo nuovo sia nei presupposti di imposta sia negli ulteriori aspetti della disciplina tributaria.

La norma, non impugnata dalla Regione ricorrente, non può pertanto essere sottoposta a scrutinio di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 32 del 2012 e n. 326 del 2010).

Quanto alle disposizioni di cui ai commi da 11 a 15-bis, occorre prendere in esame le modificazioni apportate all’originario quadro normativo, anche in ragione dei loro effetti giuridici espressamente retroattivi.

Nel caso in esame, le modificazioni intervenute sulla normativa tributaria relativa agli aeromobili privati hanno anzitutto ristretto la platea dei soggetti passivi, estendendo esenzioni e riduzioni a determinate categorie di aeromobili, ai mezzi ad ala rotante e ai velivoli di minor peso e dimensioni. Tra gli aeromobili per i quali sono previste esenzioni dal pagamento dell’imposta sono ricompresi gli autogiri, gli aeromobili storici, gli aeromobili di costruzione amatoriale e gli apparecchi per il volo da diporto e sportivo di cui alla legge n. 106 del 1985. Le modificazioni successivamente apportate dal legislatore statale alle disposizioni impugnate vanno quindi nel senso prospettato dalla Regione ricorrente.

In secondo luogo, l’art. 3-sexies, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012 ha introdotto ulteriori modificazioni dell’originario quadro normativo, intervenendo sulla fattispecie tributaria con effetti espressamente retroattivi sia sul piano dei meccanismi compensativi disposti in favore del soggetto passivo sia su quello delle sanzioni applicabili. In quanto tale, la norma richiamata, che apporta modificazioni sostanziali alla disciplina tributaria oggetto del presente giudizio, risulta soggetta, per poter essere sottoposta allo scrutinio di questa Corte, ad onere di ulteriore impugnazione da parte della Regione ricorrente (ex plurimis, le citate sentenze n. 32 del 2012 e n. 326 del 2010)

Né, contrariamente a quanto presupposto dalla Regione Sardegna nella memoria depositata in data 16 ottobre 2012, è ipotizzabile il trasferimento della questione di costituzionalità sulle norme vigenti, attesa la natura sostanziale del mutamento normativo intervenuto (ex plurimis, sentenza n. 42 del 2010). Al riguardo, il richiamo della Regione ricorrente alla sentenza n. 30 del 2012 di questa Corte non appare conferente, poiché, nel giudizio allora in esame, la legge della Regione Sardegna 30 giugno 2011, n. 12 (Disposizioni nei vari settori di intervento), entrata in vigore nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, interpretava autenticamente e integrava alcune disposizioni precedentemente impugnate dell’art. 3 della legge Regione Sardegna 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale), così da assumere una funzione meramente esplicativa e attuativa dei precedenti contenuti legislativi, che ha consentito a questa Corte di appuntare il proprio giudizio sulle disposizioni successivamente intervenute.

Nel caso di specie, invece, le modificazioni apportate all’originario quadro normativo non possono dirsi indifferenti rispetto ai motivi di censura dedotti dalla Regione ricorrente, incidendo in maniera sostanziale sulla disciplina tributaria, con effetti giuridici retroattivi (art. 3-sexies, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012), cosicché il supposto trasferimento della questione di costituzionalità, lungi dal garantire il principio di effettività della tutela delle parti nel giudizio in via di azione, supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione (sentenze n. 162 del 2007 e n. 137 del 2004).

Quanto al riscontro circa l’avvenuta applicazione delle disposizioni originariamente impugnate, il provvedimento attuativo del Direttore generale dell’Agenzia delle entrate (previsto dall’art. 15 del d.l. n. 201 del 2011), che disciplina le modalità di versamento dell’imposta sugli aeromobili privati, è stato emanato in data 3 febbraio 2012, e cioè soltanto ventinove giorni prima che la disposizione impugnata venisse modificata. Pertanto, anche in assenza di elementi certi forniti dalla Regione per valutare l’eventuale applicazione delle disposizioni originariamente impugnate e tenuto conto del brevissimo lasso di tempo intercorso tra il provvedimento attuativo e le modificazioni successivamente apportate, ricorrono le condizioni per dichiarare la cessazione della materia del contendere anche in ordine alla questione promossa sulle disposizioni relative all’imposta erariale sugli aeromobili privati di cui all’art. 16, commi da 11 a 15-bis, del d.l. 201 del 2011.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, promossa dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, con il ricorso di cui in epigrafe;

2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, commi 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia per violazione degli articoli 3, 117, terzo comma, e 119 Cost.; e degli articoli 4, 5, 8, 48, 51, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), con il ricorso di cui in epigrafe;

3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 16, commi da 2 a 15-bis, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, promosse dalla Regione autonoma Sardegna per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.; e degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), con il ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 2012

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Sergio MATTARELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2012.