Sentenza n. 72 del 1996

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SENTENZA N.72

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 369, primo comma, del codice della navigazione, approvato con r.d. 30 marzo 1942, n. 327, promosso con ordinanza emessa il 30 marzo 1995 dal Pretore di Siracusa - sezione distaccata di Augusta, nel procedimento civile vertente tra Morello Domenico e Banca di Credito Popolare, iscritta al n. 323 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un giudizio di opposizione all'esecuzione promossa dalla Banca di Credito Popolare di Siracusa contro Domenico Morello mediante pignoramento dei crediti da lui vantati verso la S.p.a. Augustea Imprese Marittime in dipendenza di un contratto di arruolamento, il Pretore di Siracusa - sezione distaccata di Augusta, con ordinanza del 30 marzo 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 369 del r.d. 30 marzo 1942, n. 327 (testo definitivo del codice della navigazione) nella parte in cui non prevede, analogamente a quanto dispone l'art. 545 cod.proc.civ. per gli altri dipendenti privati, la pignorabilità e la sequestrabilità delle retribuzioni corrisposte all'arruolato, fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei suoi confronti.

La questione viene riproposta nonostante il precedente della sentenza di infondatezza n. 101 del 1974, non sembrando al giudice rimettente che il mero fatto della navigazione sia per sé solo sufficiente a giustificare il trattamento privilegiato, rispetto agli altri lavoratori, accordato dalla norma denunciata ai marittimi.

La disparità di trattamento è prospettata anche in relazione ai crediti, considerato che l'art. 369 cod.nav. ammette la pignorabilità di un quinto della retribuzione limitatamente ai debiti per alimenti e ai debiti certi, liquidi ed esigibili verso l'armatore dipendenti dal servizio della nave.

Si osserva infine che la disparità di trattamento è ulteriormente sottolineata dalle successive pronunce di questa Corte, che hanno progressivamente eliminato analoghe disposizioni in favore di altre categorie di lavoratori, in particolare dei dipendenti pubblici.

Considerato in diritto

 

1. - Con ordinanza del 30 marzo 1995 il Pretore di Siracusa - sezione distaccata di Augusta ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 369 del codice della navigazione, approvato con r.d. 30 marzo 1942, n. 327, per contrasto col principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., nella parte (primo comma) in cui, in deroga all'art. 545 cod.proc.civ., ammette il sequestro o il pignoramento delle retribuzioni degli arruolati, fino a un quinto del loro ammontare, esclusivamente a causa di alimenti dovuti per legge o per debiti certi, liquidi ed esigibili verso l'armatore, dipendenti dal servizio della nave.

2.1. - La questione è fondata.

La norma impugnata, risalente all'Ordinanza della marina 1° novembre 1745 di Luigi XV, fu giustificata all'origine in ragione del fatto della navigazione, allora caratterizzato dalla lunga durata dei viaggi e dalla difficoltà di rimesse di denaro in patria durante il viaggio: circostanze che potevano occasionare "il libertinaggio dei marinai" distraendo i salari dalla naturale destinazione al sostentamento delle loro famiglie.

La norma, tenuta ferma dalla giurisprudenza francese nonostante il silenzio della codificazione napoleonica, fu accolta nel codice di commercio italiano del 1882: l'art. 545 ammetteva il sequestro o il pignoramento delle paghe dei marinai solo per causa di alimenti legali, nei limiti di un terzo, e, senza limite, per i debiti verso la nave dipendenti dal servizio della nave stessa. Venuta meno col progresso tecnologico la ratio originaria, il trattamento di favore fu collegato agli aspetti pubblicistici dei rapporti di lavoro del personale navigante, legati all'interesse della sicurezza della navigazione e della regolarità dei servizi di trasporto marittimo, e quindi fu giustificato per analogia con i rapporti di pubblico impiego, per i quali una norma simile era stata introdotta dalle leggi 14 aprile e 17 giugno 1864, nn. 1731 e 1807.

2.2. - Ammesso - come pure aveva ritenuto questa Corte nella sentenza n. 101 del 1974 - che una simile giustificazione fosse ripetibile nel 1942 per l'art. 369 cod.nav. (che ha riprodotto l'art. 545 cod.comm. con riduzione del limite da un terzo a un quinto ed estensione di esso anche al secondo caso), essa è venuta meno in conseguenza di successive sentenze che hanno eliminato il trattamento privilegiato dei pubblici dipendenti e, con esso, il modello di riferimento giustificativo della norma.

Si tratta delle sentenze nn. 89 del 1987, 878 del 1988 e 115 del 1990, che hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale, le prime due, dell'art. 2, primo comma, n. 3 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), la terza dell'art. 1, terzo comma, lett. b) della legge 27 maggio 1959, n. 324, nella parte in cui non prevedevano la sequestrabilità e la pignorabilità delle retribuzioni, nonché dell'indennità integrativa speciale, corrisposte dallo Stato e dagli enti pubblici, fino a concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale. L'art. 2, primo comma, n. 3, del d.P.R. n. 180 del 1950 è stato poi nuovamente censurato dalla sentenza n. 99 del 1993 nella parte in cui non prevedeva la sequestrabilità e la pignorabilità, entro i limiti stabiliti dall'art. 545 cod.proc.civ., delle indennità di fine rapporto spettanti ai dipendenti degli enti pubblici indicati nell'art. 1 del decreto, per ogni credito vantato nei loro confronti.

Le decisioni sono motivate in relazione, per un verso, al processo in atto di osmosi tra i settori dell'impiego pubblico e dell'impiego privato, comportante una progressiva attenuazione delle differenze tra i due tipi di rapporto; per l'altro verso, alla crescente dilatazione del settore pubblico "fino a comprendere una serie di fattispecie e di soggetti nettamente diversi tra loro in raffronto alle caratteristiche della prestazione del dipendente e dei fini istituzionali dell'ente pubblico", di guisa che "non appare più ricostruibile la ratio unitaria della norma nell'esigenza di garantire il buon andamento degli uffici e la continuità dei servizi della pubblica amministrazione".

Siffatta esigenza non era più sufficiente a fornire una ratio coerente della norma in esame già sul finire degli anni '50, quando divenne prevalente, trovando poi una prima conferma nella sentenza n. 123 del 1962 di questa Corte, la giurisprudenza favorevole a riconoscere il diritto di sciopero anche ai pubblici dipendenti. Analogamente, non è più adducibile a fondamento dell'art. 369 cod.nav. l'interesse pubblico alla regolarità dei servizi marittimi, una volta riconosciuto ai componenti dell'equipaggio il diritto di sciopero quando la nave non si trovi in navigazione, in via di interpretazione restrittiva della fattispecie del reato di ammutinamento prevista dall'art. 1105 cod.nav. (sentenza n. 124 del 1962).

La rilevanza dell'aspetto pubblicistico del contratto di arruolamento è stata ulteriormente attenuata dalla legge 19 dicembre 1979, n. 649, aggiuntiva di un nuovo comma all'art. 325 cod.nav., che ha rimesso alla contrattazione collettiva la determinazione della misura e delle componenti della retribuzione, così confermando implicitamente la spettanza del diritto di sciopero anche a questa categoria di lavoratori, nel limite indicato dalla sentenza citata. Altri elementi di specialità, essi pure correlati al fatto della navigazione, sono stati rimossi dalle sentenze nn. 96 del 1987 e 364 del 1991, che hanno dichiarato l'illegittimità dell'art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori), nelle parti in cui escludeva l'applicabilità al personale navigante delle imprese di navigazione delle norme di tutela contro i provvedimenti disciplinari e i licenziamenti di cui agli artt. 7, primi tre commi, e 18 della legge medesima.

Per tutte queste considerazioni si può concludere che, allo stato attuale dell'ordinamento, è cessata ogni ragione giustificativa della norma impugnata, la quale pertanto risulta lesiva del principio di eguaglianza.

3. - In conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 369, primo comma, cod.nav., la Corte ritiene di dichiarare, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale anche dell'identica norma dettata nell'art. 930, primo comma, dello stesso codice per il personale di volo delle imprese di navigazione aerea.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 369, primo comma, del codice della navigazione (approvato con r.d. 30 marzo 1942, n. 327);

dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 930, primo comma, dello stesso codice.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 15 marzo 1996.