Sentenza n. 115 del 1990

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SENTENZA N.115

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, lettera a (rectius: art. 1, terzo comma, lett. b) della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza), promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1989 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Brigenti Claudio Maria e Binarelli Massimo, iscritta al n. 455 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Udito nella camera di consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 25 maggio 1989 il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 2, lett. a), della legge 27 maggio 1959, n. 324, nella parte in cui stabilisce il divieto della cedibilità, pignorabilità e sequestrabilità della indennità integrativa speciale istituita dalla legge stessa in favore del personale dello Stato.

Ad avviso del remittente la disposizione denunciata, a seguito della sentenza n. 878 del 1988 di questa Corte, con la quale é venuta meno la impignorabilità - per ogni credito vantato nei confronti dei personale - delle retribuzioni corrisposte dallo Stato, appare intrinsecamente irrazionale e contrastante con l'art. 3 della Costituzione per l'inammissibile condizione di disparità tra il dipendente pubblico, che può sottrarre alle azioni esecutive dei suoi creditori oltre la metà di quanto gli viene corrisposto per la sua opera (sotto la voce di indennità integrativa speciale), ed il dipendente privato che percepisce un corrispettivo sottoposto, senza distinzione alcuna nelle sue componenti, alle azioni esecutive.

Considerato in diritto

1.- Il Pretore di Roma solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento dell'art. 3 della Costituzione della disposizione contenuta nella legge 27 maggio 1959, n. 324, che stabilisce il divieto della cedibilità, pignorabilità e sequestrabilità della indennità integrativa speciale istituita dalla legge stessa in favore del personale dello Stato e percepita in corso di rapporto.

Per un evidente errore materiale il giudice remittente ha indicato tale norma nell'art. 2, lett. a, della legge - che pone il medesimo divieto in ordine all'indennità attribuita ai titolari di pensione-anzichè nell'art. 1, terzo comma, lett. b, che disciplina specificamente il regime dell'indennità integrativa speciale accessoria alla retribuzione.

Nondimeno il provvedimento di rimessione è inequivoco nel delineare correttamente la fattispecie oggetto della controversia (nella quale è appunto in discussione la pignorabilità della retribuzione complessiva percepita da un dipendente, in servizio, dell'Istituto Postelegrafonici), nell'esporre il contenuto normativo della disposizione che pone il detto divieto di pignorabilità, e nel motivare la rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della decisione finale; tanto basta per ritenere la questione inequivocamente riferita alla disposizione di cui all'art. 1, terzo comma, lett. b, della legge n. 324 del 1959 e, pertanto, l'indicazione dell'ordinanza può essere corretta dalla Corte (cfr. sentt. nn. 47 del 1962 e 138 del 1986).

2. - Nel merito la questione è fondata.

Questa Corte, con la sent. n. 878 del 1988, ha già riconosciuto la illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, n. 3 del d.P.R. S gennaio 1950, n. 180 (nella parte in cui stabiliva il medesimo divieto in ordine alla pignorabilità, per crediti non qualificati, delle retribuzioni dei pubblici dipendenti), affermando, in sintesi, il difetto di ragionevolezza di tale norma e la lesione del principio di eguaglianza concretantesi nel risolvere in senso opposto alla regola generale dell'art. 545 del codice di procedura civile i contrastanti interessi inerenti alla posizione del debitore ed a quella del creditore; in tal guisa la Corte ha eliminato un trattamento ingiustamente differenziato tra dipendenti pubblici e privati in materia di pignorabilità della retribuzione.

Dei medesimi principi non può non farsi applicazione anche nella questione in esame.

La indennità integrativa speciale è stata introdotta dalla citata legge n. 324 del 1959 al fine di far fronte alle esigenze dei lavoratori del settore pubblico impiegando uno strumento che desse alla retribuzione una stabilità adeguata rispetto all'inflazione, con un meccanismo del tutto simile a quello dell'indennità di contingenza prevista per i dipendenti privati.

L'esenzione dalla pignorabilità era allora del tutto omogenea al parallelo principio stabilito per le retribuzioni dei pubblici dipendenti dal richiamato art. 2 del T.U. n. 180 del 1950, sul presupposto che l'esecuzione coattiva dei crediti sugli emolumenti percepiti dagli impiegati dello Stato fosse suscettibile di recare turbamento alla funzionalità della pubblica Amministrazione.

Venuto meno detto limite con la declaratoria d'incostituzionalità portata dalla citata sent. n. 878 del 1988, la norma in esame continua a determinare una ingiustificabile condizione di privilegio, relativamente alla sola indennità integrativa, tra i dipendenti dello Stato ed i dipendenti privati che percepiscono una retribuzione sottoposta nel suo complesso alle azioni esecutive, pur nei limiti indicati dall'art. 545 del codice di procedura civile.

Ai fini che qui interessano, infatti, non vi è dubbio che l'indennità integrativa speciale è da considerare un elemento della retribuzione complessiva del pubblico dipendente così come l'indennità di contingenza lo è per i dipendenti privati.

Conseguentemente il rispetto del principio di eguaglianza impone che il debitore - che sia pubblico dipendente -risponda parimenti in sede esecutiva delle sue obbligazioni, anche con l'indennità integrativa speciale, secondo la regola generale stabilita dal l'art. 545 del codice di procedura civile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lett. b, della legge 27 maggio 1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in attività ed in quiescenza) nella parte in cui non prevede la pignorabilità, sequestrabilità e cedibilità dell'indennità integrativa speciale istituita al primo comma dell'articolo, fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 09/03/90.