Sentenza n. 158 del 1995

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SENTENZA N.158

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 71, secondo comma, del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), promossi con due ordinanze emesse il 4 dicembre 1993 dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi sui ricorsi proposti dalla Dieffegi s.r.l., iscritte ai nn. 486 e 487 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Udito nella camera di consiglio del 5 aprile 1995 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

Ritenuto in fatto

 

1. -- Investita del ricorso proposto dalla Dieffegi s.r.l. avverso il provvedimento del 19 novembre 1991, con il quale l'Ufficio centrale dei brevetti aveva rigettato la domanda di concessione del brevetto per marchio presentata dalla stessa Dieffegi s.r.l., la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, con una ordinanza emessa il 4 dicembre 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, secondo comma, del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), in riferimento agli artt. 3, 24 e 108 della Costituzione.

Ad avviso della Commissione rimettente, la disposizione che ne disciplina la composizione -- cioè l'impugnato art. 71, secondo comma, applicabile alla materia dei marchi d'impresa per il richiamo fattone dall'art. 53 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929 (Testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati), come sostituito dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480 -- si porrebbe in contrasto con tutte le fondamentali garanzie poste a tutela delle parti in giudizio, in quanto prevede che "il direttore dell'Ufficio (brevetti) fa parte della Commissione senza voto deliberativo".

In particolare, a causa di tale disposizione risulterebbero lesi: a) l'art. 108 della Costituzione, poichè l'inserimento nel collegio, quale componente attivo, ancorchè senza voto deliberativo, del direttore dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato non assicurerebbe adeguatamente il requisito di indipendenza imposto dalla Costituzione anche ai giudici delle giurisdizioni speciali; b) l'art. 3 della Costituzione e l'art. 6 della legge 19 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), per la disparità di trattamento delle due parti del giudizio, dal momento che la parte privata (istante per la concessione del brevetto) non godrebbe del particolare favore riservato alla parte pubblica (la pubblica amministrazione, rappresentata dall'Ufficio brevetti), ammessa a far parte del collegio giudicante; c) l'art. 24 della Costituzione, perchè, in conseguenza della predetta situazione, anche il diritto di difesa della parte ricorrente risulterebbe fortemente mortificato dalla possibilità della controparte di partecipare all'attività formativa e istruttoria della decisione, pur dopo che la parte ricorrente sia stata allontanata in applicazione dell'art. 61 del d.P.R. 8 maggio 1948, n. 795 (Testo delle disposizioni regolamentari in materia di marchi registrati).

In via preliminare, al fine di verificare la sussistenza della propria legittimazione ad investire la Corte costituzionale del dubbio di costituzionalità in oggetto, la Commissione ricorrente, in esito ad un particolareggiato excursus storico della disciplina legislativa regolante l'organizzazione e le funzioni della Commissione, afferma la propria natura di organo giurisdizionale nell'esercizio della competenza, assegnatale dalla legge in via esclusiva, di decidere, come nel caso, sui ricorsi proposti dagli istanti per la concessione dei brevetti avverso i provvedimenti di rigetto emessi dall'Ufficio centrale per i brevetti. A supporto di tale affermazione, il giudice a quo richiama anche la concorde giurisprudenza della Cassazione e della stessa Corte costituzionale, che in alcune pronunzie ha implicitamente ammesso la dedotta natura giurisdizionale, giudicando questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Commissione medesima. La stessa la Commissione rimettente afferma, inoltre, che la rilevanza di una questione di legittimità costituzionale, che, come quella in esame, abbia ad oggetto una norma che regola la composizione della Commissione stessa, è in re ipsa, poichè è destinata ad incidere sulla potestas iudicandi dell'organo chiamato a decidere nel giudizio da cui ha origine la questione incidentale.

Riguardo alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente, osserva che la mancanza di voto deliberativo non esclude che la partecipazione di una delle parti al collegio si configuri palesemente come un elemento di alterazione dell'equilibrio delle posizioni delle parti del processo e di pregiudizio dell'imparzialità dell'organo giudicante, non giustificato dalla sussistenza di ragioni particolari che impongano la deroga dei sopra richiamati principii fondamentali in tema di giurisdizione.

Infine, la Commissione a quo auspica che la Corte consenta a tali valutazioni (che sarebbero, peraltro, coerenti con la sua precedente giurisprudenza) con una pronuncia di accoglimento, considerato che nel caso una sentenza adeguatrice non sarebbe idonea ad eliminare dall'ordinamento la norma denunciata.

2. -- Con ordinanza di identico contenuto emessa, anch'essa il 4 dicembre 1993, dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, in occasione della decisione di un altro ricorso proposto dalla Dief fegi s.r.l., è stata sollevata la stessa questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, secondo comma, del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, in riferimento agli artt. 3, 24 e 108 della Costituzione.

Considerato in diritto

 

1. -- Con due ordinanze di identico contenuto la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 108 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, secondo comma, del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), il quale dispone che "il Direttore dell'Ufficio fa parte della Commissione senza voto deliberativo".

Poichè le ordinanze pongono una medesima questione svolgendo identiche argomentazioni, i due giudizi possono essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

2. -- Occorre innanzitutto premettere che, come questa Corte ha più volte ammesso pur senza specifiche argomentazioni (v. sentenze nn. 20 del 1978, 77 del 1971 e 42 del 1958), non si può minimamente dubitare che la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi sia legittimata a sollevare questioni di legittimità costituzionale.

È, infatti, pacifico nella giurisprudenza del giudice della legittimità che, quando decide sui ricorsi avverso i provvedimenti dell'Ufficio centrale dei brevetti, la predetta Commissione ha natura di organo di giurisdizione speciale, un organo che, essendo preesistente all'entrata in vigore della Costituzione, non contraddice il divieto di istituzione di giudici speciali disposto dall'art. 102, secondo comma, della Costituzione medesima.

Ed, invero, la composizione della Commissione (formata da persone scelte fra i magistrati di grado non inferiore a quello di consigliere d'appello o tra i professori di materie giuridiche delle università o degli istituti superiori), le garanzie di indipendenza o di "terzietà" della Commissione stessa, le regole in base alle quali è modellato il procedimento (ispirate al principio del contradittorio e alla discussione pubblica del ricorso e connotate, quanto alla pronunzia e alla forma delle sentenze e delle ordinanze, dal rinvio alle norme del codice di procedura civile), l'oggetto del giudizio (tutela di diritti soggettivi), la forma della decisione (operata con un provvedimento denominato per legge "sentenza") e la impugnabilità di quest'ultima avanti la Corte di cassazione, sono indici sicuri, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad esempio, sentenze nn. 226 del 1976, 12 del 1971 e 114 del 1970), conducenti alla conclusione che la Commissione de qua sia da qualificare come giudice ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

3. -- La questione è fondata.

Nel procedimento contenzioso che si svolge davanti alla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, oltre al ricorrente, è indubbiamente parte anche la pubblica amministrazione nella veste dell'Ufficio centrale dei brevetti. La disposizione impugnata, la quale prevede che della predetta Commissione fa parte, se pure senza voto deliberativo, il direttore dell'Ufficio centrale dei brevetti, contiene, dunque, una norma in virtù della quale un organo esercitante un'attività giurisdizionale delibera le proprie sentenze con la presenza al suo interno di una delle parti del giudizio.

Questa Corte ha costantemente affermato (v. sentenze nn. 2 del 1974 e 27 del 1972) che la presenza nell'organo giudicante di una parte, se pure investita di una funzione pubblica, contrasta con i principii costituzionali.

Infatti, l'inserimento nella Commissione del direttore dell'ufficio che ha emesso il provvedimento oggetto di giudizio a seguito dell'impugnazione dell'interessato e che è stato nel corso del giudizio stesso il contraddittore diretto del ricorrente, oltre ad alterare profondamente ed irrimediabilmente l'eguaglianza assicurata alle parti dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, lede sostanzialmente la garanzia di indipendenza disposta dall'art. 108, secondo comma, della Costituzione anche per i giudici speciali. Nè si potrebbe sostenere che tali violazioni siano escluse dalla mancata attribuzione al direttore dell'Ufficio centrale dei brevetti di un voto deliberativo, poichè la mera presenza di una parte all'interno dell'organo giudicante e la pura possibilità della stessa di interloquire nella fase in cui la decisione si forma pregiudicano gravemente l'imparzialità del giudice e producono un'indebita alterazione della parità processuale delle parti in causa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale del- l'art. 71, secondo comma, del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali), nella parte in cui prevede che il direttore dell'Ufficio centrale dei brevetti fa parte della Commissione indicata nella medesima disposizione allorchè essa svolge funzioni giurisdizionali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/05/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/05/95.