Sentenza n. 372 del 1989

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SENTENZA N.372

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale della legge 2 gennaio 1989, n. 6 (Ordinamento della professione di guida alpina) promossi con ricorsi della Regione Piemonte, della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia, notificati il 10 febbraio 1989, depositati in cancelleria il 17 febbraio 1989 ed iscritti ai nn. 13, 14 e 15 del registro ricorsi 1989.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1989 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi gli avvocati Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte e Umberto Pototschnig per la Provincia autonoma di Trento e per la Regione Lombardia e l'avv. dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1.-I tre ricorsi investono la stessa legge sotto profili in larga parte coincidenti: si presenta pertanto opportuna la loro riunione al fine di addivenire ad un'unica pronuncia.

2.-Vanno in primo luogo esaminati i ricorsi proposti dalla Regione Piemonte e dalla Regione Lombardia, che assumono come parametri di riferimento gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione alle competenze legislative e amministrative spettanti alle Regioni ordinarie in tema di <turismo e industria alberghiera> e <istruzione artigiana e professionale>. Con riferimento a tali profili, ambedue le Regioni chiedono innanzitutto la dichiarazione di illegittimità costituzionale nei confronti della legge 2 gennaio 1989, n. 6 considerata nel suo complesso, cui viene conte stato in generale: a) di aver posto-nonostante l'esplicito richiamo formulato nell'art. 1 ai soli <principi fondamentali> in materia di <ordinamento della professione di guida alpina>-norme di dettaglio che non lascerebbero spazi ulteriori alla competenza legislativa regionale; b) di aver istituito, nel modellare la nuova professione di guida alpina, organismi di autogoverno della categoria, quali i collegi regionali ed il collegio nazionale delle guide, destinati a sottrarre alla sfera regionale poteri amministrativi, di intervento e di controllo, spettanti alle stesse Regioni.

La Regione Piemonte impugna, inoltre, della stessa legge, più specificamente gli artt. 1 (oggetto della legge); 3 (gradi della professione); 4 (albo professionale delle guide alpine); 5 (condizioni per l'iscrizione all'albo); 7 (abilitazione tecnica all'esercizio della professione di guida alpina); 11 (doveri della guida alpina); 12 (tariffe professionali); 13 (collegi regionali delle guide); 17 (sanzioni disciplinari e ricorsi); 18 (esercizio abusivo della professione); 19 (scuole di alpinismo); 22 (elenco speciale degli accompagnatori di media montagna) e 24 (norme transitorie); mentre la Regione Lombardia rivolge, in linea subordinata, censure specifiche nei confronti degli artt. 1 (oggetto della legge) e 25 (Regioni a statuto speciale).

3.-Le doglianze formulate nei confronti della legge nel suo complesso non possono essere prese in autonoma considerazione dal momento che non può assumere rilievo un richiamo generico alla lesione di competenze regionali operata da una legge che enuncia i <principi fondamentali> di una materia, indipendentemente dall'esame dei contenuti delle singole disposizioni che avrebbero ecceduto i legittimi confini della legislazione di principio (cfr. sent. 195 del 1986, punto n. 3).

Serve, peraltro, richiamare, ai fini della decisione sulle singole disposizioni impugnate, sia la ratio che gli obiettivi generali che hanno ispirato l'intervento del legislatore espresso attraverso la legge n. 6 del 1989.

Secondo quanto viene illustrato nella relazione alla proposta presentata alla Camera dei Deputati il 30 novembre 1987 con il n. 1989, la legge in esame é stata determinata dalla necessita di dare <un doveroso riconoscimento giuridico e un'adeguata disciplina> all'attività delle guide alpine, che <superando l'originario carattere amatoriale, si é trasformata in una vera e propria professione>: e questo anche in relazione al forte incremento dell'attività sportiva legata all'escursionismo alpino, che ha imposto di <prevedere adeguate garanzie di preparazione tecnica e professionale a tutela dell'incolumità degli alpinisti>.

Muovendo da tali esigenze, la legge n. 6 del 1989 ha regolato l'ordinamento della professione di guida alpina attraverso la formulazione di norme di diversa portata: alcune destinate a integrare e, in parte, a modificare taluni principi già enunciati nella legge-quadro per il turismo (legge 17 maggio 1983, n. 217: con riferimento particolare all'art. 11); altre dirette a regolare, nell'ambito della materia turistica, gli aspetti di rilevanza nazionale relativi al riconoscimento di una nuova professione liberale, mediante la definizione dell'oggetto di tale professione e delle condizioni per il suo esercizio, l'istituzione di collegi ed albi professionali, la previsione-attraverso tali strumenti-di particolari diritti, doveri e controlli connessi all'esercizio delle attività in esame, al fine di garantire sia il livello qualitativo degli esercenti la professione che l'affidamento degli utenti. Il rilievo nazionale degli interessi sottesi a questo secondo aspetto della disciplina può risultare evidente, ove si consideri, tra l'altro, sia il fatto che l'iscrizione della guida alpina nell'albo professionale tenuto dal collegio regionale abilita all'esercizio stabile della professione non solo nell'ambito del territorio regionale, ma in tutto il territorio nazionale (art. 4, comma terzo), sia il fatto che l'ordinamento della professione viene a trovare la sua struttura di vertice nel collegio nazionale delle guide, come organismo di coordinamento dei vari collegi regionali (art. 15).

In questa ottica-e aldilà dell'esplicito richiamo ai <principi fondamentali> espresso nell'art. 1 -i confini tra competenze statali e competenze regionali nella submateria dell'<Ordinamento della professione di guida alpina> non potranno non risultare diversi rispetto a quelli già tracciati, per la materia <turismo e industria alberghiera>, dalla legge n. 217 del 1983. In altri termini, pur restando l'attività di guida alpina connessa alla materia turistica, una diversità nei limiti verrà, infatti, a rappresentare la conseguenza naturale delle connotazioni nuove che l'attività di guida assume quando da semplice esercizio sportivo ed amatoriale si trasformi in vera e propria professione liberale, riconosciuta e garantita dalla legge attraverso l'istituzione di un particolare ordinamento professionale. Nella nuova situazione che si determina in conseguenza di tale riconoscimento, ai limiti ordinari della materia espressi attraverso i principi posti dalla legge-quadro, non potranno non aggiungersi limiti ulteriori-suscettibili di esprimersi anche attraverso discipline di dettaglio - conseguenti al riconoscimento formale della attività professionale ed alle condizioni del suo esercizio: limiti, nella specie, giustificati sia dall'esigenza di far salvo <il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione> (art. 120, terzo comma, Cost.), sia dall'esigenza di tutelare la sicurezza e l'incolumità personale di quanti intendano ricorrere alle prestazioni della guida alpina professionista.

In proposito basti solo ricordare come questa Corte, muovendo dal richiamo ad analoghi principi, abbia già avuto modo di affermare, in ripetute occasioni, e indipendentemente dall'appartenenza della materia, la competenza statale in ordine alla istituzione di albi professionali, la cui tenuta risulti <affidata ad ordini o collegi costituiti dagli stessi iscritti, alla disciplina dei quali gli ordini o collegi presiedono> (cfr. sentt. n. 13 del 1961; n. 82 del 1970 e n. 155 del 1985).

4. - Sulla scorta di queste premesse, vengono a cadere, in quanto infondate, le censure formulate-con riferimento ad un preteso eccesso di copertura normativa da parte dello Stato -nei confronti (oltre che dell'art. 1) delle varie disposizioni concernenti la definizione della professione e dei suoi caratteri (art. 3), l'istituzione dell'albo e dei collegi professionali (artt. 4, 5, 13), nonchè le condizioni per l'esercizio, sotto il controllo degli stessi collegi, dell'attività professionale (artt. 11, 12, 17, 18): questa disciplina attiene, infatti, a interessi di rilievo nazionale, in quanto destinata - attraverso le forme ordinamentali proprie delle autonomie professionali (albi e collegi)-a regolare l'esercizio, non limitato territorialmente, di una nuova professione liberale.

Per quanto concerne, in particolare, le censure formulate dalla Regione Piemonte nei confronti degli artt. 18, 19, 22 e 24 della legge, tali censure vanno dichiarate inammissibili o perchè estranee al sindacato di costituzionalità (come nel caso dell'art. 18) o perchè del tutto carenti di motivazione (come nel caso degli artt. 19, 22 e 24).

5. -Diversa valutazione va, invece, operata in relazione alle impugnative formulate sia dalla Regione Piemonte che dalla Regione Lombardia nei confronti dell'art. 7, nonchè dalla sola Regione Lombardia nei confronti degli artt. 9 e 22 della legge, sotto il profilo della lesione delle competenze regionali in materia di <istruzione artigiana e professionale>.

Ai sensi dell'art. 7, l'abilitazione tecnica all'esercizio della professione di guida alpina si consegue mediante la frequenza di appositi corsi teorico-pratici ed il superamento dei relativi esami. Tali corsi, finanziati dalle Regioni nell'ambito dei programmi regionali relativi alla formazione professionale (art. 7, ultimo comma): a) sono organizzati, sotto la vigilanza della Regione, dai collegi regionali delle guide (che possono affidare l'organizzazione anche al collegio nazionale o ai collegi di altre Regioni) (art. 7, secondo e terzo comma); b) si svolgono secondo programmi definiti - al pari dei criteri per le prove di esame - dal direttivo del collegio nazionale delle guide e approvati dal Ministro del turismo e dello spettacolo (art. 7, comma 7); c) si concludono con esami condotti da commissioni nominate dal direttivo del collegio delle guide alpine che ha organizzato il corso (art. 7, sesto comma). A sua volta, l'art. 9 affida ai collegi regionali, senza prevedere alcuna partecipazione delle Regioni, l'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale che le guide alpine sono tenute a frequentare ogni tre anni, corsi i cui contenuti o modalità sono stabiliti dai direttivi degli stessi collegi regionali (art. 9, primo e secondo comma). Infine, l'art. 22, per gli accompagnatori di media montagna, prevede un'abilitazione tecnica da conseguire mediante la frequenza (con il superamento dei relativi esami) di appositi corsi teorici- pratici organizzati, d'intesa con la Regione, dai collegi regionali delle guide, secondo programmi e modalità stabiliti dagli stessi collegi, sempre d'intesa con le Regioni (art. 22, quinto e settimo comma).

Tale disciplina-nelle sue diverse articolazioni-determina una indebita compressione del ruolo riservato alle Regioni in materia di istruzione professionale, dal momento che affida l'organizzazione dei corsi professionali, di abilitazione o di aggiornamento, agli stessi organi dell'ordinamento professionale rappresentati dai collegi delle guide, escludendo, di contro, la presenza regionale (come nel caso dell'art. 9) , ovvero limitandola alla sola vigilanza (come nel caso dell'art. 7) o, al massimo, all'intesa con gli stessi collegi (come nel caso dell'art. 22). La giurisprudenza di questa Corte, in precedenti occasioni, non ha mancato di sottolineare come, in materia di istruzione professionale, la definizione dei programmi e l'organizzazione dei corsi spetti alla sfera delle attribuzioni regionali, salva la presenza di possibili forme di coordinamento e controllo centrale dirette a garantire standards minimi quantitativi e qualitativi, relativi ai corsi, nonchè verifiche relative alla fase della valutazione finale del risultato della frequenza ai corsi, ove questa comporti il rilascio di titoli abilitanti su scala nazionale (sentenze n. 216 del 1976, n. 89 del 1977 e n. 165 del 1989). Questo non conduce, peraltro, a escludere la possibilità che, ai fini dell'organizzazione dei diversi corsi professionali e della definizione dei criteri didattici e dei programmi, sia dato spazio adeguato anche all'apporto collaborativo degli organismi rappresentativi della categoria professionale, (si tratti dei collegi professionali o del Club alpino italiano, già investito, in materia, delle competenze di cui all'art. 2 della legge 24 dicembre 1985, n. 776, richiamate anche dagli artt. 20 e 26 della legge in esame): tale apporto-ben giustificato in relazione al peculiare contenuto tecnico e di esperienza proprio delle materie oggetto dei corsi professionali di cui é causa-potrà essere definito, in forme appropriate, tanto in sede di eventuale formulazione di nuovi principi da parte della legge statale quanto in sede di legislazione regionale.

6. - Resta a questo punto da esaminare il ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Trento sia nei confronti della legge n. 6/89 nel suo complesso sia - in linea subordinata - nei confronti degli artt. 15, secondo comma, e 25 della stessa legge, in relazione agli artt. 8 n. 20 e 29 e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dove si attribuisce alla stessa Provincia competenza legislativa primaria in materia di <turismo e industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci> ed in materia di <addestramento e formazione professionale>.

L'impugnativa della legge n. 6/89 nel suo insieme viene prospettata in relazione al presupposto che la legge stessa possa essere ritenuta applicabile al territorio della Provincia autonoma, anche al di fuori degli articoli (15, secondo comma; 22, ottavo comma e 25) che le si riferiscono espressamente.

In proposito va rilevato che sia i lavori preparatori della legge che le formulazioni adottate nell'art. 1 (dove appare sottinteso il richiamo all'art. 117 Cost.) nonchè negli artt. 15, secondo comma, 22, ottavo comma, e 25 (dove viene fatto esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome dotate di competenza legislativa primaria in materia di ordinamento della professione di guida alpina) inducono chiaramente a ritenere che la volontà espressa dal legislatore statale sia stata nel senso di limitare la disciplina in esame alle sole Regioni ordinarie, salva in ogni caso la possibilità di una successiva estensione della stessa disciplina, con i dovuti adattamenti, anche ai soggetti dotati di autonomia speciale titolari nella materia di competenza primaria. Allo stato - in assenza di una immediata e diretta operatività della legge nei confronti della Provincia ricorrente-resta peraltro esclusa la possibilità di un autonomo rilievo, in questa sede, della valutazione degli aspetti della disciplina posta dalla stessa legge n. 6 del 1989 suscettibili di vincolare, in ragione del carattere nazionale degli interessi sottesi, la competenza primaria di cui all'art. 8 n. 20 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige.

L'impugnativa formulata dalla Provincia di Trento nei confronti della legge nel suo complesso va, pertanto, dichiarata inammissibile per difetto d'interesse.

7.-Risulta, invece, ammissibile, ma infondata l'impugnativa proposta nei confronti dell'art. 15, secondo comma, della legge, relativo alla formazione del direttivo del collegio nazionale: tale impugnativa viene formulata sul presupposto che la norma di cui e causa possa essere intesa nel senso di vincolare la Provincia ricorrente ad istituire <organismi analoghi> ai collegi regionali delle guide cosi come disciplinati, per le Regioni ordinarie, dalla legge in esame. Questo presupposto non risulta, peraltro, sussistente, dal momento che la norma contestata si limita semplicemente a regolare il meccanismo di formazione del direttivo del collegio nazionale, senza nulla prevedere in ordine alla presenza di particolari vincoli od obblighi per i soggetti di autonomia speciale, relativi alla istituzione od alle modalità di formazione degli organismi rappresentativi della categoria.

8.-La Provincia autonoma di Trento impugna anche l'art. 25 della legge, nell'ipotesi in cui la norma posta in tale articolo si dovesse intendere nel senso che la Provincia e comunque tenuta ad osservare i programmi dei corsi ed i criteri per le prove di esame stabiliti dal collegio nazionale delle guide ai sensi del settimo comma dell'art. 7. Lo stesso art. 25 viene impugnato, per motivi diversi (e in certo senso opposti), dalla Regione Lombardia, che chiede l'estensione della norma anche alle Regioni ordinarie.

In proposito va soltanto rilevato che la disposizione in esame e stata sostituita, nella sua interezza e con efficacia retroattiva, dall'art. 1 della legge 24 maggio 1989 n. 194: l'assenza di qualsivoglia effetto riferibile all'atto formale impugnato rende, di conseguenza, improponibili, in questa sede, le censure di cui e causa.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i ricorsi,

1.-dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 7, secondo, terzo, sesto e settimo comma; 9, primo e secondo comma; 22, quinto e settimo comma, della legge 2 gennaio 1989, n. 6 (Ordinamento della professione di guida alpina);

2.-dichiara inammissibili:

a) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Piemonte e Lombardia nonchè dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell'intera legge, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost. e agli artt. 8, n. 20 e 29, e 16 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige (D.P.R. 31 agosto 1972 n. 670);

b) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Piemonte nei confronti degli artt. 18, 19, 22 e 24 della stessa legge, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.;

c) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia nei confronti dell'art. 25 della stessa legge, in relazione agli artt. 8 n. 29 e 16 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige e agli artt. 117 e 118 Cost.;

3.-dichiara non fondate:

a) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Piemonte e Lombardia nei confronti degli artt. 1, 3, 4, 5, 11, 12, 13 e 17, della stessa legge in relazione agli artt. 117 e 118 Cost;

b) la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell'art. 15 della stessa legge in relazione agli artt. 8 n. 20 e 29 e 16 dello Statuto speciale del Trentino Alto Adige.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/07/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 06/07/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Enzo CHELI, REDATTORE