Sentenza n.155 del 1985

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SENTENZA N. 155

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del disegno di legge approvato il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1 dicembre 1976 dal Consiglio Provinciale dell'Alto Adige, recante "Istituzione di un albo professionale per giardinieri", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 18 dicembre 1976, depositato in cancelleria il 28 successivo ed iscritto al n. 38 del registro ricorsi 1976.

Visto l'atto di costituzione della Provincia Autonoma di Bolzano;

udito nell'udienza pubblica del 5 febbraio 1985 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 18 dicembre 1976 e depositato in cancelleria il 28 dicembre 1976 il Presidente del Consiglio dei ministri chiedeva dichiararsi l'illegittimità costituzionale del disegno di legge riapprovato dal Consiglio Provinciale dell'Alto Adige il 1 dicembre 1976 nel testo già approvato il 7 ottobre precedente - concernente "l'istituzione di un albo professionale per giardinieri", nella quale tra l'altro: a) si delimitavano "ai fini della presente legge" le dimensioni quantitative minime dell'azienda di giardinaggio (3000 mq. di cui 500 mq. riscaldabili: art. 1); b) si determinavano i requisiti per l'iscrizione all'albo (apprendistato, frequenza di una scuola professionale, superamento di un esame di abilitazione, attività professionale almeno biennale presso un giardiniere già iscritto: art. 2); c) si disciplinava la composizione della Commissione incaricata della tenuta dell'albo (art. 3); d) si poneva l'iscrizione all'albo come condizione essenziale per richiedere le misure di incentivazione previste da leggi provinciali.

Richiamando i rilievi già formulati all'atto del rinvio, il ricorrente, nel presupposto che secondo tale disciplina l'iscrizione all'albo costituisse (secondo la funzione propria di tutti gli albi professionali) condizione per l'esercizio dell'attività di giardiniere, assumeva che la imposizione di siffatte limitazioni al libero esercizio di un'attività economica contrastasse sia con l'art. 41 Cost. - per l'assenza di ragioni di pubblico interesse atte a giustificarla - sia, comunque, con l'art. 120, u.c., Cost., eccedendo essa i limiti della competenza regionale.

In riferimento, poi, all'interpretazione del disegno di legge posta a fondamento della riapprovazione - secondo cui l'istituzione dell'albo non impedirebbe a chiunque il libero esercizio dell'attività di giardiniere, ma avrebbe il solo scopo di individuare i possibili destinatari delle misure di incentivazione per giardinieri - il ricorrente assumeva che il riservare ai titolari di aziende di determinate dimensioni ed in possesso di dati requisiti, non le specifiche misure di incentivazione di volta in volta disposte, bensì - in via preventiva, generale ed astratta - tutte le misure di incentivazione che saranno disposte dalla provincia, sarebbe in contrasto con i principi di uguaglianza e di libertà di lavoro (artt. 3 e 4 Cost.); non senza, peraltro, osservare che la suddetta interpretazione era in parte smentita dalla stessa relazione dell'assessore competente, nella quale era precisato che si intendeva definire l'azienda giardiniera "anche agli effetti delle disposizioni urbanistiche che prevedono per i giardinieri una regolazione particolare per quanto riguarda la concessione di licenze edilizie".

Quanto all'art. 3 del disegno di legge, il Presidente del Consiglio ne denunciava il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale della Regione T.AA. (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), in quanto non vi era espressamente stabilito l'obbligo di rispettare, nella composizione della commissione incaricata della tenuta dell'albo, la proporzionalità tra i gruppi linguistici. L'osservanza della norma statutaria non potrebbe infatti - come pretendeva la Provincia - desumersi per implicito dall'assenza di una espressa disposizione contraria, atteso che con essa era stato posto "non già un criterio di interpretazione, bensì un preciso precetto al legislatore regionale o provinciale, di stabilire determinate norme".

Il ricorrente impugnava infine l'art. 2, terzo comma, in quanto con esso, ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione per giardinieri, si attribuivano alla frequenza di un corso di studi all'estero i medesimi effetti della frequenza di un corso di studi italiano: osservando che tale disposizione, pur se non costituiva formale riconoscimento di effetti giuridici ad un titolo estero, invadeva tuttavia una competenza riservata allo Stato.

La resistente Provincia di Bolzano si é costituita con una memoria depositata il 21 gennaio 1977, e perciò oltre il termine di venti giorni dal deposito del ricorso previsto dall'art. 23, ult. comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Altra memoria illustrativa della precedente é stata poi depositata nell'imminenza della udienza.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con il ricorso indicato in epigrafe, il Governo della Repubblica, à sensi dell'art. 55 del T.U. delle leggi sullo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (di cui al d.P.R. n. 670 del 1972) ha impugnato il disegno di legge, approvato il 7 ottobre 1976 e riapprovato, in seguito a rinvio governativo, il 1 dicembre 1976 dal Consiglio provinciale di Bolzano, avente ad oggetto "Istituzione di un albo professionale per giardinieri".

Il ricorso, nel riproporre e sviluppare i motivi di censura enunciati nel telegramma governativo di rinvio in data 11 novembre 1976, solleva questioni di legittimità che investono il disegno di legge provinciale nel suo complesso e in singoli disposti, in relazione ad una pluralità di parametri costituzionali.

2. - Preliminarmente occorre rilevare che la Provincia autonoma di Bolzano si é costituita nel presente giudizio con atto depositato il 21 gennaio 1977 e cioé dopo la scadenza del termine, di venti giorni decorrente dalla data del deposito del ricorso, avvenuto il 28 dicembre 1976 (art. 23, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

In conformità della costante giurisprudenza di questa Corte circa la perentorietà, anche per la parte resistente, dei termini per la costituzione in giudizio (cfr. da ultimo, sent. n. 71 del 1982), la costituzione della Provincia di Bolzano deve, perciò, dichiararsi inammissibile.

3. - Il disegno di legge impugnato, attraverso l’istituzione di un albo professionale per giardinieri, persegue, in concreto, lo scopo di predeterminare, verificandone la sussistenza, le "condizioni minime di natura quantitativa (art. 1) e qualitativa (art. 2)" (così si esprime l'assessore provinciale per l'agricoltura e le foreste nella relazione al Consiglio chiamato a deliberare per la seconda volta) necessarie per poter "richiedere misure di incentivazione previste da leggi regionali" (art. 4).

In altre parole, il disegno di legge in esame non pone vincoli o limitazioni di sorta all'esercizio della professione di giardiniere nella provincia di Bolzano e, anche se la denominazione "albo professionale", intesa nell'accezione tradizionale, può indurre in equivoco, non istituisce un ordine o collegio professionale di autogoverno della categoria; intento, questo, non deducibile da alcuna delle sue disposizioni.

La normativa proposta vuole soltanto limitare l'accesso alle misure provinciali d’incentivazione a quei giardinieri che "svolgono autonomamente, personalmente e professionalmente" una o più delle attività in essa elencate su una superficie di almeno 3000 mq., di cui almeno 500 mq. riscaldabili (art. 1) e che siano in possesso di determinati requisiti, di preparazione tecnica e professionale, da verificare mediante apposito esame provinciale di abilitazione (art. 2).

4. - Tali essendo i contenuti essenziali ed il fine esclusivo perseguito dal disegno di legge provinciale, ne deriva, de plano, l'infondatezza di quelle tra le questioni sollevate con il ricorso governativo, che investono l'intero disegno di legge in riferimento agli artt. 41 e 120 Cost..

Le censure in esame, infatti, muovono da un equivoco interpretativo, talché, questo risolto e chiarito che la normativa considerata non pone condizione alcuna per l'esercizio dell'attività di giardiniere, ma richiede l'iscrizione all'istituendo albo professionale al solo fine di consentire l'accesso alle misure provinciali d’incentivazione, i dubbi di costituzionalità, proposti dal ricorrente in relazione agli invocati parametri costituzionali, si appalesano privi di fondamento.

5. - Non fondata é pure la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del disegno di legge provinciale sollevata dal Governo in riferimento agli artt. 3 e 4 Cost..

La stessa difesa del ricorrente sembra non contestare che misure d’incentivazione possano legittimamente essere riservate ad aziende, nella specie giardiniere, che abbiano determinate dimensioni minime (e siano gestite direttamente, autonomamente e personalmente da soggetti in possesso di dati requisiti). E sarebbe, invero, arduo negarlo in presenza di numerose leggi, statali e regionali, che hanno recepito un siffatto criterio, senza che mai si sia dubitato della legittimità costituzionale di disposizioni del genere.

Ora non é dato comprendere, né il ricorrente spiega, perché mai la riserva contenuta nel disegno di legge in esame sia irragionevole e addirittura lesiva del diritto al lavoro in quanto espressa in termini generali (ma, corto, non vincolanti per il legislatore regionale) mentre sarebbe legittima se stabilita in una o più leggi portanti specifiche misure di incentivazione in favore dei giardinieri.

Vero é che la finalità perseguita, di evitare l’eccessiva dispersione dei benefici e di premiare la professionalità degli operatori nel settore considerato, é sicuramente ragionevole e non incide affatto sul diritto al lavoro riconosciuto a tutti i cittadini.

6. - Il ricorrente ha denunziato anche l'art. 2, terzo e quarto comma, del disegno di legge in esame, senza però indicare alcun parametro di riferimento.

Nel telegramma di rinvio, il Governo aveva sostenuto che la disposizione per cui "A condizione che l'interessato superi l'esame di abilitazione (di cui alla lett. a del medesimo articolo) possono essere iscritti all'albo professionale anche i giardinieri che hanno compiuto l'apprendistato e frequentato la scuola professionale (al di fuori della provincia e) all'estero" (art. 2, terzo comma) e quella per cui "l'attività professionale (almeno biennale presso un giardiniere iscritto all'albo dopo il superamento dell'esame di abilitazione) ... può essere assolta anche (al di fuori della provincia) all'estero" (art. 2, quarto comma) "implica riconoscimento et conferimento effetti giuridici da parte provincia autonoma at corso studi esteri comportando invasione materia riserva statale".

Nel ricorso introduttivo del presente giudizio, la difesa dello Stato, pur insistendo anche su questo motivo di censura - che limita, però al solo terzo comma dell'art. 4 -, riconosce che non può "parlarsi di formale riconoscimento di effetti giuridici ad un titolo di studio estero".

In verità, la disposizione normativa in esame prende in considerazione il mero fatto della frequenza di un corso di studi, ovunque realizzata, anche all'estero, e non il titolo di studio eventualmente conseguito.

Ricondotta in questi termini, la censura governativa non può che dichiararsi inammissibile, dal momento che il ricorrente né indica né consente, con la sua prospettazione, di individuare con sicurezza il o i parametri costituzionali che risulterebbero offesi.

7. - Il Governo della Repubblica deduce, infine, l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge impugnato, assumendone il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale di autonomia, dal momento che il legislatore provinciale non ha osservato l'obbligo posto dalla disposizione statutaria per cui "nell'ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite le norme atte ad assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici nei riguardi della costituzione degli organi degli enti stessi".

La questione é fondata.

L'art. 61, primo comma, compreso nel titolo IV dello Statuto speciale di autonomia, concernente gli enti locali, detta una disposizione di carattere generale, di chiusura se si vuole, per cui tutti gli organi di tutti gli enti pubblici locali devono essere costituiti, in forza di una specifica previsione normativa, in modo tale da assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici.

Tanto é ribadito dall'art. 23 del d.P.R. n. 49 del 1973, recante norme di attuazione, che, mentre afferma l'applicabilità del disposto statutario "soltanto agli enti pubblici la cui attività si svolge nella Provincia di Bolzano o in entrambe le provincie della Regione", precisa che "la composizione degli organi collegiali degli enti" considerati "deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici esistenti nella stessa località, quale risulta dall'ultimo censimento della popolazione".

La provincia di Bolzano - come si ricava dalla già richiamata relazione al consiglio provinciale dell'assessore per l'agricoltura e le foreste - riconosce apertamente l'obbligo di osservare la proporzionale linguistica "nella composizione di tutte le commissioni", ma contesta che sia necessaria un’espressa previsione positiva, bastando, a suo giudizio, la mancanza di "espresse disposizioni contrarie".

L'affermazione non può persuadere, posto che l'art. 61, primo comma, dello Statuto non impone soltanto l'obbligo di applicare il principio di proporzionalità ma esige, testualmente, che vengano dettate le "norme" atte a renderlo operante nelle situazioni specificamente disciplinate.

La Commissione, di cui all'art. 3 del disegno di legge provinciale, cui é affidato il compito di "reggere" l'albo professionale per giardinieri, costituisce un organo della provincia, incardinato presso l'assessorato per l'agricoltura e le foreste, le deliberazioni del quale, dotate di indubbia rilevanza esterna, sono ricorribili avanti la giunta provinciale. La commissione é composta di quattro membri, elegge nel proprio seno il presidente, il cui voto prevale in caso di parità.

Tale composizione della commissione, se raffrontata alla consistenza dei gruppi linguistici nella provincia di Bolzano, rende evidente che la disposizione statutaria non é suscettibile di inserzione automatica nelle singole leggi regionali, talchi é indispensabile che queste predeterminino la regola cui attenersi nella composizione dei collegi, eventualmente anche in riferimento al ruolo in ipotesi decisivo, spettante al presidente.

In accoglimento parziale del ricorso governativo, si deve quindi dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge provinciale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara inammissibile la costituzione nel presente giudizio della Provincia autonoma di Bolzano;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'intero disegno di legge recante "Istituzione di un albo professionale per giardinieri" approvato dal Consiglio provinciale dell'Alto Adige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1 dicembre dello stesso anno, sollevata in riferimento agli artt. 41 e 120 Cost. con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge provinciale sopra specificato;

4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, del medesimo disegno di legge provinciale, sollevata con il ricorso indicato in epigrafe;

5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del predetto disegno di legge provinciale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 4 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 1985.

Leopoldo ELIA - Alberto MALAGUGINI

Depositata in cancelleria il 23 maggio 1985.