Sentenza n. 13 del 1961
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 13

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

Composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4,10, 13 e 14 della legge regionale della Valle d'Aosta 28 settembre 1951, n. 2, e degli artt. 1 e 3 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218, promosso con ordinanza emessa il 28 aprile 1960 dal Tribunale di Aosta nel procedimento penale a carico di Pirovano Giuseppe e Ferro Luigi, iscritta al n. 52 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 174 del 16 luglio 1960 e nel Bollettino Ufficiale della Regione della Valle d'Aosta del maggio 1960.

Vista la dichiarazione di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 1 febbraio 1961 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;

uditi gli avvocati Giovanni Bovio e Giuseppe Guarino, per Pirovano Giuseppe, e il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.  

Ritenuto in fatto 

Nel procedimento penale a carico di Pirovano Giuseppe e Ferro Luigi, imputati di contravvenzione agli artt. 3 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218, e 4, 13 e 14 della legge regionale valdostana 28 settembre 1951, n. 2, per aver gestito una scuola di sci ed impartito lezioni di sci senza l'autorizzazione dell'Assessore al turismo della Valle d'Aosta, il Tribunale di Aosta, con ordinanza del 28 aprile 1960, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 10, 13 e 14 della legge regionale della Val d'Aosta 28 settembre 1951, n. 2, sull'ordinamento delle guide alpine, dei portatori alpini, dei maestri e delle scuole di sci, e degli artt. 1 e 3 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218, sull'ordinamento delle citate professioni, in relazione all'art. 2, lettera u, dello Statuto speciale per la Val d'Aosta, ed agli artt. 4, 41 e 120 della Costituzione, nonché ai principi, desumibili dalla Costituzione stessa, concernenti la riserva di legge statale in materia di potestà punitiva.

L'ordinanza, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 16 luglio 1960, n. 174, e nel Bollettino Ufficiale della Regione del maggio 1960, é stata notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 18 giugno 1960, ai Presidenti della Regione della Valle d'Aosta e del Consiglio della Valle in data 29 aprile dello stesso anno e comunicata ai Presidenti delle Assemblee legislative il 14 giugno successivo.

Nell'ordinanza di rinvio il Tribunale di Aosta osserva quanto segue:

1) gli artt. 1 e 3 del D.L.C.P S. 1 aprile 1947, n. 218, che delegano alla Regione valdostana l'emanazione di norme relative all'esercizio della professione di guida alpina, portatore alpino, di maestro di sci, ecc. appaiono in contrasto con l'art. 2, lettera u, dello Statuto speciale della Val d'Aosta, che regola esclusivamente l'ordinamento delle guide e delle scuole di sci, senza alcun riferimento all'esercizio di dette professioni;

2) l'art. 4 della legge regionale valdostana 28 settembre 1951, n. 2, regolando tutto l'ordinamento della professione di maestro di sci va oltre i limiti segnati dall'art. 2, lettera u, del citato Statuto regionale;

3) gli artt. 10 e 13 della stessa legge regionale del 1951, n. 2, sembrano contrastare con gli artt. 4, 41 e 120 della Costituzione, i quali mirano, rispettivamente, a promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro, e a garantire la piena libertà dell'iniziativa privata ed il diritto di esercitare la propria professione, impiego e lavoro in qualsiasi parte del territorio nazionale;

4) infine, l'art. 14 della citata legge regionale del 1951, sia pure attraverso rinvio al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 1947, n. 218, il quale, a sua volta, per l'esercizio abusivo della professione in parola, richiama l'art. 17 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, sembra creare una nuova figura di reato, sancendo le relative pene, e ciò in contrasto con il principio costituzionale che riserva esclusivamente allo Stato la potestà punitiva,

Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri che, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, ha depositato in cancelleria le proprie deduzioni il 7 luglio 1960.

In ordine al prospettato contrasto tra gli artt. 1 e 3 del decreto legislativo 1 aprile 1947, n. 218, e l'art. 2, lettera u, dello Statuto speciale per la Regione della Valle d'Aosta, l'Avvocatura dello Stato osserva che la questione é infondata. Invero, il decreto legislativo del 1947 non ha delegato alla Regione la facoltà di emanare norme legislative per la disciplina di certe professioni, come sembra ritenere il Tribunale di Aosta, ma ha delegato soltanto - il che é ben diverso - alcune funzioni amministrative nel quadro, peraltro, della legislazione statale vigente, sulla materia, a quella epoca. Infatti, il decreto legislativo del 1947 dispone che nell'ambito della Regione valdostana, l'autorizzazione all'esercizio della professione di guida alpina, di portatore e di maestro di sci é rilasciata, anziché dal Questore, come disposto dal T.U. delle leggi di pubblica sicurezza, dal Consiglio della Valle (art. 1). Ed in ciò non può ravvisarsi alcun contrasto con l'art. 2, lettera u, dello Statuto regionale, il quale attribuisce alla Regione della Val d'Aosta potestà legislativa esclusiva in materia di "ordinamento" delle guide, dei portatori alpini, e delle scuole di sci.

Né appare incostituzionale il rinvio che l'art. 3 del citato decreto legislativo fa all'art. 17 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza per quanto riguarda le sanzioni da applicare in caso di esercizio abusivo di dette professioni: il precetto non poteva essere lasciato senza sanzione e, d'altra parte, trattandosi di un'autorizzazione che deve essere rilasciata da un organo regionale, senza un esplicito richiamo, non si sarebbe potuto applicare una sanzione prevista soltanto per le infrazioni al T.U. delle leggi di pubblica sicurezza.

Ciò premesso, osserva l'Avvocatura, si appalesa superflua l'indagine se l'espressione "ordinamento delle guide, delle scuole di sci e dei portatori alpini", adoperata dall'art. 2, lettera u, dello Statuto per la Valle d'Aosta, sia o non comprensivo anche della disciplina dell'esercizio di dette professioni.

A diversa conclusione, invece, perviene l'Avvocatura dello Stato, per quanto concerne la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, 10 e 14 della legge regionale valdostana 28 settembre 1951, n. 2, in relazione agli artt. 4, 41, 120 della Costituzione ed ai principi, da essa desumibili, che riservano la potestà punitiva esclusivamente alla legge statale.

L'art. 4 della citata legge prescrive che coloro i quali intendono esercitare la professione di guida, maestro di sci, ecc., oltre ad ottenere l'autorizzazione da parte dell'Assessore regionale al turismo, devono iscriversi al "ruolo regionale", sia direttamente presso l'Unione valdostana guide e maestri di sci, sia tramite la società locale riconosciuta, cui appartengono.

L'art. 10 della stessa legge regionale richiede poi, per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio della professione, fra gli altri requisiti, la residenza per almeno un triennio in un Comune valdostano e la iscrizione alla locale società riconosciuta, esistente nel Comune di esercizio della professione.

Le due disposizioni - argomenta l'Avvocatura - sono costituzionalmente illegittime.

La prima, quella dell'art. 4, imponendo l'appartenenza obbligatoria ad una società privata e riconoscendo a questa la facoltà di accettare o respingere le domande di iscrizione sulla base di criteri imposti con assoluta discrezionalità, limiterebbe l'esercizio della professione solo ad una determinata categoria di persone, il che appare in contrasto con gli artt. 4, 41, primo comma, e 120, ultimo capoverso, della Costituzione.

Analogamente, per quanto concerne l'art. 10 della stessa legge, il fatto di richiedere, per l'esercizio delle professioni in parola, l'iscrizione ad una società riconosciuta e la residenza in un Comune valdostano per almeno un triennio, significa, praticamente, inibire l'esercizio di un'attività professionale a coloro che non siano originari della Valle.

"Né varrebbe osservare - rileva la difesa dello Stato - che anche la legislazione statale subordina l'autorizzazione all'accertamento della capacità tecnica del richiedente (art. 123 T.U. leggi di p.s.) ed alla conoscenza della topografia della zona in cui il candidato aspira ad esercitare la sua professione (art. 237 del regolamento al T.U. di p. s.), e che lo stesso art. 41, secondo comma, della Costituzione afferma che l'iniziativa economica non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza umana, e che l'esigenza del requisito della residenza per almeno un triennio in un Comune valdostano, intenderebbe, appunto, soddisfare ai fini ai quali la legislazione statale e la stessa Costituzione pongono mente".

Il rilievo non sarebbe fondato, sia perché non si vede quale maggiore competenza possa derivare ai maestri di sci, ai loro aiuti ed ai portatori alpini dalla residenza per almeno un triennio nella Valle, sia perché non si comprende perché analoga competenza non possa possedere anche chi abbia lavorato nella Valle, pur risiedendo altrove.

Ove si riconosca l'illegittimità costituzionale degli artt. 4 e 10 nel punto in cui richiedono requisiti "diversi" da quelli che sono richiesti per l'esercizio delle stesse professioni in tutto il resto del territorio nazionale, la disposizione del successivo art. 13 della legge regionale, che distingue tra esercizio stabile ed esercizio saltuario della professione, perde ogni rilievo.

Nell'ultima parte dell'ordinanza, il Tribunale di Aosta ha prospettato il dubbio che l'art. 14 della legge regionale, prevedendo come contravvenzione l'esercizio delle professioni in parola senza l'autorizzazione prevista dalla legge stessa, contrasti con i principi, desumibili dalla Costituzione, circa la riserva della potestà punitiva esclusivamente allo Stato.

Su questo punto l'Avvocatura dello Stato osserva che la legge regionale, prescrivendo che l'esercizio non autorizzato a norma della legge stessa, costituisce quel reato che la legislazione statale afferma sussistere se la professione sia esercitata senza licenza, viene a determinare una nuova figura di reato, in quanto, a coincidenza di sanzioni, non si accomuna una coincidenza di precetti, se sul contenuto della autorizzazione si ritengano non coincidere i requisiti che occorrono ai fini del rilascio dell'autorizzazione stessa.

Per queste considerazioni, l'Avvocatura dello Stato conclude perché sia dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale per la parte relativa al decreto legislativo C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218.

Delle parti private, nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si é costituito il signor Pirovano Giuseppe, il quale nelle deduzioni e nella successiva memoria depositate in cancelleria, rispettivamente, il 13 giugno 1960 e il 19 gennaio 1961, chiede che siano dichiarate costituzionalmente illegittime le disposizioni di cui agli artt. 4,10,13 e 14 della legge regionale 28 settembre 1951, n. 2, ed agli artt. 1 e 3 del D.L.C.P.S. del 1 aprile 1947, n. 218, perché in contrasto con gli artt. 4, 41 e 120 della Costituzione e con i principi, desumibili dalla Costituzione stessa, in materia di riserva della materia penale alla legge dello Stato, nonché con l'art. 2, lettera u, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta.

Osserva la difesa privata che l'autonomia della Regione valdostana venne riconosciuta con decreto legislativo luogotenenziale del 7 settembre 1945, n. 545, il quale nell'art. 2 stabiliva che l'autonomia della Valle doveva esplicarsi entro l'unità politica dello Stato italiano, sulla base della uguaglianza dei diritti di tutti i cittadini. Tali principi venivano poi confermati nello Statuto speciale della Regione.

Con D.L.C.P.S. del 1 aprile 1947, n. 218, furono dettate norme sull'ordinamento delle professioni di guida, portatore alpino e di maestro di sci, nella circoscrizione della Valle, delegandosi al Consiglio della Valle il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di dette professioni.

Ora, rileva la difesa privata, a parte la considerazione che anche questa attribuzione di competenza va inquadrata nell'ambito dell'eguaglianza di tutti i cittadini, sancita, rispettivamente, negli artt. 4, 41 e 120 della Costituzione, sì deve osservare che il disposto del decreto legislativo del 1947, n. 218, contrasta con l'art. 2, lettera u, dello Statuto speciale della Valle d'Aosta, il quale attribuisce alla competenza legislativa della Regione l'" ordinamento delle guide e delle scuole di sci", ma non anche la regolamentazione dell'esercizio di questa professione, Ed é evidente che la concessione della licenza per l'attività professionale del maestro di sci non può rientrare nel campo dell'ordinamento, così come l'attività dell'ente scuola, per la sua natura, per l'estensione, per la struttura organizzativa, per l'autonomia dei finì e dei mezzi, é distinta da quella personale dell'insegnante.

Ma, prosegue la difesa, il decreto legislativo del 1947, n. 218, é costituzionalmente illegittimo ab origine. Infatti, esso fu emanato in base al decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, che all'art. 3 delegava al Governo l'esercizio del potere legislativo, durante il periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento, escludendo la materia costituzionale. Oggetto del citato decreto, invece, non é una semplice delegazione di funzioni amministrative alla Regione, bensì una norma costituzionale, in quanto la delega di funzioni amministrative alla Regione é, appunto, materia costituzionale.

Infine, é da rilevare che dal combinato disposto degli artt. 117 e 118 della Costituzione emerge che la delega di funzioni amministrative é strettamente connessa alla potestà legislativa della Regione, nel senso che in tanto vengono attribuite alla Regione le funzioni amministrative in quanto queste riguardano materie per le quali la Regione può emanare norme legislative; e, come si é già sottolineato, la Regione valdostana ha competenza legislativa in materia di "ordinamento delle scuole di sci", ma non anche in materia di esercizio della professione di maestro di sci.

Quanto poi alla prospettata incostituzionalità della legge regionale del 1951, n. 2, la difesa privata si riporta, facendole proprie, alle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, osservando, fra l'altro, che secondo il disposto dell'art. 4 della citata legge, l'esercizio della professione di maestro di sci é subordinata alla iscrizione ad una società locale riconosciuta e tale iscrizione importa il versamento obbligatorio di una quota associativa, di modo che il rilascio dell'autorizzazione é subordinato al pagamento di una specie di tributo a favore di un ente privato locale; inoltre, la società può emanare norme regolamentari attinenti alla disciplina morale, politica e sociale degli iscritti, con piena libertà e senza possibilità di controllo alcuno.

Da ciò discende che coloro i quali vogliono esercitare l'attività di maestro di sci nella Valle sono costretti ad accettare una particolare disciplina societaria imposta da un ente privato incontrollato, laddove l'esercizio della stessa attività, in tutto il resto del territorio nazionale, non é soggetto che alla sola autorizzazione di polizia.

Infine, l'art. 10 della stessa legge regionale, richiedendo, per l'esercizio di tale attività, i requisiti della residenza per almeno un triennio in un Comune valdostano e della conoscenza della lingua francese, crea una situazione anomala, in quanto, prescindendo da qualsiasi valutazione tecnica, condiziona il rilascio dell'autorizzazione al possesso di requisiti diversi da quelli richiesti, per l'esercizio della stessa attività, in tutto il resto del territorio dello Stato.

E poiché tali disposizioni contrastano con i principi di libertà del lavoro e di iniziativa privata, esse sono costituzionalmente illegittime.

Nessuno si é costituito per la Valle d'Aosta.

Nella discussione orale i difensori hanno illustrato le proprie deduzioni, insistendo nelle rispettive conclusioni.  

Considerato in diritto

1. - Secondo l'ordinanza di rinvio, esisterebbe un contrasto fra gli artt. 1 e 3 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218, e l'art. 2, lett. u, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, in quanto le disposizioni del decreto delegherebbero alla Valle l'emanazione delle norme relative all'esercizio della professione di guida alpina, portatore alpino e maestro di sci, mentre l'art. 2, lett. u, dello Statuto regolerebbe esclusivamente l'ordinamento delle guide e delle scuole di sci senza alcun riferimento all'esercizio delle professioni predette.

La Corte osserva che, anche se l'interpretazione dell'art. 2, lett. u, dello Statuto della Valle d'Aosta, adottata dal Tribunale, fosse giusta (e non é), la questione proposta sarebbe ugualmente infondata.

Non é esatto che il D.L.C.P.S. 1 aprile 1947 abbia delegato alla Valle l'emanazione delle norme relative all'esercizio delle suindicate professioni. Il decreto ha semplicemente attribuito al Consiglio della Valle il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di quelle professioni.

Questa interpretazione é fondata, anzitutto, sulla lettera della disposizione dell'art. 1, la quale, riferendosi alle vigenti norme della legge di pubblica sicurezza richiamate nel secondo comma dello stesso art. 1, ha conferito alla Valle la competenza spettante al Questore, senza alterare la disciplina della materia e senza attribuire alla Valle poteri maggiori o diversi da quelli degli organi dello Stato in base alle leggi statali.

É, poi, da considerare che nel periodo in cui fu emanato il decreto legislativo in esame il sistema vigente era quello regolato dal decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, il quale attribuiva alla Valle soltanto funzioni amministrative. Vero é che l'art. 13, secondo comma, di quel decreto prevedeva che con successivi provvedimenti legislativi sarebbero state "precisate le materie che potranno essere disciplinate dal Consiglio della Valle con norme giuridiche proprie, anche in deroga alle leggi vigenti". Ma, a prescindere da ogni indagine sulla portata di tale disposizione, é certo che se con il decreto legislativo del 1947 si fosse inteso conferire alla Valle una potestà del genere, la formula sarebbe stata diversa.

Posto che con l'art. 1 di quel decreto non si era fatto altro che trasferire alla Valle una competenza che era propria del Questore, l'art. 3 dello stesso decreto non é che la conseguenza logica di tale trasferimento: fosse o no necessario, l'art. 3 dichiarò espressamente che colui il quale nella Valle avesse esercitato senza licenza le professioni indicate nell'art. 1 veniva punito con la stessa pena cui vanno incontro quelli che, nella restante parte del territorio nazionale, esercitano le stesse professioni senza la licenza del Questore.

Questa essendo l'esatta interpretazione delle due disposizioni denunciate, cade la base su cui il Tribunale ha posto la questione di legittimità costituzionale: il trasferimento di funzioni amministrative agli organi della Valle fatto nel 1947 non risulta in contrasto con le norme dello Statuto speciale, successivamente emanate, norme che, senza alcun dubbio, hanno, quanto meno, confermato la competenza degli organi regionali al rilascio della licenza.

Queste conclusioni mostrano anche l'infondatezza della tesi esposta negli scritti della difesa del Pirovano, secondo cui il decreto del 1947 sarebbe illegittimo perché emanato in materia costituzionale e, quindi, fuori del campo attribuito in quel tempo alle attribuzioni legislative del Governo. Senza che occorra, nel caso attuale, precisare l'estensione ed i limiti di quella sfera di attribuzioni, é chiaro che, trasferendo alla Valle la competenza amministrativa di un organo statale, non si toccava la materia costituzionale.

La Corte non ritiene di poter prendere in esame le considerazioni fatte in sede di discussione orale dalla stessa difesa del Pirovano, circa l'art. 2 del decreto legislativo del 1947 e circa la legittimità dell'art. 238 del regolamento approvato con R. D. 6 maggio 1940, n. 635, in quanto la legittimità di dette disposizioni non forma oggetto di questione, a parte che la questione relativa alla legittimità della norma regolamentare non sarebbe proponibile in questa sede.

2. - Passando all'esame della legge regionale 28 settembre 1951, n. 2, la Corte deve esaminare, anzitutto, le disposizioni di essa che sono state denunziate con l'ordinanza di rinvio: precisamente gli artt. 4, 10, 13 e 14.

L'esame delle disposizioni si deve riferire a tutte le professioni regolate dalla legge, giacché, per quanto la questione sia sorta in un giudizio riguardante i maestri di sci, le suindicate disposizioni della legge regionale sono state dal Tribunale denunziate nella loro interezza e tali la Corte deve esaminarle.

3. - Secondo il Tribunale, l'art. 4, disciplinando anche l'esercizio della professione di maestro di sci, sarebbe in contrasto con l'art. 2, lett. u, dello Statuto speciale, il quale si riferirebbe all'ordinamento delle guide e delle scuole di sci e non all'esercizio di dette professioni.

La Corte ritiene che questa contrapposizione tra ordinamento ed esercizio della professione non abbia ragion d'essere.

Sotto l'aspetto letterale, quando nelle leggi e nel linguaggio legislativo si parla di ordinamento, normalmente ci si riferisce sia all'organizzazione di un ente, di un ufficio, di un servizio pubblico, di una professione, sia al funzionamento di tali enti, uffici e servizi, oltre che ai poteri ed ai diritti e doveri che ne derivano.

Per fare un esempio illustre, basterà richiamare la Costituzione, la cui parte seconda, intitolata "Ordinamento della Repubblica", disciplina non soltanto la struttura ma anche il funzionamento degli organi. E molte altre leggi usano nel loro testo la parola ordinamento nel senso più ampio e lo stesso é a dirsi del titolo di varie leggi. Per quanto il titolo della legge non faccia parte della legge stessa, l'uso costante di certe espressioni nella intitolazione delle leggi é un indice importante del significato che a tali espressioni viene attribuito nel linguaggio legislativo.

Anche dal punto di vista sistematico, la formula usata nell'art. 2, lett. u, dello Statuto valdostano appare comprensiva di tutta la materia riguardante l'organizzazione ed il funzionamento di questo settore di attività, così connaturato alle tradizioni ed agli interessi della Valle.

In conclusione, é da ritenere che la Regione abbia il potere di regolare con sua legge tutto l'ordinamento delle professioni di guida, portatore e maestro di sci, compresa la disciplina del relativo esercizio.

Le disposizioni denunziate devono, quindi, essere vagliate alla stregua non dell'art. 2, lett. u, dello Statuto, ma in rapporto all'osservanza dei limiti posti dalla prima parte di detto articolo, nonché in rapporto alle altre norme ed agli altri principi costituzionali, richiamati nell'ordinanza di rinvio, e precisamente agli artt. 4, 41 e 120 della Costituzione ed al principio secondo il quale il magistero penale é di esclusiva attribuzione statale.

4. - Il primo comma dell'art. 4 della legge regionale, nella parte in cui sottopone, nel territorio della Valle, l'esercizio delle professioni di guida, portatore e maestro ed aiuto-maestro di sci ad una autorizzazione del competente Assessore non merita censura.

La legge regionale, intervenendo in un campo in cui lo Statuto speciale attribuisce alla Valle poteri legislativi (art. 2, lett. u) e, quindi, anche competenza amministrativa (art. 4), ben poteva attribuire ad un proprio organo una competenza, che, del resto, già era stata deferita alla Valle con l'art. 1 del decreto legislativo 10 aprile 1947, n. 218.

Più delicata é l'indagine circa la legittimità dello stesso primo comma dell'art. 4 nella parte in cui si stabilisce la iscrizione degli esercenti le professioni alpine in un ruolo regionale.

Vero é che con sentenza del 15 giugno 1956, n. 6, fu dichiarata illegittima, per contrasto con l'art. 120 della Costituzione e per violazione dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, la disposizione di una legge della Provincia di Bolzano che imponeva la iscrizione delle imprese artigiane in apposito registro. Nel caso attuale, però, la situazione é diversa. L'artigiano non é tenuto a conoscere la zona in cui deve svolgere la sua attività. Egli può spostarsi da una Regione all'altra e può impiantare dovunque la sua bottega, mentre gli esercenti le professioni alpine, ed in particolare le guide ed i portatori, possono esercitare la loro delicata e rischiosa attività solo in zone da essi ben conosciute. Si vedrà a momenti fino a che punto questa esigenza possa giustificare limitazioni territoriali imposte con leggi regionali; ma si può, intanto, affermare che le professioni alpine consentono una mobilità assai minore di quella che é possibile per altre attività.

Per giudicare se sia legittima la disposizione che impone la formazione di un ruolo regionale, giova prendere le mosse dalla indagine se sia o no legittimo stabilire che per l'esercizio, non saltuario, delle professioni alpine nella Valle occorra sempre l'autorizzazione degli organi della Valle anche per coloro che sono muniti della licenza di un Questore.

L'art. 2 del decreto legislativo 1 aprile 1947, n. 218, dispone che gli esercenti professioni alpine possono svolgere saltuariamente nella Valle d'Aosta la loro attività senza autorizzazione degli organi della Valle, quando provengano con i loro clienti da altre Regioni italiane (o dall'estero); il che significa che per l'esercizio non saltuario nella Valle occorre sempre l'autorizzazione degli organi della Valle. La legittimità di questa disposizione statale non é contestata nella presente controversia. Resta fermo, quindi, il principio posto da quella legge dello Stato secondo cui le licenze rilasciate dai Questori non hanno efficacia per la Valle d'Aosta. E la Corte crede che ciò basti a far ritenere legittimo il principio su cui si basa la legge valdostana, secondo cui l'esercizio non saltuario delle professioni alpine nel territorio della Valle può svolgersi soltanto a seguito di autorizzazione regionale.

Ora, se é legittima questa limitazione, non si vedono sufficienti ragioni per contestare la legittimità della norma regionale, che prevede la formazione di un ruolo regionale, salvo a vedere se le disposizioni relative alla tenuta di questo ruolo siano legittime. Nel caso attuale il ruolo altro non é che un elenco dei professionisti alpini autorizzati dalla Regione. Non é un albo vero e proprio; non é, in altri termini, un elenco di professionisti qualificati, la cui tenuta é affidata ad ordini o collegi costituiti dagli stessi iscritti, alla disciplina dei quali gli ordini o collegi presiedono.

Che la Regione si avvalga dell'Unione valdostana e delle società locali non é, in linea di principio, censurabile. Come si é accennato più volte, le attività contemplate dalla legge regionale sono strettamente condizionate dalle particolarità del terreno. Il sistema di affidare ad organizzazioni locali il compito di coadiuvare l'Amministrazione regionale nell'esercizio di delicate funzioni di controllo, di coordinamento e di soccorso é legittimo purché codesti compiti siano circoscritti nell'ambito dei poteri spettanti alla Regione ed entro i limiti che tali poteri incontrano nei rapporti con lo Stato.

Non é, invece, legittimo il disporre che l'iscrizione nel ruolo regionale sia fatta per il tramite dell'Unione o delle associazioni locali, e non é legittimo il disporre che l'iscrizione alle società locali sia necessaria per l'esercizio nella Valle, come non é legittimo che ciascun iscritto sia tenuto al versamento alla società di una quota fissa e di una quota percentuale sulle proprie entrate professionali.

Le disposizioni della legge regionale che dispongono in tal senso (seconda parte del primo comma e secondo comma dell'art. 4 e lett. g dell'art. 10) sono in contrasto con le norme della Costituzione richiamate nell'ordinanza di rinvio. Sono in contrasto con gli artt. 4 e 41 della Costituzione, in quanto chiudono gli esercenti professioni alpine in una ristretta cerchia comunale, che ha tutte le caratteristiche di antiche e tramontate corporazioni locali, a favore delle quali si impongono contribuzioni coattive; sono in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, in quanto questa iscrizione obbligatoria é un mezzo palese per impedire che i cittadini residenti in altre Regioni esercitino nella Valle le professioni alpine.

5. - La Corte giudica che sia in contrasto con l'art. 120 della Costituzione l'art. 10, lett. b, della legge regionale.

Con lo stabilire il requisito della residenza per almeno un triennio nel rispettivo Comune valdostano, si é imposta una grave limitazione al diritto dei cittadini residenti in altre parti del territorio nazionale. É giustificato richiedere che la guida ed il portatore conoscano la zona di esercizio, ma non é affatto giustificato pretendere la residenza. Una guida e un portatore possono conoscere bene una zona, pur risiedendo in un Comune fuori della Valle, e possono anche conoscere bene più zone del territorio nazionale e svolgervi il loro lavoro in diversi ed anche non consecutivi periodi. Richiedere, poi, per i maestri di sci la conoscenza della zona é un chiaro segno del proposito di escludere le persone non residenti nella Valle, essendo notorio che al maestro di sci, per insegnare la tecnica, basta la conoscenza del campo in cui il suo insegnamento si esplica. Che sia così, é confermato dal fatto che nei più rinomati centri in cui si svolge questa attività sportiva, vengono anche chiamati insegnanti stranieri, i quali portano il contributo di nuovi o di più progrediti metodi: le disposizioni in esame impediscono o per lo meno ostacolano enormemente questo scambio di insegnanti. Con ciò la Corte non esprime un giudizio sotto il riflesso della convenienza della legge e nei riguardi della sua influenza, positiva o negativa, sullo sviluppo delle attività sportive e turistiche della Regione, ma pone in rilievo una circostanza notoria che, insieme con le altre, mostra come alcune disposizioni di questa legge valdostana abbiano l'effetto di inibire l'esercizio di alcune attività ai non residenti nella Valle.

Uguale effetto hanno le disposizioni contenute nella lettera e dello stesso art. 10. Imponendo la conoscenza del francese, si stabilisce una causa di esclusione di tutti i cittadini italiani, che non conoscono tale lingua e con ciò si determina una ingiustificata discriminazione, che cade sotto il divieto posto dallo stesso art. 120 della Costituzione.

6. - Si passa ora all'esame dell'art. 13.

Si é già visto che la disposizione, secondo la quale l'esercizio abituale delle professioni alpine non può svolgersi nella Valle senza l'autorizzazione regionale, non può essere dichiarata illegittima, Di conseguenza non meritano censura le disposizioni contenute nell'art. 13. Non quella del primo comma, giacché questo si limita a dichiarare che non occorre l'autorizzazione della Valle per l'esercizio saltuario, imponendo soltanto l'osservanza delle norme di sicurezza dettate nell'interesse dell'incolumità di tutti. Occorre soltanto avvertire che dovrà essere eliminato il richiamo nell'art. 8, che, come si dirà, viene dichiarato illegittimo con la presente sentenza.

Per le stesse ragioni ora esposte nessun rilievo può muoversi al secondo comma dell'art. 13, il quale chiarisce quando l'apertura di corsi e di scuole di sci o di alpinismo debba considerarsi come esercizio stabile di professioni alpine, sottoposte ad autorizzazione regionale.

7. - Manifestamente illegittimo é l'art. 14, primo comma, della legge regionale, il quale dispone che l'esercizio non autorizzato a norma delle disposizioni della legge stessa é punito a termini dell'art. 3 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218.

La giurisprudenza della Corte é costante nel senso che la materia penale é riservata alla competenza esclusiva dello Stato ed é precluso alle Regioni non soltanto stabilire nuove figure di reati, ma anche richiamare, per violazione di norme regionali, sanzioni già comminate dalle leggi dello Stato.

Se, poi, per l'esercizio delle professioni di guida, portatore e maestro di sci senza licenza della Valle sia applicabile la sanzione penale comminata con l'art. 3 del richiamato decreto legislativo, é questione che deve essere risoluta dal giudice penale, ma non può essere definita, con norma imperativa, dal legislatore regionale.

É anche illegittimo il secondo comma dell'art. 14. Tale illegittimità deriva dal fatto che il potere disciplinare riconosciuto all'Unione valdostana ed alle società locali non é quello spettante ad ogni sodalizio sopra i propri iscritti, ma é quello che, in relazione alla non legittima ampiezza delle attribuzioni conferite dalla legge regionale alle predette organizzazioni, presidia o sanziona la attività delle organizzazioni stesse volta al conseguimento di fini in contrasto con le norme costituzionali, come si é chiarito esaminando le precedenti disposizioni della legge regionale ed in particolare l'art. 4.

8. - In conseguenza della dichiarazione di illegittimità adottata con la presente decisione nei riguardi di alcune disposizioni della legge regionale, sono da dichiarare altresì illegittime, per le ragioni esposte in sede di esame delle disposizioni predette, le seguenti altre norme della legge stessa:

a) il quarto ed il quinto comma dell'art. 2, a norma dei quali l'Unione valdostana tiene aggiornato il ruolo regionale, istruisce le domande di autorizzazione, cura la disciplina e provvede, in genere, a quant'altro necessario per la migliore organizzazione professionale e per l'attuazione dei compiti affidatile dall'Assessorato che presiede al turismo; nonché il primo comma dell'art. 3, nella parte in cui richiama, a proposito delle società locali, le disposizioni illegittime dell'art. 2;

b) l'art. 8, che stabilisce l'inderogabilità delle tariffe;

c) il secondo comma dell'art. 9, che affida all'Unione valdostana il compito di impartire l'approvazione a norme valevoli per tutti i professionisti alpini e per i loro clienti;

d) il terzo comma dell'art. 11, il quale stabilisce che per la "promozione a guida" occorre un effettivo servizio triennale nella Valle;

e) l'art. 12, in quanto subordina la presentazione delle domande al necessario tramite dell'Unione o delle società locali, alle quali, in sostanza, affida interamente l'istruttoria;

f) l'art. 13, nella parte in cui richiama l'art. 8.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

a) dichiara non fondata la questione proposta con l'ordinanza del Tribunale di Aosta del 28 aprile 1960 sulla legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 del D.L.C.P.S. 1 aprile 1947, n. 218: "Ordinamento delle professioni di guida alpina, di portatore alpino, di maestro di sci nella circoscrizione della Valle d'Aosta in riferimento all'art. 2, lett. u, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta;

b) dichiara, in riferimento agli artt. 4, 41 e 120 della Costituzione, l'illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni del legge della Regione della Valle d'Aosta 28 settembre 1951, n. 2 sull'ordinamento delle guide, dei portatori alpini, dei maestri sci, degli aiuti maestri di sci e delle scuole di sci in Valle d'Aosta art. 4, primo comma, nella parte in cui si dispone che la iscrizione nel ruolo regionale si effettua per il tramite delle società locali dell'Unione valdostana guide e maestri di sci; art. 4, secondo comma; art. 10, lett. b, lett. e, nella parte in cui si richiede buona conoscenza della lingua francese, e lett. g; art. 14;

c) dichiara, a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della stessa legge regionale: art. 2, quarto e quinto comma; art. 3, nella parte in cui richiama le disposizioni illegittime dell'art. 2; art.8; art. 9, secondo comma; art. 11, terzo comma; art. 12, in quanto impone la presentazione delle domande di autorizzazione per il tramite delle società locali o dell'Unione valdostana; art. 13 nella parte in cui richiama l'art. 8.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 marzo 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI

 

Depositata in cancelleria il 29 marzo 1961.