Sentenza n. 145 del 1982
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SENTENZA N. 145

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 217, comma secondo, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) promosso con ordinanza emessa il 15 settembre 1977 dal Pretore di Brindisi nel procedimento penale a carico di Filograna Ida ed altri, iscritta al n. 481 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 340 del 14 dicembre 1977.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 28 aprile 1982 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con sentenza 23 novembre 1972 il Tribunale di Brindisi dichiarò il fallimento della ditta "New Foto", società di fatto tra i coniugi Albanese Rodolfo e Filograna Ida e De Battagliarini Olga (madre del primo e suocera della seconda, premorta al fallimento), commerciante in articoli fotografici, nonché dei singoli soci in proprio.

Con ordinanza emessa il 15 settembre l977 (notificata e comunicata il successivo 27, pubblicata nella G. U. n. 340 del 14 dicembre 1977 e iscritta al n. 481 R.O. 1977), il Pretore di Brindisi, al giudizio del quale i tre soci furono rinviati perché imputati del reato di bancarotta semplice per avere omesso di tenere durante i tre anni antecedenti al fallimento i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge, ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 comma primo Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 217 comma secondo r.d. 16 marzo 1942 n. 267, il quale incrimina come reo di bancarotta semplice e lo punisce con la reclusione da sei mesi a due anni il fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento (ovvero dall'inizio dell'impresa se questa ha avuto una durata minore), non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge (o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta). Per illustrare la questione, prospettata dalla difesa degli imputati Albanese e Filograna, ha il giudice a quo motivato che I) non solo la norma impugnata ma tutta la disciplina del fallimento é in contrasto con il principio di uguaglianza perché

a) sussiste disparità di trattamento tra il regime dell'insolvenza civile e quello dell'insolvenza di impresa e nell'ambito di quest'ultima insolvenza tra l'insolvenza dell'imprenditore agricolo e quella dell'imprenditore commerciale nonché, nell'area dell'impresa commerciale, tra piccole imprese e imprese normali,

b) gli effetti che derivano dalla dichiarazione di fallimento determinano per il debitore sì imponenti limitazioni della capacità di agire da fare del fallimento "un oscurantismo istituto" che contrasta con i fondamentali principi di libertà civili, etico - sociali e politiche, garantiti dalla prima parte della Costituzione, rispettivamente ai titoli I, II,III; II) con particolare riferimento al reato di bancarotta semplice fatti altrimenti irrilevanti per la legge penale, come la tenuta dei libri contabili, sono incriminati sol per la condizione del fallito propria dell'autore, disuguaglianza tra chi ponendoli in essere, é fallito e chi non lo é, sebbene "l'impresa e l'insolvenza commerciali non formino oggetto di particolare tutela nella Costituzione"; III) l'uguaglianza tra cittadini verrebbe offesa nella specie, in cui gli imputati sono stati dichiarati falliti per essere soci di una piccola impresa artigiana, e s'istituirebbe una ingiustificata tutela differenziata tra piccole imprese a seconda che titolari ne siano individui ovvero società.

2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 3 gennaio 1978, con il quale l'Avvocatura generale dello Stato, richiamate le sent. 20/1962, 24/1969, 43 e 57/1970 e 110/1972 della stessa Corte, ha concluso per la dichiarazione d'infondatezza della proposta questione.

3. - Alla pubblica udienza del 28 aprile 1982, alla quale l'incidente é stato assegnato a seguito del rinvio a nuovo ruolo per non essere stato trattato nell'adunanza del 7 maggio 1980 in camera di consiglio, il giudice Andrioli ha svolto la relazione e l'avv. dello Stato Carafa si é rimesso allo scritto.

 

Considerato in diritto

 

4. - Nessuno dei quattro ordini di argomentazioni svolte dal Pretore di Brindisi e riassunte sub n. 1 merita accoglimento.

Le due prime, per coinvolgere la "politica" delle procedure concorsuali (diverso trattamento fatto alla insolvenza commerciale e alla insolvenza civile, limitazioni alla capacità di agire rivenienti all'imprenditore dalla dichiarazione di fallimento), danno vita ai contrasti che anche nella storia degli istituti separano le legislazioni dei Paesi europei e extraeuropei, e, pertanto, sfuggono al giudizio di conformità ai principi costituzionali, riservato a questa Corte, per rientrare nell'area di scelte proprie del legislatore. Se l'Italia non si allinea a fianco di quelle Nazioni, che ravvisano nelle procedure concorsuali mezzi di attuazione della responsabilità patrimoniale di qualsiasi debitore e le depurano da tecniche di irrogazione di sanzioni penali, é quesito che sta al Parlamento porre e risolvere. Né a proposito della seconda delle argomentazioni oggetto di attuale esame può questa Corte esimersi dal rilevare che gli effetti della sentenza dichiarativa per il fallito rappresentano il rovescio della medaglia il cui retto é costituito dagli effetti del fallimento per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti, i quali si diversificano dagli effetti propri del pignoramento (dei beni materiali e - non lo si dimentichi dei crediti) sol per essere la massa attiva formata dai beni del debitore esistenti alla data del fallimento e, nei limiti segnati dall'art. 42, comma secondo 1. fall., dai beni che gli pervengono nel corso della procedura, sol per la maggiore ampiezza obiettiva.

5. - Sugli altri ordini di argomentazioni, con le quali il Pretore di Brindisi é disceso a considerare il tema della bancarotta semplice per omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili prescritti dalla legge, é da osservare in ordine al terzo ordine (illegittimità della sanzione penale irrogata al reo di siffatta omissione sol per essere stato dichiarato fallito) che il giudice a quo, in tal guisa sillogizzando, ha lasciato in ombra la funzione davvero centrale, che la tenuta della contabilità esercita sul buon governo della procedura fallimentare non solo e non tanto nella istruttoria preliminare alla dichiarazione di fallimento (artt. 8, 14, 16 comma secondo punto 3), quanto e soprattutto nella individuazione dei beni compresi nella massa (ed esclusi), nella identificazione dei creditori concorsuali (e nella consecutiva compilazione degli elenchi previsti dall'art. 89 1. fall.), degli atti pregiudizievoli ai creditori (e, segnatamente, dei pagamenti e degli atti oggetti di revocatoria fallimentare; artt. 64, 65, 67 a 71 l. fall.) e dei rapporti giuridici preesistenti (artt. 72 a 84 l. fall. e norme complementari), laddove le scritture contabili tenute da imprenditori in bonis sono idonee a produrre efficacia probatoria nei soli limiti segnati dagli artt. 2709 a 2711 c.c.. Non sussiste quindi la identità di condizioni tra imprenditore in bonis e imprenditore fallito in difetto della quale non é lecito invocare il rispetto del principio di uguaglianza tra i due soggetti.

6. - A proposito del quarto e ultimo ordine di argomentazioni adunate nella ordinanza di rimessione (deteriore trattamento fatto alla piccola impresa artigiana condotta in sociale rispetto alla stessa impresa se condotta da operatore singolo) - in disparte che il Tribunale di Brindisi ebbe a dichiarare il fallimento della società di fatto "commerciante in articoli fotografici" tra Filograno Ida, Albanese Rodolfo e De Battagliarini Olga nonché i fallimenti dei soci in proprio (società corrente sotto la ditta "New Foto" con sede in Brindisi, via Mazzini 4 (o 107) - é da osservare che l'irrilevanza delle modeste dimensioni della impresa le quante volte sia questa gestita in sociale si profila non solo nel campo della bancarotta semplice per omessa tenuta della contabilità obbligatoria ma anche nel tema della assoggettabilità a fallimento delle imprese sociali pur di modeste dimensioni cui lo stesso Pretore si riferisce senza peraltro sospettare d'illegittimità l'art. 1, comma secondo periodo terzo l. fall., che non assoggetta a fallimento "in nessun caso" le società commerciali che gestiscano piccole imprese.

Specie dopo la legge 25 luglio 1956 n. 860 sulla disciplina giuridica delle imprese artigiane il bilanciamento tra la gestione sociale e la natura artigianale dell'impresa implica la soluzione di problemi socio - economici e giuridico - formali, che non possono essere inquadrati nello schema della uguaglianza di trattamento senza incorrere nella sin troppo facile obiezione di chi osserva che tutto sta ad assumere a pietra di paragone la natura artigianale per comprimere la gestione sociale ovvero questa per provocare la soccombenza di quella.

7. - L'orientamento della Corte in materia (sent. 110/1972,93/1975) merita quindi piena conferma.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 217, comma secondo r.d. 16 marzo 1942 n. 267, sollevata, in riferimento all'art. 3 comma primo Cost., con ordinanza 15 settembre 1977 (n. 481 R.O. 1977) del Pretore di Brindisi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27 luglio 1982.