Sentenza n. 28 del 1966
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SENTENZA N. 28

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2774, e 3 ottobre 1952, n 1756, promossi con ordinanze rispettivamente emesse l'11 maggio 1964 dal Tribunale di Roma, nel procedimento civile vertente tra Di Clemente Pietro ed altri e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, ed il 30 aprile 1964 dal Tribunale di Pisa, nel procedimento civile vertente tra Campani Laura e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, iscritte ai nn. 173 e 174 del Registro ordinanze 1964 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 282 del I4 novembre 1964.

Visti gli atti di costituzione di Di Clemente Pietro ed altri, di Campani Laura e dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale;

udita nell'udienza pubblica del 16 febbraio 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uliti l'avv. Franco Lorenzo Prosperi, per la Campani, e l'avv. Guido Astuti, per l'Ente Maremma.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento civile vertente fra Di Clemente Pietro ed altri, quali eredi di Di Clemente Benedetto, e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, il Tribunale di Roma, con ordinanza 11 maggio 1964, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto presidenziale di esproprio 29 novembre 1952, n. 2774, per violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841.

Rileva il Tribunale nell'ordinanza che all'esproprio disposto col detto decreto si era giunti attraverso l'accertamento della consistenza della proprietà del de cuius eseguito mediante inclusione, fra l'altro, nel coacervo, di alcuni terreni in agro di Scurcola Marsicana, secondo i dati risultanti dal catasto rustico entrato in conservazione nella zona il 1 agosto 1951, per una superficie di ha. 103.35 ed un reddito dominicale di lire 40.276; mentre secondo i dati del vecchio catasto-risultava per gli stessi terreni, alla data del 15 novembre 1949, una superficie di ha. 93.74, con reddito dominicale di lire 20.762. La proprietà complessiva del Di Clemente ai fini dello scorporo era stata così calcolata in complessivi ha. 334.47 per un reddito di lire 103.786, anziché, come si sarebbe dovuto, in ha. 324.86 per un reddito dominicale di lire 84.272.

Ciò premesso, il Tribunale, ricordata la giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui, per l'accertamento della consistenza della proprietà terriera privata ai fini della determinazione della quota di espropriazione in attuazione della riforma fondiaria, la data del 15 novembre 1949 deve considerarsi un punto di riferimento certo ed eguale per tutti, a norma dell'art. 4 della legge n. 841 del 1950, e ritenuta la questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio principale, sospendeva il giudizio e rimetteva gli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 novembre 1964 n. 282.

2. - Avanti alla Corte si sono costituiti gli eredi del Di Clemente Benedetto, col patrocinio dell'avv. Leo Collina, il quale, nelle difese depositate in cancelleria il 3 dicembre 1964, ha fatto proprie le ragioni esposte nell'ordinanza, insistendo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato decreto.

3. - Si é anche costituito l'Ente di riforma, in persona del Presidente avv. Tommaso Morlino, col patrocinio dell'avv. Guido Astuti, il quale ha depositato le proprie deduzioni in cancelleria il 4 dicembre 1964.

La difesa dell'Ente riconosce che, in effetti, la quota espropriabile in danno del Di Clemente fu determinata sulla base dei dati del nuovo catasto, entrato in vigore in epoca successiva al 15 novembre 1949, e non contesta perciò l'illegittimità costituzionale del decreto impugnato. Assume peraltro che anche così non si sarebbe fatto luogo ad esproprio di una quota maggiore di quella che legittimamente vi era soggetta, e perciò conclude chiedendo che, nel dichiarare la illegittimità costituzionale del D.P.R. impugnato, con la consueta formula "in quanto", costantemente adottata in casi analoghi, venga fatta riserva degli accertamenti del giudice di merito circa la consistenza della proprietà e della relativa quota di scorporo al 15 novembre 1949, a norma dell'art. 4 della legge n. 841.

4. - Nel corso del procedimento civile vertente fra Campani Laura e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, il Tribunale di Pisa con ordinanza 30 aprile 1964 ha sollevato questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 3 ottobre 1952, n. 1756, con cui erano stati espropriati alla predetta ha. 370.89.76 di terreno in agro di Volterra, per violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione all'art. 4 della legge n. 841.

Il Tribunale premette nell'ordinanza che l'attrice aveva eccepito l'illegittimità costituzionale del D. P. impugnato per due ragioni: la prima, perché il calcolo della intera proprietà era stato fatto sulla base dei dati risultanti dal nuovo catasto entrato in vigore nella zona di Volterra il 1 settembre 1951, anziché sulla base della consistenza al 15 novembre 1949, e secondo le tariffe di estimo al 1 gennaio 1943, come stabilito dall'art. 4 della legge n. 841; la seconda ragione, perché nel calcolo del reddito dominicale per ettaro, che costituisce uno degli elementi da tenere presenti ai fini della determinazione della quota da espropriare, ai sensi del citato art. 4 della legge n. 841, non era stata esclusa una notevole quantità di terreni che per la loro natura avevano un reddito perfino inferiore a quello dei "boschi" e degli "incolti produttivi", che pure il ripetuto art. 4 vieta di considerare ai fini della determinazione suddetta.

Per queste ragioni la Campani sosteneva che la espropriazione aveva avuto ad oggetto una quota notevolmente superiore a quella che avrebbe dovuto essere colpita a norma di legge.

Ciò posto, osserva il Tribunale che la tesi come riferita al primo punto é conforme alla costante giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha sempre ritenuto viziati di illegittimità costituzionale quei provvedimenti di scorporo che hanno posto a base del calcolo i dati del nuovo catasto, entrato in vigore dopo il 15 novembre 1949.

Pertanto, ritenuta la questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini della decisione, sospendeva il giudizio e rimetteva gli atti alla Corte costituzionale.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14 novembre 1964, n. 282.

5. - Avanti alla Corte si é costituita la Campani, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Cassola e Umberto Grassini, i quali hanno depositato le deduzioni in cancelleria il 17 novembre 1964.

La difesa, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, insiste nell'affermare l'illegittimità del decreto impugnato derivante dall'avere l'Ente determinato, in base ai dati risultanti dal nuovo catasto, una quota di esproprio maggiore di quella che sarebbe stato legittimo accertare in base ai dati del vecchio catasto.

Aggiunge poi che la seconda questione, già sottoposta al Tribunale, circa la mancata esclusione, ai fini del calcolo del reddito medio, dei terreni a reddito inferiore a quello dei boschi od incolti produttivi, sarebbe superata dal fatto che, giusta la consulenza tecnica espletata nel giudizio principale, la quota espropriabile in base ai dati del vecchio catasto sarebbe rimasta sempre la stessa anche con l'esclusione in parola.

Osserva inoltre la difesa della Campani che, in ogni caso, diversamente da quanto sostenuto dalla controparte nel giudizio di merito, nella specie non potrebbe demandarsi al giudice a quo il compito di effettuare indagini sulla reale consistenza della proprietà al 15 novembre 1949, e di sostituirsi così alla Commissione censuaria nei compiti che essa sola avrebbe potuto svolgere a norma dell'art. 6 della legge, qualora ne fosse stata tempestivamente richiesta, anche perché in tal modo si verrebbe ad investire il Tribunale di una questione di estimo catastale, che non rientra nella sua competenza.

Conclude chiedendo dichiararsi la illegittimità costituzionale del decreto impugnato.

6. - L'Ente di riforma, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Astuti, si é costituito mediante deposito delle deduzioni nella cancelleria in data 4 dicembre 1964.

Anche in questo giudizio l'Ente riconosce la illegittimità del decreto di esproprio, per essere stata la quota di scorporo calcolata in base ai dati del nuovo catasto, anziché del vecchio, ancora in vigore nella zona al 15 novembre 1949. Tale vizio, pero, sarebbe soltanto parziale, dovendosi ritenere espropriata soltanto una quota maggiore di quella che, in ogni caso, avrebbe dovuto espropriarsi a norma dell'art. 4 della legge. Pertanto la difesa dell'Ente afferma che, nel dichiarare l'illegittimità del decreto, si dovrebbero demandare al giudice di merito gli accertamenti circa la consistenza della proprietà e della relativa quota a norma del citato art. 4.

Quanto alla questione di illegittimità del decreto relativa all'inclusione di terreni aventi un reddito inferiore a quello dei boschi e degli incolti produttivi, ai fini del calcolo del reddito dominicale medio, la difesa dell'Ente eccepisce, anzitutto, che la stessa non risulterebbe sottoposta alla Corte dal giudice a quo.

Comunque sarebbe infondata, perché la legge n. 841 avrebbe escluso i boschi e gli incolti produttivi dal calcolo suddetto non in relazione al loro basso reddito, ma in considerazione della loro funzione economico-sociale, in quanto cioè necessari nell'ambio di un razionale ordinamento culturale. Pertanto i detti terreni dovevano essere inclusi nel calcolo, ed anzi tanto più lo dovevano, quanto più basso era il reddito, secondo il principio informatore della legge n. 841.

Conclude la difesa dell'Ente chiedendo che, previa eventuale dichiarazione di manifesta infondatezza della questione da ultimo accennata, venga dichiarata l'illegittimità costituzionale del decreto impugnato sotto l'altro profilo sopra riferito, con la consueta formula "in quanto", costantemente usata dalla Corte nei casi di riconosciuta illegittimità parziale.

7. - La difesa dell'Ente di riforma, in entrambe le cause, ha depositato, nei termini, memorie illustrative di identico contenuto, con le quali insiste, sviluppandole, nelle tesi già svolte a favore dell'ammissibilità di ulteriori accertamenti da parte del giudice a quo circa l'effettiva consistenza dei terreni espropriati alla data del 15 novembre 1949.

In particolare la difesa osserva che la Corte costituzionale, in varie sue decisioni, avrebbe affermato appunto il principio che i dati catastali devono corrispondere alla realtà di fatto alla data suddetta, e che la proprietà da assoggettare allo scorporo deve essere valutata nella sua consistenza effettiva. Né, d'altra parte, potrebbe obbiettarsi che l'Ente avrebbe dovuto proporre tempestivo ricorso alla Commissione censuaria centrale per ottenere la correzione delle risultanze del vecchio catasto, ai sensi del l'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, dato che il piano di esproprio era stato già compilato, appunto, coi dati del nuovo catasto.

Inoltre, sempre a dire della difesa dell'Ente, il giudice ordinario ben potrebbe, dopo la sentenza della Corte costituzionale, procedere alla rettifica dei dati catastali, ed accertare così l'effettiva consistenza della proprietà, senza incorrere nel difetto di giurisdizione di cui all'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, ed all'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841. I dati del nuovo catasto rispecchierebbero, infatti, in realtà, la situazione al 15 novembre 1949, e, ove il giudice ad essi si riferisse, nel valutare la consistenza della proprietà espropriabile, non farebbe che recepire un accertamento eseguito dall'organo amministrativo competente, senza violare quindi le citate disposizioni.

Né a questa soluzione osterebbe la legge n. 841 del 1950, che riterrebbe validi ai fini dell'esproprio, e senza possibilità di ricorso, i dati risultanti dal nuovo catasto, purché entrato in vigore al momento della emanazione della legge; e ammetterebbe così la validità di un accertamento, anche se fatto in periodi diversi, ma prossimi alla data del 15 novembre 1949.

Neppure osterebbe alla ammissibilità delle indagini la necessità di determinare il reddito imponibile sulla base delle tariffe vigenti alla data del 1 gennaio 1943, in relazione ai terreni pei quali si fosse così accertata una consistenza diversa da quella risultante dal vecchio catasto. Questa determinazione richiederebbe, infatti, soltanto un'operazione di carattere tecnico, consistente nell'attribuzione ai fondi stessi del reddito dominicale imponibile a fondi di identica consistenza alla data suddetta.

Osserva infine che l'indagine richiesta sarebbe indispensabile per evitare sperequazioni fra i proprietari, dovute alla fortuita circostanza che in alcune zone, al 15 novembre 1949, fosse ancora in vigore il vecchio catasto, con conseguente esonero dall'espropriazione; tanto più ingiusto in casi, come quello di specie, in cui vi sarebbe la certezza morale della non corrispondenza dei dati del vecchio catasto alla consistenza effettiva dei terreni.

La difesa insiste pertanto nel chiedere che la Corte, nel dichiarare la illegittimità dei decreti impugnati con la conseguente formula "in quanto", voglia precisare che il giudice a quo é tenuto, ai fini della decisione della causa di merito, a provvedere all'accertamento della effettiva consistenza delle proprietà in esame al 15 novembre 1949, "con l'eventuale rettificazione delle risultanze del vecchio catasto terreni allora in vigore, le quali non fossero rispondenti alla situazione reale dei terreni per qualità di coltura e classe di produttività".

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due cause riguardano questioni sostanzialmente identiche, e vanno perciò riunite e decise con unica sentenza.

2. - La illegittimità costituzionale per eccesso di delega dei decreti presidenziali di espropriazione impugnati non é contestata dall'Ente Maremma e d'altra parte, secondo l'oramai costante giurisprudenza della Corte (v. sentenze nn. 70 del 1958; 47 e 77 del 1961; 18 del 1962; 73 del 1964; 3 del 1965), sussiste la violazione dell'art. 76 della Costituzione, in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, quando, per la formulazione del piano di esproprio ai fini della riforma fondiaria, l'Ente di riforma ha tenuto conto dei dati del nuovo catasto, non ancora entrato in vigore nelle zone di esproprio al 15 novembre 1949, anziché dei dati del vecchio catasto.

Non vi é dubbio pertanto che, sotto il cennato profilo, debbano dichiararsi costituzionalmente illegittimi i DD. PP. 29 novembre 1952, n. 2774, e 3 ottobre 1952, n. 1756.

3. - La Corte ha anche avuto occasione di pronunciarsi circa quell'aspetto della questione su cui, nelle deduzioni e nelle memorie, insiste la difesa dell'Ente, e precisamente sulla passibilità che venga demandato al giudice a quo ogni ulteriore accertamento sulla consistenza dei terreni al 15 novembre 1949, ai fini della esatta determinazione della quota soggetta ad esproprio. Ha in proposito già affermato la Corteche mentre sono sottratte alla competenza del giudice ordinario le indagini riguardanti questioni attinenti all'estimo catastale, come quelle concernenti la qualità di coltura e la classe di produttività dei terreni, é invece da ammettere la competenza dello stesso giudice sulle questioni direttamente attinenti alla estensione dei terreni soggetti a scorporo (sentenza n. 73 del 1964). Ribadendo tali principi, la Corte, con sentenza n. 3 del 1965, ha poi più specificamente affermato che l'indagine tendente ad accertare se ed in quale misura si sarebbe dovuto fare luogo alla espropriazione qualora si fossero tenuti presenti i dati catastali vigenti al 15 novembre 1949 anziché quelli desunti dal nuovo catasto entrato in vigore successivamente a tale data, pur restando fuori dalla competenza della Corte, se ed in quanto implichi una indagine di merito, può tuttavia essere effettuata dal giudice a quo, purché non abbia attinenza all'estimo catastale, sottratto alla competenza del giudice ordinario ai sensi dell'art. 6 della legge sul contenzioso amministrativo 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, ed anche dell'ultimo comma dell'art. 6 della legge stralcio 21 ottobre 1950, n. 841. Al di là di questa indicazione, contenuta nelle richiamate precedenti sentenze, questa Corte non può andare senza invadere il campo proprio del giudice di merito.

4. - Per quanto attiene alla questione di legittimità del decreto di esproprio 3 ottobre 1952, n. 1756, in danno di Campani Laura, relativa alle modalità seguite per il calcolo del reddito medio per ettaro, nel quale calcolo sarebbe stato compreso anche il reddito di terreni inferiore a quello dei boschi e dei terreni incolti produttivi, dalla legge escluso dal calcolo stesso, é da rilevare che, come eccepisce la difesa dell'Ente, trattasi di questione ricordata nell'ordinanza di rinvio, ma non proposta dal Tribunale all'esame di questa Corte.

Invero, mentre tale questione é esposta nella parte narrativa dell'ordinanza, ove é chiaramente contraddistinta con la lettera b), dopo l'esposizione dell'altra concernente l'errore sui dati catastali, distinta con la lettera a), nella parte motiva dell'ordinanza si rinviene solo l'esposizione delle ragioni secondo cui, ad avviso del Tribunale "la tesi sostenuta dall'attrice Campani Laura, come riportata al punto a)" é rilevante e non manifestamente infondata. Nessun accenno nella motivazione dell'ordinanza può far ritenere che il giudice a quo abbia inteso esprimere il suo pur necessario giudizio sulla manifesta infondatezza o meno della questione sub b), ed abbia comunque inteso sottoporla alla Corte. Ciò lascia ragionevolmente ritenere che l'esposizione della stessa nella parte narrativa sia stata fatta dal Tribunale unicamente ai fini di una completa relazione delle vicende della causa, e non abbia quindi alcuna influenza sulla materia sottoposta al giudizio della Corte, desumibile in modo sufficientemente chiaro dalla motivazione e dal dispositivo dell'ordinanza come limitata alla questione sub a).

Ma, a parte ciò, é da osservare che la stessa difesa della Campani non ha giudicato di dovere insistere sulla questione in questa sede, dando anzi atto che la stessa sarebbe "superata" dalle risultanze della consulenza tecnica effettuata nel giudizio di merito, la quale avrebbe escluso qualsiasi rilevanza dalla inclusione o meno dei terreni in discorso nel computo del reddito medio, ai fini della determinazione della quota di scorporo.

Escluso, quindi, che la Cortepossa occuparsi di quest'ultima questione, non rimane che dichiarare la illegittimità dei decreti presidenziali per la ragione innanzi spiegata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riunisce le due cause;

dichiara la illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2774, e 3 ottobre 1952, n. 1756, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, n. 8 del 12 gennaio 1953 e n. 280 del 3 dicembre 1952, in quanto per la formazione dei piani di espropriazione, in danno, rispettivamente degli eredi di Di Clemente Benedetto e Campani Laura, fu tenuto conto dei dati dei nuovi catasti non ancora in vigore, nelle zone, alla data del 15 novembre 1949.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 marzo 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI -  Giuseppe BRANCA Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ -  Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

Depositata in cancelleria il 23 marzo 1966.