Sentenza n. 3 del 1965
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SENTENZA N. 3

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2714, 27 dicembre 1952, n. 3895, e 3 ottobre 1952, nn. 1763 e 1764, promossi con due ordinanze emesse il 22 dicembre 1963 dal Tribunale di Pisa nei procedimenti civili vertenti tra Pedani Vittoria e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale e tra Inghirami Ennio, Gino, Paolo, Ada, Albina e Nella e 1' Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, iscritte ai nn. 63 e 64 del Registro ordinanze 1964 a pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 126 del 23 maggio 1964.

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pedani Vittoria, di Inghirami Ennio ed altri, e dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale;

udita nell'udienza pubblica del 2 dicembre 1964 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

uditi l'avv. Mario Cassola, per la Pedani e per gli Inghirami, e l'avv. Guido Astuti, per 1' Ente Maremma.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Premesso che con decreto presidenziale del 29 novembre 1952, n. 2714, furono espropriati in danno della signora Pedani Vittoria ed a favore dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale ha. 36.86.95 di terreni posti in Comune di Volterra; che con altro decreto presidenziale in data 27 dicembre 1952, n. 3895, fu approvato il piano di espropriazione di altri ha. 8.39.18, costituenti il terzo residuo, di cui poi successivamente, con decreto presidenziale 5 settembre 1956 furono trasferiti all'Ente predetto ha. 4.65.65; con citazione in data 15 settembre 1956 la detta signora Pedani conveniva davanti al Tribunale di Pisa l'Ente stesso, affermando che il calcolo del reddito dominicale della intera proprietà era stato eseguito sulla base di qualità, classi, superfici ed estimi desunti dal nuovo catasto entrato in conservazione nel distretto di Volterra il 1 settembre 1951, anziché sulla base della consistenza dell'intera proprietà al 15 novembre 1949 e secondo le tariffe di estimo al 1 gennaio 1943. Ciò in violazione dell'art. 4 della legge delega 21 ottobre 1950, n. 841, e conseguente violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione.

La Pedani affermava inoltre che, qualora il calcolo del reddito dominicale fosse stato eseguito a norma del citato art. 4, ella sarebbe andata esente da esproprio, risultando il reddito dominicale complessivo inferiore alle 30.000 lire, e quello medio per ettaro superiore alle lire 100.

Chiedeva pertanto condannarsi l'Ente convenuto al risarcimento dei danni per la illegittima espropriazione, previo giudizio di legittimità costituzionale dei decreti presidenziali impugnati.

2. - L'Ente resisteva sostenendo l'irrilevanza della lamentata adozione dei dati risultanti dal nuovo catasto, in quanto ciò non avrebbe condotto, in effetti, ad un esproprio superiore al dovuto; perché - spiegava l'Ente - la superficie considerata ai fini dell'esproprio era identica a quella risultante dal vecchio catasto, mentre, quanto alla classificazione e qualificazione dei terreni, il nuovo catasto, anche se entrato in conservazione nel 1951, era stato tuttavia pubblicato in epoca anteriore al 15 novembre 1949, per cui nell'assumersi i dati dal nuovo catasto, in realtà si era tenuta presente la situazione effettiva dei terreni prima della detta data.

Sarebbe stata così rispettata la volontà della legge di riforma, quale la si dovrebbe desumere dall'art. 6 della legge stessa, che, prevedendo la facoltà di ricorso, per l'espropriato e per l'Ente espropriante, nelle zone in cui sono in vigore i vecchi catasti, ai fini della determinazione definitiva del reddito dominicale imponibile, chiaramente dimostrerebbe di tendere all'attuazione della riforma con riferimento alla situazione effettiva dei terreni. Onde, non si sarebbe avuta nessuna sostanziale lesione del diritto di proprietà della Pedani e conseguentemente non si sarebbe verificato alcun eccesso di delega.

3. - Con ordinanza del 22 dicembre 1963 il Tribunale, riconosciuto, in punto di fatto, che i decreti di esproprio vennero emanati in base alla consistenza dell'intera proprietà dell'attrice ed al reddito dominicale relativo risultante dal nuovo catasto entrato in vigore solo al 1 settembre 1951, ed affermato che la proposta questione, rilevante ai fini della decisione del giudizio, non poteva ritenersi manifestamente infondata, dovendosi i decreti nn. 2714 e 3895 del 1952 ritenere emanati in violazione dell'art. 4 della legge n. 841 del 1950, e quindi in violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, sospendeva il giudizio e rimetteva gli atti a questa Corte.

L'ordinanza, debitamente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 23 maggio 1964.

4. - Avanti alla Corte si é costituita la Pedani, rappresentata e difesa dagli avvocati Umberto Grassini e Mario Cassola, i quali hanno depositato le deduzioni il 15 aprile 1964.

In queste, contestandosi le tesi difensive svolte dall'Ente nel giudizio principale, si insiste nell'affermare che l'intera proprietà della Pedani, nella sua consistenza al 15 novembre 1949 era, per superficie e reddito medio per ettaro, esente da esproprio, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 841 del 1950, e si afferma che l'eccezione di merito sollevata dall'Ente sarebbe irrilevante in relazione alla questione di legittimità costituzionale, così come delineata nell'ordinanza di rinvio.

Si conclude insistendo per la dichiarazione di illegittimità costituzionale dei decreti impugnati.

5. Si é anche costituito l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, in persona del Presidente pro-tempore, avv. Tommaso Morlino, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Astuti, che ha depositato le proprie deduzioni nella cancelleria della Corte il 12 giugno 1964.

La difesa dell'Ente riconosce che il calcolo della superficie espropriata fu eseguito in base alle risultanze del nuovo, anziché del vecchio catasto, in vigore nel territorio de quo al 15 novembre 1949. Rileva peraltro che il Tribunale non ha accertato quale fosse il reddito dominicale imponibile ai fini dell'esproprio alla detta data, né il relativo reddito medio unitario, omettendo quindi di accertare se, realmente, la proprietà Pedani sarebbe stata esente da esproprio a norma della legge n. 841 del 1950. Questo accertamento, che secondo la difesa dell'Ente non sarebbe stato effettuato in sede amministrativa ai sensi del ricordato art. 6 della legge n. 841 in mancanza del necessario presupposto formale (pubblicazione del piano particolareggiato di esproprio sulla base del vecchio catasto), potrebbe e dovrebbe essere invece effettuato in sede giurisdizionale, per determinare quali fossero gli effettivi limiti della delega legislativa in ordine alla espropriazione in esame.

Pertanto la difesa dell'Ente conclude chiedendo che, ove la Corte non intenda o non possa essa stessa effettuare la proposta indagine, pur dichiarando l'illegittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi impugnati per contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione, riservi espressamente al giudice di merito i definitivi accertamenti circa la consistenza effettiva della proprietà di cui trattasi al 15 novembre 1949, adottando la consueta formula "in quanto", usata - così si esprime la difesa dell'Ente - "nei casi di eventuale illegittimità parziale dei decreti di esproprio in materia di riforma agraria".

6. - Lo stesso Tribunale di Pisa, con ordinanza emessa il 22 dicembre 1963 in analogo procedimento pendente fra Inghirami Ennio, Gino, Paolo, Ada, Albina vedova Barabino, nella coniugata Salvi e Nada, attori, e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, convenuto, esaminate le deduzioni delle parti, identiche a quelle svolte nel giudizio promosso dalla Pedani e innanzi riportate, riteneva non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, dei decreti presidenziali in data 3 ottobre 1952, nn. 1763 e 1764, con cui, rispettivamente, erano stati espropriati, in danno dei predetti attori, ha. 58.78.04 di terreni, posti in Comune di Volterra, ed era stato approvato il piano compilato dall'Ente per l'esproprio di altri ha. 11.18.00 di proprietà degli stessi Inghirami, posti in Comune di Montecatini Val di Cecina, previo calcolo delle superfici suddette effettuato sulla base dei dati del nuovo catasto terreni, anziché di quelli del vecchio catasto, ancora in vigore nel territorio de quo alla data del 15 novembre 1949. Anche la detta ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 23 maggio 1964.

Avanti alla Corte costituzionale si sono costituite le predette parti private, rappresentate e difese dagli avvocati Mario Cassola e Umberto Grassini, i quali hanno depositato nella cancelleria della Corte, il 15 aprile 1964, deduzioni e conclusioni identiche a quelle presentate nell'interesse della Pedani nella causa sopra menzionata.

Anche l'Ente Maremma, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Astuti, si é costituito, mediante deposito, in data 12 giugno 1964, di deduzioni e conclusioni, identiche a quelle già rassegnate nel predetto giudizio.

7. - La difesa della signora Pedani ha depositato, nei termini, una memoria illustrativa, con cui insiste nelle precedenti conclusioni. In particolare osserva che il Tribunale, nella ordinanza di rinvio, pur non pronunciandosi direttamente sulla questione della assunta inespropriabilità dei terreni della Pedani ove si fossero tenuti presenti i dati catastali in vigore al 15 novembre 1949, non per questo l'avrebbe in realtà lasciata impregiudicata, in quanto, già risultando acquisiti agli atti i dati del vecchio catasto, in base ai quali sarebbe da escludere l'espropriabilità, con l'ordinanza di rinvio, che appunto presuppone i dati stessi, si fa dipendere la decisione della causa dalla risoluzione della questione di legittimità in relazione al fatto che l'Ente predispose i suoi piani sulla base del nuovo e non del vecchio catasto. Comunque, nulla vieterebbe che la Corte - si afferma - supplisca alla pretesa omissione del Tribunale, senza pertanto formulare le riserve cui allude l'Ente nelle sue difese.

Quanto poi alla possibilità che nel giudizio principale si proceda alla determinazione della effettiva consistenza della proprietà al 15 novembre 1949, facendo luogo, in quella sede, al giudizio previsto dall'art. 6 della legge n. 841 del 1950, non effettuato davanti alla competente Commissione censuaria, si osserva, nella memoria, che la questione é ormai stata risolta negativamente dalla Corte costituzionale con la recente sentenza n. 73 del 1964.

8. - Altra memoria, di tenore identico, é stata tempestivamente depositata dalla difesa dell'Inghirami Ennio ed altri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due cause hanno per oggetto la medesima questione di legittimità costituzionale: epperò vanno riunite e decise con unica sentenza.

2. - La difesa dell'Ente di riforma espressamente riconosce, in entrambe le cause, che i decreti di esproprio furono emanati sulla base dei dati desunti dal nuovo catasto, entrato in conservazione, nelle rispettive zone, successivamente al 15 novembre 1949, data questa alla quale, invece, per giurisprudenza costante di questa Corte, avrebbe dovuto farsi riferimento. É certa pertanto la violazione dell'art. 4 della legge delega 21 ottobre 1950, n. 841, e la conseguente violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione.

Deve pertanto, per tal ragione, dichiararsi fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata.

3. - La difesa dell'Ente tuttavia, pure ciò ammettendo ed in previsione che nella emanando sentenza, secondo la prassi seguita dalla Corte, si adotti la formula "in quanto", per spiegare le ragione della illegittimità, sostiene che all'esproprio si sarebbe dovuto comunque far luogo, anche se si fosse tenuto conto - e ciò riguardo a tutte e due le espropriazioni - della consistenza della proprietà degli interessati quale risultava dal vecchio catasto. E lamentando che il Tribunale non si sia pronunciato in proposito, mentre questo assunto risulterebbe dagli atti delle cause, chiede che il relativo accertamento sia fatto in questa sede, dalla Corte costituzionale, o, subordinatamente dal giudice a quo e cioè dallo stesso Tribunale, al quale le cause debbono ritornare.

Ora é ovvio che un tale esame - e la eventuale conseguente pronuncia -, se ed in quanto implichi una indagine di merito, resta al di fuori del giudizio di costituzionalità, di competenza di questa Corte, e non può essere fatto, eventualmente, se non dal giudice del merito. É tuttavia opportuno aggiungere che questo troverà un limite, nell'esame stesso, giusta la precisazione fatta dalla Corte costituzionale con la sentenza 23 giugno 1964, n. 73, qualora si discuta della qualità di cultura dei terreni e della loro classe di produttività, di questioni cioé attinenti all'estimo catastale, le quali, per l'art. 6 della legge sul contenzioso amministrativo, 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ed anche in base all'ultimo comma dell'art. 6 della legge stralcio, 21 ottobre 1950, n. 841, sono sottratte alla competenza della giurisdizione ordinaria.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riunisce le due cause;

dichiara la illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2714, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10 gennaio 1953; 27 dicembre 1952, n. 3895, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 1953; 3 ottobre 1952, nn. 1763 e 1764, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 3 dicembre 1952, in quanto per la formazione dei piani di espropriazione fu tenuto conto dei dati del nuovo catasto entrato in attuazione, nelle zone, successivamente al 15 novembre 1949.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 1965.