Sentenza n. 70 del 1958
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SENTENZA N. 70

ANNO 1958

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Avv. Giuseppe CAPPI

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Prof. Aldo SANDULLI,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 29 novembre 1952, n. 2825, e 27 dicembre 1952, n. 3995, promosso con ordinanza 26 ottobre 1956 emessa dalla Corte di appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra la Società anonima aziende agricole Pomaia e l'Ente per la colonizzazione della maremma tosco-laziale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 del 23 febbraio 1957 e iscritta al n. 28 del Registro ordinanze 1957.

Udita nell'udienza pubblica del 22 ottobre 1958 la relazione del Giudice Gaspare Ambrosini;

uditi l'avv. Umberto Grassini per la Società Pomaia, e l'avvocato Guido Astuti per l'Ente Maremma.

 

Ritenuto in fatto

 

Con decreto del Presidente della Repubblica n. 2825 del 29 novembre 1952, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 1953, suppl. ord., vennero espropriati a carico della Società an. aziende agricole "Pomaia" con sede in Pomaia (Pisa) e trasferiti in proprietà dell'Ente per la colonizzazione della maremma tosco-laziale terreni per una superficie di ettari 61.15.34; successivamente con decreto presidenziale n. 3995 del 27 dicembre 1952, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 gennaio 1953, suppl. ord., vennero sottoposti ad espropriazione altri terreni della stessa Società per ettari 53.60.10 costituenti il terzo residuo e venne disposta la iscrizione del vincolo di indisponibilità dei terreni medesimi.

Nel corso del giudizio per retrocessione dei beni espropriati e di liberazione degli altri dal vincolo di indisponibilità e per risarcimento di danni promosso dalla Società Pomaia contro l'Ente Maremma dinanzi al Tribunale di Pisa con atto di citazione 23 gennaio 1954, l'attrice sollevò questione di legittimità costituzionale avverso i citati decreti presidenziali per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione in quanto contrastanti con la legge di delega (legge 21 ottobre 1950, n. 841, art. 4, comma primo) sotto i tre aspetti seguenti:

1) la Società Pomaia avrebbe dovuto essere esentata dall'espropriazione perché il reddito dominicale complessivo dell'intiera sua proprietà al 1 gennaio 1943, nella sua consistenza al 15 novembre 1949, ammontava a L. 29.795,64 e non superava quindi il limite di lire 30.000, previsto nella tabella di scorporo annessa alla legge n. 841;

2) in ogni caso i due DD. PP. RR. contrasterebbero pur sempre con la legge delega perché, nella determinazione del reddito dominicale medio per ettaro influente sulla percentuale di scorporo, non furono esclusi una notevole quantità di terreni che per la loro natura e per il loro reddito ad ettaro avrebbero dovuto considerarsi incolti produttivi;

3) a seguito di revisione straordinaria delle qualità catastali eseguita nel 1951 l'estimo dei terreni di undici particelle di proprietà della Società di cui alla partita 214 del catasto terreni del comune di S. Luce Orciano era passato da L. 12.486,24 a lire 10.042,77, elemento questo che avrebbe dovuto importare una riduzione della quantità di terreni espropriabili pur nella denegata ipotesi che la Società potesse essere sottoposta ad espropriazione secondo l'estimo catastale alla data di pubblicazione del piano di espropriazione.

L'Ente convenuto, costituitosi in giudizio, eccepì in via preliminare la improponibilità della domanda per difetto di giurisdizione del giudice adito, trattandosi di declaratoria di illegittimità di atti legislativi e, nel merito, la infondatezza della domanda per non essere consentito al giudice civile il potere di modificare o revocare atti amministrativi emessi in esecuzione di leggi delegate.

Contro la sentenza del Tribunale di Pisa del 10-16 settembre 1956, che aveva accolto la domanda attrice, veniva proposta impugnazione dall'Ente soccombente. La Corte di appello di Firenze con ordinanza del 26 ottobre 1956 rimetteva la questione di legittimità costituzionale alla cognizione della Corte costituzionale, essendo questa entrata in funzione durante il corso del giudizio di secondo grado.

Nell'ordinanza la Corte d'appello, rilevato che con separata sentenza in pari data aveva ritenuta proposta in via incidentale la questione di legittimità, dichiarava non essere manifestamente infondato e irrilevante l'accertare "se per il calcolo della quota di scorporo dovesse farsi riferimento alla qualità di cultura e classe di produttività dei terreni alla data del 15 novembre 1949 con l'applicazione delle tariffe di estimo vigenti alla data del 1 gennaio 1943, oppure dovesse farsi riferimento esclusivo alla situazione esistente alla data del 1 gennaio 1943 sia per quanto riguarda i dati catastali sia per quanto riguarda le tariffe di estimo".

Detta ordinanza, ritualmente notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata ai Presidenti delle Camere, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 23 febbraio 1957. Nei termini di legge si sono costituiti nel presente giudizio la Società Pomaia e l'Ente Maremma.

Nelle sue deduzioni la Società Pomaia insiste sui motivi addotti nei precedenti giudizi per sostenere la illegittimità costituzionale dei due decreti presidenziali di espropriazione:

1) l'espropriazione a favore dell'Ente Maremma fu compiuta sulla base non del reddito dominicale al 1 gennaio 1943, come dispone l'art. 4 della legge n. 841 del 1950, ma sulla base del reddito risultante dal catasto entrato in conservazione il l luglio 1950, cosicché sarebbe stato violato il principio sancito nel suddetto art. 4;

2) nei decreti presidenziali di espropriazione sono stati computati vari terreni, che, per la loro natura ed il loro reddito ad ettaro inferiore a quello dei boschi, avrebbero dovuto essere considerati "incolti produttivi" e quindi sottratti, come i boschi, dagli elementi di base per la determinazione della quota espropriabile;

3) ammesso e non concesso che si debbano tenere presenti i dati catastali vigenti al momento della pubblicazione del piano particolareggiato di espropriazione, i due decreti presidenziali in esame sarebbero egualmente viziati di illegittimità costituzionale, per quanto riguarda alcune particelle di terreni, il cui estimo era diminuito a seguito di revisione straordinaria delle qualità catastali, eseguita nel 1951, da L. 12.486,24 aL. 10.042,77.

Nelle sue deduzioni l'Ente Maremma assume che é erronea l'interpretazione che la difesa della Società Pomaia dà all'art. 4 della legge stralcio n. 841, giacché il riferimento alla data del 1 gennaio 1943 concerne le tariffe d'estimo da applicarsi, e non i dati catastali che debbono sempre essere quelli corrispondenti alla reale situazione dei terreni al momento della espropriazione; sistema che i decreti presidenziali di esproprio hanno applicato.

La difesa dell'Ente Maremma assume altresì che questa interpretazione dell'art. 4 trova conferma nella norma del successivo art. 6 della stessa legge n. 841, che prevede, per i terreni censiti a vecchio catasto, la possibilità di ricorso, sia da parte del proprietario che da parte dell'Ente di riforma, "ai fini della determinazione definitiva del reddito imponibile dominicale, per ogni questione riflettente la non corrispondenza della estensione della classe di produttività e della qualità di cultura del fondo, rispetto ai dati risultanti dal catasto". Questa norma non avrebbe alcun senso, o sarebbe contraddittoria, se in base all'art. 4 i dati risultanti dal catasto dovessero essere sempre riferiti al 1 gennaio 1943; la quale data, sostiene l'Ente, riguarda le tariffe di estimo e non i dati di classificazione dei terreni che debbono essere quelli risultanti a catasto all'atto di applicazione della legge di riforma fondiaria.

Nella sua memoria illustrativa la difesa della Società Pomaia, in linea preliminare chiede, riferendosi al principio affermato da questa Corte con sentenza n. 59 del 13 maggio 1957, il rigetto dell'eccezione di inammissibilità della proposta questione di illegittimità costituzionale.

Assume poi nel merito, modificando la sua precedente tesi per adeguarla all'interpretazione dell'art. 4 della legge n. 841 data da questa Corte con la sentenza n. 81 del 1957, che i decreti presidenziali in esame sono costituzionalmente illegittimi, perché basati sui dati del catasto entrato in vigore il 1 luglio 1950, e non su quelli della data del 15 novembre 1949 cui per la sentenza della Corte debbono riferirsi, e perché non hanno applicato le tariffe di estimo in vigore al 1 gennaio 1943.

E su quest'ultimo punto la difesa dice che "é assolutamente contrario al vero" quanto afferma l'Ente anche in questa sede "di avere precisamente applicato" le tariffe del 1 gennaio 1943, e quindi aggiunge che se la Corte avesse qualche dubbio in proposito, "l'ordine all'Ente di produrre il piano particolareggiato di espropriazione non potrebbe che riconfermare nella maniera più piena la consumata illegittimità costituzionale".

Passando al secondo motivo di illegittimità costituzionale relativo alla inclusione nello scorporo dei terreni qualificati come pascoli (arborati, cespugliati di 1 e di 2), la difesa della Società Pomaia insiste sul suo precedente assunto, che questi pascoli non avrebbero dovuto essere presi in considerazione per il fatto che sono più sterili, per ragioni intrinseche, dei "boschi", e degli "incolti produttivi", che la legge esclude dal calcolo per lo scorporo. Ed in proposito chiede che la Corte, ove lo ritenga opportuno, disponga una consulenza tecnica diretta ad accertare l'effettiva sterilità intrinseca di detti terreni qualificati in catasto "pascoli".

Nella sua memoria illustrativa la difesa dell'Ente Maremma in via preliminare dichiara di rinunciare, a seguito delle pronunce in proposito della Corte costituzionale, alla proposta eccezione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale.

Nel merito procede alla confutazione della interpretazione data dalla difesa Pomaia all'art. 4 della legge stralcio adducendo un'ampia serie di argomentazioni dirette a dimostrare che la disposizione dell'art. 4, per cui "la proprietà terriera privata, nella sua consistenza al 15 novembre 1949, é soggetta ad espropriazione, ecc.", concerne l'appartenenza o la titolarità del diritto di proprietà al 15 novembre 1949, e non anche i dati di qualità e di classe esistenti in catasto a tale data, giacché questi dati debbono corrispondere alla realtà di fatto, cioè alla situazione reale attuale dei terreni al momento dell'espropriazione.

Consistenza (il termine cioè usato dall'art. 4) é, dice la difesa dell'Ente, sinonimo di commassazione, mentre non é affatto sinonimo di classamento. Se il legislatore avesse voluto, nell'art. 4, far richiamo alla situazione catastale dei terreni per qualità e classe, alla data del 15 novembre 1949, avrebbe usato il termine classamento e non il termine consistenza, che ha significato ben diverso, ed é del tutto estraneo alla legislazione catastale italiana.

La data del 15 novembre 1949, che corrisponde alla data di presentazione al Parlamento del disegno di legge di riforma fondiaria, fu determinata dal legislatore al fine dell'accertamento della consistenza delle singole proprietà individuali, ed al fine altresì di impedire che, mediante atti di alienazione, venisse diminuita la consistenza delle singole proprietà soggette ad esproprio.

Dalla illustrazione del successivo art. 6 della stessa legge n. 841, la difesa dell'Ente trae argomenti per sostenere che la facoltà di ricorso, data all'Ente espropriante ed ai proprietari espropriati, per l'adeguamento dei dati di classamento catastale, risultanti dai vecchi catasti, alla situazione reale dei terreni, non può interpretarsi altrimenti che come adeguamento dei dati di catasto alla effettiva condizione attuale dei terreni, e non alla situazione dei dati catastali vigenti alla data del 15 novembre 1949, la cui revisione, aggiunge, sarebbe ormai impossibile.

Una conferma ulteriore di tale interpretazione degli artt. 4 e 6 si troverebbe nelle disposizioni concernenti la liquidazione delle indennità di espropriazione, e nelle disposizioni di altre leggi, e da ultimo nella legge del 15 marzo 1956, n. 155.

Quanto alla seconda questione di legittimità costituzionale riguardante la non inclusione agli effetti dello scorporo dei "pascoli" aventi un reddito inferiore a quello dei boschi e degli incolti produttivi, che dallo scorporo sono esclusi, la difesa dell'Ente sostiene che la lettera e la ratio della esclusione dei boschi e degli incolti produttivi dalle qualità catastali computabili ai fini del calcolo del reddito dominicale medio per ettaro, palesano inequivocabilmente che l'elencazione é tassativa e non esemplificativa, e quindi la norma ha carattere eccezionale e non é suscettibile di interpretazione analogica o estensiva.

Quanto infine all'ultimo motivo di illegittimità costituzionale denunciata dalla Società Pomaia, che consisterebbe nella mancata considerazione di una diminuzione da L. 12.486,24 aL. 10.042,77 dell'estimo catastale di 11 particelle della partita 214 del catasto terreni del Comune di S. Luce Orciano a seguito della revisione straordinaria delle qualità catastali avvenuta nel 1951, la difesa dell'Ente Maremma sostiene che delle variazioni verificatesi dopo la pubblicazione del piano di espropriazione non possa tenersi conto ai fini della determinazione del reddito globale.

 

Considerato in diritto

 

La soluzione della questione di legittimità costituzionale dei due decreti del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1952, n. 2825, e del 27 dicembre 1952, n. 3995, che dispongono l'esproprio di terreni in confronto della Società Pomaia e in favore dell'Ente Maremma, dipende dall'interpretazione dell'art. 4, primo comma, della legge delega 21 ottobre 1950, n. 841 (detta legge stralcio), contenente "norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione, assegnazione dei terreni ai contadini".

Si tratta di vedere se il legislatore, disponendo all'art. 4 che "... la proprietà terriera privata nella sua consistenza al 15 novembre 1949, é soggetta all'espropriazione...", abbia voluto, agli effetti del calcolo della quota di scorporo, che si debba fare riferimento a tale data per la determinazione non soltanto della estensione dei terreni, ma anche della qualità e classe di essi (come assume la difesa della Società Pomaia per sostenere che i due decreti presidenziali in esame, che per il classamento dei terreni hanno fatto riferimento ad una data posteriore, sono viziati di illegittimità costituzionale per eccesso di delega); o se abbia voluto che alla data suddetta del 15 novembre 1949 debbasi fare riferimento per la determinazione soltanto della estensione e non anche della qualità e classe dei terreni, per la cui determinazione dovrebbe invece farsi riferimento alla data di pubblicazione dei piani di espropriazione da parte degli Enti di riforma (come assume la difesa dell'Ente Maremma per sostenere la infondatezza della questione di legittimità costituzionale dei due decreti presidenziali).

La Corte ha già in diverse sentenze (nn. 65, 67, 81 e 126 del 1957) interpretato l'art. 4, comma primo, della legge stralcio nel senso che alla data del 15 novembre 1949 debba farsi riferimento per la determinazione della consistenza, sia quantitativa che qualitativa, delle proprietà che vengono prese in considerazione agli effetti dell'esproprio.

Giova qui fare richiamo a tali sentenze anche per dissipare i dubbi che l'Ente Maremma ha enunciato affermando che lo specifico problema ora in discussione non sia stato in precedenza esaminato dalla Corte, e che questa abbia rilevato che i dati catastali dovessero corrispondere alla realtà di fatto dei terreni al momento dell'espropriazione.

Pur trattandosi di fattispecie diversa, la giurisprudenza della Corte sulla interpretazione dell'art. 4 é chiara ed univoca.

Nella sentenza n. 65 si stabilisce quale é la portata del riferimento che l'art. 4 fa alla data del 15 novembre 1949, distinta da quella del 1 gennaio 1943: "... la data del 1 gennaio 1943 é quella in cui sono entrate in vigore le tariffe per il nuovo catasto a seguito della revisione generale degli estimi disposta con R.D.L. 4 aprile 1939, n. 589. Altra cosa é, invece, la determinazione in concreto del reddito imponibile per ciascun fondo, la quale viene fatta applicando le tariffe alle singole particelle mediante una successiva operazione detta di "classamento" , e che, stando proprio alla dizione dell'art. 4 della legge stralcio, deve essere riferita alla data del 15 novembre 1949, poiché detta norma, mentre fa riferimento al reddito dominicale al 1 gennaio 1943, assoggetta poi ad esproprio i terreni nella loro "consistenza" al 15 novembre 1949".

La sentenza n. 67, nel riaffermare questo principio, rileva: "É chiaro quindi che la data anzidetta del 15 novembre 1949 costituisce un termine costante di riferimento, sia per la individuazione dei titolari delle proprietà soggette all'esproprio, sia per la determinazione della situazione obiettiva della proprietà stessa".

L'argomento é trattato in modo più ampio e specifico nella sentenza n. 81

, nella quale l'art. 4 é esaminato anche in rapporto al sistema delle leggi catastali e al disposto del successivo art. 6 della stessa legge stralcio.

La sentenza n. 81, dopo avere affermato che a base dello scorporo vi é la combinazione di due fattori, quello della superficie e quello della produttività dei terreni, ed avere rilevato che la produttività é indicata dal reddito espresso in tariffe di estimo calcolate secondo la qualità e la classe dei terreni, stabilisce "che nel sistema delle leggi catastali, la determinazione del reddito dominicale mediante l'applicazione delle tariffe di estimo per ettaro, é strettamente collegata ai due coefficienti della qualità e della classe". E "poiché" (osserva) "l'art. 4 della legge n. 841, per il calcolo del reddito dominicale si riporta al sistema catastale vigente, é logico dedurre, che, ai fini dello scorporo, il reddito dell'intera proprietà é determinato dall'applicazione delle tariffe dì estimo in vigore al 1 gennaio 1943, con riferimento però, in applicazione appunto delle norme della legge sul catasto, alla consistenza, cioè al classamento dei terreni, nella situazione che il predetto art. 4, ai fini della riforma fondiaria ed agraria, considera stabilizzata al 15 novembre 1949".

"D'altronde (aggiunge) ... che i dati catastali debbano corrispondere alla realtà di fatto, risulta anche dall'art. 6 della legge n. 841; poiché ad evitare sperequazioni, nelle zone ove sono in vigore i vecchi catasti, anche il proprietario espropriato ha facoltà di ricorso alla commissione competente, ai fini della determinazione definitiva del reddito dominicale, per ogni questione riflettente la non corrispondenza dell'estensione, della classe di produttività e della qualità di coltura del fondo rispetto ai dati risultanti dal catasto".

Non v'é dubbio che la situazione effettiva della proprietà terriera, la realtà di fatto, é quella esistente alla data del 15 novembre 1949.

Nella sentenza n. 126 la Corteribadisce questa interpretazione dell'art. 4 facendo riferimento alle precedenti pronunce e concludendo: "Per certo l'art. 4, primo comma, della legge n. 841 del 1950 (legge stralcio) dispone tassativamente che la consistenza della proprietà privata soggetta ad esproprio deve essere valutata al 15 novembre 1949".

Per giudicare della questione di legittimità proposta con l'ordinanza della Corte d'appello di Firenze, questa Corte non vede che vi sia alcun motivo per non uniformarsi alla suddetta interpretazione dell'art. 4, anche dopo l'esame dei nuovi argomenti addotti in questa sede dalla difesa dell'Ente Maremma.

Per sostenere che il termine "consistenza" adoperato dall'art. 4 concerna soltanto l'estensione o titolarità dei terreni e non anche i dati catastali riguardanti la loro qualità e classe, la difesa dell'Ente Maremma rileva che "consistenza" é sinonimo di commassazione, mentre non é affatto sinonimo di "classamento", ed assume che "se il legislatore, nell'art. 4 della legge stralcio, avesse voluto fare richiamo alla situazione catastale dei terreni per qualità e classe, alla data del 15 novembre 1949, avrebbe sicuramente usato il termine classamento e non il termine consistenza che ha un significato ben diverso, ed é del tutto estraneo alla legislazione catastale italiana". Una simile interpretazione dell'art. 4 sarebbe confortata dal richiamo alla ratio della legge, che avrebbe fissato la data del 15 novembre 1949 soltanto al fine di comminare la inefficacia di diritto di tutti gli atti di alienazione a titolo oneroso stipulati dopo tale data, e sarebbe comprovata, oltre che da disposizioni di altre leggi, dalla disposizione dell'art. 6 della stessa legge, che nel dare la facoltà di ricorso per l'adeguamento dei dati di classamento catastale risultanti dai vecchi catasti alla situazione reale dei terreni, avrebbe inteso riferirsi allo "adeguamento dei dati attuali di catasto, alla effettiva condizione attuale dei terreni".

Ritiene la Corte che tali argomenti sono infondati.

L'assunta distinzione tra commassazione e classamento non trova riscontro nel disposto dell'art. 4, che parla puramente e semplicemente di "consistenza" della proprietà senza alcuna specificazione, cosicché deve intendersi come consistenza sia quantitativa che qualitativa.

La tesi della difesa dell'Ente Maremma porterebbe a dovere prendere in considerazione tre date: quella del 1 gennaio 1943, l'altra del 15 novembre 1949 ed un'altra data, quella della pubblicazione dei piani di espropriazione da parte degli enti di riforma.

Ma l'art. 4 prevede soltanto due date: il 1 gennaio 1943 in riguardo all'applicazione delle tariffe di estimo, e il 15 novembre 1949 in riguardo alla consistenza, a tutta la consistenza, dei terreni espropriabili. Ora non può prendersi in considerazione una terza data, quando l'art. 4 ha previsto soltanto due date, ferme, inderogabili ed uguali per tutti.

L'art. 4 va interpretato per quello che dispone nel quadro della legge stralcio n. 841, e non in rapporto ad altre leggi che regolano altri obietti specifici. Non é possibile introdurre nel sistema dell'art. 4 distinzioni e limitazioni che non vi sono in alcun modo previste.

La ratio per cui il legislatore dell'art. 4 fissò la data del 15 novembre 1949 vale non soltanto, come assume la difesa dell'Ente Maremma, per l'estensione e la titolarità dei terreni, ma anche per i dati catastali relativi alla qualità e classe dei terreni stessi, giacché col riferimento a questa data si evitava: da una parte che si potesse frustrare l'applicazione della legge di riforma con atti di alienazione a titolo oneroso disposti dopo il 15 novembre 1949, e si dava d'altra parte a tutti (proprietari e Enti di riforma) la possibilità di accertare, in base ai dati catastali certi nel catasto in vigore a tale data, se ed in quale misura le singole proprietà potevano o no essere assoggettate ad esproprio.

Il legislatore nell'art. 4 fissò la data del 15 novembre 1949 per stabilire un punto di riferimento assolutamente certo ed uguale per tutti. E per il caso che i dati catastali risultanti dal catasto in vigore al 15 novembre 1949 non corrispondessero alla realtà di quella data, lo stesso legislatore col successivo art. 6 diede a tutti gli interessati (enti esproprianti e proprietari espropriati) facoltà di ricorso: "Nelle zone dove sono in vigore i vecchi catasti, l'ente espropriante e il proprietario espropriato hanno facoltà di ricorso, ai fini della determinazione definitiva del reddito dominicale imponibile, per ogni questione riflettente la non corrispondenza dell'estensione, della classe di produttività e della qualità di cultura del fondo rispetto ai dati risultanti dal catasto".

Si noti che la facoltà di ricorso riguarda non soltanto "l'estensione" ma anche "la classe di produttività e la qualità di cultura", riguarda cioè la "consistenza" di cui si occupa l'art. 4; dal che deve dedursi che l'art. 6 non intacca, ma che anzi conferma la interpretazione dell'art. 4 nel senso che la "consistenza" della proprietà al 15 novembre 1949 riguarda non solo l'estensione e la titolarità dei terreni, ma anche la qualità e classe di essi, e che, in conseguenza, debbono riferirsi a quella data e non alla data della pubblicazione dei piani di esproprio tutti i dati catastali.

Va ora rilevato che è fuori discussione, in via di fatto, che i due decreti presidenziali in esame hanno fatto riferimento, ai fini dell'applicazione della tabella di scorporo annessa alla legge stralcio, ai dati catastali del tempo dell'esproprio e precisamente ai dati risultanti dal nuovo catasto entrato in conservazione in loco alla data del 1 luglio 1950, e non ai dati risultanti dal vecchio catasto in vigore alla data del 15 novembre 1949, alla data cioè indicata dall'art. 4 della legge n. 841 per la determinazione della "consistenza" della proprietà terriera privata.

È altresì fuori contestazione che il reddito dominicale complessivo della proprietà Pomaia, era, secondo i dati del catasto vigente in loco alla data del 15 novembre 1949, di L. 29.798,64, cioè inferiore alla cifra di L. 30.000 stabilita dalla legge come il minimo per lo scorporo.

Deve quindi concludersi, al lume dell'interpretazione data all'art. 4 della legge stralcio del 1950, n. 841, dalla Corte in precedenti sentenze e qui riaffermata, che i due decreti presidenziali in questione sono viziati di illegittimità costituzionale per eccesso di delega.

Dato l'accoglimento del motivo principale di contestazione della legittimità costituzionale dei due decreti del Presidente della Repubblica, non occorre esaminare ai fini del presente giudizio i motivi subordinati.

 

PER  QUESTI  MOTIVI

LA  CORTE  COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica del 29 novembre 1952, n. 2825, e del 27 dicembre 1952, n. 3995, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 12 gennaio 1953, suppl. ord., e del 22 gennaio 1953, suppl. ord., in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 novembre 1958.

 

Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Aldo SANDULLI.

 

Depositata in cancelleria il 1 dicembre 1958.