Sentenza n. 77 del 1961
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 77

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1413, promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1960 dalla Corte di appello di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra Montemurri Diego e l'Opera per la valorizzazione della Sila, iscritta al n. 90 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 3 dicembre 1960.

Udita nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1961 la relazione del Giudice Antonio Manca;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per Montemurri Diego, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per l'Opera per la valorizzazione della Sila.  

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza del 23 febbraio 1960 la Corte di appello di Catanzaro ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1413, con il quale al nome di Montemurri Alfredo, furono espropriati, ai sensi dell'art. 2 della legge 12 maggio 1950, n. 230 (così detta legge Sila), ettari 202,06,50 in territorio del Comune di Aprigliano.

Terreni che, com'é pacifico, per divisione ereditaria del 26 aprile 1947, trascritta il 10 maggio 1947, erano stati trasferiti a Montemurri Diego, uno dei tre figli di Montemurri Alfredo, deceduto il 15 gennaio 1946.

La Corte di appello ha ritenuto che la questione é rilevante ai fini della decisione della causa intentata da Diego Montemurri per ottenere la restituzione dei terreni espropriati. Ed ha ritenuto, altresì, la questione non manifestamente infondata, osservando:

1) che la procedura di esproprio si era svolta e conclusa nei confronti di un soggetto non più esistente al 15 novembre 1949, invece che nei confronti di colui che, a quella data, era il vero proprietario;

2) che l'ente espropriante riconosceva di aver tenuto presenti i dati del nuovo catasto, che non era stato ancora aggiornato ed attivato nel territorio del Comune di Aprigliano, invece di quelli del vecchio catasto intestato a Diego Montemurri, che, nella zona, era ancora in vigore il 12 giugno 1953, come risulta dal certificato dell'Ufficio distrettuale delle imposte dirette;

3) che, essendo intervenuta la divisione ereditaria il 26 aprile 1947, la proprietà di Montemurri Alfredo era stata trasferita ai tre eredi; e che, per conseguenza, il soggetto passivo cioè Alfredo Montemurri, preso in considerazione nella procedura di scorporo (Alfredo Montemurri), era diverso, anche per quanto attiene all'entità del patrimonio, da quello che, al 15 novembre 1949, era titolare del patrimonio espropriato (Diego Montemurri).

Ha rilevato, altresì, che sarebbe da escludere un errore materiale nell'intestazione del provvedimento, perché non potrebbe ritenersi che il soggetto passivo dell'esproprio sia stato esattamente individuato, se pure con generalità errate.

Il giudice del merito ha espresso, quindi, il dubbio che il decreto presidenziale sopra indicato, sia in contrasto con le disposizioni contenute negli artt. 2 e 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione.

Ha ritenuto, invece, manifestamente infondata l'altra questione di legittimità costituzionale, pure sollevata dall'appellante, in quanto, nell'espropriazione, sarebbero compresi boschi e incolti produttivi non suscettibili di scorporo.

L'ordinanza, dopo le prescritte notificazioni e comunicazioni, é stata Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1960, n. 297.

In questa sede si sono costituiti il sig. Diego Montemurri, rappresentato dall'avv. Antonio Sorrentino, e l'Opera per la valorizzazione della Sila, rappresentata dall'Avvocatura generale dello Stato.

La difesa del sig. Montemurri, nelle deduzioni depositate il 23 aprile 1960, dopo avere ricordato la giurisprudenza di questa Corte relativa alla necessità, che, anche in contrasto con le risultanze dei dati catastali, l'espropriazione deve svolgersi nei confronti dell'effettivo titolare dei beni alla data del 15 novembre 1949, sostiene che la legge delegante sarebbe stata violata, sia perché l'espropriazione si era svolta nei confronti di Montemurri Alfredo, che, al 15 novembre 1949, non era più proprietario dei beni espropriati, sia perché, nella procedura di scorporo, in base ai dati del nuovo catasto, non ancora attivato nel territorio di Aprigliano, si sarebbe preso in considerazione il complesso terriero di Alfredo Montemurri e non già quello di Diego, che in effetti subì lo esproprio.

Osserva, altresì, che non si tratterebbe di questione meramente formale; in quanto l'errore riguardante il soggetto espropriato importerebbe la possibilità di colpire il proprietario di beni che, se non fosse intervenuto l'errore sarebbero rimasti immuni dallo scorporo, o, quanto meno, sarebbero stati espropriati in misura minore.

L'Avvocatura dello Stato, nelle deduzioni depositate il 19 maggio 1900, sostiene in sostanza che il decreto di espropriazione, pur contenendo elementi esatti per quanto riguarda la descrizione dei terreni, la ubicazione e l'estensione, risulta, invece, erronea nell'indicazione del nome (e non anche del cognome) dell'espropriato, perché, invece, di essere intestato a Diego Montemurri é intestato ad Alfredo. E sarebbe un errore materiale, determinato, dalla erronea intestazione del catasto in formazione, perché, prosegue l'Avvocatura, anche se nel corso del procedimento l'Ente avesse avuto conoscenza della esatta identità del soggetto passivo, avrebbe ugualmente proceduto all'espropriazione, dato che questa si riferiva ed era commisurata all'identico complesso di terreni, di cui prima era titolare Alfredo Montemurri e poi Diego, essendosi rispettato il limite di 300 ettari stabilito dalla legge a garanzia del proprietario.

Questa tesi é ribadita dalla difesa dell'Ente anche nella memoria depositata il 23 novembre 1961.

La difesa del sig. Diego Montemurri, con la memoria depositata il 22 novembre dello stesso anno, insiste ed illustra i rilievi già accennati nelle deduzioni per contestare l'assunto dell'Avvocatura dello Stato, ponendo in rilievo, tra l'altro, che non si tratterebbe di errore materiale, rettificabile ai sensi dell'art. 4 della legge Sila, bensì di un errore che ha investito la sostanza del procedimento svoltosi nei confronti di un soggetto che, al 15 novembre 1949, non era più titolare dei beni espropriati.

All'osservazione della difesa dell'Ente che l'errore sarebbe stato comunque irrilevante, in quanto, se lo avesse conosciuto, l'Ente avrebbe ugualmente proceduto nei confronti di Diego Montemurri, dato che si tratterebbe dello stesso complesso patrimoniale, la difesa della parte privata obietta, anzitutto, che l'esatta indicazione del soggetto passivo avrebbe carattere essenziale nelle espropriazioni per la riforma fondiaria. Aggiunge, inoltre, che sarebbe inesatto ritenere che il patrimonio terriero di Alfredo Montemurri sia passato integralmente al figlio Diego, perché era intervenuta la divisione fra i tre eredi. Di guisa che il complesso fondiario preso in considerazione dall'Ente espropriante sarebbe notevolmente maggiore di quello trasferito per eredità a Diego Montemurri.  

Considerato in diritto 

É pacifico fra le parti che, con il D.P.R. del 18 dicembre 1951, n. 1413, l'Opera valorizzazione Sila ha espropriato al signor Diego Montemurri ettari 202,06,50, nel territorio del Comune di Aprigliano; e che questi terreni erano pervenuti al signor Diego Montemurri in base all'atto di divisione del 26 aprile 1947 (debitamente trascritto il 10 maggio successivo) del compendio ereditario già appartenente al signor Alfredo Montemurri, deceduto il 17 gennaio 1946.

Rileva, altresì, l'ordinanza, che risulta dall'intestazione e dall'articolo primo del decreto dl scorporo, e non é contestato, che il trasferimento all'Ente di riforma fu disposto in relazione al patrimonio di Alfredo Montemurri; e che, pure nei confronti di costui, era stato compilato il piano particolareggiato di espropriazione. É pure pacifico che, per la procedura anzidetta, l'Ente non si avvalse dei dati del vecchio catasto ancora in funzione nella zona, intestato a Diego Montemurri, bensì dei dati del nuovo catasto, non avente ancora efficacia giuridica, intestati al defunto Alfredo Montemurri.

In tale situazione l'illegittimità del decreto di scorporo non può essere fondatamente disconosciuta.

L'art. 2 della legge 12 maggio 1950, n. 230 (legge Sila), applicabile nella specie, dispone che sono soggetti ad espropriazione i terreni di proprietà privata, suscettibili di trasformazione, appartenenti a soggetti, che, al 15 novembre 1949, erano titolari di più di 300 ettari. Esige perciò che l'entità del terreno espropriabile, oltre il limite anzidetto, che deve essere sempre rispettato a favore del proprietario, sia stabilita in seguito ad una valutazione quantitativa e qualitativa di un determinato complesso patrimoniale terriero e nei confronti di un determinato soggetto passivo (singole persone o società). Tale concetto é stato già enunciato da questa Corte nella sentenza n. 57 del 1959, nella quale si é appunto rilevato, anche in riferimento alla legge 12 maggio 1950, che la espropriazione prevista dalle leggi di riforma fondiaria non mira a trasferire da uno ad un altro soggetto un bene per sé obiettivamente considerato, ma, invece, a sottrarre parte del patrimonio ad un soggetto, quando si verifichino le condizioni previste dalla legge.

Nella specie, pertanto, anche se, come deduce la difesa dell'Ente, a favore del signor Diego Montemurri (che di fatto ha subito l'esproprio), si é rispettato il limite dei 300 ettari, ciò non é sufficiente per ritenere legittimo il decreto impugnato, poiché non é soddisfatta l'altra condizione pure richiesta e che si ricollega alla determinazione quantitativa del terreno da espropriare. La quale, nel caso concreto, é stata commisurata, non già, come sarebbe stato necessario per l'osservanza della legge, con riferimento al complesso terriero di Diego Montemurri al 15 novembre 1949, bensì a quello di Alfredo Montemurri, già deceduto fin dal 1946. Si é preso cioè in considerazione un diverso compendio patrimoniale, come pure rileva l'ordinanza della Corte di appello.

Da quanto si é osservato emerge anche l'infondatezza dell'obiezione mossa dalla difesa dell'Ente, che, nella specie, l'intestazione del piano particolareggiato e del decreto di scorporo ad Alfredo Montemurri, sarebbe irrilevante, in quanto l'esproprio sarebbe stato commisurato all'identico patrimonio che era di proprietà di Alfredo Montemurri, poi passato in eredità al figlio Diego. Se é vero, infatti, che i beni dei quali Diego Montemurri é stato spossessato facevano parte del patrimonio di Alfredo Montemurri, non é altrettanto esatto che questo patrimonio sia stato trasferito per eredità interamente al figlio Diego.

Dall'ordinanza si desume che la proprietà del defunto Alfredo Montemurri esistente nel territorio di Aprigliano, Rogliano, S. Stefano e Mangone venne divisa fra i tre figli Diego, Bianca e Maria. Risulta, inoltre, dall'atto di trascrizione della Conservatoria dei registri immobiliari di Cosenza, in data 10 maggio 1947, che a Diego Montemurri fu assegnata una parte dei terreni già di proprietà del padre, che un'altra parte, a tacitazione della legittima, fu assegnata alla sorella Maria, mentre i diritti dell'altra sorella Bianca furono soddisfatti con i beni già da questa ricevuti in donazione in occasione delle nozze.

Da ciò si trae conferma che la errata intestazione degli atti inerenti all'esproprio non può fondatamente considerarsi come un errore materiale rettificabile con la procedura indicata nel secondo comma dell'art. 4 della legge n. 230 del 1950; bensì di un errore (che aveva formato oggetto del reclamo notificato il 12 dicembre 1950 dall'interessato) che investe la sostanza del procedimento, e che si riflette, quindi, necessariamente sul decreto di scorporo e ne produce l'illegittimità.

Non vale neppure richiamarsi alla sentenza n. 41 del 1959, nella quale fu ritenuto legittimo il procedimento espropriativo che, sebbene intestato a persona defunta, fu in concreto attuato nei confronti dell'erede. Nel caso allora esaminato il decesso del titolare era avvenuto dopo il 15 novembre 1949, ma prima dell'emanazione del decreto di scorporo; di guisa che, alla data anzidetta, la titolarità del patrimonio da prendere in considerazione spettava ancora alla persona successivamente defunta. Caso del tutto diverso perciò da quello attuale, nel quale come si é premesso, Alfredo Montemurri era deceduto nel 1946 ed il suo patrimonio era stato diviso nel 1947.

Senonché la illegittimità del decreto ora impugnato deve essere dichiarata anche sotto altro aspetto. Come si é in precedenza accennato, é pacifico, che, nel procedimento di scorporo, l'Ente espropriante, anziché tener conto dei dati risultanti dal vecchio catasto, ha preso, invece, in considerazione quelli del nuovo catasto, che al 15 n6vembre 1949, non era ancora in funzione nel territorio del Comune di Aprigliano. Il che risulta dall'ordinanza ed anche dal certificato rilasciato dall'Ufficio distrettuale delle imposte di Cosenza, nel quale si attesta che, nella predetta zona, alla data del 12 giugno 1953, era in vigore il vecchio catasto.

Ora questa Corte ha già ripetutamente affermato il principio, che vale tanto per le espropriazioni effettuate in base alla legge 21 ottobre 1950, n. 841 (legge stralcio), quanto per quelle effettuate ai sensi della legge n. 230 del 1950; secondo il quale per determinare la quota di scorporo, occorre riferirai alle risultanze catastali in atto al 15 novembre 1949.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara la illegittimità costituzionale del D.P.R. 18 dicembre 1951, n. 1413, in relazione agli artt. 2 e 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230, e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 dicembre 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1961.