Sentenza n. 25 del 2021

SENTENZA N. 25

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO;

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi 1 e 2; 15, commi 3 e 4; 2, comma 9; 5; 12; 25 e 27 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 17-23 dicembre 2019, depositato in cancelleria il 24 dicembre 2019 ed iscritto al n. 114 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 26 gennaio 2021 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato dello Stato Giammario Rocchitta per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’avvocato Gabriella Gulì per la Regione Siciliana, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 27 gennaio 2021.

Ritenuto in fatto

1.‒ Con ricorso depositato il 24 dicembre 2019 e iscritto al n. 114 del registro ricorsi per l’anno 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi l e 2; 15, commi 3 e 4; 2 (comma 9); 5; 12; 22; 25 e 27 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie).

1.1.‒ Il ricorrente osserva, nel primo motivo di ricorso, che l’art. 2 (Rimodulazione pianta organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia) disciplina un processo di rimodulazione, in senso riduttivo, della dotazione organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, secondo le previsioni dell’art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), normativa direttamente applicabile al personale della Regione e degli enti da essa vigilati in base all’art. 23 della legge della Regione Siciliana 15 maggio 2000, n. 10 (Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento).

In particolare, nel ricorso si afferma che i commi 7 ed 8 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana citata recano una disciplina in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

Quanto alla prima disposizione censurata, il ricorrente afferma che la norma regionale ‒ nel prevedere che nell’accordo di mobilità, di cui al precedente comma 6, è disciplinata anche la copertura dei posti vacanti all’esito della riduzione della dotazione organica – viola l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia «ordinamento civile» e, quindi, i rapporti di diritto privato regolati dal codice civile, quali quelli di impiego pubblico privatizzato.

Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità di regolare la copertura dei posti risultati vacanti all’esito della nuova dotazione organica in sede di accordo di mobilità, non troverebbe riscontro nell’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001.

In relazione, poi, alla seconda disposizione impugnata, il ricorrente rileva come essa tratti congiuntamente la gestione delle eccedenze e delle carenze di personale dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, prevedendo il ricorso al distacco, istituto disciplinato dall’art. 62 del Contratto collettivo regionale di lavoro (CCRL), secondo cui l’amministrazione di appartenenza del personale distaccato resta responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.

La norma censurata, dunque, nel prevedere il distacco quale strumento di gestione dell’eccedenza di personale, detterebbe disposizioni ulteriori che non trovano riscontro nell’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Osserva al riguardo il ricorrente che la disposizione statale indicata non contempla l’eventualità del distacco, ma prevede la risoluzione del rapporto, nel caso sussistano i presupposti per il pensionamento ovvero il ricorso a procedure di mobilità.

1.2.‒ Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura, poi, l’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 117, terzo comma, Cost., e in quanto «eccede le competenze attribuite alla Regione dagli artt. 14 e 17 dello Statuto di autonomia».

In particolare, la disposizione impugnata dispone testualmente: «Al comma l dell’articolo 79 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, le parole "31 dicembre 2018” sono sostituite dalle parole "31 dicembre 2019”». Pertanto, a seguito di tale modifica, l’art. 79 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale) prevede la proroga al 31 dicembre 2019 della possibilità di utilizzo da parte degli Istituti autonomi case popolari (IACP) della Sicilia «a titolo esclusivo di anticipazione di liquidità», delle somme derivanti «dalle economie di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560», ancorché non vincolate da programmazione e a condizione che tali debiti maturati risultino iscritti in bilancio, nonché con obbligo di reintegro, ai fini del ripianamento delle situazioni debitorie degli stessi Istituti.

Tale disposizione non risulterebbe in linea con le norme introdotte dall’art. 3, comma l, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, in legge 23 maggio 2014, n. 80, il quale dispone che «[l]e risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente».

In particolare, il ricorrente evidenzia che la norma censurata che consente agli enti di gestione di destinare parte dei proventi delle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a un diverso fine, invade la competenza concorrente dello Stato nella materia «coordinamento della finanza pubblica», ponendosi così in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione al principio fondamentale nella «materia "coordinamento della finanza pubblica”» di cui all’art. 3, comma l, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014; eccede, inoltre, dalle «competenze attribuite alla Regione dagli artt. 14 e 17 dello Statuto di autonomia».

1.3.‒ Con il terzo motivo il ricorrente censura, inoltre, l’art. 13, commi l e 2, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 per violazione degli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera l), Cost, in relazione all’art. 4, commi 6, 7, 8, 9 e 9-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125.

Le disposizioni censurate prevedono provvedimenti in favore dei lavoratori socialmente utili (LSU) della società Almaviva Contact spa.

In particolare, il ricorrente afferma che l’impugnato comma 1, nel prevedere l’inserimento, all’art. 20 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), dopo le parole «31 dicembre 2013», della locuzione «, ovvero in alternativa, si applica l’articolo 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5», determinerebbe l’applicazione, ai lavoratori già destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la società Almaviva Contact spa, nel numero residuo di 149 soggetti, della disciplina di cui all’art. 30 della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale).

Attraverso tale modifica, si estenderebbe il regime della stabilizzazione di cui all’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, che recepisce la normativa statale di cui all’ art. 4, commi 6, 7, 8 e 9 del d.l. n. 101 del 2013, ai lavoratori socialmente utili o di pubblica utilità assunti presso la società Almaviva Contact spa, già destinatari dei benefici di cui all’art. 2, comma 5, della legge della Regione Siciliana 1° febbraio 2006, n. 4 (Riproposizione di norme in materia di consorzi di bonifica e di personale), per il caso di crisi aziendali, di area o di settore.

Tale estensione, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto con le citate disposizioni di cui al d.l. n. 101 del 2013, e dunque, con l’art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost.

Secondo il ricorrente, la disposizione in esame, contrasterebbe anche con il principio del pubblico concorso sancito dall’art. 97, quarto comma, Cost., quale canale di accesso ordinario agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.

Il ricorrente, poi, estende la stessa censura anche al successivo comma 2, il quale stabilisce che il comma 1 dell’art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, «nei limiti numerici ivi previsti, trova applicazione anche in favore dei lavoratori già destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la Società Almaviva Contact spa e transitati alla Società Exprivia Projects srl».

1.4.‒ Il ricorrente censura, con il quarto e ultimo motivo, l’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera 1), Cost., in relazione agli artt. 4, comma 8, del d.l. n. 101 del 2013 e 20, comma 14, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

Il ricorrente afferma che la disposizione censurata, laddove prevede l’applicazione al personale inserito negli elenchi di cui comma l dell’art. 30 della legge reg. n. 5 del 2014 (ovvero ai cosiddetti lavoratori LSU e LPU) degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione e delle Camere di commercio, mediante le risorse assegnate dalla normativa vigente, del regime di cui al comma 6 dell’art. 26 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 (che a sua volta recepisce quanto disposto dall’art. 20, commi l e 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 in materia di stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato o con contratto di lavoro flessibile), effettua un’estensione impropria dell’ambito soggettivo di applicazione del predetto art. 20, commi l e 2, ai lavoratori socialmente utili o impiegati in attività di pubblica utilità, per i quali è, invece, prevista un’apposita procedura di stabilizzazione.

1.5.‒ Nel corpo del ricorso, ancorché non evidenziato come distinto motivo, vi è anche una censura ulteriore che investe gli artt. 2, comma 9, 5, 12, 22, 25 e 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.

Il ricorrente pone in evidenza che essi prevedono clausole di invarianza finanziaria volte a specificare che dall’attuazione delle disposizioni ivi recate non derivano nuovi oneri a carico della finanza pubblica e che tutte le strutture regionali interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

A tal riguardo, nel ricorso si osserva che la legge non risulta corredata della relazione tecnica prevista dall’art. 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), e che deve indicare, nel dettaglio, le ragioni dell’invarianza degli effetti legislativi sui saldi della finanza regionale.

In particolare, il comma 6-bis del suddetto art. 17 impone anche al legislatore regionale, di corredare dette clausole di una relazione tecnica che riporti la valutazione degli effetti, i dati e gli elementi idonei a suffragare l’ipotesi di invarianza, l’indicazione dell’entità delle risorse già esistenti nel bilancio e delle relative unità gestionali utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime anche attraverso la loro riprogrammazione.

Ad avviso del ricorrente, infatti, la relazione tecnica assume un rilievo non solo illustrativo, bensì dimostrativo del rispetto, da parte del nuovo provvedimento legislativo, del parametro costituzionale sulla copertura finanziaria degli oneri, con la conseguenza che la declaratoria di assenza di onere non vale di per sé a rendere dimostrato il rispetto dell’obbligo di copertura, risultando evidente che la previsione di una clausola di invarianza finanziaria non debba risolversi in mera clausola di stile (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 18 del 2013).

Pertanto, in assenza di elementi idonei a suffragare le suddette clausole di invarianza finanziaria, il ricorrente afferma che le citate disposizioni violino l’art. 81, terzo comma, Cost., che trova specifica declinazione nel richiamato art. 17 della legge n. 196 del 2009.

2.‒ Con atto depositato in data 4 febbraio 2020, si è costituita nel presente giudizio la Regione Siciliana che ha, in primo luogo, eccepito l’inammissibilità delle questioni di costituzionalità per non avere il ricorrente tenuto in conto, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, le competenze statutarie della Regione (sono evocate le sentenze n. 109 del 2018 e n. 52 del 2017).

In particolare, la difesa regionale ha posto in rilievo come il requisito di ammissibilità non può dirsi soddisfatto dal contesto del ricorso, il quale non contiene alcuna indicazione, neppure sintetica, in ordine alla estraneità della materia/e disciplinata/e dalle disposizioni impugnate dalla sfera di attribuzioni stabilite dallo statuto, né l’evocazione, pur non diffusamente argomentata, dei limiti di competenza in esso fissati.

2.1.‒ Nel merito, quanto alla questione concernente i commi 7 e 8 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, afferma che il rinvio operato dal comma 7 all’accordo di mobilità finalizzato a colmare le carenze di personale risponde alle finalità stesse dell’accordo tra amministrazioni, così come disciplinato in sede statale; ed inoltre pone in evidenza come a fronte di una amministrazione che si fa parte di un accordo per ricollocare personale in eccedenza, debba essercene un’altra con vacanze in organico.

Ad avviso della resistente, dunque, la disposizione in questione «autorizza la conclusione di accordi di mobilità, sia per ricollocare le eccedenze in altre amministrazioni (comma 6), sia per acquisire personale in mobilità da altre amministrazioni (comma 7)».

In particolare, la Regione osserva che a seguito della riduzione complessiva del personale, conseguente alla rimodulazione della pianta organica dell’ente in questione è risultata una carenza di dipendenti con qualifica di operatori e collaboratori che, invece di essere colmata con nuove assunzioni, viene coperta ricorrendo all’accordo di mobilità con invarianza della spesa come previsto dal comma 9 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.

La disposizione censurata applicherebbe, dunque, l’art. 33, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 e non sarebbe in contrasto con esso.

Quanto al comma 8 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana impugnata, la difesa regionale osserva altresì che la previsione secondo cui le eccedenze e le carenze di personale scaturenti dalla nuova dotazione organica possono essere regolate attraverso il ricorso all’istituto del distacco, ai sensi dell’art. 62 del CCRL e mutuato dall’art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), si pone in una ottica di risparmio di spesa.

Il fatto che l’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001 regolamenti la gestione di eccedenze del personale attraverso gli istituti ivi contemplati, non determinerebbe l’illegittimità di una norma regionale che nel prevedere forme di assegnazione temporanea di lavoratori rinvia ad altri istituti, pure disciplinati dal legislatore statale e dalla contrattazione collettiva.

2.2.‒ Passando, poi, alle censure rivolte nei confronti dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la difesa regionale osserva che il contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost., è soltanto indicato, e non vi è alcuna argomentazione di tale censura che, pertanto, dovrebbe essere dichiarata inammissibile.

Quanto alla violazione del principio fondamentale del coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014, la Regione rileva come il ricorrente muova da un’erronea interpretazione della norma in esame, circostanza che dà conto, altresì, del perché la disposizione che l’art. 8 della legge reg. Siciliana citata si limita a prorogare, non è mai stata impugnata.

Diversamente da quanto asserito dal ricorrente, la difesa regionale osserva che l’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, non viola il disposto dell’art. 3 del d.lgs. n. 47 del 2014, in quanto disciplina una fattispecie diversa. La disposizione statale, infatti, dispone l’esclusiva destinazione (finale) delle risorse derivanti da detta alienazione ad un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria.

L’intervento normativo regionale censurato, invece, non comporterebbe alcuna definitiva destinazione di tali risorse, in quanto l’utilizzabilità per ripianare i debiti pregressi è consentita agli IACP a titolo di anticipazione di liquidità.

La difesa regionale rileva che il provvisorio utilizzo non distrae le somme in questione dalla destinazione imposta dal legislatore statale e ciò risulterebbe dal procedimento espressamente dettato dall’art. 79 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 che al comma 2 dispone l’obbligo da parte dell’ente beneficiario «al reintegro della somma autorizzata a titolo di anticipazione di liquidità, secondo il piano di rientro nella stessa contenuto, mediante l’utilizzo dei fondi di parte corrente».

Pertanto, ad avviso della resistente, l’utilizzo temporaneo non pregiudica in alcun modo la destinazione finale delle somme, in ossequio al disposto legislativo di cui all’art. 3, comma 1, del d.l. n. 47 del 2014, con ciò non determinando alcuna violazione costituzionale.

2.3.‒ Con riferimento, poi, alle censure mosse nei confronti dell’art. 13 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la Regione resistente osserva che attraverso l’art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, il legislatore è intervenuto a tutela di una compagine di lavoratori, già facenti parte del regime transitorio ed in quanto tali «assunti/stabilizzati» dalla società Almaviva, al profilarsi di una situazione di crisi che ha determinato, nell’anno immediatamente successivo, l’istituzione di un tavolo tecnico regionale con la partecipazione delle parti sociali, del Dipartimento lavoro e del Dipartimento attività produttive.

Nel 2017, pertanto, il legislatore regionale ha inteso garantire ai lavoratori della società Almaviva provenienti dal regime transitorio una forma di tutela consistente nel fare rivivere gli effetti della precedente legge regionale n. 4 del 2006, in virtù della quale ai soggetti in argomento, allora LSU, è stata garantita una nuova possibile stabilizzazione con la previsione di un ulteriore contributo che veniva riconosciuto al datore di lavoro che assumeva. Detta misura di tutela sarebbe stata, evidentemente, attivata solo al sopraggiungere di una cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento da parte della società Almaviva.

In particolare, la resistente ha osservato come la situazione di crisi economica, finanziaria e sociale della Regione Siciliana non ha, però, consentito alcuna individuazione di datori di lavoro disposti alla assunzione degli indicati lavoratori, nonostante la possibile fruizione del contributo a valere sulle risorse così come individuate dallo stesso art. 20 sopra menzionato (fondo ex art. 30, comma 9, della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014).

Inoltre, la difesa regionale dà atto che i lavori del tavolo tecnico sono proseguiti fino all’attivazione della procedura di licenziamento collettivo e a fronte di ciò il tavolo tecnico ha convenuto sulla possibile estensibilità degli effetti del citato art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017. Nella stessa sede è stata, nel contempo, evidenziata l’impossibilità dell’applicazione della legge reg. Siciliana n. 4 del 2006 e, nella considerazione della inderogabilità dei licenziamenti, è stato convenuto con le organizzazioni sindacali di richiedere la disponibilità dei lavoratori licenziandi ad un reinserimento nel bacino di cui all’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014 a valere sulle risorse del bilancio regionale.

Conseguentemente, presso il competente Servizio centro per l’impiego di Palermo, sono stati sottoscritti gli accordi con le OO.SS. e i singoli lavoratori (per un numero di 92 unità) per il reinserimento nell’elenco di cui all’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014.

Quindi, ad avviso della Regione, il processo di assegnazione in utilizzazione non comporta l’instaurazione di alcun rapporto di lavoro in quanto rimane nell’alveo dei lavori socialmente utili.

Analoghe considerazioni sono, poi, svolte dalla difesa regionale, in relazione al comma 2 dell’art. 13 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, in quanto nel numero complessivo di 149 lavoratori già facenti parte del regime transitorio disciplinati dall’art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017, rientrano anche alcuni lavoratori che, sebbene a suo tempo assunti e/o stabilizzati dalla società Almaviva, sono stati poi dalla detta società trasferiti alla società Exprivia Projeects srl.

Per effetto di tali norme, ad avviso della difesa regionale, la disposizione impugnata non procede ad alcun processo di stabilizzazione bensì ad un rinnovato utilizzo in attività socialmente utili.

2.4.‒ Per quanto concerne, poi, le censure relative all’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la resistente osserva che nell’elenco di cui all’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, in attuazione del comma 8, del d.l. n. 101 del 2013, sono stati inseriti i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144), e di cui all’art. 3, comma l, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (Attuazione della delega conferita dall’articolo 26 della L. 24 giugno 1997, n. 196 in materia di interventi a favore di giovani inoccupati nel Mezzogiorno), come recepito dall’art. 4 della legge della Regione Siciliana 26 novembre 2000, n. 24 (Disposizioni per l’inserimento lavorativo dei soggetti utilizzati nei lavori socialmente utili. Norme urgenti in materia di lavoro ed istituzione del Fondo regionale per l’occupazione dei disabili).

Si tratta di soggetti utilizzati presso gli enti locali e presso enti diversi quali le Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP), gli enti sottoposti a controllo e tutela della Regione e le Camere di commercio. In virtù di tale inserimento nell’elenco, è stata garantita annualmente la prosecuzione delle attività socialmente utili anche presso enti diversi dagli enti locali, così come la proroga dei contratti a termine, ai sensi degli artt. 3, comma 9, e 4, comma 1, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del personale precario).

L’art. 26, comma 10, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 ha, poi, espressamente esteso il processo di stabilizzazione anche agli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione, inserendo la locuzione «con risorse proprie».

Ciò ha determinato la necessità di un ulteriore intervento normativo che ripristinasse la piena vigenza, anche per gli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione e delle Camere di commercio, della disciplina già declinata dal citato art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, per l’attivazione dei percorsi di stabilizzazione.

Tanto precisato, la difesa regionale osserva che il legislatore ha inteso sostituire l’inciso «con risorse proprie», sopra indicato, assolutamente incoerente con la disciplina di settore e con tutte le procedure che negli anni sono state poste in essere, al fine di evitare erronee interpretazioni, con il riferimento alle «risorse assegnate dalla normativa vigente» in coerenza a quanto già previsto anche dai commi 6 e 10, lettera d), dell’art. 3 della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016.

Inoltre, con riferimento alla clausola di invarianza finanziaria contenuta nel comma 4, la difesa eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto il ricorso appare inidoneo a introdurre una questione di legittimità costituzionale attesa la mancanza di motivazione al riguardo.

2.5.‒ Infine, con riferimento alle censure dirette nei confronti delle clausole di invarianza finanziaria, contenute negli artt. 2, 5, 12, 22, 25 e 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la difesa regionale osserva che esse non sono indicate nell’epigrafe e, soprattutto, nelle conclusioni dell’atto introduttivo, cosicché, afferma, a questa Corte non è stato chiesto di dichiararne l’illegittimità costituzionale. Si tratterebbe, pertanto, di censure generiche e assertive e, come tali, comunque inammissibili.

 

Considerato in diritto

1.– Con ricorso depositato il 24 dicembre 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi l e 2; 15, commi 3 e 4; 2, comma 9; 5; 12; 22; 25 e 27 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie).

1.1.– Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura l’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 quanto ai commi 7 e 8.

In particolare il comma 7 è denunciato nella parte in cui stabilisce che nell’accordo di mobilità, previsto dal precedente comma 6, possa essere disciplinata anche la copertura dei posti vacanti all’esito della riduzione della dotazione organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia.

Sarebbe violato l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto la possibilità di regolare in sede di accordo di mobilità la copertura dei posti risultanti vacanti all’esito della rimodulazione della pianta organica non trova riscontro nell’art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che reca la disciplina in tema di gestione delle eccedenze di personale e mobilità collettiva; disposizione questa riconducibile alla materia «ordinamento civile».

Il ricorrente censura, poi, il comma 8 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, nella parte in cui disciplina congiuntamente la gestione delle eccedenze e delle carenze di personale dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, prevedendo il ricorso all’istituto del distacco, ai sensi dell’art. 62 del Contratto collettivo regionale di lavoro (CCRL).

Anche tale disposizione regionale violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto l’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001, per tali casi, non contempla l’eventualità del distacco, ma prevede, nel caso sussistano i presupposti per il pensionamento, la risoluzione del rapporto oppure il ricorso a procedure di mobilità.

1.2.– Il ricorrente impugna, poi, l’art 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, che proroga al 31 dicembre 2019 il termine di applicabilità dell’art. 79 della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale), il quale, ai fini del ripianamento delle situazioni debitorie degli Istituti autonomi case popolari (IACP) della Sicilia, consente l’utilizzo da parte degli stessi, «a titolo esclusivo di anticipazione di liquidità», delle somme derivanti «dalle economie di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560», ancorché non vincolate da programmazione e a condizione che tali debiti maturati risultino iscritti in bilancio, nonché con obbligo di reintegro.

Secondo il ricorrente la disposizione regionale violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 3, comma l, lettera a), del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, in legge 23 maggio 2014, n. 80, principio fondamentale nella materia «coordinamento della finanza pubblica», il quale prevede che le risorse derivanti dalle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale debbano essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.

Inoltre, la norma in esame violerebbe gli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, in quanto eccede le competenze attribuite alla Regione dallo Statuto di autonomia e, inoltre, l’art. 81, terzo comma, Cost.

1.3.– Il ricorrente censura, inoltre, l’art. 13, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, il quale nel prevedere l’inserimento all’art. 20 della legge della Regione Siciliana 9 maggio 2017, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2017. Legge di stabilità regionale), dopo le parole «31 dicembre 2013», della locuzione «, ovvero, in alternativa, si applica l’articolo 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5», si porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma lettera l), Cost., in quanto estende il regime della stabilizzazione di cui all’art. 30 della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2014. Legge di stabilità regionale), che recepisce la normativa statale di cui all’art. 4, commi 6, 7, 8 e 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, nella legge 30 ottobre 2013, n. 125, ai lavoratori socialmente utili (LSU) o di pubblica utilità (LPU) assunti presso la società Almaviva Contact spa già destinatari dei benefici di cui all’art. 2, comma 5, della legge della Regione Siciliana 1° febbraio 2006, n. 4 (Riproposizione di norme in materia di consorzi di bonifica e di personale), per il caso di crisi aziendali, di area o di settore, in tal modo intervenendo sul rapporto di lavoro di detti lavoratori. La disposizione censurata sarebbe riconducibile alla materia di competenza esclusiva statale «ordinamento civile».

La stessa violerebbe, altresì, l’art. 97, quarto comma, Cost., in quanto consentirebbe la stabilizzazione degli LSU assunti presso la società Almaviva Contact spa, in violazione del principio del pubblico concorso quale canale ordinario di impiego nelle pubbliche amministrazioni.

Per le medesime ragioni e con riferimento agli stessi parametri è censurato anche il comma 2 dell’art. 13 della legge regionale citata, nella parte in cui dispone che l’art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 si applica anche ai lavoratori già destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la società Almaviva Contact spa e transitati alla società Exprivia Projects srl.

1.4.– Il ricorrente impugna, inoltre, l’art. 15, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, nella parte in cui sostituisce nel comma 10 dell’art. 26 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, le parole «e degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione con risorse proprie» con le parole «nonché del personale inserito nell’elenco di cui al comma l dell’articolo 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione e delle Camere di Commercio mediante l’utilizzo delle risorse assegnate dalla normativa vigente».

Secondo il ricorrente, tale disposizione contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto estende l’ambito soggettivo di applicazione delle procedure di stabilizzazione del precariato nelle pubbliche amministrazioni agli LSU o agli LPU, per i quali è, invece, prevista la diversa procedura di cui agli artt. 4, comma 8, del d.l. n. 101 del 2013 e 20, comma 14, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».

È, altresì, impugnato l’art. 15, comma 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, secondo cui dall’applicazione del comma 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione.

1.5.– Infine, il ricorrente censura l’art. 2, da intendersi, come si ricava dalla motivazione contenuta nel ricorso, quanto al suo comma 9, nonché gli artt. 5, 12, 25 e 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, nella parte in cui riportano clausole di invarianza finanziaria, secondo le quali le disposizioni ivi recate non comportano nuovi oneri a carico della finanza pubblica e nella parte in cui stabiliscono che le strutture regionali interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Assume il ricorrente che tali norme, in assenza di elementi idonei a suffragare l’invarianza finanziaria ed in mancanza della relazione tecnica prevista dall’art. 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), non assicurano la copertura degli oneri finanziari e pertanto violerebbero l’art. 81, terzo comma, Cost.

2.– Deve in primo luogo osservarsi che le questioni di legittimità costituzionale promosse, con lo stesso ricorso n. 114 del 2019, in riferimento agli artt. 81 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, Cost., nei confronti dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, concernente la sanità penitenziaria, sono già state trattate separatamente perché connesse per materia all’impugnativa di altre disposizioni, oggetto di precedenti ricorsi, e sono state decise con la sentenza n. 194 del 2020, dichiarativa della non fondatezza delle censure.

3.– Con riferimento alle questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 2, commi 7 e 8, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la difesa della Regione ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità delle censure, non essendosi il ricorrente confrontato con le competenze legislative che lo statuto speciale assegna alla Regione Siciliana.

L’eccezione non può essere accolta.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nel caso in cui venga impugnata in via principale la legge di una Regione ad autonomia speciale, la compiuta definizione dell’oggetto del giudizio, onere di cui è gravato il ricorrente, richiede che quest’ultimo si confronti con le competenze legislative previste dallo statuto di autonomia (ex plurimis, sentenza n. 119 del 2019 e, più recentemente, sentenza n. 279 del 2020). Questa Corte ha, infatti, affermato che «il ricorrente ben può dedurre la violazione dell’art. 117 Cost. e postulare che la normativa regionale o provinciale impugnata eccede dalle competenze statutarie quando a queste ultime essa non sia in alcun modo riferibile (sentenza n. 16 del 2012), fermo restando che la motivazione del ricorso su tale profilo dovrà divenire tanto più esaustiva, quanto più, in linea astratta, le disposizioni censurate appaiano invece inerenti alle attribuzioni dello statuto di autonomia (sentenza n. 213 del 2003)» (sentenza n. 151 del 2015).

Tuttavia, deve rilevarsi che nel caso di specie il ricorrente ha dedotto la violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», facendo espresso riferimento all’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001, che reca la disciplina delle eccedenze del personale alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Il dedotto contenuto all’evidenza privatistico delle norme censurate, nella parte in cui dispongono la copertura dei posti risultati vacanti a seguito della rimodulazione della pianta organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, rispettivamente, attraverso il ricorso all’accordo di mobilità e all’istituto del distacco, nonché la natura del parametro evocato, che fa riferimento all’«ordinamento civile», escludono, di per sé, l’utilità di un confronto con le disposizioni statutarie, dal momento che lo statuto speciale per la Regione Siciliana non prevede alcuna competenza legislativa regionale nella materia dell’ordinamento civile (sentenze n. 194 e n. 25 del 2020).

Va, quindi, ribadito che, ove sia impugnata dallo Stato una legge di una Regione ad autonomia speciale, l’omissione dell’indicazione delle competenze statutarie non inficia di per sé l’ammissibilità della questione promossa con il ricorso quando la normativa impugnata non sia in alcun modo riferibile a tali competenze, così da escludere l’utilità del confronto con queste stesse; ciò che si verifica, in particolare, quando è dedotta la violazione della competenza esclusiva statale in materia «ordinamento civile».

4.– Passando al merito, deve premettersi il quadro normativo di riferimento in cui si collocano le due disposizioni censurate.

5.– Nel suo complesso, l’art. 2 citato opera la rimodulazione della pianta organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, ente pubblico strumentale di interesse regionale, dotato di autonomia statutaria.

Tale riforma – come si legge nel suo comma 1 – risponde all’esigenza di accrescere l’efficienza dell’Istituto in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi in Italia e nell’Unione europea; di razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica; e, inoltre, di realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni.

La pianta organica, risultante dalla norma censurata, è ridisegnata essenzialmente in chiave riduttiva, nel senso che la dotazione complessiva del personale è quasi dimezzata. Ma con riferimento alle singole qualifiche del personale non dirigenziale, essa, da una parte, registra eccedenze numericamente consistenti per i profili più elevati (come per gli istruttori), dall’altra, per quelli meno elevati (segnatamente gli operatori, non presenti nella precedente pianta organica) evidenzia invece una carenza.

Per la gestione di tale radicale riorganizzazione del personale, i commi 5 e 6 fanno riferimento alla regolamentazione posta, in generale per il lavoro pubblico contrattualizzato, dall’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001, che disciplina appunto le eccedenze di personale e la mobilità collettiva. L’espresso richiamo della normativa statale mostra come quella regionale si muova all’interno e nel rispetto della prima, la quale prevede il coinvolgimento, mediante informativa preventiva, delle rappresentanze unitarie del personale e delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo del comparto o area.

Il criterio ispiratore della norma è quello di sperimentare ogni possibile misura organizzativa diretta a scongiurare il collocamento in disponibilità del personale (ex art. 33, comma 7) che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni.

L’amministrazione, che ha attivato la procedura, è tenuta a verificare la possibilità della ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero dell’assegnazione ad altre amministrazioni, previo accordo con le stesse.

È altresì contemplata (dall’art. 33 citato) la possibilità che i contratti collettivi nazionali stabiliscano i criteri generali e le procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni, regolato dal precedente art. 30 dello stesso d.lgs. n. 165 del 2001.

Quanto alle procedure di mobilità è previsto che in sede di contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possano essere stabiliti criteri generali di regolamentazione.

Anche con riferimento alle eccedenze di personale l’autonomia collettiva può esplicarsi nei modi ordinari, essendo i rapporti di lavoro pubblico regolati contrattualmente (artt. 2, comma 3, e 40 del d.lgs. n. 165 del 2001) per quanto non è riservato agli atti organizzativi della pubblica amministrazione (artt. 2, comma 1, e 5 del d.lgs. n. 165 del 2001).

È possibile, quindi, che, nella procedura attivata per far fronte alle eccedenze di personale, vi siano accordi contrattuali collettivi per regolare la mobilità del personale e il ricorso a modalità flessibili di impiego. Sono altresì possibili accordi di mobilità tra amministrazioni pubbliche, come espressamente prevede l’art. 33, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, per la ricollocazione totale o parziale del personale eccedente.

6.– La normativa regionale censurata si colloca proprio in questo contesto, in dichiarata sintonia con la disciplina statale indicata.

In particolare, il comma 6 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 prevede infatti che, al fine della ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza, il dirigente responsabile dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia ed il dirigente generale del dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale sono autorizzati a stipulare apposito accordo di mobilità ai sensi – e quindi nel rispetto – del comma 5 dell’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001; accordo che, raggiunto con altre amministrazioni pubbliche regionali, può avere ad oggetto la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza.

Tale ricollocazione avviene, dunque, nel perimetro tracciato dalla normativa statale di cui all’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001 che, specificamente, disciplina la gestione dell’eccedenza di personale presso le pubbliche amministrazioni prevedendo, tra l’altro, proprio lo strumento dell’accordo di mobilità senza che la disposizione regionale censurata introduca alcuna previsione derogatoria.

7.– Ciò premesso, le questioni promosse nei confronti sia del comma 7 che del comma 8 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, sono entrambe non fondate nei termini che seguono.

8.– Comune alle due questioni è la censura di violazione della competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Deve in proposto rilevarsi che questa Corte, anche recentemente, ha ribadito che «[l]a materia dell’ordinamento civile, riservata in via esclusiva al legislatore statale, investe la disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici e ricomprende tutte le disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro (ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017, n. 257 del 2016, n. 180 del 2015, n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014)» (sentenza n. 257 del 2020).

In particolare, nel delineare i confini tra ciò che è ascrivibile alla materia «ordinamento civile» e ciò che invece ricade nella competenza regionale, questa Corte ha precisato che sono da ricondurre alla prima «gli interventi legislativi che […] dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32 del 2017) e rientrano, invece, nella seconda «i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale» (sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012).

Ciò vale anche per una Regione ad autonomia speciale, qual è la Regione Siciliana (ex plurimis, sentenze n. 194 e n. 16 del 2020, n. 81 del 2019, n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007), alla cui competenza esclusiva in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» (art. 14, lettera p, dello statuto) è stata ricondotta, da ultimo, una disposizione del legislatore siciliano sulla dotazione organica dell’amministrazione regionale quanto al "personale dei catalogatori e dei catalogatori esperti” (sentenza n. 25 del 2020).

In proposito, si è affermato che, quando la disposizione regionale non regolamenta il rapporto di lavoro, bensì detta una disciplina finalizzata alla realizzazione di esigenze organizzative dell’amministrazione, viene in rilievo non già la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, bensì quella regionale nella materia «ordinamento degli uffici e degli enti regionali», la quale comunque incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economiche sociali, quali sono le disposizioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001.

9.– Con riferimento in particolare al comma 7 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, deve rilevarsi che tale disposizione prevede che l’accordo di mobilità, di cui al precedente comma 6, regola – nel senso che può regolare, senza che ci sia una riserva in suo favore – anche la copertura dei posti risultanti vacanti a seguito della nuova dotazione organica.

Si tratta di una disposizione che si lega all’ultimo comma dell’art. 2, recante la clausola di invarianza finanziaria, che costituisce anche condizione di legittimità dello stesso accordo di mobilità. Il legislatore regionale, al fine di contenere la spesa del personale, ha prescritto che la rimodulazione della pianta organica dell’Istituto deve avvenire «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Anche la gestione delle vacanze nella qualifica meno elevata, pur in un contesto complessivo di eccedenze del personale, ha questo limite finanziario e rimane nell’ambito della competenza esclusiva regionale in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali». La copertura delle vacanze in un ente regionale con elevato numero di esuberi, come l’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, non può dunque generare – ha prescritto il legislatore regionale – ulteriore spesa per il personale: la mobilità, in uscita (dei lavoratori in esubero) come quella in entrata (per coprire le vacanze), deve essere a costo zero. Sicché, da una parte, la disciplina del rapporto di lavoro pubblico regionale in termini di diritti e doveri del personale non è direttamente incisa in alcun modo; dall’altra, l’accordo di mobilità in questione, anche quando dovesse avere ad oggetto le vacanze di personale, si inserisce nel contesto delle misure organizzative direttamente connesse alla ricollocazione totale o parziale del personale eccedentario, in sintonia con la ratio dell’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001.

In definitiva, il comma 7 dell’art. 2 censurato, nel prevedere che le esigenze di gestione del personale, comprese quelle derivanti dai vuoti in organico conseguenti alla rimodulazione della pianta organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, siano oggetto di negoziazione tra le pubbliche amministrazioni interessate, attiene a profili organizzativi dell’ente regionale, espressione della competenza legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali (art. 14, lettera p, dello statuto reg. Siciliana), e non si pone in frizione con le norme statali in tema di mobilità nel lavoro pubblico contrattualizzato e segnatamente con l’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001.

10.– Considerazioni analoghe valgono anche per il comma 8 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.

Tale disposizione – riguardante la gestione sia delle eccedenze sia delle carenze di personale conseguenti alla rimodulazione della pianta organica – prevede la possibilità del ricorso al «distacco», istituto tipico del lavoro privato (art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30»), ma che, in quanto tale, ha cittadinanza anche nel lavoro pubblico contrattualizzato, sì che la disposizione censurata richiama segnatamente la fattispecie di distacco già prevista dall’art. 62 del CCRL del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana.

Il ricorso al «distacco» è possibile – prevede espressamente il comma 8 impugnato – «qualora ne ricorrano le condizioni», ossia nel rispetto della normativa generale sul lavoro pubblico contrattualizzato, che, anche nella contrattazione collettiva nazionale del comparto delle funzioni centrali, conosce ipotesi di assegnazione temporanea presso altra amministrazione, quale fattispecie di mobilità del personale tra amministrazioni pubbliche diverse. Nel lavoro pubblico non contrattualizzato, del resto, era prevista la fattispecie contigua del comando pressa altra amministrazione (art. 56 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato»).

Sempre nell’ottica di mettere in campo tutti i possibili strumenti di impiego flessibile al fine di evitare il collocamento in disponibilità del personale in esubero, la censurata disposizione regionale consente anche il ricorso all’istituto del distacco, che, riconosciuto in passato anche nel lavoro privato dalla giurisprudenza, che ne mutuava la configurabilità proprio dal più risalente istituto del comando nel pubblico impiego non contrattualizzato, ha poi trovato la sua disciplina positiva nel citato art. 30 della legge n. 276 del 2003.

Anche nel pubblico impiego contrattualizzato l’art. 30, comma 2-sexies, del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede, nel più ampio contesto della mobilità di personale tra amministrazioni diverse, la possibilità di «assegnazione temporanea» ad altra amministrazione (per una fattispecie legale di personale pubblico in posizione di comando o distacco, art. 4, comma 2, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali», convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 1975, n. 125).

Del resto, in generale vi è un’ampia compenetrazione della disciplina del lavoro privato in quella del lavoro pubblico privatizzato, come previsto in via generale dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, che riconosce l’autonomia contrattuale collettiva come fonte privilegiata di regolamentazione del rapporto (art. 40, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001).

Il più esteso utilizzo di istituti del lavoro privato è stato ulteriormente arricchito dall’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, come da ultimo modificato dall’art. 9, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 75 del 2017, che ha consentito alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché di avvalersi delle «forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa», seppur sempre e solo nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l’applicazione nelle amministrazioni pubbliche (con riferimento specifico all’istituto del distacco, sentenza n. 257 del 2020).

Ma ciò che qui rileva soprattutto è che, alla disciplina posta dal d.lgs. n. 165 del 2001, il comma 8 dell’art. 2 censurato non apporta alcuna deroga, limitandosi a prefigurare il distacco come strumento di gestione del rapporto di impiego del personale (in esubero) dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia alle condizioni e nei limiti in cui ciò è possibile alla stregua della normativa statale del pubblico impiego privatizzato e della contrattazione collettiva di settore, espressamente richiamata.

11.– È vero che questa Corte, con riferimento all’istituto del distacco ha, di recente, dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione della competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento civile», di disposizioni regionali che prevedevano «una peculiare ipotesi di distacco» in quanto volta a «sopperire a carenze di organico dei propri uffici», determinando una permanente utilizzazione dei lavoratori distaccati (sentenza n. 257 del 2020) o prevedendo che «il trattamento economico del personale in questione» fosse a carico dell’amministrazione di appartenenza (sentenza n. 227 del 2020).

In tali casi, però, si è riscontrata una disciplina regionale differente da quella statale e con essa contrastante anche nella misura in cui era prevista un’ipotesi di distacco di personale dipendente da datori di lavoro privati (rispettivamente, organismi di formazione o società partecipate) verso enti pubblici regionali.

Invece, nella fattispecie attualmente in esame, la disposizione regionale censurata prevede la possibilità di distacco del personale in esubero solo tra l’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, ente pubblico strumentale di interesse regionale, e altre amministrazioni pubbliche regionali e sempre che «ne ricorrano le condizioni», ossia nei limiti di compatibilità con il d.lgs. n. 165 del 2001.

In questi termini la norma regionale non si pone in contrasto con la disciplina statale, rimanendo nel perimetro della propria potestà di regolazione delle esigenze organizzative dell’ente pubblico regionale.

Inoltre – come già rilevato – l’accordo di mobilità, anche nella parte in cui in ipotesi preveda l’assegnazione temporanea, sotto forma di distacco ad altra amministrazione, del personale in esubero, è condizionato al rispetto della clausola di invarianza finanziaria e quindi non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza regionale, tenendo anche conto dell’art. 70, comma 12, del d.lgs. n. 165 del 2001, che prevede, in relazione al trattamento economico del personale comandato o distaccato, che l’amministrazione utilizzatrice rimborsi a quella di appartenenza l’onere relativo al trattamento fondamentale.

12.– Devono, quindi, essere dichiarate non fondate, nei termini sopra precisati, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 7 e 8, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

13.– Passando ad esaminare le censure mosse nei confronti dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la difesa regionale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della censura promossa in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., per non avere il ricorrente fornito alcuna motivazione.

L’eccezione deve essere accolta.

È costante l’orientamento di questa Corte secondo cui il ricorrente ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali, dei quali lamenta la violazione, e di svolgere una motivazione che non sia meramente assertiva e che rechi una specifica e congrua indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, dovendo contenere una sia pur sintetica argomentazione di merito a sostegno delle censure (ex plurimis, sentenze n. 25 del 2020, n. 261, n. 32 del 2017 e n. 239 del 2016).

Nella specie, il ricorrente si è limitato a indicare la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost., da parte della norma regionale censurata, ma ha omesso del tutto di argomentarne le ragioni, sviluppando le argomentazioni dell’impugnazione esclusivamente con riferimento alla violazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, di cui si dirà in seguito.

Deve essere, pertanto, preliminarmente dichiarata l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale promossa nei confronti dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, con riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.

14.– Ancora in via preliminare, deve essere dichiarata, altresì, l’inammissibilità della questione promossa, nei confronti dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, in riferimento agli artt. 14 e 17 dello statuto reg. Siciliana.

L’assoluta genericità della doglianza, sprovvista di alcuna argomentazione a sostegno del contrasto con i parametri indicati, comporta l’inammissibilità anche di questa censura.

15.– Quanto, poi, alla censura promossa, nei confronti della stessa norma, in riferimento alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., quanto ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, la difesa regionale ne ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità per l’incompleta definizione dell’oggetto del giudizio, non essendosi il ricorrente confrontato con le competenze legislative che lo statuto speciale assegna alla Regione Siciliana.

L’eccezione non è fondata.

Deve in proposito ribadirsi – come già sopra rilevato al punto 3 – che l’assoluta estraneità alle competenze statutarie di una Regione ad autonomia speciale, quale la Regione Siciliana, dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica» e, segnatamente (secondo la prospettazione del ricorrente), dell’art. 3 del d.l. n. 47 del 2014, come convertito, comporta la non utilità di una motivazione più pregnante, estesa all’esame anche delle norme dello statuto.

Costante è infatti l’orientamento di questa Corte secondo cui i principi di coordinamento della finanza pubblica, recati dalla legislazione statale, si applicano anche alle Regioni ad autonomia speciale (ex plurimis, sentenze n. 273, n. 263, n. 239, n. 238, n. 176 e n. 82 del 2015).

Invece la qualificazione delle disposizioni statali allegate dal ricorrente come principi di coordinamento della finanza pubblica riguarda «semmai, l’infondatezza e non già l’inammissibilità del ricorso» (sentenze n. 279 del 2020, n. 40 del 2016, n. 273 e n. 176 del 2015).

16.– Nel merito, la questione promossa nei confronti dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, in riferimento alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata.

17.– La norma impugnata dispone testualmente: «Al comma l dell’articolo 79 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, le parole "31 dicembre 2018” sono sostituite dalle parole "31 dicembre 2019”».

Con la disposizione in esame, il legislatore regionale ha prorogato di un anno l’ambito di applicazione temporale dell’art. 79 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, disposizione comunque non impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

La mancata impugnazione della norma, cui la disposizione censurata si riferisce, non incide, comunque, sulla questione di legittimità costituzionale, in quanto, secondo il costante orientamento di questa Corte, «ogni provvedimento legislativo esiste a sé e può formare oggetto di autonomo esame ai fini dell’accertamento della sua legittimità: l’istituto dell’acquiescenza non si applica invero ai giudizi in via principale, atteso che la norma impugnata ha comunque l’effetto di reiterare la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 237, n. 98 e n. 60 del 2017, n. 39 del 2016, n. 215 e n. 124 del 2015)» (sentenza n. 286 del 2019).

Ciò precisato, deve rilevarsi che l’art. 79, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, consente, ai fini del ripianamento delle situazioni debitorie degli IACP della Sicilia, l’utilizzo da parte degli stessi «a titolo esclusivo di anticipazione di liquidità» delle somme derivanti «dalle economie di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560», ancorché non vincolate da programmazione e a condizione che tali debiti maturati risultino iscritti in bilancio.

Inoltre, al comma 2, stabilisce che l’utilizzazione delle risorse è autorizzata «con decreto dell’Assessore regionale per le infrastrutture e la mobilità, previa delibera di Giunta regionale, che dispone l’obbligo da parte dell’ente beneficiario al reintegro della somma autorizzata a titolo di anticipazione di liquidità, secondo il piano di rientro nella stessa contenuto, mediante l’utilizzo dei fondi di parte corrente».

Nelle sentenze n. 273 e n. 38 del 2016, questa Corte ha già riconosciuto la natura di principio fondamentale nella materia «coordinamento della finanza pubblica» del vincolo di destinazione stabilito dall’art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 47 del 2014, come convertito.

Tale disposizione statale prevede, infatti, che le risorse derivanti dalle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale, debbano essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.

Nelle citate sentenze si è affermata l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione al principio di cui all’art. 3 del d.l. n. 47 del 2014, come convertito, di norme regionali che destinavano una parte dei proventi derivanti dall’alienazione degli alloggi al ripianamento del deficit finanziario delle aziende territoriali per l’edilizia residenziale (sentenza n. 273 del 2016), o al pagamento di imposte gravanti sugli immobili di proprietà degli enti gestori (sentenza n. 38 del 2016).

Più specificamente, questa Corte ha stabilito che il vincolo di destinazione di cui all’art. 3 del d.l. n. 47 del 2014, come convertito, è espressione di una scelta di politica economica nazionale finalizzata a razionalizzare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica e ridurre gli oneri a carico della finanza locale, e costituisce un principio fondamentale nella materia «coordinamento della finanza pubblica», in quanto con esso il legislatore ha inteso fissare una regola generale di uso uniforme delle risorse disponibili provenienti dalle alienazioni immobiliari.

18.‒ Nel caso di specie, la disposizione censurata, nel prorogare al 31 dicembre 2019 la possibilità per gli IACP della Sicilia di ripianare le gravi situazioni debitorie mediante l’utilizzo, a titolo esclusivo di anticipazione di liquidità, delle somme derivanti «dalle economie di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560», destina tali proventi a fini diversi dalla realizzazione di un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente, ponendosi in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica di cui alla suddetta disposizione statale.

È ben vero che il comma 2 dell’art. 79 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 stabilisce che l’anzidetto utilizzo debba essere autorizzato «con decreto dell’Assessore regionale per le infrastrutture e la mobilità, previa delibera di Giunta regionale, che dispone l’obbligo da parte dell’ente beneficiario al reintegro della somma autorizzata a titolo di anticipazione di liquidità, secondo il piano di rientro nella stessa contenuto, mediante l’utilizzo dei fondi di parte corrente».

Tuttavia, la mancanza della previsione dell’obbligo da parte dell’ente beneficiario di procedere al reintegro delle somme indicate entro il medesimo esercizio finanziario impedisce di affermare che l’operazione in esame, dal punto di vista delle regole di contabilità pubblica, possa qualificarsi come anticipazione di cassa e, dunque, quale reale «anticipazione di liquidità», eventualmente idonea ad assicurare il vincolo di destinazione esclusiva.

Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 e quindi della prevista sostituzione delle parole «31 dicembre 2018» con le parole «31 dicembre 2019» nel comma l dell’art. 79 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018; disposizione quest’ultima che per il resto non è oggetto di impugnativa.

19.– Possono ora essere esaminate le censure concernenti l’art. 13, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, delle quali la difesa regionale ha eccepito l’inammissibilità per non essersi il ricorrente confrontato con le competenze assegnate dallo statuto alla Regione Siciliana.

L’eccezione non può essere accolta.

 

Il ricorrente ha dedotto la violazione della competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», ponendo a sostegno delle censure la disciplina statale in tema di stabilizzazione degli LSU e, in particolare, l’art. 4, commi 6, 7, 8 e 9 del d.l. n. 101 del 2013.

Come già sopra rilevato al punto 3, il contenuto delle disposizioni censurate – che nell’interpretazione del ricorrente sono finalizzate a gestire il passaggio di lavoratori assunti da società private verso il bacino degli LSU – e il parametro evocato, costituito dalla competenza esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», escludono la necessità per il ricorrente di un puntuale esame delle competenze statutarie, alle quali è estranea tale materia.

20.– Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e 97 Cost., non sono fondate, nei termini di seguito indicati.

L’art. 13, al comma 1, prevede l’inserimento nell’art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017 (Provvedimenti in favore dei lavoratori lsu Almaviva), della specifica previsione che, in alternativa alle disposizioni di cui all’art. 2, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 4 del 2006, a detti lavoratori si applica l’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014.

La norma regionale richiamata (art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017) già aveva approntato una misura di sostegno a favore degli LSU, in precedenza assunti presso la società Almaviva Contact spa, ma che da essa erano fuoriusciti a seguito di una procedura di licenziamento collettivo (indicati dalla stessa disposizione nel numero residuo, all’epoca, di 149 soggetti). Prevedeva infatti l’estensione ad essi di una misura dettata in generale per i lavoratori stabilizzati in forza delle disposizioni vigenti in materia di lavori socialmente utili presso soggetti privati laddove, a seguito di crisi aziendali, non fosse stato possibile il mantenimento dei livelli occupazionali. In applicazione di tale disposizione, l’Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell’emigrazione poteva erogare i benefici economici previsti dalla normativa vigente per la stabilizzazione dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili nei limiti delle risorse assegnate al Fondo unico per il precariato, istituito con l’art. 71 della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2005).

La disposizione censurata ha affiancato, come alternativa a questa misura di sostegno economico, la possibilità dell’iscrizione nell’elenco regionale di cui all’art. 30 della legge reg. Siciliana n. 5 del 2014, al fine del reinserimento nella procedura di assegnazione in utilizzazione in attività socialmente utili. Ciò ha fatto seguito – riferisce la difesa della Regione – ad una specifica concertazione sindacale promossa dal locale Servizio centro per l’impiego nell’ottica di superare, ove possibile, la prospettiva del mero sussidio economico.

Si è in tal modo prevista una misura volta non già alla stabilizzazione dei lavoratori fuoriusciti dalla società Almaviva Contact spa, bensì alla loro possibile riassegnazione come lavoratori socialmente utili, in alternativa alla erogazione del beneficio economico gravante sul Fondo unico per il precariato.

In senso analogo, poi, dispone anche il comma 2 del medesimo art. 13, il quale estende il disposto del comma 1 agli LSU assunti presso la società Almaviva Contact e «transitati» presso la società Exprivia Projects srl, con la quale, anche in questo caso, è intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro. Anche per questi ultimi si prevede la possibilità di iscrizione nell’elenco di cui all’art. 30 della legge reg. Siciliana citata, per essere nuovamente immessi nel bacino degli LSU.

Nel complesso, la disposizione censurata, pertanto, da una parte non interviene nella regolamentazione del rapporto di lavoro in essere con le menzionate società private e quindi non disciplina aspetti riferibili alla materia «ordinamento civile» (all’art. 117, comma secondo, lettera l, Cost.); dall’altra non comporta la stabilizzazione di questi lavoratori come dipendenti regionali in assenza di concorso pubblico (richiesto dall’art. 97, quarto comma, Cost.).

In entrambe le ipotesi – come sostiene la difesa della Regione – l’iscrizione di questi ex LSU nell’elenco regionale suddetto non determina alcuna loro nuova stabilizzazione, ma solo consente che essi – in quanto lavoratori già in precedenza stabilizzati presso soggetti privati e beneficiari, a seguito della sopravvenuta perdita del posto di lavoro, della misura di sostegno di cui all’art. 20 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2017 – possano essere assegnati ad attività socialmente utili.

Così interpretate le disposizioni censurate, devono essere dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera l), e 97, quarto comma, Cost.

21.– Con riferimento alle questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dell’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, la difesa regionale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità delle censure per omesso confronto con le competenze statutarie.

L’eccezione non può ritenersi fondata.

Come si è già rilevato al punto 3, l’omissione dell’indicazione delle competenze statutarie non inficia di per sé l’ammissibilità della questione promossa quando la normativa impugnata dal ricorrente non sia in alcun modo riferibile alle competenze statutarie, così da doversi escludere la necessità del confronto con esse (sentenze n. 194 e n. 25 del 2020).

Nella fattispecie la disposizione censurata, nell’estendere le procedure di stabilizzazione di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017 ai lavoratori socialmente utili, presenta, nella prospettazione del ricorso, un contenuto di rilievo privatistico, riconducibile alla materia «ordinamento civile», che esclude l’utilità di un puntuale esame delle competenze statutarie, alle quali è estranea la materia indicata.

22.− Le questioni di legittimità costituzionale sono, tuttavia, inammissibili sotto altro profilo.

Con riferimento all’art 15, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, il ricorrente si è limitato a riferire che l’estensione, agli LSU degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione e delle Camere di commercio, della disciplina di stabilizzazione di cui all’art. 20, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, anziché di quella di cui all’art. 4, comma 8, del d.l. n. 101 del 2013 e all’art. 20, comma 14, del d.lgs. n. 75 del 2017, violerebbe la competenza legislativa esclusiva statale nella materia «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Si tratta di una censura meramente assertiva nella misura in cui il ricorrente deduce un’«estensione impropria» della procedura di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, senza argomentarne la ragione e limitandosi ad un generico e non sviluppato rinvio all’esame congiunto degli artt. 4, comma 8, del d.l. n. 101 del 2013 e 20, comma 14, del d.lgs. n. 75 del 2017.

Ciò determina, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 199 e n. 194 del 2020, n. 198 del 2019).

Parimenti inammissibile è la questione promossa nei confronti dell’art. 15, comma 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, che reca la clausola di invarianza finanziaria, secondo cui dall’applicazione del precedente comma 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione.

Il ricorrente si è limitato ad indicare la disposizione, senza in alcun modo argomentare la violazione del parametro invocato.

Deve essere, pertanto, dichiarata l’inammissibilità delle questioni promosse nei confronti dell’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019.

23.– Infine, devono essere esaminate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, da intendersi quanto al suo comma 9, 5, 12, 25 e 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost.

24.– La difesa regionale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità delle censure perché, né nell’epigrafe né nelle conclusioni del ricorso, sono state indicate le disposizioni censurate.

L’eccezione non può trovare accoglimento.

Dalla valutazione complessiva dell’atto introduttivo, letto non disgiuntamente dalla delibera del Consiglio dei ministri di impugnare la legge della Regione Siciliana, autorizzando la proposizione del ricorso, risulta chiara la volontà del Governo, per il tramite dell’Avvocatura generale, di sottoporre a scrutinio di costituzionalità le citate disposizioni, in riferimento al dedotto contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost.

L’omessa testuale indicazione delle citate disposizioni nell’epigrafe e nelle richieste conclusive dell’atto introduttivo, in presenza di una inequivoca (seppur carente, per quanto si viene ora a dire) motivazione in ordine alla violazione del parametro invocato, costituisce una mera omissione di carattere formale che non pregiudica la identificabilità – e quindi, sotto questo profilo, l’ammissibilità – delle questioni di legittimità costituzionale.

25.– Le questioni sono, tuttavia, inammissibili per altri motivi.

Il ricorrente sostiene che le disposizioni censurate recherebbero mere clausole di stile, come tali inidonee ad assicurare l’obbligo di copertura, di cui al parametro evocato, per l’oggettiva assenza della relazione tecnico-finanziaria.

Al riguardo, deve rilevarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli allegati, le note e la relazione tecnica costituiscono elementi essenziali della previsione di copertura, in quanto consentono di valutare l’effettività e la congruità di quest’ultima e, quindi, il rispetto dell’art. 81, terzo comma, Cost. Si tratta, infatti, di documenti con funzione di controllo dell’adeguatezza della copertura finanziaria.

La necessità e la sufficienza di tali elementi specificativi ed informativi devono essere valutate sia con riguardo al contenuto della norma che provvede alla copertura, sia in riferimento alle correlate norme che prevedono gli interventi di spesa. Sicché le clausole di invarianza della spesa, che in sede di scrutinio di costituzionalità comportano una valutazione anche sostanziale in ordine all’effettività della copertura di nuovi o maggiori oneri di ogni legge, devono essere giustificate da puntuali relazioni o documenti esplicativi (sentenze n. 235 del 2020 e n. 188 del 2015).

Questa Corte ha altresì precisato la portata della relazione di cui all’art. 17 della legge n. 196 del 2009, affermando che essa costituisce «puntualizzazione tecnica» del principio di analitica copertura degli oneri finanziari; sicché ogni disposizione che comporti conseguenze finanziarie, positive o negative, deve essere corredata da un’apposita istruttoria in merito agli effetti previsti e alla loro compatibilità con le risorse disponibili (sentenze n. 133 del 2016, n. 70 del 2015, n. 190 del 2014 e n. 26 del 2013).

Per altro verso, però, si ha che, nella fattispecie, il ricorrente si limita ad indicare congiuntamente le singole disposizioni – tra le quali, invero, l’art. 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 che neppure contiene alcuna clausola di invarianza finanziaria – ed omette di illustrare il contenuto delle singole norme quanto alla loro supposta idoneità a comportare nuove spese.

Il ricorso, in realtà, nella sua sintetica esposizione delle censure, non contiene la motivata allegazione della necessità che le singole clausole di invarianza finanziaria, in quanto riferite a norme che siano invece produttive di spesa, siano giustificate dalla relazione tecnico-contabile e da documenti esplicativi.

Si è, quindi, in presenza di censure generiche e meramente assertive che comportano l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale promosse.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie);

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promossa, in riferimento all’art. 81, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente dal Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

5) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 9, 5, 12, 25 e 27 della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse, in riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

6) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 7 e 8, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

7) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019, promosse, in riferimento agli artt. 97, quarto comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2021.