Sentenza n. 5 del 2017

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SENTENZA N. 5

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          GROSSI                                Presidente

-           Alessandro                 CRISCUOLO                          Giudice

-           Giorgio                       LATTANZI                                   ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                        SCIARRA                                     ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                    ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                             ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dei commi 6 e 8 dell’art. 42 della legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014/2016), come sostituito dall’art. 1 della legge della Regione Basilicata 13 agosto 2015, n. 35 (Disposizioni urgenti inerenti misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del ciclo dei rifiuti), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2015, depositato in cancelleria il 13 ottobre 2015 ed iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;

udito nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2016 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Anna Carmen Possidente per la Regione Basilicata.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2015 e depositato il 13 ottobre 2015 (reg. ric. n. 91 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata 13 agosto 2015, n. 35 (Disposizioni urgenti inerenti misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del ciclo dei rifiuti), «nella parte in cui ha sostituito i commi 6 e 8 dell’art. 42» della legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014/2016), in riferimento agli artt. 117, primo e secondo comma, lettera s), e 136 della Costituzione.

1.1.– Il ricorrente premette che l’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015 ha sostituito l’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, i cui commi 6 e 8, nella formulazione vigente, stabiliscono, rispettivamente, che «Nelle more della realizzazione, adeguamento e/o messa in esercizio dell’impiantistica di trattamento programmata è possibile smaltire presso le discariche autorizzate ed in esercizio i rifiuti solidi urbani non pericolosi, previo trito-vagliatura e biostabilizzazione anche parziale degli stessi» (comma 6) e che «Le disposizioni di cui al presente articolo restano in vigore fino all’approvazione del nuovo Piano regionale dei rifiuti e comunque non oltre il 31 agosto 2016» (comma 8).

1.2.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri l’impugnata normativa, consentendo il conferimento in discarica di rifiuti solidi urbani che hanno subìto un pretrattamento costituito da una separazione meccanica mediante trito-vagliatura e da una biostabilizzazione anche solo parziale della frazione organica, si porrebbe in contrasto con la normativa statale di settore del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), che, all’art. 7, vieta il collocamento in discarica dei rifiuti non trattati (a eccezione di quelli per i quali sia dimostrato che il trattamento non è necessario) e, all’art. 17, comma 1, stabilisce che «Le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto possono continuare a ricevere, fino al 31 dicembre 2006, i rifiuti per cui sono state autorizzate» (il ricorrente precisa che tale termine è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2009, ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13).

Il Presidente del Consiglio dei ministri fa presente di avere già impugnato i commi 4 e 5 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014 nel loro testo originario – che permetteva, fino al 31 luglio 2015 (comma 5), lo smaltimento in discarica dei rifiuti solidi urbani non pericolosi «previo trattamento parziale degli stessi» (comma 4) – e che tali commi sono stati dichiarati incostituzionali dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 180 del 2015 «in quanto consentivano la “prosecuzione del conferimento in discarica di rifiuti non trattati” – anche in considerazione del fatto che in alcun modo era stata illustrata la valenza della “parzialità” del trattamento – ben oltre il termine previsto dalla legge statale, riducendosi così il livello di tutela dell’ambiente stabilito da quest’ultima, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.» (così il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri).   

Ad avviso del ricorrente, i commi 6 e 8 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, nel testo vigente, sostituito dall’impugnato art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, sarebbero censurabili per ragioni analoghe. Essi, infatti, nonostante specifichino – diversamente dal testo originario dei commi 4 e 5 dello stesso art. 42 – il previsto trattamento dei rifiuti, determinerebbero la medesima riduzione del livello di tutela dell’ambiente garantito dalla legge statale, che discendeva dalle previgenti disposizioni, dichiarate incostituzionali per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Nella normativa oggi impugnata, come in quella precedentemente vigente, il carattere solo parziale del pretrattamento impedirebbe di considerare i rifiuti correttamente trattati.

Il ricorrente argomenta al riguardo che il generico riferimento al carattere «parziale» del trattamento è tale da impedire di individuare nei vigenti commi 6 e 8 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014 – allo stesso modo che nel precedente testo dei commi 4 e 5 dello stesso articolo – un qualunque standard minimo richiesto ai fini del conferimento in discarica. Questo carattere comporterebbe perciò, come avveniva con la disciplina previgente, la strutturale impossibilità di conseguire l’obiettivo di evitare o di ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e sulla salute umana. Sarebbe evidente – secondo la difesa dello Stato – che se il trattamento dei rifiuti e, in particolare, la biostabilizzazione degli stessi, è solo parziale, il rischio di danni all’ambiente e alla salute umana non è stato ridotto il più possibile.

Sempre ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la normativa impugnata contrasterebbe, oltre che con la legislazione statale menzionata, anche «con quanto previsto dalla Direttiva discariche 1999/31/CE, nonché con i principi generali elaborati sul punto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in numerose pronunce». A tale riguardo, il ricorrente sottolinea che la sentenza della Corte di giustizia 15 ottobre 2014, resa nella causa C-323/13, Commissione europea contro Repubblica italiana, ha precisato che dall’art. 13 della direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive) «discende che gli Stati membri hanno l’obbligo, per quanto riguarda i rifiuti da sottoporre a trattamento, di prendere le misure necessarie affinché solo i rifiuti già trattati vengano collocati a discarica».  

Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude affermando che, per le ragioni indicate, i commi 6 e 8 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, come sostituito dall’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, violano sia l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa eslusiva nella materia «tutela dell’ambiente», sia l’art. 117, primo comma, Cost., che impone anche alle Regioni di esercitare la potestà legislativa nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.

1.3.– Secondo il ricorrente, le disposizioni impugnate, «riproducendo nella sostanza il contenuto normativo dell’art. 42, commi 4 e 5, della legge della Regione Basilicata n. 26 del 2014, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 180 del 2015, dalla Corte costituzionale», violerebbero altresì l’art. 136 Cost. e il «principio del rispetto del giudicato costituzionale in esso sancito».

A proposito di tale censura, la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 245 del 2012, là dove ha affermato che «il giudicato costituzionale è violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella già ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a “perseguire e raggiungere, ‘anche se indirettamente’, esiti corrispondenti” (sentenze n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963)». Il che si sarebbe verificato, per le ragioni già esposte, anche nel caso dell’impugnata normativa della Regione Basilicata.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, chiedendo che le questioni proposte siano dichiarate infondate.

La resistente sottolinea anzitutto che la legge reg. Basilicata n. 35 del 2015 ha inteso conformare la normativa regionale alla sentenza della Corte costituzionale n. 180 del 2015, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 4 e 5 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, nel loro testo originario, in quanto «consentivano la prosecuzione del conferimento in discarica di rifiuti non trattati, non avendo specificato il significato e la portata del “trattamento parziale” indicato, peraltro ben oltre il termine previsto dalla legge statale» (così l’atto di costituzione della Regione).

Secondo la stessa Regione, i commi 6 e 8 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, come sostituito dall’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, rispettano effettivamente quanto stabilito dagli artt. 7 e 17, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2003, nonché dalla normativa dell’Unione europea (è citata, in particolare, la direttiva 1999/31/CE).

A tale proposito, la resistente rappresenta che il vigente Piano regionale di gestione dei rifiuti, di cui alla legge della Regione Basilicata 2 febbraio 2001, n. 6 (Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti ed approvazione del relativo piano), e la conseguente pianificazione provinciale, hanno scelto, come modello di trattamento dei rifiuti solidi urbani a smaltimento, quello meccanico-biologico cosiddetto a doppio flusso. In base a tale modello, il rifiuto urbano indifferenziato è prima sottoposto a triturazione e poi deferrizzato e posto in vaglio, generando, così, un doppio flusso: il sopravaglio o sovvallo, costituito da un materiale secco di pezzatura grossolana, ricco di componenti a elevato potere calorifico, che viene inviato al recupero presso impianti presenti nel territorio della Regione; il sottovaglio, caratterizzato, viceversa, da una pezzatura ridotta e ricco di materiale organico putrescibile, che viene invece avviato al trattamento di biostabilizzazione prima dello stoccaggio definitivo nelle vasche di discarica. Quest’ultimo prodotto del processo è costituito, oltre che da rifiuti classificati come “compost fuori specifica”, da rifiuti classificati come “parte di rifiuti urbani e simili non compostata” e contrassegnati con il codice CER 19.05.01 che, per prassi tecnica consolidata, identifica i rifiuti che hanno subito un trattamento aerobico solo parziale.

Tanto esposto, la Regione Basilicata asserisce che la nota (*) alla Tabella 5 (recante i «Limiti di concentrazione nell’eluato per l’accettabilità in discariche per rifiuti non pericolosi») dell’art. 6 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 settembre 2010 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005), nel testo vigente alla data della promulgazione della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, avrebbe consentito «in pratica ad un rifiuto non stabilizzato e quindi parzialmente stabilizzato (CER 19.05.01) di essere conferito in discarica senza il rispetto dei valori limite per il parametro Doc [carbonio organico disciolto] (nell’eluato) e per l’indice di respirazione dinamico».

Per tali ragioni, la Regione Basilicata afferma di ritenere che il comma 6 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, come sostituito dall’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, non era in contrasto, al momento della promulgazione di tale legge, «con le norme nazionali vigenti, prevedendo un esplicito trattamento, come previsto dall’art. 7 del D. Lgs. n° 36/2003, e rispettando i dettami […] del D.M. 27 settembre 2010».

La Regione resistente ha peraltro evidenziato che, successivamente alla promulgazione della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 11 settembre 2015, n. 211, il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 giugno 2015 (Modifica del decreto 27 settembre 2010, relativo alla definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica), il quale – sempre secondo la Regione Basilicata – avrebbe modificato il comma 7 dell’art. 6 del citato decreto del 27 settembre 2010 (va precisato che le modificazioni citate dalla Regione resistente hanno riguardato, in realtà, non il comma 7 dell’art. 6 del decreto ministeriale 27 settembre 2010, ma le lettere f e g della nota (*) della Tabella 5 dello stesso art. 6).

La Regione Basilicata ritiene che, anche dopo tali modificazioni, «permanga la possibilità di conferire in discarica un codice 19.05.01 con […] valore dell’indice respirometrico dinamico di cui alla lettera g) del comma 7 [recte: lettera g della nota (*) della Tabella 5] dell’art. 6 del D.M. 27.09.2010 e s.m.i.», cioè con valore del detto indice «non superiore a 1.000 mgO2/kgSVh».

Quanto al comma 8 dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, come sostituito dall’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, la Regione resistente deduce che, con esso, è stata stabilita la «durata provvisoria» di tutte le disposizioni dello stesso art. 42, che hanno la funzione di disciplinare la fase transitoria di gestione dei rifiuti durante l’elaborazione dell’aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione Basilicata 13 agosto 2015, n. 35 (Disposizioni urgenti inerenti misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del ciclo dei rifiuti), nella parte in cui, nel sostituire l’art. 42 della legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014/2016), ne ha dettato i commi 6 e 8, i quali prevedono, rispettivamente, che «Nelle more della realizzazione, adeguamento e/o messa in esercizio dell’impiantistica di trattamento programmata è possibile smaltire presso le discariche autorizzate ed in esercizio i rifiuti solidi urbani non pericolosi, previo trito-vagliatura e biostabilizzazione anche parziale degli stessi» (comma 6) e che «Le disposizioni di cui al presente articolo restano in vigore fino all’approvazione del nuovo Piano regionale dei rifiuti e comunque non oltre il 31 agosto 2016» (comma 8).

Secondo il ricorrente, tali disposizioni violerebbero, anzitutto, l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva nella materia «tutela dell’ambiente». Col consentire, fino al 31 agosto 2016, lo smaltimento nelle discariche di rifiuti solidi urbani non pericolosi «previo trito-vagliatura e biostabilizzazione anche parziale degli stessi», esse si porrebbero in contrasto con l’art. 7 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), che vieta il collocamento in discarica dei rifiuti non trattati, e con l’art. 17, comma 1, dello stesso decreto, che prevede che le discariche già autorizzate alla data della sua entrata in vigore possono continuare a ricevere i rifiuti per cui sono state autorizzate solo fino al 31 dicembre 2006 (termine successivamente prorogato, in ultimo, al 31 dicembre 2009, ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13).

Le stesse disposizioni lederebbero, in secondo luogo, l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, perché si porrebbero in contrasto «con quanto previsto dalla Direttiva discariche 1999/31/CE, nonché con i principi generali elaborati sul punto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea», avuto riguardo, in particolare, a quanto statuito dalla sentenza di tale Corte 15 ottobre 2014, in causa C-323/13, Commissione europea contro Repubblica italiana.

Sempre secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni impugnate violerebbero, infine, l’art. 136 Cost., che impone il rispetto del giudicato costituzionale, perché riprodurrebbero, «nella sostanza», il contenuto normativo dei commi 4 e 5 del testo originario dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014 – quello anteriore, cioè, alla sostituzione di tale articolo a opera dell’impugnato art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015 – dichiarati incostituzionali da questa Corte con la sentenza n. 180 del 2015

2.– Nel valutare le scelte del legislatore, cui spetta tenere conto dell’impedimento nascente dal giudicato, la questione promossa in riferimento all’art. 136 Cost. deve essere esaminata per prima. Essa «riveste carattere di priorità logica rispetto alle altre», proprio perché «attiene all’esercizio stesso del potere legislativo, che sarebbe inibito dal precetto costituzionale di cui si assume la violazione» (sentenze n. 245 del 2012 e n. 350 del 2010).

3.– Tale questione è fondata.

3.1.– Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’efficacia preclusiva, nei confronti del legislatore, del giudicato costituzionale riguarda ogni disposizione che intenda «mantenere in piedi o […] ripristinare, sia pure indirettamente, […] gli effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della […] pronuncia di illegittimità costituzionale» (sentenza n. 72 del 2013), ovvero che «ripristini o preservi l’efficacia di una norma già dichiarata incostituzionale» (sentenza n. 350 del 2010).

Nel chiarire la portata dell’art. 136, primo comma, Cost., questa Corte ha altresì precisato che il giudicato costituzionale è violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una «mera riproduzione» (sentenze n. 73 del 2013 e n. 245 del 2012) di quella già ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche se la nuova disciplina mira a «perseguire e raggiungere, “anche se indirettamente”, esiti corrispondenti» (sentenze n. 73 del 2013, n. 245 del 2012, n. 922 del 1988, n. 223 del 1983, n. 88 del 1966).

3.2.– Quest’ultima ipotesi ricorre nel caso di specie.

Le disposizioni impugnate mirano, infatti, a perseguire e raggiungere un risultato corrispondente a quello già ritenuto lesivo della Costituzione dalla sentenza di questa Corte n. 180 del 2015.    

I commi 4 e 5 del testo originario dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014 disponevano, rispettivamente, che «Nelle more della realizzazione, adeguamento e/o messa in esercizio dell’impiantistica di trattamento programmata è possibile smaltire presso le discariche autorizzate ed in esercizio i rifiuti solidi urbani non pericolosi, previo trattamento parziale degli stessi» (comma 4) e che «Le disposizioni di cui al presente articolo restano in vigore fino all’approvazione del nuovo Piano regionale dei Rifiuti e comunque non oltre il 31 luglio 2015» (comma 5).

Con la sentenza n. 180 del 2015, questa Corte, dopo avere richiamato gli artt. 7 e 17, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2003, nonché l’art. 2, comma 1, lettera h), dello stesso decreto – che definisce il «trattamento» dei rifiuti come «i processi fisici, termici, chimici o biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza» – ha rilevato che la normativa impugnata permetteva, fino al 31 luglio 2015, nelle more della realizzazione, adeguamento e/o messa in esercizio dell’impiantistica di trattamento programmata, lo smaltimento nelle discariche di rifiuti solidi urbani non pericolosi previo «trattamento parziale» degli stessi, osservando, altresì, incidentalmente, come essa avesse omesso di chiarire il significato di tale locuzione («senza peraltro neppure spiegare cosa debba intendersi per trattamento parziale»). La stessa impugnata normativa è stata dichiarata costituzionalmente illegittima in quanto, «consentendo la prosecuzione del conferimento in discarica di rifiuti non trattati (non ricompresi fra quelli per i quali il vincolo è espressamente escluso dal d.lgs. n. 36 del 2003 in attuazione della direttiva 1999/31/CE) ben oltre il termine previsto dalla legge statale (31 dicembre 2009), detta una disciplina ad hoc». In tal modo – questa Corte ha affermato – si invade la sfera di competenza statale in materia di «tutela dell’ambiente» e si riduce il livello garantito dallo Stato.

Da tale motivazione risulta che l’esito normativo ritenuto lesivo della Costituzione dalla sentenza n. 180 del 2015 – precluso dunque al legislatore regionale – consisteva nel consentire, oltre il termine del 31 dicembre 2009 previsto dalla legislazione statale, il collocamento in discarica di rifiuti solidi urbani non pericolosi che, per avere subìto un trattamento solo parziale, devono ritenersi non compiutamente trattati.

Un esito corrispondente a quello descritto è perseguito dalla nuova disciplina transitoria del collocamento in discarica dei rifiuti solidi urbani non pericolosi. Essa è dettata dalla Regione Basilicata – meno di un mese dopo la pubblicazione della sentenza n. 180 del 2015, in un contesto normativo immutato rispetto a quello da cui essa aveva tratto argomento – con i commi 6 e 8 dell’art. 42 della legge regionale n. 26 del 2014, come sostituito dall’impugnato art. 1 della legge regionale n. 35 del 2015. Tali commi, infatti, consentendo, fino al 31 agosto 2016, lo smaltimento nelle discariche di rifiuti solidi urbani non pericolosi, sottoposti alle sole operazioni di trito-vagliatura e di biostabilizzazione, con la previsione che quest’ultima possa essere «anche parziale», realizzano un risultato normativo corrispondente a quello che la sentenza n. 180 del 2015 aveva ritenuto lesivo della competenza legislativa statale in materia di «tutela dell’ambiente». Essi confermano la possibilità di collocare in discarica, oltre il termine del 31 dicembre 2009 previsto dalla legge dello Stato, rifiuti che, per avere subito un trattamento solo parziale, non possono ritenersi compiutamente trattati.  

Il fatto che l’impugnata nuova disciplina abbia specificato – peraltro, solo in parte, non spiegando essa cosa debba intendersi per biostabilizzazione «parziale» – le operazioni cui i rifiuti verrebbero sottoposti prima del loro smaltimento nelle discariche, lungi dal poter costituire, come sostenuto dalla difesa della Regione Basilicata, la riprova dell’intento del legislatore regionale di recepire i princìpi stabiliti dalla sentenza n. 180 del 2015, si rivela dunque un espediente che non impedisce di cogliere la sostanza della volontà dello stesso legislatore. La nuova disciplina consente, infatti, successivamente alla scadenza, intervenuta ormai da oltre cinque anni, del termine previsto dalla legge statale, lo smaltimento in discarica di rifiuti non compiutamente trattati, in elusione del giudicato della sentenza n. 180 del 2015.

Palesemente inconferente è, infine, l’ulteriore argomento, addotto dalla difesa della Regione Basilicata, circa il rispetto delle prescrizioni del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 settembre 2010, concernendo le stesse non il previo trattamento (a monte) dei rifiuti da collocare in discarica ma l’ammissibilità (a valle) nelle discariche dei rifiuti, dopo che questi siano stati compiutamente trattati.

3.3.– Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dei commi 6 e 8, quest’ultimo nella parte in cui si riferisce al comma 6, dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014, come sostituito dall’art. 1 della legge reg. Basilicata n. 35 del 2015, per violazione del giudicato costituzionale della sentenza n. 180 del 2015.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato comma 8 è limitata alla parte in cui si riferisce al comma 6, poiché lo stesso comma 8 disciplina il termine finale di vigenza non del solo comma 6, ma di tutte le disposizioni dell’art. 42 della legge reg. Basilicata n. 26 del 2014.

4.– Le questioni promosse in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., restano assorbite. 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dei commi 6 e 8, quest’ultimo nella parte in cui si riferisce al comma 6, dell’art. 42 della legge della Regione Basilicata 18 agosto 2014, n. 26 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2014 e del bilancio pluriennale 2014/2016), come sostituito dall’art. 1 della legge della Regione Basilicata 13 agosto 2015, n. 35 (Disposizioni urgenti inerenti misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del ciclo dei rifiuti).

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Silvana SCIARRA, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 gennaio 2017.