Sentenza n. 72 del 2013

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SENTENZA N. 72

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Luigi                           MAZZELLA                                     Presidente

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Giudice

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 19 e 32 della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2012), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito il 28 febbraio, notificato il 2 marzo 2012, depositato in cancelleria il 6 marzo 2012 ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;

udito nell’udienza pubblica del 12 marzo 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi;

uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione Basilicata.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso spedito il 28 febbraio 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli articoli 19 e 32 della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2012», pubblicata sul B.U.R. n. 44 del 30 dicembre 2011.

Il ricorrente deduce, in particolare, che l’art. 19 della citata legge regionale contrasterebbe con i princìpi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 nonché con l’art. 136 della Costituzione.

La predetta disposizione prevede un contributo regionale per la stabilizzazione di lavoratori impegnati in attività socialmente utili (ASU), di cui all’art. 14, comma 1, della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2009), come modificato dall’art. 33 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 27 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2009 e del bilancio pluriennale per il triennio 2009/2011); il quale, a sua volta, prevedeva che la Regione promuovesse detta stabilizzazione per il personale impiegato da almeno tre anni presso i Comuni e gli enti pubblici nonché per i lavoratori ex LSU che avevano avuto contratti Co.Co.Co. per la durata di 60 mesi con pubbliche amministrazioni dal 2001 al 2008 o in essere. Tale ultima disposizione era stata così sostituita, dapprima, dall’art. 11, comma 1, della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 42 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2010) e, poi, dall’art. 1 della legge regionale 29 gennaio 2010, n. 10 (Modifiche all’art. 11 della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 42). Di entrambe queste disposizioni modificative era stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale con sentenza n. 67 del 2011, in quanto esse non prevedevano alcuna procedura selettiva del personale ai fini della relativa stabilizzazione, in violazione dell’art. 97 Cost.

La norma ora censurata, prevedendo nuovamente il finanziamento della stabilizzazione del medesimo personale per l’esercizio 2012, violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost. nonché l’art. 136 Cost. La sua natura provvedimentale esigerebbe, infatti, un rigoroso scrutinio di ragionevolezza e di non arbitrarietà, nonché il rispetto del principio di legalità della azione amministrativa; mirando, d’altra parte, «a preservare e a rinnovare l’efficacia» di disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime, essa presenterebbe gli stessi vizi di queste.

Quanto all’impugnato art. 32 – secondo cui, per motivi di compravendita, è consentita la movimentazione di animali da vita della specie bovina ed ovicaprina con documentazione di scorta (“modello 4”) priva della vidimazione del Servizio Veterinario ufficiale della ASL competente in ordine alla avvenuta vaccinazione –, esso sarebbe in contrasto con gli artt. 117, primo comma, e 117, secondo comma, lettere q) ed s), della Costituzione.

Sottolinea il ricorrente che il regolamento CE/1266/2007 (Regolamento della Commissione relativo alle misure di applicazione della direttiva 2000/75/CE per quanto riguarda la lotta, il controllo, la vigilanza e le restrizioni dei movimenti di alcuni animali appartenenti a specie ricettive alla febbre catarrale), richiamato dalla disposizione in esame, si riferisce alle misure applicative della direttiva 2000/75/CE (Direttiva del Consiglio che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini), concernente la lotta alla febbre catarrale (blue tongue) di alcune specie animali: la materia sarebbe, dunque, riconducibile alla “profilassi internazionale”, di competenza esclusiva dello Stato a norma dell’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., con profili incidenti anche sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, anch’essa riservata alla competenza dello Stato, ai sensi della lettera s) del medesimo art. 117.

Non sarebbe perciò consentita l’adozione, sul territorio regionale, di interventi difformi rispetto alla disciplina statale, che risulterebbero in contrasto con esigenze di carattere unitario: la normativa comunitaria andrebbe, d’altra parte, integrata con quella statale che regola la movimentazione degli animali anche ai fini della compravendita, prevedendo l’obbligo del rilascio di “attestazioni sanitarie” aventi il carattere di ufficialità da parte della ASL territorialmente competente, con una serie di certificazioni funzionali alla attività di vigilanza veterinaria sul territorio.

Inoltre, le informazioni richiamate dal comma 2 dell’art. 32 non rientrerebbero tra quelle che, in base alla normativa vigente, possono essere fornite dai detentori degli animali, essendo di competenza esclusiva del veterinario ufficiale in quanto correlate al controllo sanitario degli animali e alla disamina della documentazione di verifica esistente agli atti degli uffici.

2.— Si è costituita in giudizio la Regione Basilicata, chiedendo il rigetto del ricorso.

Ad avviso della Regione, le censure relative all’art. 19 non sarebbero fondate, in quanto detta norma farebbe riferimento testuale alla modifica dell’art. 14 della legge regionale n. 31 del 2008 ad opera della legge regionale n. 27 del 2009, antecedente alle successive disposizioni modificative poi dichiarate costituzionalmente illegittime.

Con la norma impugnata la Regione si limiterebbe a finanziare l’attività di stabilizzazione, lasciando agli enti che la effettuano il compito di rispettare la legge, senza, perciò, che la prevista disciplina risulti in contrasto con la ratio posta a base della pronuncia di incostituzionalità di cui si è detto. Posto che la norma impugnata non richiama modalità di selezione, il riferimento alla legittima stabilizzazione mediante concorsi sarebbe un presupposto «non scalfito dalla formulazione testuale, idoneo ad imporsi alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata, da preferire in ogni caso ad una dichiarazione di incostituzionalità».

Quanto all’art. 32, dopo aver sottolineato l’inammissibilità del profilo relativo alla violazione del predetto regolamento CE/1266/2007 per carenza di motivazione sul punto, la Regione osserva, a proposito della asserita violazione dei decreti ministeriali richiamati dal Governo, che gli stessi riguardano malattie diverse dalla febbre catarrale e che la norma censurata comunque escluderebbe dalla movimentazione gli animali spostati da e verso allevamenti sotto vincolo sanitario perché contaminati o assoggettati a provvedimenti restrittivi, scongiurando, quindi, la possibile diffusione della malattia. La norma mirerebbe soltanto a realizzare una semplificazione amministrativa, senza pregiudizio per la sanità veterinaria e la salute dei consumatori.

In esecuzione di una circolare del Ministero della salute, sarebbero, d’altra parte, già in atto accordi interregionali per consentire la movimentazione tra diverse Regioni di animali destinati al macello senza che il “modello 4” sia firmato dal veterinario ufficiale, pur essendo tale obbligo previsto dalla normativa comunitaria e statale. Ciò dovrebbe valere a fortiori in un ambito più ristretto, quale quello infraregionale, in linea con le anticipazioni fornite dal medesimo Ministero in ordine ad una diversa identificazione delle zone sotto restrizione, che escluderebbe la Regione Basilicata.

L’attivazione, peraltro, di una Banca Dati Nazionale dell’anagrafe zootecnica renderebbe evidentemente solo formale l’attestazione prevista sul menzionato “modello 4”, sostituibile con una autocertificazione del detentore di animali, come peraltro sarebbe già previsto da un decreto ministeriale del 30 dicembre 2010 in tema di movimentazione di suini.

Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna in via principale gli articoli 19 e 32 della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2012», denunciandone il contrasto, rispettivamente, quanto alla prima disposizione, con gli articoli 3, 97 e 136 della Costituzione e, quanto alla seconda, con gli artt. 117, primo e secondo comma, lettere q) ed s), Cost.

2.— A proposito dell’art. 19 della citata legge regionale, il ricorrente rammenta come lo stesso preveda, attraverso il rinvio alle finalità di cui all’art. 14 della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2009), come modificata dall’art. 33 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 27 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2009 e del bilancio pluriennale per il triennio 2009/2011), un contributo regionale per la stabilizzazione dei lavoratori impegnati in attività socialmente utili (ASU) e che siano utilizzati da almeno tre anni presso i Comuni e gli altri enti pubblici, nonché per la stabilizzazione dei lavoratori ex LSU che abbiano intrattenuto rapporti contrattuali di collaborazione coordinata e continuativa per la durata di 60 mesi con pubbliche amministrazioni dal 2001 al 2008 o in essere.

Il comma 1 dell’art. 14 della citata legge n. 31 del 2008 – che detta, dunque, la disciplina “sostanziale” della disposizione finanziaria oggetto di impugnativa – è stato peraltro sostituito – come espressamente puntualizzato nello stesso testo della disposizione censurata – dal comma 2 dell’art. 33 della richiamata legge regionale n. 27 del 2009; il quale ultimo, a sua volta, è stato sostituito, dapprima, ad opera dell’art. 11, comma 1, della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 42 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2010) (a decorrere dal 1° gennaio 2010, secondo quanto stabilito dall’art. 86, comma 1, della stessa legge) e, poi, dall’art. 1 della legge regionale 29 gennaio 2010, n. 10 (Modifiche all’art. 11 della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 42). Ebbene, entrambe tali ultime disposizioni novellatrici sono state dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 67 del 2011, la quale appunto le censurò, in riferimento all’art. 97 Cost., sul rilievo che esse prevedessero la promozione della stabilizzazione dei soggetti contemplati senza anche prevedere che questi dovessero superare un pubblico concorso. L’indicato parametro risultava violato – osservò la Corte – in quanto esso «impone il concorso quale modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni e consente deroghe a tale principio solo qualora ricorrano esigenze particolari e sia adeguatamente garantita la professionalità dei prescelti»: circostanze che non ricorrevano nella specie. Né poteva soccorrere, in senso contrario, il rilievo secondo cui, nel sancire, al comma 1, che la promozione della stabilizzazione dovesse svolgersi «in armonia con quanto previsto dai commi 550 e 551 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244», si prevedesse, al comma 2, che le assunzioni dovessero avvenire «in ogni caso attraverso procedure selettive»: il concorso pubblico richiesto dall’art. 97 Cost. – si puntualizzò – «è cosa diversa rispetto a generiche e non meglio precisate procedure selettive. Esso, infatti, è una procedura aperta a tutti (“stabilizzandi” o no che siano) che sfocia nell’assunzione dei più meritevoli; le seconde, invece, consistono in accertamenti relativi alle capacità professionali dei soli appartenenti alle categorie di “stabilizzandi” individuate dalle norme regionali».

3.— La disposizione ora censurata, dunque, procedendo a finanziare nuovamente, per l’anno 2012, le procedure per la stabilizzazione del medesimo personale, contrasterebbe, a giudizio del ricorrente, con gli artt. 3 e 97 nonché con l’art. 136 Cost.: per le sue connotazioni di carattere provvedimentale, essa andrebbe assoggettata ad un rigoroso scrutinio di non arbitrarietà e di rispetto del principio di legalità della azione amministrativa; d’altra parte, mirando a reintrodurre una disciplina già dichiarata costituzionalmente illegittima, presenterebbe gli stessi vizi di quella espunta dall’ordinamento.

4.— L’art. 32 della medesima legge regionale n. 26 del 2011 sarebbe a sua volta in contrasto con gli artt. 117, primo comma, e 117, secondo comma, lettere q) ed s), della Costituzione nella parte in cui prevede che, per motivi di compravendita, è consentita la movimentazione di animali domestici della specie bovina ed ovicaprina con documentazione di scorta priva della vidimazione del Servizio Veterinario ufficiale della ASL competente in ordine alla avvenuta vaccinazione dei medesimi animali. Sottolinea al riguardo il ricorrente che il regolamento CE/1266/2007(Regolamento della Commissione relativo alle misure di applicazione della direttiva 2000/75/CE per quanto riguarda la lotta, il controllo, la vigilanza e le restrizioni dei movimenti di alcuni animali appartenenti a specie ricettive alla febbre catarrale), richiamato dalla disposizione impugnata, si riferisce alle misure applicative della direttiva 2000/75/CE (Direttiva del Consiglio che stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini), concernente la lotta alla febbre catarrale (blue tongue). Disposizioni, quelle richiamate, che dovrebbero ritenersi riconducibili alla materia della “profilassi internazionale”, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato a norma dell’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., con profili incidenti sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, anch’essa riservata alla legislazione statale, ai sensi della lettera s) del medesimo art. 117, secondo comma, Cost. Non sarebbe consentita l’adozione, sul territorio regionale, di interventi difformi rispetto alla normativa statale, in quanto ciò contrasterebbe con l’esigenza di discipline di carattere unitario.

5.— Le questioni sono entrambe fondate.

6.— A proposito delle censure riguardanti l’art. 19, assume carattere pregiudiziale ed assorbente – anche sulla base della palese inconferenza degli argomenti addotti dalla Regione per legittimare la disposizione in questione rispetto a quelle dichiarate costituzionalmente illegittime con la richiamata sentenza n. 67 del 2011 – il profilo della lamentata violazione dell’art. 136 della Costituzione.

Secondo la Regione, infatti, la disposizione impugnata, facendo riferimento testuale alla modifica dell’art. 14 della legge regionale n. 31 del 2008, avvenuta ad opera dell’art. 33 della legge regionale n. 27 del 2009, conterrebbe una previsione antecedente alle disposizioni modificative poi dichiarate costituzionalmente illegittime, restando perciò estranea all’influenza del “giudicato costituzionale”: essa provvederebbe soltanto ad operare uno stanziamento diretto a coprire i costi sopportati dagli enti pubblici che avessero già effettuato stabilizzazioni di personale precario alle condizioni di legge, in linea con quanto previsto al comma 3 del predetto art. 33 (che riconosce ai Comuni un contributo unitario per ogni lavoratore stabilizzato).

L’assunto appare privo di fondamento. Da un lato, infatti, è agevole rilevare che il richiamo operato dalla disposizione impugnata all’art. 14 della legge regionale n. 31 del 2008, come modificato, appunto, dall’art. 33 della legge regionale n. 27 del 2009 – indipendentemente dalla astratta questione della successione delle leggi nel tempo, che, pure, risulterebbe per se stessa decisiva (posto che, data una modifica a un testo legislativo, il richiamo a questo da parte di una legge successiva non può intendersi riferito, né riferibile, al testo antecedente alla modifica) – assume risalto proprio per la indicazione delle “finalità” alle quali è destinato lo stanziamento: finalità che consistevano – e che tuttora consisterebbero – appunto nella promozione della stabilizzazione del personale precario e che, a causa della mancanza di previsione di procedure concorsuali, determinarono, come si è detto, l’intervento demolitore di questa Corte.

La circostanza che si tratti di un richiamo meramente formale finisce per costituire, quindi, un semplice espediente, che non può impedire di cogliere la sostanza della volontà legislativa di mantenere in piedi o di ripristinare, sia pure indirettamente, in contrasto con il sistema dell’efficacia delle decisioni caducatorie, gli effetti di quella struttura normativa che aveva formato oggetto della richiamata pronuncia di illegittimità costituzionale (analogamente, più di recente, la sentenza n. 99 del 2012) e contro la quale ora, dunque, pertinentemente tornano a dirigersi le censure del Governo.

Si consideri, del resto, che, sia la norma di attribuzione di un contributo unitario ai Comuni (art. 33, comma 3, già richiamato), sia la norma di finanziamento complessivo (come quella qui all’esame) figuravano nella disciplina in discorso sin dal suo originario impianto – si veda l’art. 46, comma 4, della legge regionale 6 agosto 2008, n. 20 (Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2008) – e che queste norme sono state, sia pure in vario modo, più volte riprodotte o modificate nei termini di cui si è detto: cosicché risulta, comunque, smentito dal succedersi degli innesti normativi l’argomento, prospettato dalla resistente a giustificazione della norma impugnata, secondo cui questa sarebbe destinata a far fronte a necessità del tutto occasionali e contingenti.

7.— Pur senza considerare che la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente «qualificato le norme statali in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, in quanto le stesse perseguono la finalità del contenimento della spesa nello specifico settore del personale» (così la sentenza n. 51 del 2012), non può, del resto, non sottolinearsi, da un diverso ma concorrente profilo, come il contenuto o il carattere meramente finanziario di una disposizione, quale quella impugnata, non possa ragionevolmente implicare una sua completa autonomia rispetto all’oggetto o all’obiettivo cui il (nel caso, rinnovato) finanziamento si riferisce: come se – ciò che si vorrebbe nella specie – la vicenda della destinazione di una somma per la stabilizzazione dei lavoratori possa risultare del tutto indipendente rispetto a quella delle “modalità” attraverso le quali si svolga il concreto realizzarsi della stabilizzazione.

Ove, in altre parole, i singoli enti destinatari del finanziamento fossero essi normativamente tenuti a rispettare i dicta di questa Corte con specifico riguardo all’art. 97 Cost. – il quale, come si è sottolineato, impone di reclutare il personale delle pubbliche amministrazioni attraverso pubblico concorso, consentendosi deroghe solo qualora ricorrano esigenze particolari e sia adeguatamente garantita la professionalità dei prescelti –, si dovrebbe ipotizzare una diversità di sfere di responsabilità, nel senso che la previsione del finanziamento regionale non inciderebbe, in sé, sulle procedure di stabilizzazione, da riservare a diverse previsioni normative.

Resta, però, il fatto che, nel caso di specie, la Regione non soltanto non ha indicato le specifiche fonti normative dalle quali potersi trarre la regolamentazione di siffatte “modalità” – si ribadisce che fu proprio tale carenza a generare il ricordato intervento demolitore di questa Corte – ma, addirittura, essa si limita a traslare in capo agli enti finanziati un simile sindacato di legalità, nonostante che siano proprio gli enti medesimi a ricevere dalla stessa legge regionale la base normativa per procedere alle stabilizzazioni.

Né, d’altra parte, può trascurarsi di sottolineare – a ulteriore dimostrazione della implausibilità di una diversa lettura del quadro normativo – che sin dal 2005 la Regione Basilicata ha adottato una legge (19 gennaio 2005, n. 2) di «delegificazione dei provvedimenti in materia di prosecuzione e stabilizzazione lavorativa dei soggetti impegnati in attività socialmente utili», stabilendo, poi, con varie deliberazioni regionali, programmi ed interventi in materia di stabilizzazione degli stessi.

8.— Del pari fondata si rivela la questione riguardante l’art. 32 della legge regionale impugnata, posto che si sopprime nei fatti la certificazione del veterinario della ASL competente in materia di movimentazione del bestiame, sostituendola con una autocertificazione.

Vanno in proposito evocati i precedenti rappresentati dalle sentenze n. 12 del 2004 e n. 406 del 2005, ove, proprio con riferimento alle cautele imposte per evitare la diffusione ed il contagio della febbre catarrale dei ruminanti e degli ovini, si è richiamato il principio che devolve alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di “profilassi internazionale”, con il coinvolgimento, anche, di profili riguardanti la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, anch’essa riservata alla competenza legislativa dello Stato.

Appare, d’altra parte, fin troppo evidente che la normativa statale che prevede il controllo sanitario della ASL competente sul bestiame in transito – in linea con quanto previsto in sede comunitaria e UE (si veda, da ultimo, il reg. CE 30 maggio 2012, n. 456/2012, Regolamento di esecuzione della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 1266/2007 relativo alle misure di applicazione della direttiva 2000/75/CE del Consiglio per quanto riguarda la lotta, il controllo, la vigilanza e le restrizioni dei movimenti di alcuni animali appartenenti a specie ricettive alla febbre catarrale) – é destinata ad assicurare, anche in relazione al profilo delle procedure (ad esempio in tema di programmi di prevenzione o di controllo e vigilanza), oltre che a quello strettamente sanzionatorio, una indispensabile uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale, secondo livelli minimi di tutela che necessitano, proprio per le esigenze della profilassi, di una ineludibile omogeneità di criteri e parametri di valutazione.

Né sembrerà superfluo ricordare, in tale quadro di riferimento, che spetta alla competenza del Ministero della salute la cura dei rapporti con l’Organizzazione mondiale della sanità e con altre Agenzie ONU anche per l’attuazione di convenzioni e di programmi sanitari internazionali.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 19 e 32 della legge della Regione Basilicata 30 dicembre 2011, n. 26 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Basilicata - legge finanziaria 2012).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 2013.

F.to:

Luigi MAZZELLA, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 aprile 2013.