Sentenza n. 108 del 2010

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SENTENZA N. 108

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo                   DE SIERVO                    Presidente

- Paolo                 MADDALENA                Giudice

- Alfio                   FINOCCHIARO                  "

- Alfonso              QUARANTA                       "

- Franco               GALLO                                "

- Luigi                   MAZZELLA                         "

- Gaetano             SILVESTRI                          "

- Sabino               CASSESE                            "

- Maria Rita          SAULLE                               "

- Giuseppe            TESAURO                           "

- Paolo Maria       NAPOLITANO                    "

- Giuseppe            FRIGO                                 "

- Alessandro         CRISCUOLO                       "

- Paolo                 GROSSI                               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 26 ottobre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia di salute umana e sanità veterinaria e altre disposizioni per il settore sanitario e sociale, nonché in materia di personale), promosso dalla Corte d’appello di Trieste nel procedimento vertente tra C. T. e l’Azienda Ospedaliera “Santa Maria della Misericordia” con ordinanza del 1° settembre 2009, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto in fatto

1. – La Corte d’appello di Trieste, sezione II civile, con ordinanza depositata il 1° settembre 2009 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 26 ottobre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia di salute umana e sanità veterinaria e altre disposizioni per il settore sanitario e sociale, nonché in materia di personale), in riferimento all’art. 117, comma terzo, della Costituzione e all’art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).

La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio civile in grado di appello, promosso dalla signora C. T. avverso l’Azienda Ospedaliera “Santa Maria della Misericordia” di Udine (poi, Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine “Santa Maria della Misericordia”), per chiedere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito dell’intervento chirurgico effettuato presso la struttura ospedaliera, in data 21 agosto 1992.

1.1. – Il rimettente – dopo aver sinteticamente riassunto gli atti di causa del giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale di Udine, conclusosi con la sentenza del 18-29 maggio 2006 n. 661, con la quale il giudice adito ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Azienda Ospedaliera convenuta, compensando tra le parti le spese di lite – rileva che, con atto di citazione notificato il 18 maggio del 2007, C. T. ha proposto appello avverso tale sentenza, lamentando l’erroneità della predetta statuizione, in particolare facendo riferimento all’entrata in vigore dell’art. 15 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 26 ottobre 2006, n. 19 (emanata dopo il deposito della sentenza del Tribunale di Udine).

Tale norma regionale stabilisce che: «Dopo il comma 1 dell’art. 4 della legge regionale n. 21/2001, è inserito il seguente: “1-bis. Successivamente alla chiusura delle gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali, ogni e qualsiasi spesa accertata o riconosciuta, anche in giudizio, per debiti oneri e risarcimento danni relativa a tali gestioni fa carico ai bilanci delle aziende sanitarie regionali subentrate alle unità sanitarie locali soppresse ed è esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale dell’amministrazione regionale, stante la diretta ed esclusiva responsabilità delle aziende sanitarie regionali per le passività delle gestioni liquidatorie».

Ricorda, quindi, la Corte rimettente come l’intervento a seguito del quale l’appellante afferma di aver riportato danni risale ad un periodo antecedente all’emanazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), – decreto, antecedente alla costituzione delle Aziende sanitarie locali (ASL) e delle Aziende Ospedaliere, che ha soppresso le Unità sanitarie locali (USL) – e rileva, altresì, come l’atto di citazione di primo grado sia stato notificato all’Azienda Ospedaliera dopo che la delibera della Giunta regionale del 13 dicembre 2002, n. 4319, aveva decretato la chiusura delle gestioni liquidatorie, a decorrere dalla data del 31 dicembre dello stesso anno.

1.2. – Tutto ciò premesso, poichè la questione di legittimità costituzionale del citato art. 15, comma 2, appare al rimettente rilevante e non manifestamente infondata per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost. e con l’art. 5 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, lo stesso ritiene di sollevarla d’ufficio.

Infatti, secondo la Corte d’appello di Trieste, il carattere risarcitorio del giudizio rende rilevante, ai fini della decisione, la risoluzione della questione preliminare sulla legittimazione passiva del convenuto nel processo di primo grado, poiché – in caso di eventuale accoglimento della domanda di risarcimento danni, secondo quanto disposto dalla norma censurata – la responsabilità patrimoniale per i fatti di causa si collocherebbe in capo alle aziende sanitarie di nuova istituzione, che hanno preso il posto delle soppresse unità sanitarie locali, e non in capo alla Regione.

1.3. – Per quanto, poi, concerne la non manifesta infondatezza, il rimettente ricorda che questa Corte si è già occupata della questione di legittimità costituzionale di altre norme regionali analoghe alla presente.

Innanzitutto, con la sentenza n. 89 del 2000, la Corte costituzionale ha affermato che «l’art. 6, comma primo, della legge 724/1994 – a norma del quale in nessun caso le Regioni possono far gravare, direttamente o indirettamente, sulle neocostituite Aziende Sanitarie i debiti facenti capo alle preesistenti USL – sebbene sia norma a contenuto specifico e dettagliato, costituisce principio fondamentale della legislazione nazionale, vincolante l’autonomia finanziaria regionale in materia sanitaria, in quanto inserito in un’azione complessiva a carattere generalizzato, volta a contenere il disavanzo pubblico mediante misure che, con specifico riferimento alla spesa sanitaria, incidono su tutti gli enti di autonomia a statuto speciale e ordinario».

Quindi, prosegue la rimettente, con le successive sentenze n. 437 del 2005 e n. 116 del 2007, la Corte costituzionale si è nuovamente occupata di questioni analoghe e, sulla base dello stesso principio stabilito nella precedente citata decisione, ha dichiarato, rispettivamente, costituzionalmente illegittimi gli artt. 1 e 2, comma primo, della legge della Regione Liguria 24 marzo 2000, n. 26 (Estinzione delle gestioni liquidatorie in campo sanitario costituite ai sensi dell’art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549), e l’art. 22, commi 1 e 2, della legge della Regione Calabria 26 giugno 2003, n. 8 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario – collegato alla manovra di finanza generale per l’anno 2003 – art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8 del 2002).

A detta della Corte d’appello di Trieste, anche nel caso di specie, sussisterebbe il legittimo dubbio che la disposizione censurata – poichè non sembra assicurare la richiesta separazione tra la gestione liquidatoria delle passività risalenti alle USL (anteriori al 31.12.1994) e le attività poste in essere direttamente dalle ASL, con conseguente mancata sottrazione alle Aziende del peso delle passività precedenti la loro istituzione – non sia conforme «ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute».

2. – Nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza della questione.

2.1. – Dopo aver sintetizzato i termini della questione e ricostruito il quadro normativo di riferimento, l’interveniente ricorda quella giurisprudenza costituzionale relativa a questioni analoghe, che avvalorerebbe la tesi dell’infondatezza della presente questione (in particolare la sentenza n. 89 del 2000).

Infatti, la Corte costituzionale, con la ricordata decisione, ha giudicato infondata la questione relativa a due norme della Regione Basilicata, le quali, «in modo del tutto simile all’art. 9, co. 2, 1. FVG 12/1994, prevedevano il subentro delle aziende sanitarie locali nei procedimenti amministrativi in corso e nei rapporti giuridici attivi e passivi già posti in essere dalle unità sanitarie locali preesistenti», negando il contrasto tra tali disposizioni e l’art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sulla base della considerazione che la Regione, comunque, aveva «previsto, proprio in attuazione dell’art. 6 della legge n. 724 del 1994, un regime speciale per tutti i rapporti di debito e di credito risultanti alla fine del 1994 e facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali; regime che si concretizza non solo nella istituzione di una cosiddetta “gestione a stralcio” o liquidatoria, ma soprattutto nella separata rilevazione dei predetti rapporti nei capitoli di bilancio, la quale doveva appunto “garantire la non interferenza economico-finanziaria della pregressa gestione sulla gestione corrente della nuova Azienda sanitaria u.s.l.”». Tutto ciò, in quanto obiettivo della riforma, secondo la difesa regionale, è quello di garantire alle nuove Aziende sanitarie bilanci non gravati da debiti pregressi.

Ora, sempre secondo la difesa della Regione Friuli-Venezia Giulia (che in proposito ricorda gli specifici interventi normativi al riguardo), questo obiettivo era ed è realizzabile sia attraverso la previsione dell’imputazione diretta di quei debiti alla Regione, sia attraverso la previsione di una posta di bilancio a stralcio che – ferma la legittimazione passiva delle singole aziende – non venga a farli concretamente gravare sui bilanci delle stesse a partire dall’intervento che ha riformato l’articolazione del sistema sanitario.

Il problema, quindi, non sarebbe e non è quello dell’illegittimità costituzionale della norma censurata, bensì quello della rispondenza o meno della soluzione adottata alla ratio della riforma statale nel senso evidenziato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 89 del 2000.

Pertanto, sempre secondo l’interveniente, l’elemento essenziale per decidere se la norma regionale denunciata debba essere o meno dichiarata incostituzionale, consisterebbe nel verificare se «i debiti accertati con la gestione liquidatoria facciano capo alla Regione, non rilevando il fatto che, “a regime”, resti la responsabilità delle aziende sanitarie per i debiti non ancora accertati».

2.2. – Nell’atto di intervento si fa presente, altresì, che – sulla base di quanto disposto dall’art. 1, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il Servizio sanitario regionale è finanziato, in Friuli-Venezia Giulia, direttamente dalla Regione, contrariamente a quanto previsto in altre Regioni.

Di conseguenza, anche nel caso in cui il citato art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994 intendesse escludere in assoluto e a tempo indeterminato la responsabilità delle Aziende sanitarie, «la differenza tra la norma impugnata e quella statale non implicherebbe un diverso centro di imputazione della spesa ma solo un diverso centro di imputazione giuridica della responsabilità. Infatti, in base alle norme di cui agli artt. 11 ss. l.r. 49/1996, ogni eventuale debito accertato successivamente alla chiusura delle gestioni liquidatorie graverà sempre, sia pure indirettamente, sulla finanza regionale.».

Sulla base di tali argomentazioni, la difesa regionale insiste per una declaratoria di infondatezza della presente questione, ricordando ancora che quanto previsto dall’art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994 (è citata la sentenza n. 416 del 1995 della Corte costituzionale) «rappresenta un intervento eccezionale e temporaneo, in un quadro finanziario di emergenza, che va inserito in un’azione complessiva, a carattere generalizzato, volta a contenere il disavanzo pubblico, mediante misure che, con specifico riferimento alla spesa sanitaria, incidono su tutti gli enti di autonomia a statuto speciale e ordinario (sentenze nn. 222 del 1994 e 357 del 1993)» (così la sentenza n. 89 del 2000, citata nell’ordinanza) – affermazione questa che, sempre secondo la Regione interveniente, risulterebbe dirimente per un’esatta valutazione del contrasto tra la norma censurata ed il principio espresso dalla norma statale.

3. – In prossimità della camera di consiglio, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria nella quale – riportandosi a quanto dedotto ed eccepito nell’atto di costituzione – ribadisce l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma impugnata.

3.1. – La difesa regionale sottolinea che, in base alla normativa statale, le Regioni sono tenute a finanziare solamente i debiti che siano stati accertati «dalle gestioni liquidatorie e ritualmente comunicati ma non ogni altro debito, seppur attinente ad un rapporto obbligatorio sorto sotto la pregressa gestione delle Usl».

Ad ulteriore sostegno della sua tesi, la difesa regionale sottolinea come la stessa Corte costituzionale, recentemente, con la sentenza n. 341 del 2009 (di cui riporta ampi stralci relativamente al punto 6 del Considerato in diritto), avrebbe sancito il principio secondo il quale lo Stato non «ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria che è interamente sostenuta» da una Regione speciale.

Con tale decisione la Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Provincia autonoma di Trento relativamente all’art. 61, comma 14, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, disposizione che prevedeva la riduzione dei compensi di dirigenti e sindaci delle strutture sanitarie, per devolvere gli stessi «al finanziamento dei rispettivi servizi sanitari regionali, per finanziare l’eventuale abolizione del ticket».

Tale conclusione, per la difesa regionale, dovrebbe applicarsi anche al caso di specie, essendo la Regione Friuli-Venezia Giulia una Regione a statuto speciale che, come già ricordato, provvede autonomamente, dal 1997, per quello che riguarda le spese del servizio sanitario regionale e che «ha applicato l’art. 6, comma 1, (come illustrato nella memoria di costituzione) nella fase transitoria del passaggio dalle USL alle ASL, ma [che] non può considerarsi soggetta ad un vincolo a tempo indeterminato, dato che autofinanzia il proprio servizio sanitario».

3.2. – Inoltre, sulla base delle sopra esposte considerazioni, la Corte Costituzionale – nel caso non intendesse accogliere un’interpretazione «adeguatrice» ritenendo, come richiesto, la citata norma statale non vincolante per la Regione dopo il 1997 – potrebbe, secondo la Regione, autorimettersi la questione di costituzionalità dell’art. 6, comma 1, della legge n. 724 del 1994, nella parte in cui si applica alla Regione Friuli-Venezia Giulia.

Difatti, – prosegue l’interveniente – la questione non sarebbe irrilevante, né manifestamente infondata. Relativamente alla rilevanza, tale norma funge da parametro interposto nel presente giudizio e la stessa non sarebbe neanche manifestamente infondata, poiché – sempre a detta della Regione – l’art. 6, comma 1, violerebbe sia l’autonomia finanziaria regionale (artt. 48 e seguenti dello statuto), sia l’autonomia legislativa regionale nella materia della sanità (art. 117, terzo comma, Cost. in combinato disposto con l’art. 10 della 1egge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»), in quanto il limite posto dalla norma statale, imponendo uno specifico centro di imputazione della responsabilità, verrebbe ad incidere sulla spesa regionale, senza che lo Stato possa, in tal caso, invocare come titolo il potere di coordinamento della finanza pubblica.

Pertanto, per questi motivi, la Regione Friuli-Venezia Giulia conclude chiedendo alla Corte una declaratoria di infondatezza della questione e, in subordine, di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1, penultimo periodo, della legge n. 724 del 1994, nella parte in cui si applica alla Regione Friuli-Venezia Giulia.

Considerato in diritto

1. – Con ordinanza deposita il 1° settembre 2009, la Corte d’appello di Trieste, sezione II civile – nel corso di un giudizio civile in grado di appello, promosso dalla signora C. T. avverso l’Azienda Ospedaliera “Santa Maria della Misericordia” di Udine (poi, Azienda Ospedaliera Universitaria di Udine “Santa Maria della Misericordia”), per chiedere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito dell’intervento chirurgico effettuato presso la struttura ospedaliera, in data 21 agosto 1992 – ha sollevato d’ufficio, in riferimento all’art. 117, comma terzo, della Costituzione e all’art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 26 ottobre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia di salute umana e sanità veterinaria e altre disposizioni per il settore sanitario e sociale, nonché in materia di personale).

Secondo la Corte d’appello rimettente la disposizione censurata, non assicurando la separazione tra le gestioni liquidatorie delle pregresse unità sanitarie locali (USL) e le attività poste in essere direttamente dalle nuove aziende sanitarie locali (ASL) – con conseguente imputazione a queste ultime delle passività precedenti alla loro istituzione – violerebbe i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, poiché la potestà legislativa concorrente della Regione in materia di sanità deve essere esercitata «con l’osservanza dei limiti generali indicati nell’art. 4 [dello statuto] ed in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato».

2. – La questione è fondata.

2.1. – Questa Corte ha già esaminato questioni di legittimità costituzionale analoghe a quella oggi sottoposta al suo vaglio, relativamente ad alcune disposizioni di leggi regionali che erano state censurate proprio per aver individuato nelle aziende sanitarie locali, istituite a norma del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), i soggetti passivi dei rapporti obbligatori sorti a carico delle soppresse unità sanitarie locali, stabilendo anche il subentro delle nuove ASL in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già posti in essere dalle pregresse USL.

Nelle precedenti questioni, come nell’attuale, la censura era motivata dal contrasto delle disposizioni regionali impugnate con l’art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il quale prescrive che in nessun caso le Regioni possono far gravare, direttamente o indirettamente, sulle neocostituite aziende i debiti pregressi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali, dovendo a tal fine le Regioni stesse predisporre apposite “gestioni a stralcio”, individuando, altresì, l’ufficio responsabile delle medesime.

Relativamente al citato art. 6, la Corte, nelle precedenti sentenze (sentenza n. 116 del 2007, n. 435 del 2005 e n. 416 del 1995) ha affermato – come del resto ricordato anche dallo stesso rimettente – che tale disposizione, sebbene sia norma a contenuto specifico e dettagliato, «è da considerare per la finalità perseguita, in “rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione” con le norme-principio che connotano il settore dell’organizzazione sanitaria locale, così da vincolare l’autonomia finanziaria regionale in ordine alla disciplina prevista per i “debiti” e i “crediti” delle soppresse unità sanitarie locali».

2.3. – L’art. 15, comma 2, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 19 del 2006 non realizza quella impermeabilità fra patrimonio della ASL e situazione debitoria della pregressa USL tale da rispettare il vincolo normativo per il quale in nessun caso i debiti delle USL debbono gravare sulle nuove ASL, né il legislatore regionale ha previsto strumenti normativi idonei «rispetto ai pregressi rapporti di credito e di debito delle soppresse unità sanitarie locali», tali da consentire «ad uno stesso soggetto – che pure subentrava nella loro posizione giuridica – ossia alle nuove aziende sanitarie locali, di evitare ogni confusione tra le diverse masse patrimoniali, in modo da tutelare i creditori, ma, nello stesso tempo, da escludere ogni responsabilità delle stesse aziende sanitarie in ordine ai predetti debiti» (sentenza n. 89 del 2000).

Si tratta di principi che debbono applicarsi anche nel caso di specie, dato che lo statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1) prevede, al numero 16 del comma unico dell’art. 5, che la competenza legislativa in materia di «igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera» è attribuita alla Regione «Con l’osservanza dei limiti generali indicati nell’art. 4 ed in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato». A ciò si aggiunge che questa Corte ha già precisato (sentenza n. 134 del 2006) che la disposizione normativa che conferisce la competenza legislativa in materia alla suddetta Regione autonoma ha una portata meno ampia rispetto a quella relativa alla «tutela della salute» contenuta nel terzo comma dell’art. 117 della Costituzione. Pertanto, questa Corte ha ritenuto che, data la maggiore «estensione» che questa ultima disposizione garantisce, debba applicarsi quanto previsto nell’art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), vale a dire «La riconduzione delle attribuzioni [del soggetto] ad autonomia speciale in materia sanitaria all’art. 117, terzo comma, della Costituzione». Ne consegue che, pur considerando la più ampia estensione della competenza legislativa che le viene riconosciuta, la Regione non può contravvenire ai principi fondamentali della legislazione statale in materia, previsti, per ciò che riguarda la presente questione, dal citato art. 6 della legge n. 724 del 1994.

Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 2, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 19 del 2006, nella parte in cui non assicura la separazione tra la gestione liquidatoria delle passività anteriori al 31 dicembre 1994, risalenti alle USL, e le attività poste in essere direttamente dalle ASL, conseguentemente non sottraendo le Aziende al peso delle passività precedenti la loro istituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 26 ottobre 2006, n. 19 (Disposizioni in materia di salute umana e sanità veterinaria e altre disposizioni per il settore sanitario e sociale, nonché in materia di personale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2010.