Sentenza n. 222 del 1994

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SENTENZA N. 222

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo

 

Giudici

 

Prof. Gabriele

 

Avv. Ugo

 

Prof. Antonio

 

Prof. Vincenzo

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano

 

Prof. Cesare

 

Prof. Fernando

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7, primo comma, e 8-bis del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 19 luglio 1993, n. 243 promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 13 agosto 1993, depositato in Cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 37 del registro ricorsi 1993.

 

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

 

uditi l'avvocato Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

 l. - Con ricorso notificato il 12 e depositato il 21 agosto 1993, la Regione Lombardia, deducendo la violazione degli artt. 119 e 81, quarto comma, della Costituzione, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, primo comma, e 8-bis del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 19 luglio 1993, n. 243.

 

La prima delle norme denunciate, nel disporre la riduzione di fondi speciali e autorizzazioni di spesa, stabilisce che "per l'anno 1993 le quote dei fondi speciali di cui alle tabelle A e B approvate con l'art.2, comma 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 500, non utilizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto, costituiscono economie di bilancio". Con questa disposizione viene eliminato l'accantonamento precostituito in sede di legge finanziaria e destinato, tra l'altro, a finanziare la corresponsione alle regioni di somme in corrispondenza di tributi soppressi e del gettito dell'imposta locale sui redditi (ILOR).

 

La ricorrente ricorda che l'imposta locale sui redditi è stata istituita come tributo in favore delle regioni e degli enti locali (art. 9 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599). Con successive norme, che avrebbero dovuto essere transitorie, lo Stato si è attribuito l'intero gettito dell'imposta, fissandone l'aliquota, disponendo la corresponsione alle regioni di un'entrata sostitutiva del gettito, commisurata alle riscossioni dell'ultimo anno di applicazione della disciplina originaria, il 1977, incrementata annualmente.

 

La legge finanziaria per il 1993 (n. 550 del 1992) aveva previsto nel fondo speciale di parte corrente, alla tabella A, l'assegnazione al Ministero del tesoro di somme che comprendevano quanto occorrente per corrispondere alle regioni l'entrata sostitutiva dell'ILOR. La Lombardia ha previsto a questo titolo, nel bilancio per il 1993, approvato con la legge regionale 14 giugno 1993, n. 19, un'entrata di lire 91,5 miliardi.

 

La ricorrente afferma che la disposizione denunciata sottrae, ad esercizio avanzato e dopo l'approvazione del bilancio, un'entrata ad essa spettante in quanto sostitutiva della quota regionale del gettito ILOR. Risulterebbe così violato l'art. 119 della Costituzione, che garantisce l'autonomia finanziaria delle regioni.

 

Viene anche dedotta la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, essendo stata sottratta alla regione un'entrata propria, senza indicare come essa debba far fronte all'onere che ne segue. L'obbligo di copertura finanziaria riguarderebbe, difatti, non solo le leggi che dispongono nuove spese ma anche quelle che determinano minori entrate, secondo quanto prevede anche l'art.27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, in materia di conti della finanza pubblica.

 

La Regione ricorda che la Corte ha altre volte riconosciuto la legittimità di misure legislative che hanno ridotto, in corso di esercizio, entrate regionali derivanti da trasferimenti statali. Ma la norma denunciata avrebbe un contenuto ulteriore e maggiormente lesivo, sottraendo un'entrata la cui origine non si collega ad un trasferimento stabilito dallo Stato, ma all'assegnazione sostitutiva di un'entrata tributaria propria della regione.

 

Censure analoghe vengono mosse per l'entrata sostitutiva dell'imposta di soggiorno. Anche in questo caso l'accantonamento predisposto dalla legge finanziaria del 1993, destinato ad assicurare alle regioni un volume di risorse sostitutive di tributi soppressi, è stato eliminato con l'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 155 del 1993.

 

La Regione Lombardia denuncia, infine, l'art. 8-bis, inserito dalla legge n. 243 del 1993 in sede di conversione del decreto-legge n.155 del 1993. La norma dispone che "per l'anno 1993 non si fa luogo alla corresponsione della quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, quale determinato dall'art. 4, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n.500".

 

Il fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, istituito dall'art. 9 della legge n.281 del 1970, è costituito, ai sensi dell'art. 3 della legge 14 giugno 1990, n. 158, da una quota fissa pari a quella assegnata nel 1990, al netto delle assegnazioni su leggi di settore confluite nel fondo, e da una quota variabile, determinata con la legge finanziaria su base triennale, comprensiva degli stanziamenti annuali previsti dalle vigenti leggi di settore. La legge finanziaria per il 1993 (art. 4, primo comma, della legge n. 500 del 1992) aveva determinato la quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, per ciascuno degli anni 1993, 1994 e 1995, inlire 137 miliardi, al netto degli stanziamenti annuali previsti dalle leggi di settore.

 

La ricorrente ritiene che la sottrazione alle regioni, ad esercizio inoltrato, di una entrata ad esse spettante per legge, e quantificata su base triennale, si risolva in una violazione degli artt. 119 e 81, quarto comma, della Costituzione, anche in relazione all'art. 27 della legge n. 468 del 1978. Difatti impedirebbe alle regioni stesse una corretta programmazione dei propri investimenti, gravandole di un ulteriore onere, sotto forma di minore entrata, senza indicare in alcun modo la copertura.

 

Ad avviso della regione ricorrente, anche ammettendo che il legislatore statale possa ridurre l'entità dei trasferimenti per perseguire obiettivi di politica finanziaria, la totale soppressione, per un esercizio, di un'entrata per legge spettante alle regioni non sarebbe legittima perchè comporterebbe una grave alterazione dell'intera struttura della finanza regionale, venendo meno la certezza di risorse proprie e trasferite.

 

2. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

L'Avvocatura ricorda che la Corte si è già pronunciata sulla legittimità di analoghe manovre finanziarie. Anche se in linea di principio la riduzione delle risorse destinate alle regioni può determinare uno squilibrio nella sfera di autonomia finanziaria ad esse costituzionalmente assicurata, in casi eccezionali il legislatore può chiedere alle regioni, come a tutti gli altri enti territoriali, un taglio della spesa amministrata (sentenza n. 128 del 1993). In caso di manovra finanziaria di carattere generale, diretta a far fronte ad una situazione di emergenza del disavanzo del settore pubblico allargato, è legittimo chiedere un impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria delle regioni non può fungere da impropria giustificazione per una singolare esenzione (sentenza n. 128 del 1993).

 

L'Avvocatura rileva che il decreto-legge n. 155 del 1993 non contiene un intervento mirato al solo contenimento delle spese regionali, ma prevede una manovra complessiva, diretta ad imporre un taglio generalizzato della spesa amministrata da tutti gli enti, al fine di coinvolgere questi ultimi, senza eccezione alcuna, nella difficile opera di risanamento dei conti pubblici. Si tratta di una riduzione delle spese, imposto dalla straordinaria emergenza finanziaria attraversata dal Paese, ma che lascia alle singole regioni un margine sufficiente per poter adeguare gradualmente, nel corso dell'esercizio, le misure di contenimento della spesa ai nuovi livelli di disponibilità finanziaria.

 

Ad avviso dell'Avvocatura le norme denunciate incidono sulle disponibilità finanziarie delle regioni, ma non ne compromettono l'autonomia finanziaria. In particolare, la riduzione disposta con l'art. 8-bis del decreto-legge n.155 del 1992 concerne la sola quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo. Non ne deriverebbe, quindi, alcuna sostanziale interferenza sulla programmazione degli interventi regionali o su una corretta attività di bilancio.

 

3. - In prossimità dell'udienza l'Avvocatura ha depositato una memoria illustrativa, nella quale contesta che gli artt. 7, primo comma, e 8-bis del decreto-legge n. 155 del 1993 abbiano comportato una compromissione dell'autonomia finanziaria regionale. La Regione Lombardia avrebbe già riassorbito l'effetto derivante dall'eliminazione dell'accantonamento precostituito nella legge finanziaria per il 1993 per la corresponsione di somme in corrispondenza dell'ILOR. L'art. 2, terzo e quarto comma, della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 43, che detta norme di assestamento e variazioni al bilancio per l'esercizio finanziario 1993, ha sostituito l'originario introito di finanza derivata attraverso l'individuazione di maggiori risorse che si sono rese disponibili e mediante la riduzione di una voce di spesa.

 

L'Avvocatura sottolinea, inoltre, che il bilancio regionale di previsione per l'esercizio finanziario 1993 non contiene alcun capitolo in corrispondenza della quota sostitutiva dell'imposta di soggiorno, mentre l'importo iscritto in relazione al fondo per il finanziamento dei programmi di sviluppo, pari a lire 86.882 milioni, si riferisce alla sola quota fissa di cui all'art. 3, primo comma, lettera a), della legge n. 158 del 1990, e non a quella variabile, per la quale nessuna entrata sarebbe stata prevista in bilancio. La mancata corresponsione, per l'anno 1993, della quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo avrebbe comunque inciso per un importo (di lire 13 miliardi circa) del tutto trascurabile, se raffrontato all'ingente volume delle entrate regionali.

 

L'Avvocatura osserva che, alla luce della più recente normativa, sarebbe difficile, anche sul piano quantitativo, stabilire una continuità tra compartecipazione al gettito ILOR ed il flusso sostitutivo di finanza derivata, tenuto conto dell'esclusione dall'ambito di applicazione dell'ILOR dei redditi fondiari e di gran parte del reddito da impresa minore. Ricorda inoltre che l'interesse nazionale è stato ravvisato dalla giurisprudenza costituzionale nell'urgenza del risanamento finanziario attraverso una manovra complessiva di riduzione della spesa in tutti i settori (sentenza n. 357 del 1993).

 

Considerato in diritto

 

 l.- La Regione Lombardia contesta, promuovendo questione di legittimità costituzionale in via principale, le misure urgenti per la finanza pubblica adottate con il decreto-legge 22 maggio 1993, n.155, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 19 luglio 1993, n.243.

 

L'art. 7, primo comma, del decreto-legge, nello stabilire riduzioni di fondi speciali e autorizzazioni di spesa previsti dalla legge finanziaria per il 1993 (legge 23 dicembre 1992, n.500), dispone che costituiscono economie di bilancio le quote di fondi speciali di parte corrente del Ministero del tesoro non utilizzate alla data di entrata in vigore del decreto-legge e destinate, tra le altre finalità, ad assicurare alle regioni ed alle aziende di soggiorno un volume di risorse sostitutive di tributi soppressi e del gettito dell'imposta locale sui redditi (ILOR) pari a quelle dell'anno 1992.

 

L'art. 8-bis, aggiunto dalla legge di conversione, prevede la riduzione degli stanziamenti per i programmi regionali di sviluppo, stabilendo che per l'anno 1993 non si fa luogo alla corresponsione della quota variabile del fondo, determinata dall'art. 4 della legge 23 dicembre 1992, n. 500.

 

La Regione Lombardia ritiene che queste disposizioni siano viziate da illegittimità costituzionale.

 

Esse, difatti, violerebbero l'art. 119 della Costituzione, sottraendo risorse alle regioni in corso di esercizio finanziario, intaccando quote dell'imposta locale sui redditi, istituita come tributo a favore delle regioni e degli enti locali, ed assorbendo l'entrata sostitutiva dell'imposta di soggiorno.

 

Inoltre la riduzione delle entrate sarebbe stata disposta, in contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, senza indicare come si debba far fronte all'onere che ne deriva.

 

Le stesse norme costituzionali sarebbero violate, ad avviso della Regione ricorrente, dalla soppressione dello stanziamento annuale della quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, determinato con la legge finanziaria su base triennale.

 

2.- Le censure non sono fondate.

 

Il decreto-legge n. 155 del 1993, che detta misure urgenti per la finanza pubblica, è stato adottato, come segnala la relazione governativa al disegno di legge di conversione e sottolineano i lavori parlamentari, in un quadro finanziario di emergenza, quale necessaria azione correttiva dell'andamento del fabbisogno primario, anche in ragione delle clausole concordate con la Comunità europea per l'erogazione di un prestito di 8 milioni di ECU concesso all'Italia.

 

Questa manovra di finanza pubblica, principalmente orientata al taglio delle spese nelle amministrazioni sia dello Stato che degli altri enti pubblici, è di portata generale e tocca molteplici settori.

 

In particolare l'art. 7 del decreto-legge n. 155 del 1993 sopprime le quote dei fondi speciali di parte corrente previste nella tabella A, allegata alla legge n.500 del 1992 (legge finanziaria 1993), non ancora utilizzate alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Comprende quindi risorse preordinate a finanziare diversi provvedimenti di spesa e colpisce, con una riduzione nell'allocazione di risorse, numerosi settori. In questo contesto si colloca l'effetto riguardante i trasferimenti alle regioni, che erano previsti per consentire l'attribuzione ad esse di somme in corrispondenza di tributi soppressi e del gettito dell'ILOR.

 

Con l'art. 8-bis, introdotto per recuperare lire 137 miliardi ai fini di una compensazione per le modifiche operate dal Parlamento nel complesso del progetto governativo, è stata eliminata per il 1993 la quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo definita nella legge finanziaria.

 

Si è dunque in presenza di un intervento eccezionale e generalizzato, volto a contenere il disavanzo pubblico in una situazione di emergenza, inserito in una manovra finanziaria complessiva e di carattere generale, attuata per ridurre la spesa pubblica in molti settori e giustificata da un interesse nazionale. Non si tratta di un intervento ristretto al solo contenimento delle spese regionali, ma di un provvedimento complessivo che impone un taglio della spesa amministrata da una serie di enti.

 

Anche le regioni sono coinvolte nell'opera di risanamento della finanza pubblica, che "richiede un impegno solidale di tutti gli enti territoriali erogatori di spesa, di fronte al quale la garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria delle regioni non può fungere da impropria giustificazione per una singolare esenzione" (sentenza n. 128 del 1993).

 

3.- La Regione Lombardia prospetta una ulteriore ragione di lesione dell'art. 119 della Costituzione.

 

La riduzione dei fondi, operata in particolare con l'art. 7 del decreto-legge n. 155 del 1993, finirebbe con l'incidere su di una entrata corrispondente ad un tributo proprio, alla Regione spettante in quanto sostitutiva della quota regionale del gettito ILOR riscosso nel territorio della stessa.

 

Anche sotto questo profilo la censura non può essere condivisa.

 

Il gettito dell'imposta locale sui redditi era stato in origine attribuito direttamente alle regioni ed alle aziende autonome di soggiorno, oltre che ad altri enti locali, nella cui circoscrizione il reddito è prodotto, per la quota spettante a ciascuno degli enti destinatari (art. 8 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599). Ma dal 1978 tali quote sono state sostituite, sino all'emanazione di nuove norme dirette a regolare la partecipazione delle regioni all'imposta locale sui redditi, da somme inizialmente correlate al gettito dell'anno 1977 (art. 19-bis del decreto legge 29 dicembre 1977, n. 946) e successivamente incrementate, senza più alcun riferimento all'emanazione di nuove norme ma per effetto dell'acquisizione dell'imposta al bilancio dello Stato, con provvedimenti annuali (decreto-legge 10 novembre 1978, n. 702;decreto-legge 7 maggio 1980, n. 153; decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38; decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786; decreto- legge 28 febbraio 1983, n. 55;legge 27 dicembre 1983, n. 730;legge 22 dicembre 1984, n. 887;legge 28 febbraio 1986, n. 41;decreto-legge 28 agosto 1987, n.357; legge 1° agosto 1988, n. 340;decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6;legge 23 dicembre 1992, n. 500;decreto-legge 18 gennaio 1993, n.8). Si è così perduto nel tempo, anche in ragione del variare della normativa sull'ILOR, lo specifico rapporto tra assegnazione di somme alle regioni ed ammontare del gettito dell'imposta, che sarebbe stato di originaria spettanza regionale.

 

Del resto, denunciando per contrasto con l'art. 117 della Costituzione uno dei provvedimenti annuali di attribuzione di somme sostitutive dell'ILOR (artt. 28, primo comma e 29 del decreto-legge n.786 del 1981), la Regione Lombardia aveva sottolineato come la commutazione di un tributo proprio (pro-quota) delle regioni in trasferimento statale, con la reiterazione annuale della somma, avrebbe finito con il trasformare una misura originariamente transitoria ed eccezionale in una modificazione permanente del sistema finanziario regionale.

 

Questa avvenuta trasformazione spezza il diretto nesso tra il gettito dell'ILOR e il trasferimento statale, che non è più qualificabile come attribuzione di somme derivante da un tributo proprio. Tale mutamento non determina una lesione dell'art. 119 della Costituzione. La Corte ha ritenuto, in proposito, che l'attribuzione alle regioni di tributi o di quote di tributi non è irreversibile e che il legislatore può sostituire ad essi figure diverse, purchè non venga gravemente alterato il rapporto fra bisogni regionali e mezzi finanziari per farvi fronte. Sicchè "il dovuto rispetto dell'autonomia regionale non impedisce che il legislatore statale modifichi o mantenga ferma, in base alla comparativa valutazione delle esigenze generali, l'entità delle assegnazioni alle regioni, a condizione (...) che non venga gravemente alterato il necessario rapporto di complessiva corrispondenza (...) fra bisogni regionali e mezzi finanziari per farvi fronte" (sentenza n. 307 del 1983). Circostanza, questa, che non ricorre nel caso in esame.

 

4. - Non può essere neppure accolta la censura di illegittimità delle norme denunciate in riferimento all'art.81, quarto comma, della Costituzione.

 

Pur prescindendo dalle osservazioni dell'Avvocatura in ordine alla scarsa incidenza della riduzione dei trasferimenti statali in rapporto al complessivo volume delle risorse finanziarie regionali ed all'avvenuto adeguamento ed assestamento del bilancio regionale, si deve rilevare che la manovra finanziaria attuata con il decreto- legge n. 155 del 1993 tendeva legittimamente, per le ragioni in precedenza enunciate, a ridurre la spesa pubblica in una molteplicità di settori, compresa la spesa amministrata dalle regioni senza peraltro alterare gravemente il rapporto tra complessivi bisogni regionali ed insieme dei mezzi finanziari a disposizione della regione.

 

In questa prospettiva non si tratta di assicurare la copertura finanziaria, sul presupposto del mantenimento dello stesso livello di spesa; al contrario, si prefigura il contenimento complessivo della spesa pubblica, quindi anche di quella regionale, attraverso una riduzione dell'entrata, tale da non alterare gravemente l'equilibrio tra bisogni e risorse ma da indurre ad una riduzione, percentualmente modesta, della spesa stessa.

 

5. - Le considerazioni sin qui svolte valgono anche per il venir meno della corresponsione della quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, disposta dall'art. 8-bis del decreto- legge n. 155 del 1993, aggiunto dalla legge di conversione n. 243 del 1993.

 

Rimasta intoccata la quota fissa prevista per l'anno 1993, la soppressione per un anno della quota variabile, inserita in una manovra eccezionale e generalizzata, diretta a ridurre la spesa pubblica complessiva, con le caratteristiche sopra descritte e per un ammontare tale da non squilibrare gravemente il rapporto tra funzioni regionali e risorse finanziarie, non viola le disposizioni costituzionali invocate dalla Regione ricorrente.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, primo comma, e 8-bis del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155 (Misure urgenti per la finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con la legge 19 luglio 1993, n. 243, promosse dalla Regione Lombardia con il ricorso in epigrafe.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1994.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Cesare MIRABELLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 08/06/1994.