Sentenza n. 200 del 2007
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SENTENZA N. 200

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                       Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                    Giudice

- Francesco               AMIRANTE                 "

- Ugo                        DE SIERVO                 "

- Paolo                      MADDALENA             "

- Alfio                       FINOCCHIARO           "

- Alfonso                   QUARANTA                "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                       MAZZELLA                 "

- Gaetano                  SILVESTRI                  "

- Sabino                    CASSESE                    "

- Maria Rita               SAULLE                      "

- Giuseppe                 TESAURO                   "

- Paolo Maria             NAPOLITANO             "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, lettera d), e 21, primo comma, lettera d), della legge della Regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 (Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981), promosso con ordinanza del 12 gennaio 2006 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Maria TeresaSemprini e il Comune di Torino, iscritta al n. 611 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento della Regione Piemonte;

udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto in fatto

1.1 – Con ordinanza del 12 gennaio 2006 – pronunciata nel corso di un giudizio promosso da un privato avverso il decreto del Comune di Torino, con il quale era stata dichiarata, nei suoi confronti, la decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale  pubblica – la Corte di appello di Torino ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzione degli artt. 2, primo comma, lettera d), e 21, primo comma, lettera d), della legge della Regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 (Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981), nel testo originario.

Il giudice rimettente premette che, nella specie, la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio era stata dichiarata, ai sensi delle disposizioni censurate, per la perdita dei requisiti prescritti dalla legge stessa (art. 21, primo comma, lettera d), perché la ricorrente era proprietaria di un immobile, sito in Ulzio (TO), della superficie di mq. 40 circa, il cui valore locativo complessivo, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazione di immobili urbani), era superiore a quello di un alloggio con condizioni medie abitative situato nell’ambito regionale, quantificato in lire 10.000.000 (art. 2, primo comma, lettera d).

Il giudice a quo chiarisce come la controversia sia pendente in appello, in quanto la giurisdizione del giudice ordinario, contestata dal Comune di Torino e negata dalla sentenza pretorile del 28 gennaio 1998, è stata affermata dal Tribunale di Torino con sentenza del 14 luglio 2000, passata in giudicato.

Conseguentemente, il giudizio di merito cui fa riferimento l’ordinanza di rimessione è l’appello proposto dalla parte privata (che aveva riassunto il giudizio dinanzi al Tribunale di Torino, quale giudice di primo grado) avverso la sentenza del 4 marzo 2004, con la quale era stata confermata la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio, perché, dalla consulenza tecnica esperita, era stato accertato che l’effettivo valore locativo dell’immobile di proprietà della ricorrente era di lire 12.358.305.

1.2 – Osserva il giudice a quo che le norme censurate fondano la preclusione all’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica, e la decadenza dall’assegnazione stessa, non su un indice oggettivo di valutazione del cespite immobiliare, quanto piuttosto, in modo irragionevole, sul presupposto di un tipo di reddito (il valore locativo previsto dalla legge n. 392 del 1978), che non può essere rivelatore del valore effettivo del bene stesso, né indice idoneo ad esprimere il fabbisogno abitativo.

In particolare, le norme sospettate di incostituzionalità appaiono alla Corte rimettente in contrasto con il principio di ragionevolezza desumibile dall’art. 3 della Costituzione: infatti, l’intera disciplina di cui alla legge n. 392 del 1978 sull’equo canone è ormai da considerarsi superata, con tutti i suoi indici convenzionali ed i coefficienti di valutazione che dovevano dar luogo ad un parametro del valore locativo oggettivo ed uniforme su tutto il territorio nazionale. Tale superamento è confermato, innanzitutto, dall’introduzione  dei cosiddetto patti in deroga, previsti dal decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento delle finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359;  poi, dall’entrata in vigore della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), fondata sulla libera contrattazione delle parti.

Quanto sopra dimostra, secondo il rimettente, l’incongruità della scelta legislativa regionale, irragionevolezza del resto confermata dalla delibera del CIPE 13 marzo 1995 (Edilizia residenziale pubblica: criteri generali per l’assegnazione degli alloggi e per la determinazione dei canoni), che, nel modificare sul punto la precedente delibera 19 novembre 1981 (Edilizia sovvenzionata. Criteri generali per l’assegnazione degli alloggi e per la determinazione dei canoni. Fissazione dei limiti di reddito), ha eliminato il criterio del valore locativo come indicatore da assumere a riferimento per la determinazione della congruità della situazione abitativa del nucleo familiare dell’interessato, laddove titolare di diritti reali.

Del resto, rileva il rimettente, la Corte costituzionale, con le sentenze n. 399 e n. 135 del 2004, n. 229 e n. 176 del 2000, ha già dichiarato l’illegittimità di identiche disposizioni contenute in altre leggi regionali, nelle parti in cui queste utilizzavano il criterio del valore locativo, determinato ai sensi della legge n. 392 del 1978, ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e della decadenza dall’assegnazione stessa. In particolare, la Corte ha affermato l’irragionevolezza di questa scelta legislativa, perché il valore locativo configurato dalla legge n. 392 del 1978 non può oggi costituire adeguato parametro di valutazione del cespite immobiliare di cui sia titolare l’interessato (sentenza n. 299 del 2000). Ciò, tanto più dopo che l’abrogazione dell’art. 12 della sopra citata legge n. 392 del 1978 ha sostanzialmente privato di significato i precedenti indici convenzionali e i coefficienti correttivi di valutazione su cui si basava il calcolo del valore locativo (sentenza n. 176 del 2000).

1.3 – La questione viene ritenuta dal rimettente rilevante, nella specie, perché la decadenza della parte privata dall’assegnazione è fondata, ratione temporis, proprio sull’art. 21, comma primo, lettera d), della legge Regione Piemonte n. 64 del 1984, che prevede tale decadenza nei confronti di chi abbia perduto i requisiti prescritti per l’assegnazione, di cui al precedente art. 2 della stessa legge.

2. – E’ intervenuto in giudizio il Presidente della Giunta regionale del Piemonte, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

In particolare, la difesa della Regione Piemonte ritiene che l’ordinanza di rimessione sia viziata da un’incompleta descrizione della fattispecie e sia carente in punto di motivazione sulla rilevanza. Afferma che particolarmente grave risulta la carenza di motivazione in ordine alla rilevanza alla luce dei mutamenti intervenuti nella normativa riguardante i requisiti di assegnazione, a seguito della delibera del CIPE 13 marzo 1995 e della legge regionale del Piemonte 28 marzo 1995, n. 46 (Nuove norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), che «ha abrogato la legge regionale n. 46 [recte: n. 64] del 1984 ed ha fissato nuovi e diversi requisiti per l’assegnazione e la conservazione del godimento di alloggio di edilizia residenziale pubblica, legge vigente in pendenza del giudizio principale e applicabile già al tempo della pronuncia di primo grado». Ne consegue, secondo la difesa regionale, che l’ordinanza «non dà specifica  motivazione in ordine alla indispensabilità, ai fini del decidere, del richiesto scrutinio di costituzionalità».

Al riguardo, la Regione osserva, altresì, che può richiamarsi la costante giurisprudenza della Corte costituzionale in ordine all’inammissibilità di questioni prive del requisito della rilevanza o sollevate in via ipotetica o che investano norme non più vigenti nell’ordinamento giuridico.

D’altro canto, sarebbe improprio e non pertinente il richiamo fatto dal giudice a quo a sentenze della Corte costituzionale su leggi di altre Regioni in materia di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Infatti, queste pronunce di illegittimità costituzionale attengono a situazioni sostanziali, processuali e temporali diverse da quelle del giudizio da cui tra origine l’ordinanza di rimessione.

Infine, nel merito, la difesa della Regione Piemonte afferma che la successiva legislazione regionale, cioè la legge n. 46 del 1995, è stata favorevolmente vagliata, nella sua legittimità costituzionale, con l’ordinanza n. 104 del 2004 e che «la legge regionale 10 dicembre 1984, n. 64 aveva piena legittimità costituzionale nella sua antecedente regolamentazione» perché «conforme ai previgenti requisiti stabiliti in via generale dal CIPE».

Considerato in diritto

1. – La Corte d’appello di Torino ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, lettera d), e 21, primo comma, lettera d), della legge della Regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 (Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981), nella parte in cui tali disposizioni individuano il reddito immobiliare, rilevante ai fini, rispettivamente, dell’assegnazione dell’alloggio e della dichiarazione di decadenza, commisurandolo all’ammontare del canone di locazione determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani).

Secondo il rimettente – innanzi al quale pende una controversia relativa alla decadenza dall’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, perché la ricorrente è proprietaria di altro alloggio, il cui valore locativo è superiore alla soglia stabilita dalle norme censurate – tali norme contrasterebbero con l’art. 3 Cost. Infatti, irragionevolmente, le norme stesse fanno riferimento al valore locativo dell’immobile ancorandolo alle previsioni della legge n. 392 del 1978, in gran parte abrogata e, comunque, superata – riguardo ad indici convenzionali ed a coefficienti di valutazione – dalla diversa disciplina ed impostazione di cui al decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, ed alla legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo).

La Corte rimettente motiva sulla rilevanza della questione, affermando che la fattispecie oggetto del giudizio principale si è perfezionata in epoca precedente all’abrogazione della legge regionale n. 64 del 1984 ad opera della legge della Regione Piemonte 28 marzo 1995, n. 46 (Nuove norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), e che, pertanto, ratione temporis, la stessa è disciplinata proprio dalle norme censurate.

2. – Preliminarmente, la questione è ammissibile, poiché il rimettente ha fornito, anche se in modo sintetico, una non implausibile motivazione in ordine ai motivi, ratione temporis, che lo inducono ad applicare le censurate disposizioni della legge regionale n. 4 del 1984 per decidere la controversia.

3. – Nel merito, la questione è fondata.

La questione di legittimità in esame si incentra, sostanzialmente, sulla incongruità del criterio del valore locativo, calcolato ai sensi della legge n. 392 del 1978, quale parametro di valutazione del reddito effettivo di un immobile.

La giurisprudenza costituzionale ha già più volte affermato l’irragionevolezza di disposizioni che, ai fini dell’applicazione di norme sulla assegnazione di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica, o sulla decadenza da essa, facevano riferimento alla legge n. 392 del 1978 per la determinazione del valore del cespite immobiliare di cui fosse titolare l’interessato all’assegnazione, dopo che la legge sopra citata, in particolare nella parte che qui rileva, «era stata modificata o abrogata, sicchè appariva espressione di una impostazione di fondo ormai superata» (sentenze n. 334 e n. 135 del 2004; n. 299 e n. 176 del 2000).

Da questa constatata irragionevolezza le sentenze sopra richiamate hanno fatto derivare la dichiarazione dell’illegittimità costituzionale di quella legislazione regionale che assumeva come riferimento, ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica e della decadenza da essa, il criterio del valore locativo calcolato secondo la legge n. 392 del 1978 dell’immobile eventualmente posseduto dall’interessato.

Tale orientamento, per l’identità dei presupposti e della ratio, deve essere nella specie confermato con conseguente dichiarazione dell’illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, primo comma, lettera d), e 21, primo comma, lettera d), della legge della Regione Piemonte 10 dicembre 1984, n. 64 (Disciplina delle assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell’art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto 1978, n. 457, in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 348 in data 19 dicembre 1981), limitatamente alle parti in cui individuano il reddito immobiliare, rilevante ai fini rispettivamente dell’assegnazione dell’alloggio e della dichiarazione di decadenza, commisurandolo al valore locativo complessivo determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2007.

Il Cancelliere

F.to: FRUSCELLA