Sentenza n. 80 del 2006

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SENTENZA N. 80

ANNO 2006

 

Commento alla decisione di

Camilla Buzzacchi

 

Il concorso del legislatore statale e di quelli regionali alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali nelle recente giurisprudenza costituzionale

 

(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale                    MARINI                     Presidente

- Franco                      BILE                             Giudice     

- Giovanni Maria          FLICK                               "

- Francesco                 AMIRANTE                      "

- Ugo                          DE SIERVO                      "

- Romano                    VACCARELLA                 "

- Paolo                        MADDALENA                  "

- Alfio                          FINOCCHIARO               "

- Alfonso                     QUARANTA                     "

- Franco                      GALLO                             "

- Luigi                          MAZZELLA                      "

- Gaetano                    SILVESTRI                       "

- Sabino                      CASSESE                          "

- Maria Rita                 SAULLE                            "

- Giuseppe                   TESAURO                         "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 7, della legge della Regione Lazio 3 marzo 2003, n. 5 (Norme in materia di società esercenti servizi di trasporto pubblico locale a partecipazione regionale); dell’articolo 2, comma 2, della legge della Regione Liguria 17 giugno 2003, n. 17 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 settembre 1998, n. 31, recante norme in materia di trasporto pubblico locale), aggiuntivo del comma 2-bis all’art. 8 della legge della Regione Liguria 9 settembre 1998, n. 31 (Norme in materia di trasporto pubblico locale); dell’articolo 3 della legge della Regione Veneto 26 novembre 2004, n. 30 (Disposizioni di interpretazione autentica e di modifica in materia di trasporto pubblico locale di cui alla legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 «Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale» e successive modificazioni); dell’articolo 1, comma 11, lettere b) e f) della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2004, n. 36 (Modifiche alla legge regionale 7 agosto 1999, n. 23, recante «Norme per il trasporto pubblico locale») e dell’articolo 25, comma 1, della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), modificativo dell’art. 3 della legge della Regione Veneto 26 novembre 2004, n. 30 (Disposizioni di interpretazione autentica e di modifica in materia di trasporto pubblico locale di cui alla legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 «Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale» e successive modificazioni), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati rispettivamente il 19 maggio e il 22 agosto 2003, il 28 gennaio, il 25 febbraio e il 28 aprile 2005, depositati in cancelleria il 27 maggio e il 29 agosto 2003, il 2 febbraio, il 7 marzo e il 4 maggio 2005 ed iscritti ai nn. 49 e 66 del registro ricorsi 2003 ed ai nn. 16, 33 e 50 del registro ricorsi 2005.

            Visti gli atti di costituzione delle Regioni Lazio, Liguria e Veneto, nonché gli atti di intervento della Wind Telecomunicazioni S.p.a. e della Telecom Italia Mobile S.p.a. presentati nel giudizio introdotto con il ricorso n. 50 del 2005;

            udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio 2006 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

            uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Gigliola Benghi per la Regione Liguria, Romano Morra, Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 19 maggio 2003, depositato il successivo 27 maggio e iscritto al n. 49 del registro ricorsi del 2003, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1, comma 7, della legge della Regione Lazio 3 marzo 2003, n. 5 (Norme in materia di società esercenti servizi di trasporto pubblico locale a partecipazione regionale), per contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione.

2. – Dopo aver premesso che, con la legge in questione, la Regione Lazio prevede genericamente la cessione delle proprie azioni o quote di capitale di società che svolgono il servizio di trasporto pubblico e che la cessione viene effettuata con procedura concorsuale ad evidenza pubblica, alla quale sono ammesse imprese private e miste che operano nel settore e siano in possesso di determinati requisiti, restando comunque ferma, per dette società ed imprese, la partecipazione pubblica maggioritaria, il ricorrente censura specificamente il comma 7 dell’art. 1, il quale stabilisce: «Nel caso la cessione di almeno il quindici per cento di azioni o quote di capitale sia avvenuta osservando le norme vigenti relative a procedure ad evidenza pubblica, gli affidamenti in atto sono prorogati per cinque anni a decorrere dalla scadenza del termine indicato dall’articolo 1 della legge regionale 19 dicembre 2001, n. 35 […] e successive modifiche».

Tale disposizione, nella parte in cui non distinguerebbe tra società e imprese a totale partecipazione pubblica e società ed imprese miste, individuando altresì una quota di cessione (15%) non necessariamente significativa in relazione agli effettivi assetti proprietari, si porrebbe  «in contrasto con la normativa comunitaria vigente (direttive n. 92/50/CEE e n. 93/38/CEE, nonché gli articoli 49 e segg. del Trattato UE) disponendo una proroga delle concessioni in atto oltre la data del 31 dicembre 2003», termine superato il quale i servizi di trasporto locale dovrebbero essere liberalizzati e affidati con gara.

Pertanto, la disposizione impugnata, laddove «capitalizza una proroga» indifferentemente per soggetti pubblici o privati, violerebbe l’art. 117, primo comma, della Costituzione, prestandosi inoltre ad alterare – «anche in relazione alla genericità delle modalità di gara previste ed alla scarsa significatività e ragionevolezza delle quote da cedere in relazione all’effetto perseguito (proroga di cinque anni)» – il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi nel settore dei trasporti e violando altresì, nella sostanza, la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

3. – Con memoria depositata il 13 giugno 2003 si è costituita in giudizio la Regione Lazio, chiedendo che il ricorso e la dedotta questione di legittimità costituzionale siano rigettati in quanto inammissibili e infondati e riservandosi di produrre ulteriori scritti difensivi.

4. – La disposizione impugnata è stata successivamente sostituita dall’art. 15, comma 3, della legge regionale 11 settembre 2003, n. 29 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per l’anno finanziario 2003).

5. – Con ricorso notificato il 22 agosto 2003, depositato il successivo 29 agosto e iscritto al n. 66 del registro ricorsi del 2003, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria 17 giugno 2003, n. 17 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 settembre 1998, n. 31, recante norme in materia di trasporto pubblico locale), per contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, della Costituzione.

6. – Premette il ricorrente che la legge contenente la disposizione impugnata concerne la materia del trasporto pubblico locale, prevedendo la possibilità di derogare – per un periodo transitorio – alle prescritte procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi di trasporto su gomma e su rotaie. L’art. 2, comma 2, (oggetto del presente giudizio), introducendo il comma 2-bis nell’art. 8 della legge regionale 9 settembre 1998, n. 31 (Norme in materia di trasporto pubblico locale), dispone invece che «nei bacini di traffico con servizi superiori a 15 milioni di vetture/Km, il periodo transitorio di cui al comma 2 è prorogato sino a 5 anni qualora, attraverso procedura ad evidenza pubblica, si cedano azioni della società esercente i servizi di trasporto pubblico locale per una quota superiore al 40 per cento ed entro il limite massimo del 49 per cento».

Tale normativa si porrebbe in contrasto con i parametri costituzionali sopra richiamati per le seguenti ragioni.

L’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria n. 17 del 2003, pur prevedendo la procedura concorsuale per la cessione di una quota della azioni, «riferendosi indistintamente a società a totale partecipazione pubblica o mista», determinerebbe la proroga di cinque anni della data del 21 dicembre 2003, entro la quale, in base alla normativa comunitaria – nel ricorso si fa riferimento alla direttiva n. 93/38/CEE (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni), alla direttiva n. 92/50/CEE (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi), nonché agli artt. 49 e ss. del Trattato CE – i servizi di trasporto pubblico locale dovrebbero essere «posti a gara». A garantire il rispetto di tali prescrizioni non varrebbe l’obbligatoria procedura ad evidenza pubblica disposta dalla norma in esame per la dismissione di parte delle azioni, poiché, trattandosi comunque di una parte minoritaria, si determinerebbe l’elusione delle richiamate norme comunitarie.

In conseguenza, secondo il ricorrente, la disposizione impugnata sarebbe contrastante con il primo comma dell’art. 117 Cost., in quanto, essendo idonea ad «alterare il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi», violerebbe gli obblighi imposti dall’ordinamento comunitario e dunque anche la menzionata disposizione costituzionale. In secondo luogo, ad essere violato sarebbe anche il secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost., dal momento che la normativa oggetto del presente giudizio sarebbe invasiva della competenza in materia di tutela della concorrenza che tale disposizione assegna allo Stato.

Nel ricorso si evidenzia, altresì, come il termine previsto dalla disposizione regionale sia superiore a quello disposto dall’art. 11, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), il quale ha ammesso una deroga di due anni – oltre la data del 31 dicembre 2003 – per i servizi già svolti dalle gestioni commissariali governative.

7. – Con memoria depositata il 16 settembre 2003 si è costituita in giudizio la Regione Liguria, concludendo per il «rigetto della impugnativa», a causa della sua inammissibilità e comunque della sua infondatezza nel merito.

Quanto ai profili processuali, la resistente eccepisce innanzi tutto la inammissibilità delle questioni proposte per «indeterminatezza dei loro termini normativi», nonché per «carenza dei requisiti argomentativi minimi necessari». In secondo luogo, ad avviso della Regione Liguria, il ricorso sarebbe inammissibile in parte qua, limitatamente alla censura argomentata con riferimento al primo comma dell’art. 117 Cost. Ciò in quanto «l’intervenuto ‘superamento’, nel nuovo quadro costituzionale, della ‘asimmetria’ delle posizioni riconosciute ai soggetti Stato e Regioni» determinerebbe l’impossibilità per il primo di impugnare dinanzi alla Corte leggi delle seconde per violazioni di norme costituzionali diverse da quelle che ripartiscono le competenze. Inoltre, osserva la Regione, l’art. 117, primo comma, Cost., non avrebbe inteso «introdurre (…) un nuovo parametro di legittimità costituzionale tale da far sì che le norme comunitarie fungano da parametro interposto nel giudizio di costituzionalità»; conseguentemente, tale disposizione non potrebbe essere utilizzata «per impiegare il sindacato della Corte fino a portare alla dichiarazione di incostituzionalità delle norme interne ritenute in contrasto con quelle comunitarie».

Quanto ai profili di merito, la resistente osserva innanzi tutto come la materia de qua non sia interessata dalle direttive comunitarie invocate dallo Stato. Né la direttiva 93/38/CEE, sui cosiddetti «settori esclusi», né la direttiva 92/50/CEE, concernente le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, riguarderebbero gli affidamenti e le concessioni di servizi pubblici locali. Tali settori – come mostrerebbe anche la sentenza n. 324 del 1998 della Corte di giustizia delle Comunità europee – sarebbero stati esclusi dall’ambito di applicazione delle menzionate direttive a causa della «mancanza di uno studio approfondito sulle diverse forme di concessione di servizi pubblici accordate negli Stati membri». La non pertinenza delle richiamate direttive comunitarie sarebbe inoltre affermata esplicitamente dalla Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario 2000/C 121/02.

Non pertinenti rispetto alla materia in questione sarebbero altresì gli articoli 49 e ss. del Trattato CE, in quanto nessuna disparità di trattamento deriverebbe dalla disposizione impugnata a carico degli operatori stabiliti in Stati membri differenti da quello italiano, poiché essi, «alla scadenza della proroga», potrebbero «liberamente prestare i loro servizi al pari degli operatori nazionali». Del resto, la menzione degli articoli successivi al 49 non sarebbe idonea a costituire il fondamento di alcuna censura, poiché caratterizzata da «assoluta genericità».

La Regione resistente evidenzia inoltre come l’obiettivo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione dei servizi pubblici locali trovi il suo fondamento non già nella normativa comunitaria ma in quella nazionale, ed in particolare nella legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e nel decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Tale atto normativo, in particolare, prevede un periodo transitorio nel quale è possibile mantenere gli affidamenti ai soggetti già concessionari.

Su tale assetto normativo avrebbe inciso in modo determinante la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dal momento che essa avrebbe attribuito alla competenza residuale delle Regioni le materia dei «trasporti» e dei «servizi pubblici locali». Conseguentemente, opererebbe nell’ambito della propria competenza la legge regionale che – in relazione ai servizi pubblici locali – disponesse una proroga del sopra citato termine.

Tale argomento è anche la base in forza della quale la difesa regionale afferma l’infondatezza della censura concernente la pretesa violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. La competenza statale in tema di concorrenza, infatti, non potrebbe condurre ad affermare «che qualsiasi materia che abbia attinenza con la concorrenza venga automaticamente attratta nella competenza esclusiva statale»; viceversa, allo Stato dovrebbe essere riconosciuta la possibilità di porre in essere specifici interventi normativi, nei differenti settori materiali, volti a tutelare la concorrenza nell’ambito di questi ultimi. Ciò varrebbe anche nel settore qui rilevante, ossia quello dei «servizi pubblici locali»: ciò peraltro senza poter escludere l’intervento della legge regionale, la quale quindi, in virtù del quarto comma dell’art. 117 Cost., potrebbe prorogare  «per un periodo di tempo determinato le concessioni in essere nel campo dei trasporti locali».

8. – Con ricorso notificato il 28 gennaio 2005, depositato il successivo 2 febbraio e iscritto al n. 16 del registro ricorsi del 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 3 della legge della Regione Veneto 26 novembre 2004, n. 30 (Disposizioni di interpretazione autentica e di modifica in materia di trasporto pubblico locale di cui alla legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 «Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale» e successive modificazioni), per contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione.

9. – Secondo il ricorrente, tale disposizione – che prevede a favore degli affidatari dei servizi minimi di trasporto pubblico locale la proroga sino al 31 dicembre 2006 della gestione dei rispettivi servizi, nonché dei relativi contratti di servizio – non sarebbe conforme alla disciplina nazionale che, in attuazione di principi comunitari, prevederebbe la data del 31 dicembre 2005 quale termine ultimo di proroga, sia per i servizi ferroviari (art. 11, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166), sia per i servizi automobilistici (art. 23, comma 3-bis, del d.l. 24 dicembre 2003, n. 355, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», convertito dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47). Infatti, il termine massimo del 31 dicembre 2006, previsto per le concessioni rilasciate con procedura diversa dall’evidenza pubblica dall’art. 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), sarebbe applicabile, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, solo nel caso in cui le disposizioni previste per gli specifici settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione; e nel caso di specie occorrerebbe tenere conto sia del fatto che il periodo di transizione sarebbe previsto dalla disciplina di settore, sia del fatto che questa Corte, nella sentenza n. 272 del 2004, avrebbe affermato la competenza esclusiva dello Stato a dettare le norme contenute nel citato art. 113 del testo unico degli enti locali.

Pertanto, conclude il ricorrente, la previsione di una proroga al 31 dicembre 2006 a favore dei concessionari del servizio minimo di trasporto pubblico locale, quale prevista dalla disposizione censurata, si porrebbe in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto «suscettibile di alterare il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici, derivanti dagli articoli 49 e seguenti del Trattato CEE», violando altresì la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui al medesimo articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

10. – Con memoria depositata il 16 febbraio 2005 si è costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo espressamente che le questioni di legittimità costituzionale prospettate nel ricorso siano dichiarate inammissibili e comunque infondate, riservandosi più ampie argomentazioni difensive da esporre in successiva memoria.

La difesa regionale rileva, peraltro, la contraddittorietà del ricorso nella parte in cui chiede la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’intero art. 3 della legge regionale impugnata; secondo la Regione Veneto, infatti, l’impugnazione del Presidente del Consiglio dei ministri dovrebbe necessariamente intendersi limitata al solo comma 1 dell’art. 3, sia per le argomentazioni contenute nel ricorso sia per la deliberazione governativa del 21 gennaio 2005, tutte esclusivamente riferite a quest’ultima disposizione.

11. – In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Veneto ha depositato una ulteriore memoria, nella quale, oltre a ribadire le difese svolte in sede di costituzione in giudizio, osserva che – grazie al nuovo comma 1-bis dell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 – dovrebbe ritenersi pacifico il dato secondo il quale «i servizi del trasporto pubblico locale non sono servizi pubblici locali ai sensi dell’articolo 113 del T.U. ma trovano la propria regolazione nel d.lgs. n. 422 del 1997». Inoltre, dalle stesse formulazioni normative utilizzate dal legislatore statale, si dovrebbe ricavare la necessaria riconduzione della disposizione impugnata al settore del trasporto pubblico locale che, secondo la sentenza di questa Corte n. 222 del 2005, costituirebbe materia di competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.

Con queste premesse, la difesa regionale  rileva che i principi comunitari relativi alla concorrenza tra imprese e al superamento degli assetti monopolistici sarebbero stati recepiti dallo Stato e conseguentemente dalla Regione Veneto, rispettivamente con l’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997 e con l’art. 22 della legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 (Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale), attraverso l’imposizione dell’obbligo del ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore dei servizi, allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità proprio nell’affidamento dei servizi di trasporto facenti parte della rete dei servizi minimi.

Tali principi, tuttavia, andrebbero contemperati, da una parte, con l’esigenza delle amministrazioni di predisporre, nel rispetto delle scadenze previste dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158 (Attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei settori esclusi), le procedure di evidenza pubblica e, dall’altra, con la necessità di affidare la gestione al nuovo aggiudicatario della gara senza soluzioni di continuità per evitare l’interruzione di un servizio pubblico essenziale quale è quello del trasporto pubblico.

Proprio a questi fini sarebbero stati previsti il regime transitorio e le proroghe delle gestioni precedenti affidate con procedure diverse dall’evidenza pubblica; ciò sia ad opera del legislatore statale (con l’art. 18, comma 3-bis, del d.lgs. n. 422 del 1997, che originariamente fissava il termine del 31 dicembre 2003 come data ultima oltre la quale le Regioni non avrebbero potuto prolungare il suddetto regime transitorio), sia ad opera del legislatore regionale (con l’art. 30 della citata legge regionale n. 25 del 1998, nel quale – al comma 4 – «è prevista la proroga dei servizi in corso alla data di entrata in vigore della legge sino al 31 dicembre 2003», mentre – al comma 5 – «è disposto che con decorrenza 1° gennaio 2004 l’affidamento di tutti i servizi, compresi quelli svolti in base ad atti di affidamento emessi prima dell’entrata in vigore della legge, è effettuato mediante esperimento di apposite procedure concorsuali da svolgersi nel rispetto della normativa vigente»).

La legge regionale, osserva la difesa della Regione, «era quindi pienamente in linea con il comma 3-bis dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997» e con il termine del periodo transitorio ivi previsto e «rispettato inizialmente dalla Regione Veneto».

Successivamente, il legislatore statale avrebbe provveduto a prorogare – prima con la legge n. 166 del 2002 e poi con il decreto-legge n. 355 del 2003 – i termini previsti per i servizi ferroviari ed i servizi automobilistici al 31 dicembre 2005. Analogamente, il legislatore regionale, con la disposizione impugnata, in forza della propria potestà legislativa residuale in materia di trasporto pubblico locale, avrebbe deciso di prorogare il termine di tutti i contratti di servizio relativi ai servizi minimi (non solo quelli via terra ma anche quelli via acqua ed aerea), «attesa l’impossibilità delle amministrazioni di concludere le procedure di gara e quindi garantire la continuità di funzionamento del servizio pubblico regionale e locale». D’altronde, osserva la Regione, la possibilità di una proroga «tecnica» dei contratti di beni e servizi in essere per permettere alle amministrazioni l’espletamento delle procedure concorsuali sarebbe riconosciuta in dottrina e in giurisprudenza, nonché confermata nell’art. 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004).

Sulla base di tali considerazioni, il contrasto della disposizione impugnata con l’art. 117, primo comma, Cost., dovrebbe essere escluso per l’assenza di violazione degli obblighi comunitari, dal momento che il rispetto della procedura concorsuale prevista dal legislatore comunitario per la tutela della libera concorrenza, sarebbe realizzato pienamente con l’obbligo imposto dallo Stato e dalla Regione di procedere ai nuovi affidamenti di servizi solo previo espletamento delle procedure di gara.

Sarebbe da escludere, inoltre, anche il contrasto con la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, giacché la norma statale contenente la previsione della proroga del periodo transitorio solo per alcuni servizi di trasporto pubblico locale non rientrerebbe – a giudizio della resistente – nella materia della tutela della concorrenza come delineata da questa Corte; ciò in quanto non vi si potrebbero rinvenire né la «garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto» né la misura pubblica volta «a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali». In realtà, osserva la Regione, l’esigenza dello Stato di prolungare il periodo transitorio sarebbe, invece, individuabile nella necessità di permettere alle amministrazioni di garantire i servizi essenziali in attesa dell’espletamento delle procedure di gara. E per la medesima ragione, il legislatore regionale, considerata l’entrata in vigore della riforma costituzionale e l’attribuzione da parte del quarto comma dell’art. 117 Cost. della potestà legislativa residuale in materia di trasporto pubblico locale, avrebbe stabilito «una proroga ‘tecnica’ dei contratti in essere, necessaria a garantire una parità di trattamento tra tutti gli utenti del servizio pubblico locale perché generalizzata a tutti i servizi, compresi quelli via acqua e aerea e non solo quelli automobilistici e ferroviari».

12. – Con ricorso notificato il 25 febbraio 2005, depositato il successivo 7 marzo e iscritto al n. 33 del registro ricorsi del 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1, comma 11, lettere b) e f), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2004, n. 36 (Modifiche alla legge regionale 7 agosto 1999, n. 23, recante «Norme per il trasporto pubblico locale»), per contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione.

13. – Ad avviso del ricorrente, la prima disposizione – che prevede la data del 31 dicembre 2006 come termine ultimo di gestione dei servizi di trasporto già esercitati in regime di concessione – non sarebbe conforme alla disciplina nazionale che, in attuazione di principi comunitari, prevederebbe la data del 31 dicembre 2005 quale termine ultimo di proroga, sia per i servizi ferroviari (art. 11, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166), sia per i servizi automobilistici (art. 23, comma 3-bis, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47). Infatti, il termine massimo del 31 dicembre 2006, previsto per le concessioni rilasciate con procedura diversa dall’evidenza pubblica dall’art. 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), sarebbe applicabile, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, solo nel caso in cui le disposizioni previste per gli specifici settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione.

A tale riguardo, fa osservare il ricorrente, dovrebbe in ogni caso tenersi conto del fatto che l’art. 1, comma 48, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), ha esplicitamente integrato l’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, con una esplicita disposizione – il comma 1-bis – nel senso che, prosegue il ricorrente, «non si applicano al settore del trasporto pubblico locale i termini di proroga delle concessioni ivi previste e che invece valgono quelli disciplinati dal d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422».

Pertanto, conclude il ricorrente, essendo il periodo di transizione previsto dalla normativa di settore ed essendo stata affermata la competenza esclusiva dello Stato nel dettare le norme contenute nell’art. 113 del testo unico per gli enti locali (sentenza di questa Corte n. 272 del 2004), la previsione di una proroga al 31 dicembre 2006 a favore dei concessionari del servizio minimo di trasporto pubblico locale, quale quella prevista dalla disposizione censurata, si porrebbe in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto «suscettibile di alterare il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici, derivanti dagli articoli 49 e seguenti del Trattato CEE», violando altresì la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui al medesimo articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

Analoghe censure vengono prospettate nel ricorso in relazione all’art. 1, comma 11, lettera f), della legge regionale impugnata. Tale norma, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, prevedendo che, dopo il 31 dicembre 2005, le associazioni temporanee di imprese e le società consortili a responsabilità limitata, affidatarie di servizi di trasporto pubblico locale, potranno continuare a esercitare i suddetti servizi mediante affidamento diretto, a condizione che siano trasformate in società per azioni o a responsabilità limitata, si porrebbe in contrasto con i principi contenuti nel Trattato CE in materia di tutela della concorrenza, consentendo nella Regione Calabria un affidamento diretto non conforme alle norme comunitarie e quindi illegittimo.

Infatti, secondo il ricorrente, benché sia consentito in astratto il cosiddetto affidamento "in house” di pubblici servizi, e benché la legittimità di tali affidamenti sia stata affermata dall’ordinamento comunitario, i principi cautelativi imposti dallo stesso ordinamento (v., da ultimo, la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 11 gennaio 2005, in causa C-26/03, Stadt Halle) «prevedono che non sia sufficiente, affinché operino legittimamente, che le concessionarie di servizi di trasporto pubblico locale, cambino semplicemente natura giuridica, trasformandosi in società per azioni o società a responsabilità limitata». Occorrerebbero, invece, ulteriori condizioni, non previste dalla disposizione oggetto di censura e, in particolare, il rispetto dei seguenti requisiti previsti in generale anche dal comma 5, lettera c), dell’art. 113 del citato d.lgs. n. 267 del 2000: che si tratti di società a capitale interamente pubblico, che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino su di esse un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che tali società realizzino la parte più importante della loro attività con l’ente o gli enti pubblici che le controllano.

In conclusione, anche la seconda disposizione impugnata si porrebbe in contrasto con entrambi i parametri costituzionali evocati e per le medesime ragioni individuate in relazione alla prima.

14. – La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.

15. – Con ricorso notificato il 28 aprile 2005 e depositato il successivo 4 maggio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, tra l’altro, l’art. 25 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), per contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione.

16. – Premette il ricorrente che la disposizione censurata, modificando l’art. 3 della legge regionale n. 30 del 2004, prevede la proroga dei servizi di trasporto pubblico locale «aggiuntivi» fino alla data di scadenza dei contratti di servizio per la gestione dei servizi «minimi»; tale scadenza – in virtù del combinato disposto dei commi 1 e 3 dello stesso art. 3 richiamato – risulterebbe così possibile fino al 31 dicembre 2006, sebbene il limite attualmente disposto dalla normativa statale di recepimento di principi comunitari sia quello del 31 dicembre 2005.

Quest’ultima data sarebbe prevista sia per i servizi ferroviari (art. 11, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166), sia per i servizi automobilistici (art. 23, comma 3-bis, del d.l. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47). Infatti, il termine massimo del 31 dicembre 2006, previsto per le concessioni rilasciate con procedura diversa dall’evidenza pubblica dall’art. 113, comma 15-bis, del d.lgs. n. 267 del 2000 sarebbe applicabile, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, solo nel caso in cui le disposizioni previste per gli specifici settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione; e nel caso di specie occorrerebbe tenere conto sia del fatto che il periodo di transizione sarebbe previsto dalla disciplina di settore, sia del fatto che questa Corte, nella sentenza n. 272 del 2004, avrebbe affermato la competenza esclusiva dello Stato a dettare le norme contenute nel citato art. 113 del testo unico degli enti locali.

Pertanto, conclude il ricorrente, la previsione di una proroga al 31 dicembre 2006 quale quella prevista dalla disposizione censurata, si porrebbe in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto «suscettibile di alterare il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici, derivanti dagli articoli 49 e seguenti del Trattato CEE», violando altresì la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui al medesimo articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

17. – Con memoria depositata il 18 maggio 2005 si è costituita in giudizio la Regione Veneto, sostenendo l’infondatezza delle censure prospettate nel ricorso.

La difesa regionale ricostruisce, preliminarmente, il quadro normativo osservando che la legge regionale n. 25 del 1998, dettata, tra l’altro, in attuazione del d.lgs n. 422 del 1997 e in armonia con la normativa comunitaria, all’art. 4, distingue i servizi programmati (i servizi previsti dagli strumenti di programmazione indicati nella stessa legge) in: a) servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, i cui costi sono a carico della Regione Veneto, definiti secondo una specifica procedura; b) servizi aggiuntivi, che possono essere istituiti da Province, Comuni e Comunità montane nell’ambito dell’unità di rete e in aggiunta a quelli minimi con oneri a carico dei bilanci degli enti stessi.

La successiva legge regionale n. 30 del 2004, sempre secondo quanto riferisce la Regione Veneto, ha previsto, all’art. 3, «disposizioni transitorie relative all’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale», in particolare, stabilendo, al comma 1, che gli affidatari dei servizi minimi «proseguono la gestione dei servizi sino al 31 dicembre 2006 e i relativi contratti di servizio sono prorogati sino al 31 dicembre 2006» e al comma 3 – a seguito della modifica introdotta dal comma 1 dell’art. 25 della legge regionale n. 8 del 2005 oggetto di impugnazione nel presente giudizio – che anche i servizi aggiuntivi «possono essere prorogati sino alla medesima data di proroga della gestione dei servizi minimi».

Ad avviso della difesa regionale, le censure formulate nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbero infondate, in quanto basate su un falso presupposto interpretativo, consistente nell’applicabilità del combinato disposto dell’art. 113, comma 15-bis, del d.lgs. n. 267 del 2000 e delle norme contenute nella legge n. 166 del 2002 e nel decreto-legge n. 355 del 2003, relative, rispettivamente, alle proroghe per i servizi ferroviari e automobilistici.

Al contrario, fa osservare la Regione, l’applicabilità dell’art. 113, comma 15-bis, sarebbe da ritenere esclusa proprio in forza dello stesso art. 113, il quale, al comma 1-bis, introdotto dall’art. 48 della legge n. 308 del 2004, stabilisce che «le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni».

Conseguentemente, con la disposizione impugnata, la Regione Veneto non avrebbe «fatto altro che esercitare la propria competenza in tema di servizi pubblici locali, semplicemente stabilendo un termine di proroga, che di certo non appare irragionevole nell’ambito di un periodo transitorio».

La difesa regionale riconosce «le peculiarità e la potenziale ampiezza» della materia di competenza esclusiva statale «tutela della concorrenza», ma fa osservare «le cautele» con le quali questa Corte avrebbe fatto applicazione fino ad oggi del dettato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. proprio in relazione alle specifiche caratteristiche di questa «materia-funzione», «che non avrebbe un’estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma trasversale, intrecciandosi inestricabilmente con una pluralità di altri interessi, alcuni dei quali rientranti nelle sfere di competenza regionali».

In conclusione, ad avviso della resistente, la disposizione impugnata – in quanto emanata nell’esercizio della potestà legislativa regionale in materia di servizi pubblici locali e in quanto stabilisce una proroga circoscritta nel tempo e giustificata da esigenze peculiari legate al periodo transitorio – non potrebbe essere ritenuta in grado di incidere significativamente sul mercato e sulla concorrenza e dunque di interferire tanto con aspetti di tutela della concorrenza oggetto di normativa comunitaria, che rilevino ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost., quanto con misure di tutela tali da trascendere l’ambito regionale, ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

18. – Hanno depositato distinti atti di intervento ad adiuvandum le società Wind Telecomunicazioni S.p.a. e Telecom Italia Mobile S.p.a., chiedendo l’accoglimento delle conclusioni formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri in relazione all’impugnazione sia dell’art. 14 sia dell’art. 25 della legge della Regione Veneto n. 8 del 2005 e rinviando a successivi atti difensivi l’esposizione delle proprie argomentazioni.

19. – In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Veneto ha depositato una ulteriore memoria, eccependo l’inammissibilità degli atti di intervento della Wind Telecomunicazioni S.p.a. e della Telecom Italia Mobile S.p.a. e sostenendo l’infondatezza delle censure prospettate nel ricorso con argomentazioni sostanzialmente coincidenti in tutto e per tutto con quelle già sviluppate in sede di costituzione in giudizio.

In particolare, la difesa regionale ribadisce, da un lato, la riconducibilità della disciplina del trasporto pubblico locale alla competenza legislativa residuale delle Regioni – ciò che sarebbe esplicitamente confermato dalla sentenza di questa Corte n. 222 del 2005 – dall’altro, l’inapplicabilità al settore del trasporto locale delle disposizioni sui termini di proroga della gestione dei servizi contenute nell’art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000.

20. – Ha depositato memoria anche la Wind Telecomunicazioni S.p.a., peraltro esplicitando di avere interesse alla dichiarazione di illegittimità costituzionale esclusivamente in relazione all’art. 14 della legge regionale impugnata, contenente norme in tema di installazione di impianti di telecomunicazioni.

Considerato in diritto

1. – Con distinti ricorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1, comma 7, della legge della Regione Lazio 3 marzo 2003, n. 5 (Norme in materia di società esercenti servizi di trasporto pubblico locale a partecipazione regionale), l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria 17 giugno 2003, n. 17 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 settembre 1998, n. 31, recante norme in materia di trasporto pubblico locale), l’art. 3 della legge della Regione Veneto 26 novembre 2004, n. 30 (Disposizioni di interpretazione autentica e di modifica in materia di trasporto pubblico locale di cui alla legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 «Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale» e successive modificazioni), l’art. 1, comma 11, lettere b) e f), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2004, n. 36 (Modifiche alla legge regionale 7 agosto 1999, n. 23, recante «Norme per il trasporto pubblico locale»), l’art. 25 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), per contrasto con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione.

2. – Tutte le censure prospettate nei ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri sono accomunate dal fatto di avere ad oggetto disposizioni regionali che variamente introducono proroghe degli affidamenti preesistenti (o di alcuni di essi) rispetto al termine ultimo, previsto dal legislatore statale, per l’entrata in vigore del nuovo regime di affidamento di tutti i servizi di trasporto pubblico locale mediante procedure ad evidenza pubblica. Il ricorrente, in particolare, lamenta che disposizioni regionali di proroga si porrebbero in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in quanto suscettibili «di alterare il regime di libero mercato delle prestazioni e dei servizi, in violazione degli obblighi comunitari in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici, derivanti dagli articoli 49 e seguenti del Trattato CE», nonché, nel caso delle leggi della Regione Lazio e della Regione Liguria, anche dalle direttive n. 93/38/CEE (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni) e n. 92/50/CEE (Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi).

Le disposizioni impugnate violerebbero, altresì, la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso n. 50 del 2005, ha impugnato anche l’art. 14 della legge della Regione Veneto n. 8 del 2005, contenente una disciplina in tema di installazione di impianti di telecomunicazioni.

Per ragioni di disomogeneità della materia, le questioni di costituzionalità prospettate in relazione alla suddetta disposizione verranno trattate separatamente da quelle concernenti la disciplina dei servizi di trasporto pubblico locale sollevate con gli altri ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri e appena illustrate, per essere definite con distinta decisione di questa Corte.

4. – Considerata la sostanziale identità della materia e la analogia delle questioni prospettate nei ricorsi indicati in epigrafe, i giudizi possono essere riuniti per essere affrontati congiuntamente e decisi con unica sentenza.

5. – In via preliminare, devono essere dichiarati inammissibili, limitatamente alle questioni concernenti l’art. 25 della legge della Regione Veneto n. 8 del 2005, gli interventi spiegati dalle società Wind Telecomunicazioni S.p.a. e Telecom Italia Mobile S.p.a. nel giudizio introdotto con il ricorso n. 50 del 2005; le due società, infatti, non hanno addotto alcun argomento che possa indurre questa Corte a discostarsi dalla propria costante giurisprudenza, secondo la quale nei giudizi promossi in via principale nei confronti di leggi regionali o statali non possono intervenire soggetti diversi da quelli titolari delle attribuzioni legislative in contestazione (fra le più recenti, v. sentenze n. 51 del 2006, n. 469, n. 383 e n. 150 del 2005).

6. – Ancora preliminarmente, va delimitato l’oggetto delle questioni di legittimità costituzionale relative alla legge della Regione Veneto n. 30 del 2004 al solo comma 1 dell’art. 3, dal momento che non soltanto le motivazioni addotte nel ricorso dall’Avvocatura dello Stato si riferiscono esclusivamente a questa disposizione, ma lo stesso documento allegato alla deliberazione governativa di impugnazione della legge si riferisce in termini espliciti alla sola «norma contenuta nell’art. 3, comma 1».

7. – Infondate sono le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Liguria in riferimento alle questioni di cui al ricorso n. 66 del 2003, per quanto concerne la asserita indeterminatezza dei "termini normativi” e la "carenza dei requisiti argomentativi minimi necessari” del ricorso; infatti, pur nella evidente sommarietà delle articolazioni argomentative e pur considerando la non sempre precisa individuazione nel ricorso dei parametri del giudizio, nel complesso è chiaro sia l’oggetto sostanziale del ricorso, sia l’ordine delle questioni di legittimità costituzionale proposte all’esame di questa Corte. Al tempo stesso le direttive comunitarie che si asseriscono contraddette non esauriscono le norme comunitarie che vengono indicate come violate dalla disposizione impugnata.

Del pari infondata è l’altra eccezione sollevata dalla Regione Liguria, secondo la quale il ricorso sarebbe inammissibile in parte qua in relazione all’asserito contrasto della disposizione censurata con l’art. 117, primo comma, Cost., dal momento che nel quadro del nuovo Titolo V della Costituzione sarebbe superata ogni "asimmetria” di posizione fra Stato e Regioni e dovrebbe quindi «ritenersi inammissibile, per carenza di interesse, la censura non avente radice nel vizio di incompetenza». La giurisprudenza di questa Corte, al contrario, ha affermato, che «pur dopo la riforma, lo Stato può impugnare in via principale una legge regionale deducendo la violazione di qualsiasi parametro costituzionale» (sentenza n. 274 del 2003). Né mancano decisioni di questa Corte che hanno considerato le norme comunitarie come parametro utilizzabile nel giudizio di legittimità costituzionale delle leggi promosso in via d’azione (v. sentenze n. 406 e n. 286 del 2005; n. 166 e n. 7 del 2004).

8. – Entrando nel merito delle questioni sollevate, è anzitutto da dichiarare la cessazione della materia del contendere relativamente all’art. 1, comma 7, della legge della Regione Lazio n. 5 del 2003, dal momento che  la disposizione impugnata, nelle more del giudizio, è stata radicalmente modificata dall’art. 15, comma 3, della legge regionale 11 settembre 2003, n. 29 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione Lazio per l’anno finanziario 2003), che ha sostituito il termine originariamente previsto (cinque anni dal 31 dicembre 2003) e su cui si fondavano le doglianze del Presidente del Consiglio dei ministri, con il termine del 31 dicembre 2004, «fatte salve ulteriori proroghe previste dalla normativa statale». In tal modo il legislatore regionale, ancor prima che la norma potesse essere applicata in deroga ai parametri indicati dal ricorrente (tutti sostanzialmente riconducibili al termine ultimo fissato dalla legislazione statale per l’entrata in vigore delle nuove modalità di affidamento dei servizi pubblici di trasporto locale mediante procedure ad evidenza pubblica, nonché alle condizioni che la medesima legislazione statale stabilisce per le proroghe degli affidamenti preesistenti), è rientrato nell’ambito legislativo ad esso esplicitamente riservato dal comma 3-bis dell’art. 18 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).

9. – L’esame nel merito della pretesa lesione della lettera e) del secondo comma dell’art. 117 Cost. da parte dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria n. 17 del 2003, dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 30 del 2004, dell’art. 1, comma 11, lettere b) e f), della legge della Regione Calabria n. 36 del 2004, dell’art. 25 della legge della Regione Veneto n. 8 del 2005, rende necessario che si proceda, in via preliminare, alla ricostruzione del quadro normativo che si assume illegittimamente derogato dalle disposizioni impugnate.

9.1. – Tutte le disposizioni censurate, seppur in ambiti più o meno ampi ed a condizioni tra loro differenziate, derogano in modo palese alla disciplina statale.

L’art. 18, comma 3-bis, del d.lgs. n. 422 del 1997, introdotto dall’art. 1, comma 6, del d.lgs. 20 settembre 1999, n. 400 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale), determina il termine ultimo entro cui le Regioni possono mantenere gli affidamenti agli attuali concessionari di servizi di trasporto pubblico locale, ponendo tuttavia «l’obbligo», per tale periodo transitorio, «di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali». Al termine di tale periodo, è previsto che tutti i servizi siano affidati esclusivamente tramite procedure concorsuali.

Il termine ultimo per il periodo transitorio entro il quale le Regioni hanno la facoltà di mantenere gli affidamenti ai concessionari attuali, in origine era fissato al 31 dicembre 2003, ma è stato più volte modificato dal legislatore statale: l’art. 11, comma 3, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), ha previsto la possibilità di prorogarlo per un biennio per i servizi di trasporto ferroviario; l’art. 23, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), come risultante dalla conversione in legge operata dall’art. 1 della legge 27 febbraio 2004, n. 47, lo ha – a sua volta – direttamente prorogato al 31 dicembre 2005 per i trasporti automobilistici; di recente, e successivamente alle impugnative delle leggi regionali sottoposte al presente giudizio, la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2006), con il comma 394 dell’articolo unico che la compone, ha ulteriormente modificato il termine di cui al suddetto comma 3-bis dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997 portandolo al 31 dicembre 2006, mentre il comma 393 del medesimo articolo ha inserito, dopo il citato comma 3-bis, altri cinque commi, che disciplinano anche la possibilità che le Regioni prevedano, a determinate condizioni, alcuni tipi di ulteriore proroga dell’affidamento, fino ad un massimo di altri dodici mesi.

Al settore del trasporto pubblico locale si applica questa specifica disciplina e non quella contenuta nell’art. 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), che individua nel 31 dicembre 2006 la data entro cui cessano le precedenti concessioni in tema di servizi pubblici locali. Ciò sia perché lo stesso comma 15-bis dell’art. 113 esclude la propria applicabilità nel caso in cui siano «previsti per i singoli settori» congrui periodi di transizione, ciò che appunto fa la legislazione sui trasporti pubblici locali con il comma 3-bis dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997; sia perché il comma 1-bis del medesimo art. 1 del Testo unico – introdotto dall’art. 1, comma 48, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) – stabilisce che il settore del trasporto pubblico locale resta disciplinato dal d.lgs. n. 422 del 1997 e che ad esso non si applicano le disposizioni dell’art. 1 del T.U.

9.2. – La ratio di quanto inserito come comma 3-bis dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997 dall’art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 400 del 1999, è anzitutto rinvenibile nel criterio direttivo contenuto nell’art. 4, comma 4, lettera b), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali, per la riforma della Pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), secondo il quale il decreto delegato in materia di trasporto pubblico locale avrebbe dovuto – tra l’altro – «definire le modalità per incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione di servizi di trasporto urbano ed extraurbano».

Inoltre, lo stesso comma 2 dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997, esplicitamente, finalizza il conferimento dei poteri a Regioni ed enti locali in tema di affidamento dei servizi di trasporto locale «allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale».

In questo quadro, la fissazione di un termine massimo entro il quale deve concludersi la fase transitoria e quindi generalizzarsi l’affidamento mediante procedure concorsuali dei servizi di trasporto locale assume un valore determinante, poiché garantisce che si possa giungere davvero in termini certi all’effettiva apertura alla concorrenza di questo particolare settore, così dando attuazione alla normativa europea in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi di trasporto locale.

10. – Nel quadro del nuovo Titolo V una disposizione come quella di cui al comma 3-bis dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997, e successive modificazioni, è riconducibile all’ambito della competenza legislativa esclusiva statale in tema di «tutela della concorrenza», di cui alla lettera e) del secondo comma dell’art. 117 Cost.; infatti, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che la «configurazione della tutela della concorrenza ha una portata così ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuovere, sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato» (sentenza n. 272 del 2004).

Né può essere condivisa l’opinione espressa dalle difese delle Regioni Liguria e Veneto, secondo la quale la riconducibilità – già affermata da questa Corte nella sentenza n. 222 del 2005 – della disciplina del trasporto pubblico locale ad una materia legislativa regionale di tipo residuale, ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost., ridurrebbe la possibilità di incidere nella suddetta materia tramite una competenza esclusiva dello Stato o comunque permetterebbe alle Regioni di modificare "ragionevolmente” le disposizioni statali eventualmente introdotte sulla base di una simile titolo di legittimazione. Al contrario, le competenze esclusive statali che – come quella relativa alla «tutela della concorrenza» – si configurino come «trasversali» incidono naturalmente, nei limiti della loro specificità e dei contenuti normativi che di esse possano ritenersi propri, sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano. Né il legislatore regionale può pretendere di modificare anche solo in parte disposizioni come il comma 3-bis dell’art. 18 del d.lgs. n. 422 del 1997, che è formulato in forma chiaramente inderogabile e che, per di più, prevede al suo interno un ruolo delimitato per lo stesso legislatore regionale. Ciò non avviene a caso, poiché vi si prevede che le Regioni siano eccezionalmente legittimate, rispetto alla nuova legislazione di liberalizzazione del settore, a ritardarne in parte l’immediata applicazione a certe condizioni ed entro un periodo massimo.

Da quanto fin qui chiarito discende che tutte le disposizioni legislative regionali impugnate, in quanto contenenti discipline che comunque derogano a questa norma, espressiva dell’esclusivo potere del legislatore statale a tutela della concorrenza, risultano costituzionalmente illegittime. Né tale giudizio può essere revocato in dubbio in ragione della recentissima ulteriore modificazione del termine ultimo di cui al comma 3-bis dell’art. 18 tramite l’art. 1, commi 393 e 394, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dal momento che, per il tenore sostanziale delle impugnazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, ciò che in questa sede rileva non è soltanto il rispetto di un mero termine temporale per le proroghe degli affidamenti preesistenti, ma la complessiva conformità della legislazione regionale ad una disposizione statale posta a tutela della concorrenza, nella quale si individuano anche una serie di limiti e condizioni per l’eventuale intervento legislativo regionale al fine di disciplinare la fase transitoria.

Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria n. 17 del 2003, dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 30 del 2004, dell’art. 1, comma 11, lettere b) e f), della legge della Regione Calabria n. 36 del 2004, dell’art. 25 della legge della Regione Veneto n. 8 del 2005, per contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in tema di «tutela della concorrenza», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

11. – Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura dedotti dal ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata ogni decisione sulle questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 14 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso n. 50 del 2005;

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibili, limitatamente alle questioni concernenti l’art. 25 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa – collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia), gli interventi spiegati dalle società Wind Telecomunicazioni S.p.a. e Telecom Italia Mobile S.p.a. nel giudizio introdotto con il ricorso n. 50 del 2005;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Liguria 17 giugno 2003, n. 17 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 settembre 1998, n. 31, recante norme in materia di trasporto pubblico locale), dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Veneto 26 novembre 2004, n. 30 (Disposizioni di interpretazione autentica e di modifica in materia di trasporto pubblico locale di cui alla legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25 «Disciplina ed organizzazione del trasporto pubblico locale» e successive modificazioni), dell’art. 1, comma 11, lettere b) e f), della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2004, n. 36 (Modifiche alla legge regionale 7 agosto 1999, n. 23, recante «Norme per il trasporto pubblico locale»), dell’art. 25 della legge della Regione Veneto 25 febbraio 2005, n. 8 (Disposizioni di riordino e semplificazione normativa - collegato alla legge finanziaria 2004 in materia di edilizia residenziale pubblica, viabilità, mobilità, urbanistica ed edilizia);

dichiara cessata la materia del contendere relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 7, della legge della Regione Lazio 3 marzo 2003, n. 5 (Norme in materia di società esercenti servizi di trasporto pubblico locale a partecipazione regionale), sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione all’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2006.