Sentenza n. 431 del 2005

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SENTENZA N. 431

ANNO 2005

 

Commento alla decisione di

Emanuele Rossi

Il servizio civile tra Stato e Regioni: un difficile equilibrio da provare a prendere sul serio nella logica della leale collaborazione

(per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Annibale                                   MARINI                       Presidente 

- Giovanni Maria                         FLICK                             Giudice

- Francesco                                  AMIRANTE                          "

- Ugo                                           DE SIERVO                          "

- Romano                                    VACCARELLA                    "

- Paolo                                         MADDALENA                     "

- Alfio                                         FINOCCHIARO                   "

- Alfonso                                     QUARANTA                        "

- Franco                                       GALLO                                 "

- Luigi                                         MAZZELLA                         "

- Gaetano                                    SILVESTRI                           "

ha pronunciato la seguente                                                

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettera a); 6, comma 7; 7, comma 1, lettere b), d) e f); 11 e 14, comma 1, lettere a), b) e d), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7 (Disposizioni per la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia autonoma di Bolzano) e degli artt. 2, comma 1, lettere a) ed e); 4, commi 1 e 2, lettera i); 5, comma 2; 6, comma 2; 7, commi 1, 4, 5, 6 e 7; 10, comma 1, lettera f); 12 e 13 della legge della Regione Marche 23 febbraio 2005, n. 15 (Istituzione del sistema regionale del servizio civile), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri notificati il 30 dicembre 2004 e il 9 maggio 2005, depositati in cancelleria il 5 gennaio 2005 e il 17 maggio 2005 ed iscritti ai numeri 1 e 56 del registro ricorsi 2005.

Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione Marche;

udito nell’udienza pubblica dell’11 ottobre 2005 il Giudice relatore Paolo Maddalena;

uditi l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Alberto Salvatore Romano e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano e Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

1. ¾ Con ricorso notificato il 30 dicembre 2004 e depositato il 5 gennaio 2005 (reg. ric. n. 1 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7 (Disposizioni per la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia autonoma di Bolzano).

Osserva l’Avvocatura che la legge della Provincia autonoma di Bolzano – dopo aver ricompreso nel servizio civile provinciale sia il servizio civile volontario prestato dai giovani ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64, riconducibile al dovere di difesa della Patria, sia il servizio civile svolto da adulti ed anziani, quale servizio sociale che ogni Regione o Provincia autonoma può istituire e disciplinare nell’ambito delle proprie competenze – stabilirebbe eguale disciplina per entrambi i tipi di servizio civile, senza attenersi, per il servizio civile prestato in sede provinciale ai sensi della legge n. 64 del 2001, a tutta la normativa statale che lo regolamenta.

Vi sarebbe in tal modo incidenza nella materia "difesa della Patria”, riservata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione, con superamento delle competenze statutarie provinciali (di cui agli articoli 8 e 9 dello statuto speciale di autonomia, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). La riserva allo Stato della legislazione in materia di servizio civile non esclude che «attraverso strumenti di leale collaborazione» o «meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» sia comunque attribuita a Regioni e Province autonome, secondo le rispettive competenze, l’attuazione degli interventi di servizio civile (sentenza n. 228 del 2004). Se dunque gli aspetti procedurali e organizzativi del servizio civile nazionale ricadono sotto la legislazione statale, del tutto possibile resterebbe tuttavia in capo a Regioni e Province autonome la possibilità di istituire e disciplinare un proprio servizio civile regionale o provinciale, che però deve ritenersi del tutto distinto da quello nazionale disciplinato con sue proprie norme, e che dovrebbe avere natura sostanzialmente diversa dal servizio civile nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa.

Le questioni sollevate dal ricorrente sono le seguenti.

L’art. 2, comma 1, lettera a), della legge provinciale, nel prevedere una durata del servizio civile, reso ai sensi della legge n. 64 del 2001, variabile dai 6 ai 12 mesi, si porrebbe in contrasto con la normativa nazionale, giacché l’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64) stabilisce indistintamente per il servizio civile una durata di 12 mesi, demandando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l’eventuale previsione di una durata diversa.

Un’altra censura concerne l’art. 6, comma 7, della legge provinciale. Tale disposizione, prevedendo a favore dei volontari e degli enti di servizio civile generiche «esenzioni o riduzioni sui tributi locali», non indicherebbe se si tratti di tributi propri o attribuiti dallo Stato. Di qui il contrasto con il principio di autonomia finanziaria e tributaria dei Comuni e con la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali, tanto più che l’art. 80 dello statuto speciale stabilisce che le Province hanno competenza legislativa nei limiti stabiliti dall’art. 5 (competenza concorrente) in materia di finanza locale: in questo senso la norma della legge provinciale risulterebbe eccedente anche la competenza statutaria attribuita alla Provincia.

Una terza censura investe l’art. 7, comma 1, lettere b), d), e f), della legge provinciale n. 7 del 2004.

Secondo il ricorrente, l’art. 7, comma 1, lettere d) e f), «attribuisce alla Provincia le funzioni di programmazione, indirizzo e vigilanza del servizio civile provinciale, con ciò conferendo alla Provincia stessa funzioni riservate allo Stato dall’art. 2 del d.lgs. n. 77 del 2002», il quale, in conformità con le disposizioni costituzionali in materia, espressamente riserva allo Stato la programmazione, l’indirizzo, il coordinamento ed il controllo mediante l’elaborazione di direttive e l’individuazione degli obiettivi degli interventi del servizio civile. A sua volta, l’art. 7, comma 1, lettera b), che attribuisce alla Provincia, nell’ambito della formazione di base dei volontari, la facoltà di stabilire le materie e gli aspetti fondamentali da sviluppare in tale contesto, contrasterebbe con l’art. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 77 del 2002, che riserva all'Ufficio nazionale, sentita la Conferenza Stato-Regioni e la Consulta nazionale, la definizione dei contenuti di base per la formazione. Un vizio di costituzionalità analogo colpirebbe l’art. 11 della legge provinciale: tale disposizione infatti, nello stabilire i criteri di approvazione dei progetti di servizio civile, contrasterebbe con l’art. 6 del decreto legislativo n. 77 del 2002, secondo il quale con regolamento «sono individuate le caratteristiche a cui si devono attenere tutti i progetti di servizio civile».

Altra censura è rivolta all’art. 14, comma 1, lettere a), b) e d), della legge provinciale.

Secondo il ricorrente, la lettera a) dell’art. 14, comma 1, là dove demanda ad un regolamento di esecuzione la disciplina dei «benefici previsti a favore dei volontari, quali i crediti formativi», contrasterebbe con l’art. 10, comma 2, della legge n. 64 del 2001, che attribuisce allo Stato il potere di determinare con d.P.C.m. i crediti formativi per i cittadini che prestano servizio civile. Infatti, come osserva la sentenza n. 228 del 2004, «in una logica di incentivazione dei cittadini a prestare il servizio e di riconoscimento delle competenze acquisite», è lo Stato a dover determinare gli «standard dei crediti formativi acquisiti dai soggetti che aspirano al conseguimento delle abilitazioni richieste dall’ordinamento per l’esercizio delle professioni intellettuali».

Le lettere b) e d) dell’art. 14, comma 1, prevedendo che il regolamento di esecuzione disciplini le modalità ed i requisiti per l’iscrizione all’albo e i criteri di approvazione dei progetti, contrasterebbero, rispettivamente, con l’art. 5 del decreto legislativo n. 77 del 2002, che indica i requisiti per l’iscrizione all’albo, e con l’art. 6 dello stesso decreto legislativo, che demanda ad un regolamento governativo l’individuazione delle caratteristiche cui si devono attenere tutti i progetti di servizio civile.

1.1. ¾ Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano, concludendo per l’inammissibilità e per l’infondatezza della questione.

La Provincia eccepisce l’inammissibilità del ricorso perché invocherebbe come parametro, anziché le pertinenti norme dello statuto, direttamente ed unicamente le norme del Titolo V della Costituzione, per di più senza argomentarne l’applicazione sulla base dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Nei quattro motivi in cui si articola il ricorso, il parametro sarebbe costituito soltanto dall’art. 117, secondo comma, lettere d) ed e), terzo e quarto comma, nonché dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione. Nessun riferimento vi sarebbe, inoltre, all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Il ricorso sarebbe comunque, nel merito, infondato.

Osserva la resistente che la legge provinciale n. 7 del 2004, oggetto di impugnativa, riguarda in generale ogni tipo di servizio civile volontario svolto nel territorio della Provincia: sia il servizio civile "provinciale”, che – come chiarito da questa Corte nella sentenza n. 228 del 2004 – la Provincia ha il potere di istituire e disciplinare autonomamente; sia il servizio civile "nazionale” per quegli aspetti delle relative attività che si svolgono nel territorio provinciale e rientrano nelle materie di competenza (esclusiva o concorrente) della Provincia stessa.

Secondo la Provincia, il servizio civile nazionale non è una "(sub) materia” in senso tecnico, la cui attribuzione alla competenza esclusiva dello Stato esclude ogni intervento e competenza regionale o provinciale; esso infatti investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. Il servizio civile nazionale sarebbe un "valore trasversale”, sicché allo Stato spetterebbero solo le determinazioni organizzative meritevoli di disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale. Il servizio civile nazionale, più che una materia, costituirebbe una peculiare modalità organizzativa, una particolare forma di realizzazione di specifiche attività (assistenza sociale, sanitaria, tutela dell’ambiente, protezione civile, ecc.) che generalmente rientrano nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome. Onde le competenze di queste ultime e quella dello Stato in materia di servizio civile nazionale si intrecciano, non si elidono.

Esaminando, nel dettaglio, le singole censure, la difesa della Provincia osserva, con riguardo all’art. 2, comma 1, lettera a), che tale norma provinciale non ha inteso modificare la durata del servizio come stabilita dalla disciplina statale. La formula "da 6 a 12 mesi”, presente nella disposizione impugnata, «è una formula più ampia di quella della legge statale perché ha voluto essere fungibile anche nell’ipotesi ([…] prevista dalla stessa disciplina statale) in cui lo Stato riducesse la durata del periodo di servizio civile».

In ordine alla censura avente ad oggetto l’art. 6, comma 7, della legge provinciale n. 7 del 2004, la difesa della Provincia eccepisce l’inammissibilità dell’impugnativa per genericità ed assenza di motivazione. Nel merito, comunque, la norma sarebbe priva di contenuto lesivo, perché si limiterebbe a stabilire un principio di natura programmatica. Né, d’altra parte, sarebbe possibile sostenere che la Provincia autonoma di Bolzano non dispone "in astratto” della competenza in ordine alla previsione di trattamenti fiscali agevolati per i tributi rientranti nella propria sfera di attribuzioni.

Inammissibili e infondate sarebbero anche le censure rivolte agli articoli 7 e 11.

Le lettere d) e f) dell’impugnato articolo 7 riguardano soprattutto le attività del servizio civile provinciale (di cui alla lettera b dell’art. 2). Ma esse – secondo la Provincia – possono anche legittimamente riguardare attività di programmazione e vigilanza relative agli interventi del servizio civile nazionale svolti nel territorio provinciale. Al di sotto della programmazione "generale” dell’Ufficio nazionale, anche la concreta "attuazione” di tali interventi abbisogna di una programmazione al livello del territorio interessato (come è implicito nel fatto che – in base all’art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 77 del 2002 – sono le Regioni e le Province autonome che esaminano ed approvano i progetti presentati dalle organizzazioni che svolgono attività nell’ambito delle loro competenze e nel loro territorio). La resistente ricorda inoltre che l’art. 6, comma 6, del decreto legislativo n. 77 del 2002 attribuisce alle Regioni e Province autonome «nell’ambito delle rispettive competenze, il monitoraggio, il controllo e la verifica dell’attuazione dei progetti».

Quanto poi alla formazione di base dei volontari, di cui alla lettera b) dell’articolo 7, la censura muoverebbe da una inesatta lettura sia del decreto legislativo n. 77 del 2002, sia della sentenza n. 228 del 2004. Infatti, per la formazione degli appartenenti al servizio civile nazionale il comma 3 dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 77 del 2002 attribuisce l’organizzazione dei corsi di formazione non soltanto all’Ufficio nazionale, ma anche alle Regioni ed alle Province autonome.

Analoghe considerazioni varrebbero per la disciplina dei criteri di approvazione di cui all’impugnato articolo 11. Anch’essa, infatti, vale in primo luogo per i progetti relativi al servizio civile provinciale; in ogni caso, per i progetti la cui approvazione è di competenza della Provincia, ai sensi del comma 5 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 77 del 2002, i criteri della legge provinciale possono avere un valore suppletivo ed integrativo rispetto a quelli stabiliti con il d.P.C.m. di cui al comma 1 del medesimo art. 6.

Anche la questione avente ad oggetto l’art. 14, comma 1, lettere a), b) e d), della legge provinciale sarebbe infondata.

In particolare, per quanto riguarda la lettera a), la norma interposta invocata nel ricorso non sarebbe più esistente; infatti, come previsto dall’articolo 4 della legge n. 64 del 2001, l’articolo 10 della medesima legge ha cessato di avere efficacia dal momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 77 del 2002. Inoltre, avendo la Provincia competenza esclusiva in materia di "formazione professionale” (art. 8, numero 29, dello statuto speciale), essa avrebbe anche la competenza a disciplinare i crediti formativi.

Per quanto riguarda poi la lettera b), relativa ai requisiti per l’iscrizione all’albo, la censura sarebbe inammissibile, perché la disposizione impugnata sarebbe solo un corollario della disciplina contenuta nell’articolo 7, lettera a), della medesima legge, che prevede l’istituzione dell’albo provinciale degli enti di servizio civile. Tale ultima disposizione, tuttavia, non è stata impugnata dal Governo, e pertanto sarebbe inammissibile la censura dell’articolo 14, lettera b). Se la Provincia può istituire l’albo, essa sarebbe legittimata a stabilire i criteri per l’ammissione al medesimo. Nel merito, la resistente osserva che «mentre non risulta contestabile che la Provincia possa istituire tale albo in relazione alle attività rientranti nel servizio civile provinciale, non si vede perché essa non possa occuparsi in via suppletiva anche di tale aspetto organizzativo del servizio civile nazionale, in relazione alle attività che di esso vengono svolte nel territorio provinciale».

Infine, per quanto riguarda la lettera d) dell’articolo 14, si rileva che, «se la Provincia è competente, nel senso e nei limiti sopra indicati, a disciplinare i criteri di approvazione dei progetti, lo è pure a dettare tale disciplina con un proprio regolamento d’esecuzione».

2.  ¾ Con ricorso notificato il 9 maggio 2005 e depositato il 17 maggio 2005 (reg. ric. n. 56 del 2005), il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Marche 23 febbraio 2005, n. 15 (Istituzione del sistema regionale del servizio civile).

  La legge regionale avrebbe dettato disposizioni incidenti anche sul servizio civile nazionale senza attenersi alle competenze regionali, stabilite dalla legge n. 64 del 2001 e dal decreto legislativo n. 77 del 2002, invadendo in tal modo la materia "difesa e sicurezza dello Stato”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione.

In particolare, secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, sarebbero illegittime, in quanto invasive della competenza statale, le seguenti disposizioni.

L’art. 2, comma 1, lettera a), l’art. 4, commi 1 e 2, lettera i), e l’art. 10, comma 1, lettera f), della legge regionale, attribuendo alla Regione le funzioni di programmazione del sistema regionale del servizio civile attraverso la predisposizione di apposite linee guida, contrasterebbero con l’art. 2 del decreto legislativo n. 77 del 2002, che riserva tali funzioni all’Ufficio nazionale per il servizio civile.

L’art. 2, comma 1, lettera e), e l’art. 7, commi 5, 6 e 7, attribuendo alla Regione le attività connesse alla stipulazione dei contratti di servizio civile, si porrebbero in contrasto con l’art. 8 del decreto legislativo n. 77 del 2002 (come modificato dall’art. 6-quinquies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, aggiunto dalla legge di conversione 31 marzo 2005, n. 43), che attribuisce la competenza a stipulare contratti unicamente all’Ufficio nazionale per il servizio civile.

L’art. 5, comma 2, prevedendo che nella prima sezione dell’Albo, relativa al servizio civile nazionale, siano iscritte anche le sedi locali degli enti e delle organizzazioni iscritti all’albo nazionale e che, qualora un ente iscritto nell’albo nazionale abbia più sedi nel territorio regionale, si proceda ad un’unica iscrizione (con l’indicazione delle singole sedi abilitate alla presentazione dei progetti), contrasterebbe con l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 77 del 2002, il quale dispone che l’iscrizione negli albi regionali riguarda i soli enti «che svolgono attività esclusivamente in ambito regionale e provinciale».

L’art. 6, comma 2, là dove stabilisce che i progetti presentati dagli enti iscritti nell’albo regionale siano approvati sulla base non solo dei criteri stabiliti nella legislazione statale, ma anche delle linee guida approvate dalla Regione, contrasterebbe con l’art. 6, comma 1, del decreto legislativo n. 77 del 2002, giacché prevederebbe criteri ulteriori per l’approvazione dei progetti rispetto a quelli individuati da tale ultimo articolo, secondo il quale l’individuazione delle caratteristiche cui devono attenersi tutti i progetti di servizio civile è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Stato-Regioni. La norma impugnata violerebbe inoltre il principio di leale collaborazione di cui all’art. 120, secondo comma, Cost.

L’art. 7, comma 1, prevedendo l’emanazione di un bando regionale anche per i progetti di servizio civile nazionale, sarebbe illegittimo, perché disciplinerebbe aspetti organizzativi del servizio civile nazionale riservati alla competenza statale.

L’art. 7, comma 4, stabilendo che l’avvenuta prestazione del servizio civile regionale preclude la possibilità di presentare ulteriore domanda, introdurrebbe un’ipotesi di incompatibilità per la prestazione del servizio civile nazionale, ulteriore rispetto a quelle individuate dall’art. 10, comma 2, del decreto legislativo n. 77 del 2002 (come modificato dall’art. 6-quinquies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione), ponendosi in contrasto con tale ultimo articolo.

Infine, gli artt. 12 e 13, che contengono le disposizioni finanziarie, sarebbero, ad avviso dell’Avvocatura, illegittimi, in quanto, stabilendo la confluenza nel fondo regionale delle risorse del fondo nazionale per il servizio civile, per un verso finanzierebbero con risorse nazionali anche il servizio civile regionale (art. 12, lettera a), per altro verso (art. 12, lettere b e c) opererebbero trasferimenti di quote, dal fondo statale al fondo regionale, non previsti dalla normativa statale, ponendosi in contrasto con l’art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 77 del 2002. In particolare, l’art. 12, lettere d), e) e f), disponendo la confluenza nel fondo regionale delle quote provenienti da altri enti pubblici, da fondazioni bancarie e da donazioni di soggetti pubblici e privati senza specificare che tali stanziamenti sono riservati unicamente al servizio civile regionale, contrasterebbe con l’art. 11, lettera b), della legge n. 64 del 2001, secondo il quale gli stanziamenti a favore del servizio nazionale da parte di fondazioni, enti pubblici e privati debbono essere versati sul fondo nazionale.

2.1.  ¾ Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Regione Marche, concludendo per la non fondatezza delle questioni.

In una memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Marche ha articolato la propria difesa osservando come lo svolgersi in concreto del servizio civile nazionale possa dispiegarsi, a seconda dei casi, in ambiti assegnati alla legislazione dello Stato, delle Regioni o delle Province autonome.

La resistente afferma che la legge regionale, nel disciplinare un "sistema regionale” di "servizio civile”, non si contrappone né interferisce sull’organizzazione del servizio civile nazionale.

In particolare, non interferirebbe con le competenze statali l’art. 2, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 15 del 2005, che attribuisce alla Giunta la funzione di predisporre le linee guida di cui al successivo art. 4, con la collaborazione del centro regionale di documentazione e analisi per l’infanzia, l’adolescenza e i giovani. Tali linee guida costituiscono l’annuale definizione dello sviluppo programmatico ed organizzativo del sistema regionale del servizio civile. Si riferiscono quindi in primo luogo al servizio civile regionale e, solo in funzione di collaborazione di attuazione, al servizio civile nazionale. Le linee guida fanno riferimento al servizio civile nazionale solo in quanto valutano la possibilità di crescita del servizio civile nazionale in ciascun settore nell’ambito della Regione, in modo tale da consentire la verifica delle condizioni necessarie per attuare forme di promozione e iniziative da assumere per sostenere l’adesione dei giovani, sia in termini quantitativi che qualitativi, a tale servizio (lettera c del secondo comma dell’art. 4). Analogamente le linee guida dettano i criteri con i quali la Regione approva i progetti da comunicare all’Ufficio nazionale per il servizio civile, secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 77 del 2002. Le linee guida sarebbero quindi coerenti con il principio affermato dal comma 2 dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 77 del 2002, secondo cui le Regioni curano l’attuazione di interventi di servizio civile (e la norma si riferisce al servizio civile nazionale) secondo le rispettive competenze. La Regione individua semplicemente le modalità con le quali essa potrà determinare la propria collaborazione attiva al migliore sviluppo del servizio civile nazionale. Ciò – si osserva – nell’ambito delle competenze regionali e senza alcuna interferenza sulle modalità organizzative e sulle indicazioni che verranno da tale servizio.

Anche l’art. 2, comma 1, lettera e), della legge regionale, che attribuisce alla Giunta lo svolgimento delle attività relative ai contratti e al rilascio degli attestati di cui all’articolo 7, non invaderebbe la competenza statale, per la parte in cui è sicuramente riferibile ai contratti ed al rilascio degli attestati relativi al servizio civile regionale. Infatti, vi sarebbe il richiamo a una disciplina che regola la selezione degli aspiranti e i contratti di ammissione al servizio civile regionale.

Nella memoria si esclude che l’art. 5, comma 2, della legge regionale impugnata invada la competenza dello Stato là dove istituisce – a scopo di conoscenza (e con evidente utilità di acquisizione di informazioni ai fini di coordinamento) – una sezione dell’albo relativo al servizio civile riferita anche al servizio civile nazionale. La norma terrebbe conto del fatto che gli enti che hanno diritto ad iscriversi nell’albo nazionale sono generalmente dotati di sedi periferiche che curano l’attuazione dei progetti a livello locale.

Con riguardo all’art. 6, comma 2, il quale stabilisce che i progetti presentati dagli enti iscritti nell’albo regionale siano approvati anche sulla base delle linee guida approvate dalla Regione, la difesa della resistente sostiene che la norma si porrebbe a garanzia del principio di leale collaborazione.

Alla stessa ratio si ispirerebbe l’art. 7, comma 1, il quale prevede che la struttura di cui all’articolo 2, comma 2, emana un apposito bando nel quale sono indicati i progetti approvati ai sensi dell’articolo 6, comma 2, ed il numero massimo di giovani che possono essere ammessi a svolgere il servizio civile.

La Regione precisa che la previsione dell’art. 6, comma 2, si riferisce ai progetti che debbono essere realizzati ai sensi anche del comma 3 dello stesso art. 6. Ci si troverebbe di fronte ad una norma di mero coordinamento con le iniziative in sede regionale del servizio civile nazionale.

Anche gli artt. 12 e 13 non sarebbero incostituzionali, perché si limiterebbero ad affidare alla Regione la sola funzione di gestione delle risorse finanziarie con espressa osservanza di quanto previsto dal decreto legislativo n. 77 del 2002. Sarebbe possibile interpretare gli artt. 12 e 13 della legge della Regione Marche n. 15 del 2005 come riferiti esclusivamente ai fondi messi a disposizione del servizio civile regionale, senza alcuna interferenza o sottrazione di destinazione di fondi relativi al servizio civile nazionale.

3. ¾ In prossimità dell’udienza hanno depositato memorie, oltre alla Regione Marche, la Provincia autonoma di Bolzano e il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. ¾ Con separati ricorsi il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7 (Disposizioni per la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia autonoma di Bolzano) e la legge della Regione Marche 23 febbraio 2005, n. 15 (Istituzione del sistema regionale del servizio civile), lamentando che alcune delle disposizioni recate da tali leggi, là dove incidono su aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale, senza limitarsi alla disciplina delle concrete attività in cui questo si sostanzia, esorbiterebbero dall’ambito delle competenze tanto della Provincia autonoma quanto della Regione e si rivelerebbero, pertanto, invasive della sfera di competenza statale.

1.1. ¾ Della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 7 del 2004 il Presidente del Consiglio dei ministri impugna le seguenti disposizioni: l’art. 2, comma 1, lettera a), sulla durata del servizio civile nazionale; l’art. 6, comma 7, avente ad oggetto le esenzioni o riduzioni sui tributi locali a favore dei volontari e degli enti di servizio civile; l’art. 7, comma 1, lettere b), d), e f), relativo alle funzioni di programmazione, indirizzo e vigilanza del servizio civile e alla formazione di base dei volontari; l’art. 11, sui criteri di approvazione dei progetti di servizio civile; l’art. 14, comma 1, lettere a), b) e d), concernente i benefici previsti a favore dei volontari, le modalità ed i requisiti per l’iscrizione all’albo e i criteri di approvazione dei progetti. Secondo il ricorrente, le menzionate norme della legge provinciale eccederebbero la competenza statutaria e variamente contrasterebbero con gli articoli 117, secondo comma, lettere d) ed e), terzo e quarto comma, e 119, sesto comma, della Costituzione.

1.2. ¾ L’impugnativa della legge della Regione Marche n. 15 del 2005 investe le seguenti disposizioni: l’art. 2, comma 1, lettera a), l’art. 4, commi 1 e 2, lettera i), e l’art. 10, comma 1, lettera f), in tema di funzioni di programmazione del sistema regionale del servizio civile attraverso la predisposizione di apposite linee guida; l’art. 2, comma 1, lettera e), e l’art. 7, commi 5, 6 e 7, sulla stipulazione dei contratti di servizio civile; l’art. 5, comma 2, relativo alla iscrizione all’albo regionale; l’art. 6, comma 2, sui criteri per l’approvazione dei progetti presentati dagli enti iscritti nell’albo regionale; l’art. 7, comma 1, sul bando regionale, previsto anche per i progetti di servizio civile nazionale; l’art. 7, comma 4, in tema di disciplina della incompatibilità alla prestazione del servizio; infine, gli artt. 12 e 13, contenenti disposizioni finanziarie. Il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera d), e 120, secondo comma, della Costituzione.

2. ¾ Stante la loro manifesta connessione, i due ricorsi, congiuntamente discussi, possono essere decisi con unica sentenza.

3. ¾ Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano, sul rilievo che il ricorso prospetterebbe la violazione di norme costituzionali (artt. 117 e 119 della Costituzione) che non riguarderebbero neppure in astratto la Provincia. Ad avviso della Provincia autonoma, la difesa erariale avrebbe dovuto denunziare la pretesa violazione di quelle norme dello statuto speciale altoatesino che, disciplinando la potestà legislativa provinciale, ne definiscono i limiti nei confronti della potestà legislativa statale, e non già denunziare unicamente la violazione delle norme della Costituzione che disciplinano la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni ordinarie, ignorando lo statuto speciale.

L’eccezione è infondata.

E’ esatto che questa Corte ha più volte escluso l’ammissibilità di questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti di leggi di Regioni a statuto speciale o delle Province autonome allorché il ricorso faceva esclusivo riferimento agli articoli 117 e 119 della Costituzione, senza evocare a parametro le corrispondenti disposizioni statutarie (v. sentenze n. 213 del 2003; n. 8 del 2004; n. 65, n. 202, n. 203 e n. 304 del 2005).

Tuttavia nella specie il ricorso introduttivo, oltre a rivendicare, in base alle disposizioni del Titolo V della Costituzione, la competenza statale nella materia disciplinata dalla legge provinciale, lamenta che le norme impugnate non rinvengano alcun titolo legittimante nello statuto speciale di autonomia, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, in particolare negli artt. 8, 9 e (limitatamente alla censura avente ad oggetto l’art. 6, comma 7, della legge provinciale) 80, norme, queste, che precisano l’ambito della competenza legislativa delle Province autonome.

Tale riferimento al superamento della competenza statutaria è sufficiente a ritenere ammissibili, sotto il profilo dell’individuazione del parametro, le questioni sollevate con il ricorso (cfr. sentenza n. 185 del 2004).

4. ¾ Nel merito, occorre premettere che – scrutinando questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Trento ed aventi ad oggetto disposizioni della legge 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale) e del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’art. 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64), qui invocate dal ricorrente come norme interposte, integrative dei parametri costituzionali che si assumono violati – questa Corte, con la sentenza n. 228 del 2004, ha affermato che la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino ha una estensione più ampia dell’obbligo di prestare servizio militare, e che il titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento statale nella disciplina del servizio civile nazionale – inteso «quale modalità operativa concorrente ed alternativa alla difesa dello Stato, con mezzi ed attività non militari» (così si esprime l’art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 77 del 2002) – può essere rinvenuto nell’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato non solo la materia "Forze armate”, ma anche la "difesa”. «Accanto alla difesa "militare”, che è solo una forma di difesa della Patria, può ben […] collocarsi – ha precisato la Corte – un’altra forma di difesa, per così dire, "civile”, che si traduce nella prestazione» di «comportamenti di impegno sociale non armato».

La spettanza allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale non comporta che tutti gli aspetti dell’attività svolta dai giovani in servizio civile ricadano nell’area della potestà legislativa statale. Secondo la Corte, rientra in tale competenza la disciplina dei profili organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attività che toccano i più diversi ambiti materiali, come l’assistenza sociale, la tutela dell’ambiente, la protezione civile: «attività che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall’ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l’accesso ad esso».

Inoltre, nell’esercizio delle funzioni amministrative spettanti agli organi centrali deve essere garantita la partecipazione degli altri livelli di governo coinvolti, attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione. A questo, del resto, provvede lo stesso decreto legislativo n. 77 del 2002, che attribuisce alla cura delle Regioni e delle Province autonome, secondo le rispettive competenze, l’attuazione degli interventi di servizio civile.

Infine, la riconduzione degli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale alla competenza legislativa statale non preclude alle Regioni e alle Province autonome «la possibilità di istituire e disciplinare, nell’autonomo esercizio delle proprie competenze legislative, un proprio servizio civile regionale o provinciale, distinto da quello nazionale», nell’ottica del perseguimento dell’ampia finalità di realizzazione del principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione.

5. ¾ Nell’esaminare le singole censure, occorre pertanto valutare se le norme impugnate riguardino il servizio civile regionale (o provinciale) ovvero quello nazionale; in questo secondo caso, se esse investano gli aspetti organizzativi o procedurali del servizio e le regole previste per l’accesso ad esso o se si muovano in una logica attuativa della disciplina recata dal decreto legislativo n. 77 del 2002 in ambiti contrassegnati dalla sussistenza di titoli di competenza regionale o provinciale.

5.1. ¾ La questione avente ad oggetto l’art. 2, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 7 del 2004 è fondata.

La norma impugnata ravvisa nel servizio civile volontario nazionale, prestato ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64, uno degli strumenti di realizzazione delle finalità – di valorizzazione della cittadinanza attiva, di apertura di nuove opportunità ai giovani, di promozione di progetti ed iniziative volti a soddisfare le esigenze della collettività, di promozione dello sviluppo sostenibile della società – perseguite dalla legge provinciale. Ma, anziché attenersi alla durata complessiva del servizio civile nazionale prevista dalla legislazione statale (che, all’art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 77 del 2002, fissa un periodo di dodici mesi, con facoltà per il Presidente del Consiglio dei ministri di stabilire, con apposito decreto, una durata «maggiore o minore in relazione agli specifici ambiti e progetti di impiego», e che, all’art. 6, comma 2, del medesimo decreto legislativo, ribadisce che i progetti presentati devono avere la durata stabilita dallo Stato), la disposizione della legge provinciale, ai fini della valorizzazione del servizio civile volontario «dietro compensi, crediti e benefici», fa riferimento al servizio civile nazionale per un periodo da sei a dodici mesi. Con ciò essa incide su uno degli aspetti attinenti alla organizzazione del servizio, di esclusiva competenza dello Stato. La Provincia autonoma è abilitata a contribuire alla valorizzazione del servizio civile nazionale nel territorio provinciale; ma, nel fare questo, non può discostarsi dai caratteri fondamentali del servizio civile nazionale come risultanti dalla normativa statale.

L’art. 2, comma 1, lettera a), va pertanto dichiarato – limitatamente alle parole «per un periodo variabile da 6 a 12 mesi» – costituzionalmente illegittimo.

5.2.1. ¾ Alcune censure investono le norme, della Provincia autonoma e della Regione Marche, che stabiliscono, nell’ambito dell’attività programmatoria, criteri per l’approvazione dei progetti e degli interventi, e la norma della Provincia autonoma sulla vigilanza.

Oggetto dell’impugnativa governativa sono in particolare: l’art. 7, comma 1, lettere d) e f), della legge della Provincia di Bolzano, che affida alla Provincia autonoma  funzioni di programmazione e di vigilanza sull’applicazione delle norme disciplinanti il servizio civile (da esercitarsi con l’avvalimento dell’attività propositiva e consultiva dell’Osservatorio provinciale del volontariato); l’art. 11 e l’art. 14, comma 1, lettera d), della medesima legge provinciale, che, rispettivamente, demandano alla Giunta provinciale il compito di approvare i progetti e gli interventi di servizio civile che presentano determinati requisiti e affidano ad un regolamento di esecuzione la disciplina dei criteri di approvazione dei progetti e degli interventi; l’art. 2, comma 1, lettera a), l’art. 4, commi 1 e 2, lettera i), e l’art. 10, comma 1, lettera f), della legge della Regione Marche, che complessivamente attribuiscono alla Regione le funzioni di programmazione del sistema regionale del servizio civile attraverso la predisposizione di apposite linee guida, comprensive dei criteri con i quali la Regione approva i progetti da comunicare all’Ufficio nazionale secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 77 del 2002; ancora, l’art. 6, comma 2, della medesima legge regionale, là dove si stabilisce che i progetti presentati dagli enti iscritti nell’albo regionale siano approvati sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti nella legislazione statale e nelle linee-guida regionali.

5.2.2. ¾ Nel contesto di entrambe le leggi impugnate, tanto il potere di programmazione, anche per il tramite della fissazione di linee guida, e di vigilanza, quanto quello di dettare criteri per l’approvazione dei progetti, riguardano, innanzitutto, il servizio civile, provinciale o regionale, istituito dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Regione Marche nell’esercizio delle loro competenze legislative. In quest’ambito, le norme denunciate non contrastano con gli evocati parametri costituzionali, in quanto sia la Provincia autonoma sia la Regione hanno piena competenza nella disciplina del "proprio” servizio civile.

5.2.3. ¾ Le norme impugnate si riferiscono peraltro anche al servizio civile nazionale (così, espressamente, prevedono l’art. 4, comma 2, lettera i, e l’art. 6, comma 2, della legge della Regione Marche).

Al riguardo occorre premettere che il coinvolgimento di organi di governo diversi da quelli centrali nell’esercizio delle funzioni amministrative relative al servizio civile nazionale è assicurato, nell’ambito del decreto legislativo n. 77 del 2002, attraverso una pluralità di strumenti, tra i quali vanno in particolare ricordati: il conferimento alle Regioni e alle Province autonome della cura dell’«attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze» (art. 2, comma 2); la previsione del potere delle Regioni e delle Province autonome di esaminare ed approvare i progetti presentati dagli enti ed organizzazioni che svolgono attività nell’ambito delle competenze regionali o provinciali sul loro territorio (art. 6, comma 5); l’attribuzione anche alle Regioni e alle Province autonome del potere di curare, nell’ambito delle rispettive competenze, il monitoraggio, il controllo e la verifica dell’attuazione dei progetti (art. 6, comma 6).

Ne deriva la delineazione di un sistema nel quale allo Stato è riservata la programmazione e l’attuazione dei progetti a rilevanza nazionale ed alle Regioni e alle Province autonome è demandato il compito di occuparsi, nell’ambito delle rispettive competenze, della realizzazione dei progetti di servizio civile nazionale di rilevanza regionale o provinciale, nel rispetto delle linee di programmazione, indirizzo e coordinamento tracciate a livello centrale e delle norme di produzione statale individuanti caratteristiche uniformi per tutti i progetti di servizio civile nazionale.

5.2.4. ¾ In quest’ambito, si tratta di stabilire se e in quali limiti alla Provincia autonoma e alla Regione spettino poteri di programmazione, di fissazione dei criteri cui attenersi nell’approvazione dei progetti di rilevanza regionale e di vigilanza sull’attuazione degli stessi.

Nella già citata sentenza n. 228 del 2004, questa Corte ha precisato che lo svolgersi in concreto del servizio civile nazionale – i cui profili organizzativi e procedurali sono senz’altro riconducibili alla nozione di "difesa”, di esclusiva spettanza statale – è in grado di toccare i più diversi ambiti materiali, alcuni dei quali rientranti, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, nelle funzioni legislative delle Regioni e delle Province autonome.

Ove questo intreccio di competenze tra Stato, Regioni e Province autonome si realizzi, rientra nei poteri delle Regioni e delle Province autonome orientare (attraverso la programmazione e la fissazione di linee guida) lo sviluppo delle iniziative attinenti al servizio civile nazionale da svolgersi sul territorio regionale o provinciale in senso conforme alle linee di indirizzo seguite dalle stesse nei vari settori interessati all’attuazione dei progetti, purché non in contrasto con gli indirizzi e le caratteristiche risultanti dalla normativa statale, come pure stabilire ordini di priorità e criteri ulteriori, ma specificativi di quelli nazionali, cui attenersi nella approvazione dei progetti, vigilando sull’attuazione degli stessi.

Le norme impugnate, là dove disciplinano, ai fini dell’approvazione dei progetti, la programmazione, le linee guida e i criteri, nonché, in vista della conseguente verifica, l’attività di vigilanza, si prestano ad una lettura suscettibile di comprendere le une e gli altri in una prospettiva rispettosa sia della programmazione statale (fissata dall’Ufficio nazionale) sia della uniforme delineazione (con d.P.C.m., sentita la Conferenza Stato-Regioni) delle caratteristiche di base dei progetti e, al contempo, capace di cogliere i bisogni delle diverse aree, in vista dell’attuazione degli interventi nell’ambito delle diverse competenze in gioco.

Così interpretate, esse superano le censure di costituzionalità mosse con i ricorsi introduttivi.

5.3. ¾ Altra censura investe l’art. 6, comma 7, della legge della Provincia di Bolzano, ai cui termini «La Giunta provinciale determina, con deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione, le esenzioni o riduzioni sui tributi locali a favore dei volontari e degli enti di servizio civile».

Secondo il ricorrente, tale disposizione, prevedendo a favore dei volontari e degli enti di servizio civile generiche «esenzioni o riduzioni sui tributi locali», non indicherebbe se si tratti di tributi propri o attribuiti dallo Stato. Di qui il contrasto con il principio dell’autonomia finanziaria e tributaria dei Comuni e con la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali, tanto più che l’art. 80 dello statuto speciale stabilisce che le Province hanno competenza legislativa nei limiti stabiliti dall’art. 5 (competenza concorrente) in materia di finanza locale.

La questione non è fondata.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, sentenza n. 335 del 2005), si deve ritenere precluso (alle Regioni o) alle Province autonome il potere di legiferare in materia di tributi regolati da leggi statali, ancorché il relativo gettito sia devoluto (alle Regioni o) alle Province autonome, e così di stabilire esenzioni e riduzioni, se non nei limiti in cui sia dato a (Regioni) Province ed enti locali di effettuare autonome scelte.

E tuttavia la disposizione denunciata non si riferisce a questo genere di tributi, ma solo a quelli che possano definirsi a pieno titolo "propri” delle Province o degli enti locali, nel senso che essi siano frutto di una loro autonoma potestà impositiva, e quindi possano essere disciplinati da leggi o regolamenti della Provincia, nel rispetto solo dei principi di coordinamento.

Così interpretata la disposizione denunciata, non risulta sussistente il prospettato vizio di costituzionalità.

5.4. ¾ Il ricorso governativo investe anche l’art. 7, comma 1, lettera b), della legge della Provincia di Bolzano – che attribuisce alla Provincia il compito di promuovere la formazione di base dei volontari, fissando nell’ambito della relativa programmazione annuale le materie e gli aspetti fondamentali da sviluppare in tale contesto – per supposto contrasto con l’art. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 77 del 2002.

La questione non è fondata.

Ai sensi dell’art. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 77 del 2002, l’Ufficio nazionale, sentita la Conferenza Stato-Regioni, «definisce i contenuti base per la formazione», ed i corsi di formazione generale «sono organizzati dall’Ufficio nazionale, dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano».

Secondo il disegno risultante dalla normativa statale, pertanto, la Provincia autonoma non è estranea né alla formazione di base dei volontari del servizio civile nazionale, essendo chiamata all’organizzazione dei corsi da svolgere in sede locale, né alla individuazione delle materie, posto che la riserva in favore dell’Ufficio nazionale riguarda soltanto la definizione dei "contenuti base” per la formazione, ma non esclude che la Provincia autonoma possa arricchire i contenuti della formazione in quei settori in cui essa esercita la propria competenza legislativa (ad esempio, in tema di assistenza sociale e sanitaria, di attività culturali, di attività ricreative e di tempo libero, di protezione civile, tutela dell’ambiente e del paesaggio).

5.5. ¾ Un’altra questione ha ad oggetto l’art. 14, comma 1, lettera a), della legge della Provincia di Bolzano, là dove demanda ad un regolamento di esecuzione la disciplina dei «benefici previsti a favore dei volontari, quali i crediti formativi per la formazione universitaria e professionale», ed è sollevata per supposto contrasto con l’art. 10, comma 2, della legge n. 64 del 2001, che attribuisce allo Stato il potere di determinare con d.P.C.m. i crediti formativi per i cittadini che prestano servizio civile.

L’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Provincia non può essere accolta. Vero è che l’art. 10 della legge n. 64 del 2001 – inserito nel capo II della legge – è norma transitoria, destinata a trovare applicazione fino alla data di efficacia dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega contenuta nell’art. 2 della medesima legge. Ma siccome alcune disposizioni del decreto legislativo n. 77 del 2002 non sono ancora efficaci (come si ricava dall’art. 14 di detto decreto legislativo, nel testo modificato, da ultimo, dall’art. 2 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266), deve ritenersi che il regime transitorio dettato dalla legge n. 64 del 2001 continui tuttora ad operare e che, pertanto, l’art. 10 di tale legge costituisca idonea norma interposta nel presente giudizio di costituzionalità.

La questione è fondata.

L’art. 10, comma 2, della legge n. 64 del 2001 affida allo Stato, non già l’istruzione e la formazione professionale, ma, in una logica di incentivazione dei cittadini a prestare il servizio civile e di riconoscimento delle competenze acquisite, la determinazione degli standard dei crediti formativi spettanti ai soggetti che, ai fini del compimento di periodi obbligatori di pratica professionale o di specializzazione, aspirano al conseguimento delle abilitazioni richieste per l’esercizio delle professioni (cfr. sentenza n. 228 del 2004).

In questa prospettiva, l’incentivazione del servizio civile nazionale attraverso la previsione di crediti formativi per la formazione universitaria e professionale rientra nell’organizzazione unitaria del servizio civile nazionale, come tale eccedente la competenza provinciale e di esclusiva spettanza dello Stato.

Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 7 del 2004, nella parte in cui demanda ad un regolamento di esecuzione la disciplina, tra i benefici previsti a favore dei volontari del servizio civile nazionale, anche dei crediti formativi per la formazione universitaria e professionale.

5.6. ¾ L’ultima censura del ricorso governativo avverso la legge provinciale n. 7 del 2004 investe l’art. 14, comma 1, lettera b), che demanda ad un regolamento di esecuzione la disciplina delle modalità e dei requisiti per l’iscrizione all’albo provinciale degli enti di servizio civile. Secondo il ricorrente, tale disposizione violerebbe l’art. 5 del decreto legislativo n. 77 del 2002.

Deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla resistente. Non rileva la mancata impugnazione dell’art. 7, comma 1, lettera a), della legge provinciale, il quale prevede l’istituzione dell’albo provinciale degli enti di servizio civile, posto che il vulnus denunciato dal ricorrente riguarda non già l’istituzione dell’albo provinciale, ma il potere della Provincia di stabilire i criteri per l’ammissione al medesimo per gli enti che intendono presentare progetti per il servizio civile nazionale su scala provinciale.

La questione è fondata, limitatamente alle parole «e i requisiti».

L’art. 5 del decreto legislativo n. 77 del 2002 prevede che presso l’Ufficio nazionale è tenuto l’albo nazionale cui possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti previsti dall’art. 3 della legge n. 64 del 2001 ai fini della presentazione di progetti per il servizio civile nazionale e che le Regioni e le Province autonome provvedono all’istituzione di albi su scala regionale o provinciale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei medesimi requisiti svolgenti attività esclusivamente in ambito regionale e provinciale.

La norma della legge provinciale, là dove, con riferimento agli enti che intendono presentare progetti per il servizio civile nazionale operanti in ambito provinciale, prevede il potere della Provincia di stabilire, con proprio regolamento, requisiti ai fini dell’iscrizione all’albo, ulteriori rispetto a quelli fissati dalla legge statale, detta una misura direttamente incidente sull’organizzazione del servizio civile nazionale e sull’accesso ad esso, e perciò viola la competenza esclusiva statale in materia, in mancanza di alcun titolo legittimante da parte dello statuto speciale.

5.7. ¾ Sempre in relazione all’iscrizione all’albo, il Presidente del Consiglio dei ministri – deducendo il contrasto con l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 77 del 2002 – impugna l’art. 5, comma 2, della legge della Regione Marche n. 15 del 2005. Secondo tale disposizione, nella prima sezione dell’albo, relativa al servizio civile nazionale, sono iscritti i soggetti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa statale vigente, nonché le sedi locali degli enti e delle organizzazioni iscritti all’albo nazionale di cui all’art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 77 del 2002; qualora, poi, un ente iscritto nell’albo nazionale abbia più sedi nel territorio regionale, si procede ad un’unica iscrizione (con l’indicazione delle singole sedi abilitate alla presentazione dei progetti).

La norma amplierebbe il novero degli enti abilitati ad iscriversi nell’albo regionale, laddove, secondo il decreto legislativo n. 77 del 2002, l’iscrizione negli albi regionali riguarda i soli enti «che svolgono attività esclusivamente in ambito regionale e provinciale».

La questione è infondata.

La norma denunciata è priva di contenuto lesivo, essendo meramente strumentale ad una ricognizione delle realtà organizzative del servizio nazionale presenti sul territorio regionale, tanto più che la detta iscrizione non condiziona l’accesso al servizio, come è reso palese dal fatto che, secondo la stessa legge regionale (art. 7, comma 2), sono ammessi a svolgere il servizio civile nazionale nel territorio regionale i soggetti previsti dalla normativa statale vigente.

5.8. ¾ Altre censure del ricorso governativo promosso nei confronti della legge della Regione Marche hanno ad oggetto:

(a)                 l’art. 2, comma 1, lettera e), e l’art. 7, commi 5, 6 e 7, i quali attribuiscono alla Regione le attività connesse alla stipulazione dei contratti di servizio civile;

(b)                 l’art. 7, comma 1, nella parte in cui prevede l’emanazione di un bando regionale anche per i progetti di servizio civile nazionale;

(c)                 l’art. 7, comma 4, il quale stabilisce che l’avvenuta prestazione del servizio civile regionale preclude la possibilità di presentare ulteriore domanda.

Le disposizioni denunciate, correttamente interpretate, si sottraggono alle censure del ricorrente.

La previsione relativa alla stipula dei contratti e al rilascio degli attestati (art. 2, comma 1, lettera e, e art. 7, commi 5, 6 e 7) può essere interpretata nel senso di riferirsi esclusivamente al servizio civile regionale.

A sua volta, la prevista emanazione di un bando regionale (art. 7, comma 1) è suscettibile di riferirsi al servizio civile nazionale unicamente per l’indicazione dei progetti approvati (ai sensi dell’art. 6, comma 2, della medesima legge regionale), non già in ordine alla fissazione del numero massimo dei giovani che possono essere ammessi a svolgere il servizio civile nazionale.

Infine, la norma secondo cui «coloro i quali abbiano già prestato servizio civile nazionale o regionale non possono presentare ulteriore domanda» (art. 7, comma 4) deve essere interpretata nel senso che il legislatore ha inteso precludere la possibilità di presentare un’ulteriore domanda esclusivamente per il servizio civile regionale: come tale, essa non disciplina un requisito di accesso al servizio civile nazionale, e non limita, pertanto, l’accesso a questo.

5.9. ¾ L’ultima censura del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri investe gli artt. 12 e 13 della legge della Regione Marche, che riguardano l’istituzione del fondo per il sistema regionale del servizio civile e le disposizioni finanziarie ai fini della copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge.

Ad avviso dell’Avvocatura, queste disposizioni sarebbero illegittime, in quanto per un verso finanzierebbero con le risorse nazionali anche il servizio civile regionale (art. 12, lettera a), per altro verso (art. 12, lettere b e c) opererebbero trasferimenti di quote, dal fondo statale al fondo regionale, non previsti dalla normativa statale. Inoltre, l’art. 12, lettere d), e) e f), disponendo la confluenza nel fondo regionale delle quote provenienti da altri enti pubblici, da fondazioni bancarie e da donazioni di soggetti pubblici e privati, senza specificare che tali stanziamenti sono riservati unicamente al servizio civile regionale, contrasterebbe con l’art. 11, comma 1, lettera b), della legge n. 64 del 2001.

La questione non è fondata.

Occorre premettere che l’art. 11 della legge n. 64 del 2001 prevede l’istituzione del fondo nazionale per il servizio civile, costituito dalla specifica assegnazione annuale iscritta nel bilancio dello Stato, dagli stanziamenti per il servizio civile nazionale di Regioni, Province, enti locali, enti pubblici e fondazioni bancarie, e dalle donazioni di soggetti pubblici e privati.

A sua volta, l’art. 4 del decreto legislativo n. 77 del 2002 colloca il fondo presso l’Ufficio nazionale per il servizio civile, che l’amministra formulando annualmente un piano di intervento, sentita la Conferenza Stato-Regioni, nel quale deve essere prevista la ripartizione delle risorse del fondo, da destinare, in parte, anche alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, per specifiche finalità.

L’art. 9, comma 4, del medesimo decreto legislativo, infine, nel prevedere che il periodo di servizio civile è riconosciuto valido, a tutti gli effetti, per l’inquadramento economico e per la determinazione dell’anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale nel settore pubblico e privato, pone l’onere, per il personale volontario, a carico del fondo nazionale per il servizio civile.

Nell’istituire il fondo per il sistema regionale del servizio civile – del quale sono parte sia il servizio civile nazionale, per gli interventi da attuare nel territorio regionale, sia il servizio civile regionale (v. art. 1, comma 4, della legge della Regione Marche) – le impugnate disposizioni della legge regionale prevedono che in esso confluiscono sia quote del fondo nazionale del servizio civile, sia la specifica assegnazione annuale iscritta nel bilancio della Regione, sia gli appositi stanziamenti messi a disposizione da altri enti pubblici e fondazioni bancarie, sia, infine, le donazioni di soggetti pubblici e privati.

La confluenza nel fondo per il sistema regionale del servizio civile di quote delle risorse del fondo nazionale non implica, tuttavia, il denunciato finanziamento, con risorse nazionali, degli interventi del servizio civile regionale.

Al contrario, le quote delle risorse del fondo nazionale mantengono la loro originaria caratterizzazione finalistica, come è testimoniato dalla circostanza che le lettere a), b), e c) del comma 1 dell’impugnato art. 12 si riferiscono alle corrispondenti disposizioni del decreto legislativo n. 77 del 2002 (l’art. 4, comma 2, lettere b e c, e l’art. 9, comma 4), con ciò intendendo escludere qualsiasi sottrazione di fondi destinati al servizio civile nazionale.

Inoltre, l’espressione "appositi stanziamenti”, contenuta nella lettera e) del comma 1 del medesimo art. 12, comporta che i contributi e le donazioni di enti pubblici e fondazioni bancarie e di soggetti pubblici e privati in tanto vanno a costituire la dotazione del fondo per il sistema regionale del servizio civile (anziché del fondo nazionale per il servizio civile) in quanto il conferente abbia impresso quella specifica destinazione.

Così interpretate, le norme impugnate si sottraggono alle censure del ricorrente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7 (Disposizioni per la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia autonoma di Bolzano), limitatamente alle parole «per un periodo variabile da 6 a 12 mesi»;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera a), della predetta legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7, nella parte in cui demanda ad un regolamento di esecuzione la disciplina, tra i benefici previsti a favore dei volontari del servizio civile nazionale, anche dei crediti formativi per la formazione universitaria e professionale;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera b), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7, limitatamente alle parole «e i requisiti», nella parte in cui si riferiscono al servizio civile nazionale;

4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 7, 7, comma 1, lettere b), d) e f), 11 e 14, comma 1, lettera d), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 ottobre 2004, n. 7, sollevate, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettere d) ed e), terzo e quarto comma, e 119, sesto comma, della Costituzione, e agli artt. 8, 9 e 80 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, lettere a) ed e), 4, commi 1 e 2, lettera i), 5, comma 2, 6, comma 2, 7, commi 1, 4, 5, 6 e 7, 10, comma 1, lettera f), 12 e 13 della legge della Regione Marche 23 febbraio 2005, n. 15 (Istituzione del sistema regionale del servizio civile), sollevate, in riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera d), e 120, secondo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,  il 28 novembre 2005.

Annibale MARINI, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2005.