Sentenza n. 8 del 2004

 

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SENTENZA N. 8

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo                     CHIEPPA                  Presidente

- Gustavo                      ZAGREBELSKY      Giudice

- Valerio                        ONIDA                            “

- Carlo                           MEZZANOTTE              “

- Fernanda                    CONTRI                          “

- Guido                        NEPPI MODONA           “

- Piero Alberto             CAPOTOSTI                    “

- Franco                        BILE                                 “

- Giovanni Maria          FLICK                              “

- Francesco                   AMIRANTE                    “

- Ugo                            DE SIERVO                    “

- Romano                      VACCARELLA              “

- Paolo                          MADDALENA                “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 9, commi 2 e 3; 14, comma 5, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 recante (Disposizioni in materia di energia), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 17 gennaio 2003, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 2003.

  Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

  udito nell’udienza pubblica del 28 ottobre 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

  uditi l’avvocato dello Stato Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 17 gennaio 2003, depositato il 22 gennaio 2003 e iscritto al n. 6 del 2003 del registro ricorsi, ha impugnato l’art. 9 e l’art. 14, comma 5, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 (Disposizioni in materia di energia), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia del 20 novembre 2002, n. 47.

L’art. 9, dopo aver previsto la stipulazione da parte della Regione di accordi per la realizzazione, razionalizzazione ed ampliamento della capacità di trasmissione degli elettrodotti, anche transfrontalieri, sottopone ad autorizzazione unica regionale la realizzazione delle opere e infrastrutture connesse a detti interventi, disciplinandone anche il relativo procedimento di rilascio.

Le disposizioni contenute nell’art. 9 impugnato, a giudizio del ricorrente, invaderebbero il campo delle attribuzioni che il decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese) ha riservato allo Stato, tra le quali figurano anche le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione di energia, nonché le funzioni attinenti alle reti di trasporto di energia elettrica con tensione superiore a 150 KV (art. 2, comma 1, lettere c) ed h). In tale ambito rientrerebbero anche le reti di interconnessione con l’estero, poiché l’energia importata è ad alta tensione.

La norma censurata sarebbe costituzionalmente illegittima anche per violazione dell’art. 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), che attribuisce al gestore della rete di trasmissione nazionale l’attività di trasmissione dell’energia elettrica e la determinazione degli interventi di manutenzione e sviluppo della rete. Da questo punto di vista, la norma regionale violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto, attraverso la violazione delle norme statali di attuazione, avrebbe violato la normativa comunitaria dettata dalla direttiva n. 96/92/CE.

L’art. 14, comma 5, della legge regionale censurata dispone la sospensione, nelle more dell’approvazione del Piano energetico regionale (PER), delle procedure per l’autorizzazione della costruzione di nuovi impianti a biomasse. L’art. 6 della stessa legge regionale n. 30 del 2002 non stabilisce un termine entro il quale il PER entra in vigore. In tal modo, ad avviso del ricorrente, la norma impugnata sospenderebbe sine die la costruzione di nuovi impianti, così precludendo la libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.

Inoltre, la disposizione impugnata violerebbe l’art. 2, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 110 del 2002, che riserva allo Stato la definizione degli obiettivi e dei programmi nazionali in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico, nel cui ambito dovrebbe ritenersi rientrare anche la produzione a biomasse di energia elettrica.

2. – Si è costituita in giudizio la Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che la questione proposta sia dichiarata inammissibile e infondata e riservandosi di illustrare i motivi in separata memoria.

In prossimità dell’udienza la Regione Friuli-Venezia Giulia, ha depositato una memoria, nella quale premette di essere dotata di potestà legislativa concorrente in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, in virtù dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché dell’art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). La resistente afferma, inoltre, che le norme di attuazione dello statuto speciale contenute nel d.lgs. n. 110 del 2002, hanno trasferito alla Regione Friuli-Venezia Giulia tutte le funzioni in materia di energia concernenti le attività di ricerca, produzione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia, salvo le funzioni espressamente attribuite allo Stato dall’art. 2. Tra queste ultime, sono comprese anche le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione di energia (art. 2, comma 1, lettera. c), la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, salvo quelli che producono energia da fonti rinnovabili e da rifiuti, nonché le reti per il trasporto dell’energia elettrica con tensione superiore a 150 KV, il rilascio delle concessioni per l’esercizio delle attività elettriche di competenza statale e le reti di interesse nazionale di oleodotti e gasdotti (art. 2, comma 1, lettera h).

Ciò premesso, la difesa della Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene infondate le censure mosse dall’Avvocatura dello Stato avverso l’art. 9 della legge regionale n. 30 del 2002.

In primo luogo, si fa osservare che la riserva allo Stato delle determinazioni inerenti l’importazione ed esportazione di energia, contenuta nell’art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 110 del 2002, non comporterebbe l’attribuzione allo Stato di tutte le funzioni concernenti le linee di interconnessione con l’estero, ma solo il potere di decidere quanta energia si può importare (o, in astratto, esportare), imponendo vincoli alle Regioni.

In secondo luogo, osserva la resistente, il secondo comma dell’art. 9 impugnato non violerebbe le competenze statali, in quanto andrebbe riferito solo agli elettrodotti di competenza della Regione, cioè quelli aventi tensione non superiore a 150 KV, che ben possono essere, in concreto, anche transfrontalieri.

La resistente aggiunge che, se pure si ritenesse che tale norma si riferisca anche ad elettrodotti di competenza statale (cioè quelli con tensione superiore a 150 KV), sarebbe comunque da escludere qualunque dubbio di costituzionalità. Infatti l’art. 9, comma 2, non disporrebbe direttamente alcunché, né sarebbe in grado di pregiudicare le funzioni statali o del gestore della rete di trasmissione nazionale; esso si limiterebbe soltanto ad indicare agli organi regionali una possibile iniziativa per migliorare la capacità di trasmissione degli elettrodotti: ma tale iniziativa richiederebbe necessariamente il consenso degli enti competenti e dunque, qualora la competenza fosse statale, sarebbe comunque necessario l’accordo del gestore della rete di trasmissione nazionale e l’autorizzazione statale per la realizzazione di qualsiasi intervento.

In questi termini, il riferimento agli elettrodotti transfrontalieri anche di potenza superiore a 150 KV, costituirebbe esercizio della potestà legislativa regionale concorrente in materia di energia. Ma, anche a voler prescindere da tale titolo, il miglioramento della rete di trasmissione di energia rappresenterebbe un interesse che può essere perseguito dalla Regione, quale ente esponenziale della comunità regionale, anche al di fuori delle materie di sua competenza, secondo quanto riconosciuto anche dalla giurisprudenza costituzionale. La promozione di accordi non comporterebbe, infatti, l’esercizio di un potere autoritativo, ma costituirebbe solo un’attività di stimolo che rientra nella capacità generale della Regione in quanto ente rappresentativo degli interessi generali della comunità regionale ai sensi dell’art. 5 Cost.

Quanto al comma 3 dell’art. 9 impugnato, il quale prevede il rilascio di una autorizzazione unica per la realizzazione delle opere ed infrastrutture connesse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 2, la Regione resistente riconosce che esso si riferisce invece ad un potere autoritativo. Tuttavia, ad avviso della difesa regionale, tale norma dovrebbe intendersi riferita soltanto agli elettrodotti di competenza regionale, sia perché mancherebbe qualunque riferimento esplicito a quelli di competenza statale, sia perché in tale direzione condurrebbe comunque un’interpretazione della norma conforme a Costituzione.

In merito alla censura concernente l’art. 14, comma 5, nel quale sono sospese le procedure autorizzatorie per la costruzione di nuovi impianti a biomasse, rileva la Regione che tale disposizione è stata sostituita dall’art. 12, comma 3, della legge regionale 30 aprile 2003, n. 12 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003) non impugnato dallo Stato. La norma attualmente vigente prevede la possibilità di autorizzare la costruzione di nuovi impianti a biomasse, dettandone i criteri e le condizioni. Dal momento che la norma originaria censurata dal Governo sarebbe rimasta in vigore soltanto pochi mesi, ad avviso della Regione, dovrebbe ritenersi cessata la materia del contendere.

In ogni caso, sostiene ancora la difesa regionale, la disposizione impugnata avrebbe avuto carattere meramente transitorio, giustificato dalla assenza nella legislazione di un parametro definito in relazione al quale giudicare la possibilità di autorizzare gli impianti. L’art. 14 avrebbe costituito, anzi, legittimo esercizio della competenza regionale in materia ambientale e di governo del territorio, tenuto conto anche del fatto che la legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia), attribuisce alle Regioni il compito di predisporre il piano regionale per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e di individuare i bacini territoriali nei quali attuare gli interventi di sviluppo.

Insussistente sarebbe infine, secondo la Regione, la violazione dell’art. 2, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 110 del 2002, in quanto la norma impugnata non avrebbe inciso in alcun modo sulle funzioni programmatorie dello Stato.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 e dell’art. 14, comma 5, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 (Disposizioni in materia di energia).

La prima delle due disposizioni impugnate, ad avviso del ricorrente, invaderebbe il campo delle attribuzioni che il decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento delle funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese) ha riservato allo Stato, tra le quali figurano anche le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione di energia, nonché le funzioni attinenti alle reti di trasporto di energia elettrica con tensione superiore a 150 KV (art. 2, comma 1, lettere c) e h). In secondo luogo, la citata norma regionale violerebbe l’art. 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), che attribuisce al gestore della rete di trasmissione nazionale l’attività di trasmissione dell’energia elettrica e la determinazione degli interventi di manutenzione e sviluppo della rete. Da questo punto di vista, la norma impugnata contrasterebbe con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto, attraverso la violazione delle norme statali di attuazione, avrebbe violato la normativa comunitaria dettata dalla direttiva n. 96/92/CE.

L’art. 14, comma 5, invece, sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto sospenderebbe sine die la costruzione di nuovi impianti di produzione di energia a biomassa, così precludendo la libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.

La disposizione impugnata violerebbe altresì l’art. 2, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 110 del 2002, che riserva allo Stato la definizione degli obiettivi e dei programmi nazionali in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico, nel cui ambito dovrebbe ritenersi rientrare anche la produzione a biomasse di energia elettrica.

2. – Preliminarmente, deve essere dichiarata la inammissibilità della censura mossa dal ricorrente avverso l’art. 9 della legge regionale impugnata, con riferimento all’art. 3, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 79 del 1999, nonché all’art. 117, primo comma, Cost.

Infatti, la Presidenza del Consiglio si limita ad affermare che la violazione delle norme statali di attuazione contenute nel d.lgs. n. 79 del 1999 avrebbe determinato automaticamente la violazione della normativa comunitaria contenuta nella direttiva n. 96/92/CE; di qui l’asserita violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.

Tuttavia, il ricorrente ha fatto esclusivo riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., nel testo modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, senza minimamente argomentare per quale ragione non dovesse essere considerato – trattandosi dell’impugnazione di una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia – il relativo statuto speciale, le cui disposizioni sono pienamente in vigore. La assoluta mancanza di una tale valutazione determina la conseguenza della inammissibilità della censura nei termini in cui è formulata, conformemente a quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. sentenza n. 213 del 2003).

Del resto, la stessa presunta violazione degli obblighi comunitari non risulta affatto argomentata, essendosi limitato il ricorrente ad una mera giustapposizione della disciplina contenuta nell’art. 7 della direttiva n. 96/92/CE e della disciplina di attuazione contenuta nell’art. 3, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 79 del 1999, senza l’individuazione specifica dei profili di contrasto.

3. – Per affrontare la questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 9 della legge regionale impugnata, in relazione alla presunta violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 110 del 2002, occorre svolgere alcune considerazioni preliminari.

Deve notarsi, innanzi tutto, come dalla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), non sia desumibile l’esistenza di alcuna competenza legislativa della Regione in relazione alla materia dell’energia elettrica.

Va tuttavia rilevato che, come stabilisce l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), “sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”. In base all’art. 117, terzo comma, Cost. spetta alle Regioni la potestà legislativa nella materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, da esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato. Conseguentemente, non possono sussistere dubbi sulla necessità di riconoscere la medesima potestà legislativa anche alla Regione Friuli-Venezia Giulia.

4. – E’ a questo punto possibile pronunziarsi in relazione al preteso contrasto dell’art. 9 della legge regionale impugnata con l’art. 2 del d.lgs. n. 110 del 2002.

La questione non è fondata.

L’art. 1 del d.lgs. n. 110 del 2002 ha trasferito alla Regione Friuli-Venezia Giulia “tutte le funzioni in materia di energia che concernono le attività di ricerca, produzione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia, salvo quelle espressamente previste dall’art. 2”. Quest’ultimo riserva allo Stato, tra le altre, le funzioni concernenti “le determinazioni inerenti l’importazione, l’esportazione e lo stoccaggio di energia limitatamente allo stoccaggio di metano in giacimento”, nonché “la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, salvo quelli che producono energia da fonti rinnovabili di energia e da rifiuti ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché le reti per il trasporto dell’energia elettrica con tensione superiore a 150 KV, il rilascio delle concessioni per l’esercizio delle attività elettriche di competenza statale, e le reti di interesse nazionale di oleodotti e gasdotti”.

La disposizione impugnata, invece – dopo aver previsto la possibilità, per la Regione, della stipulazione di accordi “con l’ente competente e con i proprietari della rete o di tratti di rete al fine di realizzare, razionalizzare e ampliare la capacità di trasmissione degli elettrodotti, anche transfrontalieri” (art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 110 del 2002) – dispone che “le opere connesse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 2 sono soggette ad autorizzazione unica rilasciata nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alle disposizioni statali e regionali previste per l’istituto della conferenza di servizi” (art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 110 del 2002).

Secondo la prospettazione del ricorrente, tale ultima disposizione violerebbe le competenze statali nella materia dell’energia elettrica, in quanto pretenderebbe di regolare anche l’esercizio di funzioni amministrative riservate allo Stato, quali quelle concernenti le reti di trasporto dell’energia elettrica con tensione superiore ai 150 KV e le determinazioni concernenti l’importazione e l’esportazione dell’energia.

Deve però essere notato che – nel quadro di una interpretazione sistematica delle disposizioni cui si è appena fatto riferimento – non c’è nulla che autorizzi a ritenere che l’art. 9 impugnato in questa sede abbia come effetto quello di estendere quanto da esso disposto anche agli elettrodotti che l’art. 2 del d.lgs. n. 110 del 2002 affida alla competenza dello Stato.

In concreto, è ben possibile – come ha notato la difesa della Regione – che gli elettrodotti di competenza di quest’ultima (quelli con tensione non superiore a 150 KV) siano anche transfrontalieri; e del resto, ad essere riservata allo Stato, ai sensi dell’art. 2, lettera c) del d.lgs. n. 110 del 2001, è solo la competenza a dettare “le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione” dell’energia.

Conseguentemente, deve ritenersi che il comma 2 dell’art. 9 della legge regionale impugnato, nel prevedere la possibilità di accordi al fine di migliorare la capacità di trasmissione degli elettrodotti, si riferisca esclusivamente a quelli di competenza regionale ai sensi degli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 110 del 2002. Allo stesso modo, anche i successivi commi 3 e 4 – nei quali si prevede l’esistenza di una autorizzazione unica regionale, avente efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, per “le opere e le infrastrutture connesse alla realizzazione degli interventi di cui al comma 2” – non possono che riferirsi alle opere di competenza della Regione.

Merita di essere evidenziato, peraltro, che, nel caso in cui gli accordi in questione e le relative opere riguardino elettrodotti transfrontalieri, gli organi regionali dovranno ovviamente uniformarsi alle determinazioni adottate dalle competenti autorità statali, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, lettera c), del d.lgs. n. 110 del 2002.

5. – Resta da affrontare la questione concernente la presunta illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 2002.

Ai sensi dell’originario testo della disposizione impugnata “nelle more dell’approvazione del Piano energetico regionale sono sospese le procedure autorizzatorie per la costruzione di nuovi impianti a biomassa”. Secondo il ricorso statale – anche in considerazione della circostanza secondo la quale l’art. 6 della legge regionale n. 30 del 2002, che disciplina la adozione del P.E.R., non pone un termine entro il quale quest’ultimo deve entrare in vigore – tale disposizione avrebbe determinato una lesione dell’art. 41 della Costituzione, “in quanto svuota sostanzialmente di contenuto la libertà di iniziativa economica”, nonché la violazione dell’art. 2, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 110 del 2002, ai sensi del quale compete allo Stato la definizione e gli obiettivi concernenti la politica energetica nazionale “in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico”.

In questa sede, tuttavia, non è priva di rilievo – come del resto ha notato anche la difesa della Regione nella memoria depositata in prossimità dell’udienza – la intervenuta modifica della disposizione impugnata, ad opera dell’art. 12, comma 3, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 aprile 2003, n. 12 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria 2003). In base all’art. 14, comma 5, della legge regionale impugnata, nel testo attualmente in vigore, “nelle more di approvazione del P.E.R., la costruzione di nuovi impianti a biomasse può essere autorizzata a condizione che l’impianto sia ubicato a una distanza non inferiore a 2 chilometri da terreni agricoli adibiti a colture pregiate, come individuate dall’art. 1 della legge regionale 30 dicembre 1967, n. 29 (Provvedimenti per lo sviluppo delle colture pregiate) e dall’articolo 41 della legge regionale 17 luglio 1992, n. 20 (Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 29 marzo 1988, n. 16, in materia di apicoltura e alla legge regionale 20 novembre 1982, n. 80, concernente il Fondo di rotazione regionale. Norme di interpretazione, modificazione ed integrazione di altre leggi regionali nel settore dell’agricoltura. Interventi di razionalizzazione, ammodernamento e sviluppo di alcuni comparti produttivi del settore primario)”.

La nuova norma regionale, dunque, non esclude più la possibilità di porre in essere procedure autorizzatorie per impianti a biomassa nelle more dell’approvazione del P.E.R., limitandosi a dettare alcune norme che rispondono all’esigenza di tutelare rilevanti interessi concorrenti. Conseguentemente, deve ritenersi che la sopravvenienza normativa abbia inciso radicalmente sui termini della sollevata questione, sì da rispondere alle doglianze proposte dal ricorrente, facendo venir meno la necessità di una pronunzia della Corte (si vedano, al riguardo, le ordinanze n. 347 del 2001 e n. 443 del 2002).

Per tali ragioni, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla questione concernente la presunta illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 2002.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 (Disposizioni in materia di energia), sollevata in riferimento all’art. 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), nonché all’art. 117, primo comma, della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 (Disposizioni in materia di energia), sollevata in riferimento all’art. 2 del decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese), con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 2002, n. 30 (Disposizioni in materia di energia), sollevata in riferimento all’art. 2, lettera m), del decreto legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di energia, miniere, risorse geotermiche e incentivi alle imprese), nonché in riferimento all’art. 41 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.