Sentenza n. 313/2003

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SENTENZA N. 313

ANNO 2003

Commenti alla decisione di

I. Enzo Balboni, Il ruolo degli Statuti:«l’autonomia è la regola; i limiti sono l’eccezione» (per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)

 

II. Demis Bessi, La titolarità del potere regolamentare regionale: la scelta spetta agli Statuti (sul sito di Consulta OnLine)

 

III. Vincenzo Cocozza, Osservazioni in tema di potestà regolamentare dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 313 del 2003 (per gentile concessione della Rivista telematica federalismi.it)

 

IV. Leonardo Salvemini, Ulteriori riflessioni sulla sentenza della Corte costituzionale n. 313/03 (per gentile concessione della Rivista telematica federalismi.it)

 

V. Alberto Lucarelli, Forme di governo e potere regolamentare nel regime transitorio regionale (per gentile concessione della Rivista telematica federalismi.it)

 

VI. Antonio Ruggeri, L'autonomia statutaria al banco di prova del riordino del sistema regionale delle fonti  (per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)

 

VII. Enzo Balboni , La potestà regolamentare regionale nel quadro dell’autonomia statutaria (per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Riccardo                   CHIEPPA                   Presidente

- Gustavo                    ZAGREBELSKY        Giudice

- Valerio                      ONIDA                       "

- Carlo                        MEZZANOTTE          "

- Fernanda                   CONTRI                     "

- Guido                        NEPPI MODONA     "

- Piero Alberto            CAPOTOSTI              "

- Annibale                    MARINI                     "

- Franco                     BILE                           "

- Giovanni Maria          FLICK                        "

- Ugo                          DE SIERVO               "

- Romano                    VACCARELLA          "

- Alfio                          FINOCCHIARO        "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 3, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale), e degli articoli 1, comma 3, lettera b), e 3, comma 12, della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 15 marzo e il 7 maggio 2002, depositati in cancelleria il 25 marzo e il 16 maggio successivi e iscritti ai nn. 29 e 34 del registro ricorsi 2002.

      Visti gli atti di costituzione della Regione Lombardia;

      udito nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2003 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

      uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia. 

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 15 marzo 2002, depositato il successivo 25 marzo (reg. ricorsi n. 29 del 2002), il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale).

1.1. – L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del ricorrente, evidenzia come la legge impugnata, nell’istituire il Corpo forestale regionale, attribuisca a quest’ultimo funzioni che incidono su competenze riservate, dall’art. 117, secondo comma, della Costituzione, alla legislazione esclusiva dello Stato.

In particolare, dalle competenze di cui all’art. 117, secondo comma, lettere s) ("tutela dell’ambiente, dell’ecosistema") e q) ("profilassi internazionale"), dovrebbe ricavarsi la persistente spettanza allo Stato, e per esso al Corpo forestale dello Stato, di molte funzioni – già attribuite da leggi ordinarie – nelle menzionate materie, tra le quali il ricorrente indica, a titolo esemplificativo, "le funzioni in tema di sorveglianza sulle aree protette e sulle riserve naturali di rilievo nazionale ed internazionale di collaborazione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per i compiti di cui agli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 300 del 1999, di commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, di repressione degli illeciti in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, di vigilanza venatoria, di tutela del patrimonio genetico degli ecosistemi vegetali, e in generale di polizia specializzata nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema".

A escludere il contrasto con i parametri costituzionali invocati non sarebbero d’altra parte idonee, sempre ad avviso del ricorrente, né la delimitazione alle "materie di competenza regionale" contenuta nell’art. 1, comma 1, della legge impugnata, che istituisce il Corpo regionale, né la salvezza di specifiche competenze statali in via di "eccezione" [ art. 2, comma 2, lettera b)] , né infine l’espressione "per gli aspetti di competenza regionale" utilizzata dall’art. 2, comma 3, in relazione alle attività di supporto alla Regione nei settori indicati dalla medesima disposizione.

Aggiunge il ricorrente che una eventuale attribuzione, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, di funzioni amministrative nella materia in questione al Corpo forestale lombardo potrebbe essere prevista soltanto da legge organica dello Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, "anche per prevenire altrimenti probabili conflitti in casi concreti".

Riservandosi di più ampiamente argomentare sul punto, l’Avvocatura dello Stato (a) segnala che la modifica dei parametri costituzionali sopra menzionati ha inciso su preesistenti disposizioni di rango legislativo (titolo III, capi III e IX, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112) e regolamentare (d.P.C.m. 11 maggio 2001), per le quali ultime si potrebbe delineare la necessità di una loro "riconsiderazione", e (b) rileva che la funzione "lotta attiva contro gli incendi boschivi" non può essere affidata in via esclusiva al Corpo forestale regionale, stante il disposto dell’art. 107 del decreto legislativo n. 112 del 1998.

1.2. – Il ricorrente rileva che l’art. 1, comma 2, della legge impugnata affida a fonte regolamentare regionale la disciplina dell’organizzazione del Corpo forestale regionale. Della disposizione si censura, in particolare, l’attribuzione (comma 2) del potere di emanare tale regolamento alla Giunta regionale, anziché al Consiglio, competente a norma dell’art. 6, primo comma, dello statuto della Regione Lombardia (legge 22 maggio 1971, n. 339). La previsione dell’emanazione di un regolamento regionale è ritenuta inoltre lesiva dell’art. 48, commi secondo e terzo, dello statuto, a norma del quale avrebbe dovuto essere la stessa legge istitutiva del Corpo forestale a provvedere alla individuazione dei "principali connotati organizzativi del Corpo anche per quanto attiene alle relazioni tra esso e l’apparato amministrativo per così dire ordinario della Regione", in attuazione delle menzionate disposizioni statutarie.

E, ancora con riferimento alla normativa di attuazione della legge impugnata, il ricorrente deduce l’oscurità del "riparto di contenuti tra l’"apposito regolamento" di cui al comma 2 ed il "successivo provvedimento", sempre di Giunta, di cui al comma 3 dell’art. 1", sottolineando come non sia indifferente che regole siano poste con legge regionale, con regolamento del Consiglio, o invece con atto – comunque denominato – della Giunta regionale.

1.3. – Relativamente all’art. 2, comma 5, della legge regionale n. 2 del 2002 impugnata, che prevede l’intervento del Corpo forestale regionale "in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi […] omettano di intervenire", il Presidente del Consiglio dei ministri rileva come, anche per l’assenza di garanzie procedimentali, tale intervento di un apparato regionale sia in contrasto con l’art. 120, secondo comma, della Costituzione, e lesivo delle autonomie locali "ora più fortemente garantite" dall’art. 114, commi primo e secondo, della Costituzione.

1.4. – Una censura analoga a quella che precede è poi mossa nei confronti dell’art. 3 della legge impugnata, laddove, ai fini dell’esercizio di determinate funzioni da parte del neo-istituito Corpo regionale, "è prevista solo la adesione (o non adesione) degli enti locali a convenzioni quadro unilateralmente predisposte dalla Regione".

1.5. – Il ricorrente denuncia, infine, l’art. 4, comma 3, della legge regionale, in quanto "palesemente" contrastante con l’art. 117, secondo comma, lettere h) (ai sensi della quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di "ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale") e l) (che prevede analoga competenza statale in materia di "giurisdizione e norme processuali").

Il contrasto con i suddetti parametri deriverebbe, per un verso, dalla attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria al personale del Corpo appartenente alle qualifiche individuate con il regolamento (di Giunta) di cui all’art. 1, comma 2, della stessa legge e, per altro verso, dalla previsione secondo cui al medesimo personale può essere riconosciuta la qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza secondo quanto previsto dalla vigente normativa statale in materia. Si sostiene nel ricorso che "l’inclusione di questo (o di altro apparato) tra le "forze di polizia" potrebbe eventualmente essere stabilita da legge dello Stato, e soltanto da essa", con il che se e fino a quando tale inclusione non si abbia, al personale in discorso non potrebbero mai riconoscersi le qualifiche anzidette: in quest’ottica, non potrebbe altresì escludersi che il legislatore statale operasse differenti scelte, con la modifica del comma 3 dell’art. 57 del codice di procedura penale, senza dovere incontrare alcun limite in una qualsivoglia competenza regionale, ragione che induce a ritenere la disposizione della legge impugnata, "oltre che costituzionalmente illegittima, anche inutiliter data".

2. – Si è costituita nel giudizio così promosso la Regione Lombardia.

2.1. – Per dimostrare l'infondatezza delle censure mosse nei confronti dell’art. 1, comma 1, e dell’art. 2 della legge regionale lombarda n. 2 del 2002, la difesa della resistente si sofferma (a) sulla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), (b) sulla conseguente distribuzione costituzionale delle competenze statali e regionali nelle materie disciplinate dalla legge regionale impugnata, e (c) sugli effetti prodotti dalla riforma costituzionale rispetto alla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della citata legge costituzionale n. 3 del 2001.

(a) La Regione sottolinea come, anteriormente all’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, la distribuzione tra lo Stato e le Regioni delle competenze in materia di foreste, agricoltura e Corpo forestale fosse da poco stata definita dai decreti legislativi di attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, e in particolare dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale), che aveva disposto un primo sostanziale trasferimento alle Regioni dei compiti fino ad allora svolti dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, tale per cui al (neo istituito) Ministero per le politiche agricole il medesimo decreto legislativo n. 143 del 1997 riservava esclusivamente compiti di elaborazione e coordinamento delle linee di politica agricola, agro-industriale e forestale in coerenza con quella comunitaria.

Il successivo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), aveva trasferito espressamente alle Regioni le competenze esercitate dal Corpo forestale dello Stato, salvo quelle necessarie all’esercizio delle funzioni di competenza statale.

Il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), poi, aveva trasferito le materie già di competenza del Ministero per le politiche agricole al Ministero dell’ambiente, senza con ciò dar luogo ad alcun ampliamento delle competenze in materia di polizia forestale da riservarsi all’apparato statale.

Finalmente, il d.P.C.m. 11 maggio 2001 (Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143), trasferiva alle Regioni una quota pari al settanta per cento del personale appartenente alla dotazione organica del Corpo forestale dello Stato; conseguentemente, si lasciavano allo Stato i compiti volti ad assicurare l’unitarietà operativa del Corpo, oltre a quelli inerenti alla formazione e all’addestramento anche del personale regionale, e si trasferivano alle Regioni le dotazioni necessarie allo svolgimento delle funzioni cui queste venivano chiamate.

(b) Ciò premesso, la Regione sottolinea come la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione abbia profondamente innovato la preesistente distribuzione delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, incidendo, tra l’altro, anche sull’assetto delle materie di cui alla legge impugnata.

La materia "foreste", di competenza concorrente secondo la redazione originaria dell’art. 117, non è più menzionata nel nuovo testo, dal che dovrebbe dedursi la potestà legislativa esclusiva delle Regioni; analoga deduzione dovrebbe condurre ad attribuire alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di "agricoltura"; altre materie, quali quelle della "tutela della salute", l’"alimentazione", la "protezione civile", il "governo del territorio", la "valorizzazione dei beni ambientali", cui sarebbero riconducibili alcune aree nelle quali, ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge regionale n. 2 del 2002, dovrebbe operare il Corpo forestale regionale, sono invece incluse nel catalogo di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, trattandosi di competenze concorrenti.

Alla luce di tali rilievi, ad avviso della resistente dovrebbe escludersi che il riferimento operato alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, quale competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma), possa essere letto alla stregua di un richiamo ad una "materia unitaria, dotata di una sua unità oggettiva", ma dovrebbe essere semmai interpretato come una norma nella quale trova fondamento il potere dello Stato di intervenire a tutela delle esigenze di carattere unitario, da far valere principalmente nel settore organico "ambiente, territorio e infrastrutture".

Per giungere a questa conclusione, la Regione deduce argomenti, oltre che dalla "consolidata giurisprudenza costituzionale sulla nozione di ambiente", dalla ratio della riforma contenuta nella legge costituzionale n. 3 del 2001, tesa a rafforzare il principio di autonomia.

Per quel che attiene alla materia della "profilassi internazionale", la sua inclusione tra le materie di competenza esclusiva statale, anche al fine di evitare ogni "espropriazione" di competenze a danno delle Regioni, dovrebbe essere interpretata come "attribuzione allo Stato delle decisioni a livello nazionale, in materia di profilassi internazionale", impregiudicata restando la competenza regionale coinvolgente decisioni di livello locale, peraltro connesse alla materia della tutela della salute, di competenza concorrente, nella quale non potrebbe non comprendersi, oltre che la salute umana, anche la "sanità veterinaria".

(c) La disciplina costituzionale, così come revisionata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, configura in modo variabile il potere legislativo regionale in ordine alle materie nelle quali la legge impugnata prevede che il Corpo forestale regionale debba esercitare la propria attività. Da ciò deriva, come ammette la stessa Regione, "un regime differenziato a seconda delle singole materie implicate" (talune di competenza esclusiva, altre di competenza concorrente), e una diversa estensione dei limiti che alla Regione si pongono.

A parere della resistente, tuttavia, nel caso di specie la legge regionale n. 2 del 2002, pur dettando norme sia in ordine a materie di potestà esclusiva che a materie di potestà concorrente, si sarebbe limitata a dare attuazione concreta ai principi già fissati dai decreti legislativi n. 143 del 1997 e n. 112 del 1998, con il che il legislatore regionale neppure avrebbe "sfruttato gli spazi" offertigli dalla riforma del Titolo V, non avendo esercitato di fatto la competenza legislativa esclusiva in materia di foreste ed agricoltura ed essendosi attenuto, nelle materie di potestà concorrente, ai principi fondamentali della legislazione statale.

D’altra parte, prosegue la Regione, una ragione di illegittimità costituzionale non potrebbe essere dedotta dalla "sopravvenuta illegittimità costituzionale ovvero caducazione" dei principi fissati dalla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, e ciò tanto, ovviamente, nelle materie di competenza esclusiva, quanto in quelle di competenza concorrente, giacché "nessun dubbio può sussistere sul fatto che la potestà legislativa regionale è immediatamente esercitabile, non dovendo essere attese nuove leggi-quadro e potendo essere i principi ricavati dalla legislazione vigente", alla stregua del "principio di continuità […] riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale".

2.2. – La Regione sostiene poi l’infondatezza anche della censura mossa sull’art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata, nella parte in cui attribuisce alla Giunta il potere di disciplinare con atto regolamentare l’organizzazione del Corpo forestale regionale.

Ad avviso della resistente, la revisione dell’art. 121 della Costituzione, operata con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, che ha abrogato le parole "e regolamentari" dalla definizione del novero delle potestà del Consiglio regionale, sarebbe chiara nella sua ratio: nella sottrazione, cioè, al Consiglio regionale delle competenze regolamentari. Da ciò l’insostenibilità dell’interpretazione proposta nel ricorso, secondo cui la persistente vigenza delle norme degli statuti ordinari che attribuiscono il potere regolamentare ai Consigli si opporrebbe ad un immediato affidamento di tale potere alle Giunte.

A sostegno della tesi contraria, la Regione deduce numerosi argomenti, "sia teorici, sia di interpretazione sistematica del nuovo testo costituzionale", quali, in particolare: (a) l’impossibilità di dedurre dalla previsione di disposizioni transitorie, limitatamente ad alcune delle modifiche, la voluntas legis di rinviare l’entrata in vigore delle altre disposizioni al momento dell’emanazione dei nuovi statuti regionali, dovendosi invece procedere alla "disapplicazione" immediata delle norme statutarie divergenti dal nuovo testo costituzionale, prima ancora della modifica dello statuto; (b) la non decisività della mancata esplicita attribuzione alle Giunte del potere regolamentare, "giacché una simile previsione non è rinvenibile in Costituzione neppure in relazione alla potestà regolamentare del Governo"; (c) la previsione del potere di "emanazione" (e non più di "promulgazione") dei regolamenti da parte del Presidente della Giunta regionale, ciò che implicherebbe "l’idea di una qualche forma di partecipazione al procedimento di formazione dell’atto da parte del Capo dell’esecutivo regionale"; (d) il mantenimento della qualifica della Giunta quale organo esecutivo della Regione, che dovrebbe essere letto come un chiaro indice dell’imputazione alla stessa Giunta del potere regolamentare, stante la circostanza che "la dottrina maggioritaria ritiene che la potestà regolamentare di esecuzione delle leggi costituisca una prerogativa intrinseca ai compiti spettanti al Governo, quale potere esecutivo", ora non più ostacolata dalla norma derogatoria contenuta nella redazione originaria dell’art. 121 della Costituzione; (e) il rilievo che la modifica intervenuta si porrebbe in piena concordanza con l’interpretazione restrittiva che della disciplina preesistente era stata propugnata, sia nei lavori dell’Assemblea costituente, sia nella giurisprudenza costituzionale, la quale ultima "ha sì ritenuto costituzionalmente illegittime le leggi regionali attributive di potestà normativa secondaria alle Giunte, ma ha tradizionalmente lasciato via libera alle leggi regionali attributive alle Giunte di poteri amministrativi da cui scaturissero atti amministrativi generali"; (f) i lavori preparatori della legge costituzionale n. 1 del 1999, che evidenzierebbero chiaramente la volontà di trasferire, a seguito dell’abrogazione delle parole "e regolamentari", la potestà regolamentare dai Consigli agli organi esecutivi delle Regioni.

Nella misura in cui la potestà regolamentare sia da intendersi come insita nella funzione esecutiva, la resistente ritiene che i limiti che si impongono allo statuto regionale secondo l’art. 123 della Costituzione, e segnatamente il limite della necessaria "armonia" con la Costituzione, escludono che, "nell’esercizio della potestà statutaria, le Regioni possano ridistribuire la funzione normativa tra gli organi regionali in una maniera diversa da quella che attribuisce al Consiglio la funzione legislativa e alla Giunta quella regolamentare".

La difesa della Regione Lombardia sottolinea, inoltre, come la tesi della immediata titolarità della potestà regolamentare in capo alla Giunta regionale sia stata "inizialmente accolta" anche dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, e ciò sia in un parere del 15 marzo 2000 del Dipartimento affari regionali, sia in una direttiva ai Commissari del Governo, redatta dal medesimo Dipartimento in data 17 marzo 2000, sia infine nel rinvio, in data 22 marzo 2000 (cui avrebbero fatto seguito altri di analogo tenore), di una delibera legislativa della Regione Veneto, basato sul rilievo che una disposizione di essa, nel demandare al Consiglio regionale l’approvazione del regolamento di attuazione di talune disposizioni normative, "contrasta[va] con i principi generali dell’ordinamento in tema di riparto di competenze fra gli organi regionali secondo i quali l’esercizio delle competenze regolamentari spetta alla Giunta regionale, così come si desume dal nuovo testo dell’art. 121 Cost.". Conformemente a tale orientamento, alcune Commissioni statali di controllo sugli atti amministrativi delle Regioni avrebbero "uniformemente" annullato regolamenti adottati dai Consigli regionali.

L’attribuzione alla Giunta, e non al Consiglio, della potestà regolamentare si renderebbe peraltro necessaria, ad avviso della Regione, a seguito del notevole ampliamento dell’ambito di applicazione della potestà regolamentare regionale, che postulerebbe, anche ai fini del soddisfacimento del principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, l’esercizio di tali competenze da parte di un "un organo diverso da quello al quale è attribuita la potestà legislativa", giacché "non avrebbe senso […] ampliare la potestà legislativa regionale, fino a farla diventare potestà legislativa generale, per poi ricadere nell’errore della confusione tra potestà legislativa e potestà regolamentare".

Una volta argomentata la voluntas legis volta ad attribuire la spettanza alla Giunta regionale della potestà regolamentare, a seguito della revisione dell’art. 121 della Costituzione, la Regione sottolinea come debba procedersi alla disapplicazione dell’art. 6 dello statuto della Lombardia, a ciò inducendo il "consolidato orientamento" della giurisprudenza costituzionale "in base al quale il fenomeno della invalidità e quello dell’abrogazione coesistono, dipendendo dalla puntualità della norma costituzionale sopravvenuta l’abrogazione o meno della norma ordinaria preesistente". In quest’ottica, la Regione richiama recenti pronunce della Corte costituzionale relative alla sopravvenienza del nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione, e segnatamente la sentenza n. 440 del 2000, nella quale si afferma che "i precetti costituzionali si pongono rispetto alla legge ordinaria non solo come parametri di legittimità, ma, prima ancora, come essenziali punti di riferimento dell’interpretazione conforme a Costituzione della disciplina sottoposta a scrutinio di costituzionalità".

Inoltre, a ulteriore sostegno delle argomentazioni svolte, la resistente menziona la decisione del Consiglio di Stato con la quale è stata accolta, previa delibazione sul merito del ricorso in appello, la richiesta di sospensione di una sentenza del TAR della Lombardia, n. 868 del 2002, la quale aveva annullato un atto regolamentare approvato dalla Giunta regionale, sul presupposto che, fino alla modifica dello statuto regionale, la potestà regolamentare spetterebbe ancora ai Consigli regionali.

Conclusivamente, la Regione evidenzia come le censure mosse dalla parte ricorrente nei confronti dell’art. 1, comma 2, della legge impugnata non potrebbero in alcun modo trovare fondamento, in quanto "non può comunque escludersi che nella fase transitoria, prima della approvazione dei nuovi statuti, le Giunte siano titolari della potestà regolamentare". L’analisi della forma di governo, infatti, manifesterebbe la necessità, sin dalla fase transitoria, e "almeno fino all’ipotetica e non certa approvazione dei nuovi statuti regionali", di "superare i limiti di un modello quasi assembleare in favore di un rafforzamento dell’esecutivo": la "naturale connessione" tra forma di governo e sistema delle fonti si tradurrebbe, dunque, nella necessità di scindere le competenze legislative da quelle regolamentari, quanto meno perché sarebbe "del tutto inutile" introdurre l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e rendere la formazione della Giunta autonoma dal Consiglio, mantenendo al contempo in capo a quest’ultimo la guida politica e l’amministrazione della Regione.

Circa la questione inerente all’art. 1, comma 3, della legge impugnata, relativamente alla asserita "oscurità" del riparto di contenuti tra il regolamento di cui al comma 2 ed il "successivo provvedimento" di Giunta, la Regione, per argomentare l’infondatezza della questione, precisa che la scelta di provvedere alla istituzione della struttura organizzativa del Corpo forestale regionale con atto amministrativo "dipende dalla natura non normativa dei contenuti di tale atto".

E in ordine all’ulteriore obiezione mossa nei confronti dell’art. 1, comma 3, della legge impugnata, derivante dalla mancata previsione di norme attuative dell’art. 48 dello statuto regionale, la Regione assume la non pertinenza del richiamo alla disposizione statutaria, in quanto quest’ultima, nel regolare i poteri della Regione sugli enti o aziende, da essa direttamente istituiti, dotati di autonomia organizzativa e funzionale, non può applicarsi al Corpo forestale regionale, in quanto esso null’altro sarebbe che "un apparato al servizio diretto della Regione, che non esercita un’attività economica", privo di "una struttura assimilabile a quella dei suddetti enti".

2.3. – La Regione sostiene l’infondatezza anche della censura mossa nei confronti dell’art. 2, comma 5, della legge impugnata, nella parte in cui prevede l’intervento del Corpo forestale regionale in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi omettano di intervenire. Nell’atto di costituzione si evidenzia l’attribuzione al Corpo forestale regionale, da parte del comma 4 del medesimo articolo, anche di attività di supporto a favore delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e di altri enti pubblici, negli ambiti materiali descritti dalla medesima norma: tale possibilità di intervento non lederebbe le competenze locali, ma semplicemente andrebbe ad aggiungersi a esse, eventualmente integrandole – nel rispetto dei principi sanciti dal decreto legislativo n. 112 del 1998 e dalla successiva legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1 – in caso di inerzia.

Il potere così configurato, oltre che in linea con la statuizione di un potere sostitutivo regionale in caso di inattività degli enti locali, non sarebbe lesivo del principio di leale collaborazione richiamato dall’art. 120 della Costituzione, poiché la legge regionale impugnata prevede che il Corpo forestale regionale intervenga, in via sostitutiva, "previa segnalazione all’ente competente" (concedendo quindi un’ulteriore possibilità per il medesimo di attivarsi) e, in ogni caso, a intervento eseguito, è previsto l’obbligo del Corpo forestale di dare notizia all’ente competente "degli accertamenti eseguiti, dei rilievi effettuati e dei provvedimenti adottati".

Tale procedura di "raccordo e concertazione", dunque, non andrebbe ad incidere sulle competenze amministrative degli enti locali, né, d’altro canto, sarebbe lesiva delle competenze legislative statali, nella misura in cui la legge regionale "si limita […] a prevedere la possibilità che il Corpo forestale si attivi a tutela dell’ambiente nei casi in cui gli enti locali competenti omettano di intervenire", senza sovrapporsi, in tal modo, alla potestà disciplinata dall’art. 120 della Costituzione, relativa ad "una forma di intervento statale sostitutivo ben più importante" che si attua a garanzia del rispetto delle norme e dei trattati comunitari, ovvero a tutela dei principi di unità giuridica e economica del paese, o quando ancora sopravvengano ragioni di sicurezza e incolumità pubblica.

Con riferimento all’ulteriore profilo di censura (ritenuto privo di "qualsivoglia motivazione") della stessa disposizione, relativo alla violazione dell’art. 114 della Costituzione, la resistente ribadisce che la previsione del potere sostitutivo è limitata all’ambito delle materie di competenza regionale o, comunque, "connesso a materie tradizionalmente di competenza regionale". L’asserita esistenza di una "procedura concertativa", d’altro canto, dimostrerebbe il rispetto prestato dalla legge regionale alle funzioni conferite alle autonomie locali, delle quali, anche ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 143 del 1997, la Regione deve assicurare "l’esercizio unitario".

2.4. – Infondata, ad avviso della Regione, sarebbe anche la questione relativa all’art. 3, comma 2, della legge impugnata, nella parte in cui prevede solo l’adesione degli enti locali alle convenzioni quadro predisposte dalle Regioni. La denunciata assenza di un’adeguata partecipazione degli enti locali nella fase di redazione della convenzione, che lascerebbe agli enti medesimi solo la scelta di aderire o di non aderire, troverebbe una smentita nella circostanza che le suddette convenzioni sarebbero stipulate con le associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali nel pieno rispetto del contraddittorio tra enti, oltre che previo parere, sugli schemi di convenzione, della conferenza regionale delle autonomie.

2.5. – Infondata sarebbe, sempre secondo la Regione, anche la censura mossa nei confronti dell’art. 4, comma 3, della legge impugnata, nella parte in cui attribuisce la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria a determinato personale del Corpo forestale regionale e nella parte in cui prevede che al medesimo personale possa essere attribuita la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza.

Sostiene la resistente che "la norma è […] rispettosa dei confini di azione del Corpo forestale regionale", limitando l’attribuzione della qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria ai soli casi in cui il Corpo forestale esercita le specifiche funzioni ad esso attribuite dall’art. 2 della legge impugnata, funzioni assegnate nell’esercizio della potestà legislativa regionale. La Regione rileva altresì che l’attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria sarebbe stata disposta ai sensi dell’art. 57, comma 3, cod. proc. pen., di talché gli appartenenti al Corpo forestale eserciterebbero funzioni di polizia giudiziaria "unicamente nei limiti del servizio a cui sono destinati, peraltro non in relazione a qualsiasi tipo di reato, ma solo rispetto a determinate tipologie di reato (connesse e strumentali al servizio cui sono preposti)". Il riferimento, contenuto nella citata disposizione del codice, a leggi e regolamenti attributivi della qualifica in questione non potrebbe essere interpretato, specie dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, come limitato a fonti normative statali, ben potendosi configurare una attribuzione della qualifica anche da parte delle Regioni.

Alle medesime conclusioni indurrebbero, da un lato, la giurisprudenza della Corte di cassazione e, dall’altro, l’implicita attribuzione, da parte del decreto legislativo n. 143 del 1997 e del d.P.C.m. 11 maggio 2001, della qualifica in discorso ai componenti del Corpo forestale statale, con il che l’esclusione per la Regione del relativo potere condurrebbe "all’assurdo di assegnare la qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria in ragione della provenienza dei singoli componenti del corpo forestale regionale (se di provenienza statale avrebbero tale qualifica, se di altra provenienza ne sarebbero privi)".

Ancora, l’infondatezza della censura è sostenuta dalla resistente in relazione alla riserva di competenza delle Regioni in materia di "polizia amministrativa locale", categoria nella quale rientrerebbe anche il Corpo forestale regionale, il quale è chiamato a operare in un ambito esclusivamente locale (quello regionale) e a tutela di beni afferenti alle regioni (ambiente regionale).

In ordine, poi, alla qualifica di "ufficiale o agente di pubblica sicurezza", la Regione sostiene l’inesattezza dei rilievi contenuti nel ricorso, in quanto dal tenore testuale della disposizione impugnata si dedurrebbe che la qualifica potrebbe rilevare solo indirettamente, cioè nei casi in cui la normativa statale ("a cui evidentemente la legge regionale riconosce competenza esclusiva in materia") espressamente lo prevedesse.

3. – Con ricorso notificato il 7 maggio 2002, depositato il successivo 16 maggio (reg. ricorsi n. 34 del 2002), il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato alcune disposizioni della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative).

3.1. – L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del ricorrente, censura in primo luogo l’art. 1, comma 3, lettera b), della legge impugnata, che sostituisce integralmente l’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002, già oggetto di giudizio in via principale promosso con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n. 29 del 2002.

Il Presidente del Consiglio dei ministri riprende testualmente le argomentazioni contenute nel ricorso precedente, sia quanto alle funzioni del Corpo forestale regionale (art. 2, commi 1-4, della legge regionale n. 2 del 2002), sia quanto al profilo dell’intervento sostitutivo del Corpo medesimo rispetto agli enti locali (art. 2, comma 5), osservando che le modifiche introdotte con la legge successiva non possono dirsi tali da superare i profili di illegittimità costituzionale evocati nel ricorso avverso la legge regionale anteriore, in quanto, "al di là di una meramente formale espunzione di alcuni riferimenti all’ambiente, la sostanza della normativa attuale non è mutata" rispetto a quella oggetto dell’impugnazione precedente.

3.2. – Nel medesimo atto, poi, il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, l’art. 3, comma 12, della legge regionale n. 4 del 2002, in materia di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione.

4. – Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, con atto depositato in data 8 agosto 2002, sostenendo, con richiamo di dati normativi e giurisprudenziali, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

5. – Nel primo giudizio, promosso con il ricorso iscritto al n. 29 del 2002, l’Avvocatura dello Stato, per il ricorrente, ha depositato una memoria.

5.1. – Riprendendo il passaggio finale dell’atto di impugnazione, nel quale si dava conto di una proposta legislativa di modifica del Corpo forestale dello Stato pendente in Parlamento, l’Avvocatura evidenzia ora nel testo in questione, approvato in prima lettura nel gennaio 2003 dalla Camera dei deputati, sia alcune previsioni che confermano e rafforzano l’idea della inammissibilità della creazione di Corpi forestali in ambito regionale quali quello istituito in Lombardia, sia altre norme in tema di dotazione di personale, aspetto sul quale – puntualizza il ricorrente – la giurisdizione amministrativa ha peraltro disposto l’annullamento parziale del d.P.C.m. 11 maggio 2001, che stabiliva appunto il trasferimento di una consistente quota del personale del Corpo forestale statale alle Regioni. In questo quadro normativo, le argomentazioni della resistente Regione Lombardia circa una pretesa "espropriazione" di competenze in materia ambientale risultano infondate, poiché non tengono conto del punto di vista essenziale, cioè del punto di vista della Costituzione: né lo Stato né le Regioni sono "proprietari" delle competenze che la Costituzione a essi rispettivamente assegna, e non può esservi dunque alcuna ragione di lamentela nel fatto che la Costituzione, come ha affidato nuovi e ampi compiti alle autonomie regionali, così abbia modificato, per certi altri ambiti o per determinate materie, l’assetto del riparto, riservando allo Stato alcune competenze che nel quadro preesistente rientravano nella competenza concorrente. Ciò vale appunto per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che del resto – prosegue l’Avvocatura – è aspetto che trascende perfino la dimensione dello stesso Stato, poiché rappresenta un problema addirittura planetario, come dimostra il fitto tessuto normativo internazionale e comunitario in questo settore.

5.2. – Sulla censura relativa all’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 2 del 2002, che affida ad un regolamento adottato dalla Giunta regionale la disciplina dell’organizzazione del Corpo forestale regionale, l’Avvocatura sottolinea come la questione della perdurante vigenza dell’art. 6 dello statuto lombardo, pur se "di marginale rilevanza per la controversia in esame", non possa essere risolta "in modo […] sbrigativo attraverso gli strumenti concettuali della abrogazione o, addirittura, della disapplicazione": lo spostamento del potere regolamentare dal Consiglio alla Giunta dovrebbe, quindi, formare oggetto di una modifica statutaria "la quale [avesse] cura di disciplinare presupposti di detto potere […], modalità per il suo esercizio, e – quando del caso – anche garanzie […] per la prevenzione di eventuali sconfinamenti". Una legge regionale ordinaria, dunque, non potrebbe operare siffatto spostamento senza la precostituzione e il supporto di una adeguata cornice statutaria.

5.3. – In ordine alla questione vertente sull’art. 2, comma 5, della legge regionale impugnata ("rimasto invariato nella legge regionale 6 marzo 2002, n. 4"), nella parte in cui prevede l’intervento del Corpo forestale regionale in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi omettano di intervenire, dopo avere rilevato una certa approssimazione del testo, la memoria propone le considerazioni svolte, "per altri (e più penetranti) interventi sostitutivi", in altri ricorsi per giudizi costituzionali, laddove si sottolinea che (a) la "continuità testuale" dei due periodi del secondo comma dell’art. 120 della Costituzione (relativi, rispettivamente, all’attribuzione allo Stato del potere sostitutivo, e al rinvio alla legge per la definizione delle procedure atte a garantire i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione nell’esercizio di tali poteri), (b) le "solenni disposizioni" dell’art. 114, commi primo e secondo, e dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione (che attribuisce allo Stato competenza esclusiva in materia di "organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane") e (c) la "cogente esigenza di una disciplina unica o quanto meno fortemente coordinata delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi sin dal momento della individuazione dell’organo deliberante l’intervento sostitutivo", sono tutti elementi che condurrebbero a ritenere che, con l’espressione "la legge definisce", il legislatore costituzionale si riferisca alle "disposizioni legislative dello Stato".

Sul punto, si rileva ulteriormente che la disciplina degli interventi sostitutivi non potrebbe neppure essere qualificata come normativa "di chiusura" rispetto alle disposizioni legislative o amministrative regionali che stabiliscono obblighi, rimasti inadempiuti o comunque non osservati, con il che la competenza legislativa in materia di potestà di sostituzione sarebbe attribuita alla Regione ogni volta che si tratti della mancata osservanza di una disposizione originata da una fonte della Regione medesima: la materia degli interventi sostitutivi segnerebbe infatti uno dei limiti delle autonomie locali diverse dalla Regione.

5.4. – La difesa del ricorrente riprende altresì il profilo relativo al riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza al personale del Corpo forestale regionale (art. 4, comma 3, della legge regionale n. 2 del 2002), per sottolineare che non è questione di maggiore o minore opportunità di detto riconoscimento, bensì di competenza a disporre in tal senso, che spetta al solo legislatore statale, il quale ben potrà attribuire dette qualifiche al personale di cui si tratta.

6. – Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria nel giudizio in questione.

6.1. – Sulla censura riguardante gli articoli 1, comma 1, e 2 della legge regionale n. 2 del 2002, la difesa della Regione riprende in linea generale il dibattito apertosi dopo l’approvazione della riforma costituzionale del Titolo V, quanto al significato e alla portata dell’attribuzione allo Stato, in via esclusiva, della competenza nella materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e quanto al raccordo di questa previsione con le competenze in precedenza riconosciute alle Regioni dalla giurisprudenza costituzionale, per concludere nel senso che gli orientamenti della dottrina, già menzionati nell’atto di costituzione in giudizio, portano alla medesima conclusione: la riforma costituzionale non potrebbe aver determinato la sottrazione di poteri in danno delle Regioni. E – prosegue la difesa – la Corte costituzionale avrebbe sostanzialmente confermato questa impostazione, con la sentenza n. 407 del 2002: anche secondo la Corte, dunque, l’ambiente è una materia "trasversale", che inevitabilmente interferisce con altre materie, come le foreste, l’agricoltura, la tutela della salute, l’alimentazione, la protezione civile, il governo del territorio, la valorizzazione dei beni ambientali. Inoltre, ancora secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 282 del 2002), ai fini della valutazione del rispetto del riparto di competenze si deve muovere non già dalla ricerca di uno specifico titolo di legittimazione della Regione ma, al contrario, dalla verifica dell’esistenza di una riserva di competenza a favore dello Stato.

La difesa esamina poi la pronuncia del TAR del Lazio n. 6269/2002, con la quale è stato annullato il d.P.C.m. 11 maggio 2001 nella parte in cui disponeva il trasferimento alle Regioni di una quota pari al settanta per cento del personale appartenente alla dotazione organica del Corpo forestale dello Stato, sottolineando che l’annullamento è stato disposto sul rilievo del venir meno, nel testo definitivo, della funzione di concorso nell’espletamento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica, originariamente prevista, per il contingente regionale, nello schema del decreto al comma 11 dell’articolo 3; mentre è stato respinto il profilo di censura riferito all’intero "impianto" del provvedimento. Nella sentenza del TAR si afferma anzi che, proprio per superare le anomalie derivanti dalla pregressa separazione tra il livello delle funzioni e degli uffici in materia forestale (di pertinenza regionale) e il livello del personale del Corpo (rimasto allo Stato), il legislatore ha scelto, con il decreto legislativo n. 143 del 1997, di cui il citato d.P.C.m. costituisce svolgimento, di assegnare beni, risorse e personale del Corpo alle Regioni, con una scelta discrezionale in sé incensurabile.

Analizzando, infine, il testo del disegno di legge di riforma del Corpo forestale dello Stato, approvato dalla Camera dei deputati il 29 gennaio 2003, la Regione sostiene la piena compatibilità della coesistenza di un Corpo statale e di Corpi regionali, quale posta anche nella normativa impugnata.

6.2. – Per quanto attiene al denunciato art. 1, comma 2, della legge regionale, che attribuisce alla Giunta la titolarità del potere regolamentare di disciplina dell’organizzazione del Corpo, la difesa della resistente richiama, a sostegno dell’infondatezza, le argomentazioni dedotte nell’atto di costituzione, precisando preliminarmente che, nel caso di specie, "non è in discussione il profilo dell’immediato trasferimento alla Giunta della potestà regolamentare in assenza di una legge regionale ad hoc". Da ciò dovrebbe rafforzarsi il convincimento circa l’infondatezza della questione, posto che sarebbe "ormai indiscusso" che dopo la modifica dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione, la legge regionale possa attribuire alla Giunta la potestà regolamentare anche in assenza di una modifica dello statuto.

A integrazione di quanto riportato nell’atto di costituzione, nella memoria si segnala una pronuncia della giurisdizione amministrativa (sentenza del TAR del Lazio n. 6252/2002), nella quale è stata affermata la tesi della "immediata ed incondizionata efficacia", a seguito della suddetta modifica costituzionale, dell’attribuzione alla Giunta del potere regolamentare.

Nel medesimo senso, secondo la Regione, dovrebbe leggersi anche il "concetto restrittivo", illustrato nella sentenza n. 304 del 2002 della Corte costituzionale, del limite della "armonia con la Costituzione", che si impone agli statuti regionali ordinari e che precluderebbe agli stessi la possibilità di attribuire – o di nuovamente trasferire – la potestà regolamentare ai Consigli regionali.

6.3. – Infine, la memoria si sofferma sulla censura riguardante l’art. 4, comma 3, della legge regionale impugnata, concernente l’attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria nonché di ufficiale o agente di pubblica sicurezza.

Nonostante la sopra ricordata eliminazione dell’originario comma 11 dall’art. 3 del d.P.C.m. 11 maggio 2001 – attributivo della funzione di concorso nell’espletamento dei servizi di sicurezza pubblica – in sede di pubblicazione dell’atto, le censure del Governo sono ritenute infondate.

L’attribuzione della prima qualifica sarebbe conseguenza diretta delle funzioni che il personale è chiamato a svolgere, allo specifico fine di esercitare i compiti di vigilanza e di controllo stabiliti dall’art. 2 della legge impugnata, compiti che altrimenti, senza detta qualifica, risulterebbero pregiudicati. Del resto, si osserva, il citato disegno di legge di riforma in discussione delimita a sua volta le funzioni che il Corpo forestale dello Stato deve svolgere "come polizia giudiziaria", giacché attiene al rispetto della normativa nazionale e internazionale, cosicché per le funzioni che non raggiungono detta dimensione sarebbe necessaria una corrispondente attività in ambito regionale.

Quanto alla qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza, essa è disposta, nel testo impugnato, "secondo quanto previsto dalla vigente normativa statale di materia": la Regione ribadisce dunque che la previsione altro non è che la ricognizione di una attribuzione che dipende dalla legge statale, se e in quanto in quest’ultima essa sia contenuta.

7. – Anche nel secondo giudizio, iscritto al reg. ricorsi n. 34 del 2002, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria, nella "prima parte" della quale, depositata nei termini prescritti, si ribadiscono le argomentazioni e si insiste per le conclusioni dedotte nel ricorso.

8. – La Regione Lombardia ha depositato a sua volta nel secondo giudizio una memoria, confermando le conclusioni nel senso dell’inammissibilità e dell’infondatezza del ricorso.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri (reg. ricorsi n. 29 del 2002) ha sollevato questione di legittimità costituzionale di varie norme contenute nella legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2, istitutiva del Corpo forestale regionale.

Se ne denunciano innanzitutto gli articoli 1, comma 1, e 2, commi 1-4, che disciplinano l’istituzione e le funzioni del Corpo forestale regionale, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere s) e q), della Costituzione, che riservano allo Stato la competenza legislativa in materia di tutela dell’ambiente e di profilassi internazionale, nonché dell’art. 118 della Costituzione, potendo le funzioni amministrative in dette materie essere affidate soltanto dalla legge statale.

In secondo luogo, si sostiene la violazione dello statuto regionale della Lombardia (art. 6) da parte dell’art. 1, commi 2 e 3, che affida alla Giunta regionale, anziché al Consiglio, l’adozione dei regolamenti per la disciplina dell’organizzazione del Corpo forestale regionale e dei rapporti tra questo e le strutture amministrative della Regione.

In terzo luogo, è oggetto di censura l’art. 2, comma 5, in quanto prevede l’intervento del Corpo forestale regionale in sostituzione degli enti locali competenti, in caso di inerzia, per contrasto con le garanzie riconosciute a questi ultimi dagli articoli 114 e 120 della Costituzione.

In quarto luogo, si denuncia l’art. 3, in quanto prevede l’adesione degli enti locali a convenzioni quadro predisposte unilateralmente dalla Regione, per contrasto, ancora, con gli articoli 114 e 120 della Costituzione e con il principio della leale cooperazione.

Da ultimo, è sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, che regola l’attribuzione della qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza al personale del Corpo forestale regionale, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere h) e l), della Costituzione, che prevedono l’esclusiva competenza della legge dello Stato, l’una, in materia di ordine pubblico e sicurezza e, l’altra, in materia di giurisdizione e norme processuali.

2. – Con altro ricorso (reg. ricorsi n. 34 del 2002), il Presidente del Consiglio dei ministri solleva altresì questione di legittimità costituzionale, tra il resto, dell’art. 1, comma 3, lettera b), della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative), che ha sostituito, modificandolo, l’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002, in tema di funzioni del Corpo forestale regionale. Ad avviso del ricorrente, le nuove norme si porrebbero anch’esse in contrasto con i medesimi parametri costituzionali asseritamente violati dalle norme anteriormente vigenti.

3. – Il sopra indicato ricorso contro la legge regionale n. 4 del 2002 – già definito, quanto all’art. 1, comma 4, con la sentenza n. 201 del 2003 di questa Corte – solleva ulteriore questione, relativa ad altra disposizione (art. 3, comma 12) della medesima legge regionale, che nulla ha a che fare con la disciplina del Corpo forestale regionale; per questa parte, il giudizio sul ricorso medesimo deve ulteriormente scindersi, in relazione all’opportunità di separate decisioni secondo materie omogenee.

4. – Il giudizio sul ricorso contro la legge della Regione Lombardia n. 4 del 2002, per la parte ora richiamata, concernente modifiche alla legge regionale n. 2 dello stesso anno, può essere riunito col giudizio sul ricorso riguardante quest’ultima legge, stante l’identità della materia e dei profili d’incostituzionalità che in entrambi i casi sono fatti valere.

5. – Deve essere dichiarata inammissibile la costituzione della Regione Lombardia nel giudizio sul ricorso n. 34 del 2002, perché avvenuta con atto depositato in data 8 agosto 2002, oltre il termine, di carattere perentorio (per tutte, sentenza n. 477 del 2000), di venti giorni dal deposito del ricorso – effettuato, nella specie, in data 16 maggio 2002 – stabilito dall’art. 23, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

6. – Preliminarmente, deve essere presa in considerazione la sostituzione dell’art. 1, comma 1, e dell’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002 da parte dell’art. 1, comma 3, lettere a) e b), della legge regionale n. 4 del 2002. Poiché alle norme anteriori, abrogate per il sopravvenire delle norme sostitutive, non risulta sia stata in alcun modo data esecuzione, e non potendo esse produrre più alcun effetto, per la parte che le riguarda la materia del contendere, quale dedotta con il ricorso n. 29 del 2002, deve essere dichiarata cessata.

Restano perciò da decidere le questioni di legittimità costituzionale sollevate: (a) sull’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 2 del 2002, in tema di potere regolamentare della Giunta regionale; (b) sull’art. 2, commi 1-5, della legge regionale n. 2 del 2002, come sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2002, in tema di funzioni del Corpo forestale regionale; (c) sull’art. 3 della legge regionale n. 2 del 2002, in tema di coordinamento con le funzioni di competenza di altri enti, e (d) sull’art. 4, comma 3, della legge regionale n. 2 del 2002, in tema di attribuzione al personale del Corpo forestale regionale della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza.

7. – La questione di legittimità costituzionale sollevata sull’art. 1, commi 2 e 3, della legge regionale n. 2 del 2002 è fondata.

7.1. – Il comma 2 dell’art. 1 prevede che, in un termine dato, la Giunta regionale, con apposito regolamento, sentita la commissione consiliare competente, disciplini l’organizzazione e la dotazione strumentale del Corpo forestale regionale, definendo, tra l’altro: l’inserimento nell’organizzazione amministrativa della Regione; l’articolazione decentrata; la pianta organica, nella quale deve trovare garanzia di inquadramento il personale del Corpo forestale dello Stato trasferito alla Regione (con un precedente d.P.C.m. dell’11 maggio 2001); le qualifiche e i livelli professionali; le funzioni del dirigente responsabile; i requisiti e le modalità di accesso al Corpo forestale regionale; le dotazioni strumentali; i modi di aggiornamento del personale. Il comma 3 prevede un successivo "provvedimento" della Giunta, di attuazione concreta della struttura del Corpo forestale, con la determinazione dell’organizzazione e dell’organico, distinti rispetto a quelli della medesima Giunta regionale.

Queste disposizioni sono censurate dal Presidente del Consiglio in quanto conferenti alla Giunta un potere regolamentare che, secondo lo statuto regionale vigente (articoli 6, primo comma, 33, primo comma, e 37, primo comma, della legge 22 maggio 1971, n. 339), spetta al Consiglio regionale.

7.2. – Questa Corte, nell’ordinanza n. 87 del 2002, ha già affermato che la modifica del secondo comma dell’art. 121 della Costituzione, operata dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, sopprimendo dal testo costituzionale originario l’indicazione della potestà regolamentare quale competenza del Consiglio regionale, ha l’effetto di eliminare la relativa riserva di competenza, consentendo alla Regione una diversa scelta organizzativa.

Questa affermazione deve essere qui confermata, con la precisazione che – stante la sua attinenza ai rapporti tra gli organi costituzionali della Regione – tale scelta non può che essere contenuta in una disposizione dello statuto regionale, modificativa di quello attualmente vigente, con la conseguenza che, nel frattempo, vale la distribuzione delle competenze normative già stabilita nello statuto medesimo, di per sé non incompatibile con il nuovo art. 121 della Costituzione.

7.3. – La difesa della Regione Lombardia sostiene la tesi contraria: la modifica dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione comporterebbe l’immediata attribuzione della potestà regolamentare alla Giunta regionale, o con portata assoluta o, in subordine, almeno fino a quando i nuovi statuti regionali, da approvarsi a norma dell’art. 123 della Costituzione, non dispongano altrimenti (qualora l’ipotizzata riserva regolamentare a favore della Giunta stabilita dal secondo comma dell’art. 121 sia da ritenersi cedevole). Gli argomenti addotti a favore di questa tesi sono vari e di varia natura: (a) la riconducibilità, come principio, della potestà regolamentare, quanto meno di quella esecutivo-attuativa, alla natura di "organo esecutivo" della Giunta regionale (art. 121, terzo comma, della Costituzione) e quindi l’immediata espansione di tale principio, una volta eliminata la previsione espressa, da parte dell’art. 121 della Costituzione, della competenza regolamentare del Consiglio, da concepirsi come derogatoria del principio; (b) il potere riconosciuto al Presidente della Giunta di "emanare" i regolamenti regionali – potere distinto da quello di "promulgare" le leggi regionali (art. 121, quarto comma) –: emanazione che presupporrebbe l’idea di una partecipazione del vertice dell’esecutivo regionale alla formazione degli atti regolamentari; (c) l’attuale "forma di governo" regionale, caratterizzata dal rafforzamento dell’organo esecutivo risultante dal nuovo art. 123 della Costituzione, al quale dovrebbe corrispondere il rafforzamento dei suoi poteri normativi, tramite l’assegnazione della potestà regolamentare; (d) l’aumento delle competenze legislative regionali cui consegue, a norma dell’art. 117, sesto comma, l’espansione della potestà regolamentare, con la conseguente incongruità, anche sotto il profilo del principio di "buon andamento" dell’amministrazione, di una perdurante potestà regolamentare consiliare, la quale sarebbe stata prevista, nell’originario art. 121 della Costituzione, più in funzione attuativa delle leggi dello Stato che non delle leggi della Regione; (e) gli orientamenti favorevoli alla competenza regolamentare delle Giunte regionali manifestati da alcune Regioni, durante l’elaborazione della legge costituzionale n. 1 del 1999, e varie prese di posizione risultanti dai lavori preparatori; (f) infine, l’interpretazione – ancora nel medesimo senso – della Presidenza del Consiglio dei ministri, di giudici amministrativi e di alcune Commissioni statali di controllo sugli atti amministrativi delle Regioni ordinarie.

Dall’insieme di questi argomenti la Regione Lombardia deriva la sua conclusione: l’art. 121, secondo comma, della Costituzione, tacendo della competenza regolamentare precedentemente assegnata al Consiglio, varrebbe sottrazione a questo e assegnazione alla Giunta. Così, questo silenzio, secondo la sua ratio, sarebbe eloquente e tassativo. Le norme statutarie in contrasto dovrebbero conseguentemente essere "disapplicate" e le leggi regionali incompatibili con quelle, ma conformi al silenzio dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione – come quella in esame – non sarebbero costituzionalmente illegittime.

7.4. – Nell’incontrovertibile mancanza di disciplina espressa, sul punto qui in contestazione, e nonostante i tanti (e non tutti ugualmente significativi) argomenti portati a sostegno, la tesi della Regione resistente non può essere accolta, per due generali ordini di ragioni.

Innanzitutto, essa presuppone concettualmente un’alternativa rigida e su di essa si fonda: competenza sempre del Consiglio o sempre della Giunta, tale che, in generale, se non è tutta dell’uno non possa che essere tutta della seconda: cosicché, non avendola (più) l’art. 121 della Costituzione assegnata al Consiglio, essa sarebbe implicitamente ma necessariamente assegnata alla Giunta. Non è così, poiché le scelte organizzative in proposito possono essere molteplici, oltre le due radicali. Si può immaginare che il potere regolamentare non sia pre-assegnato in via esclusiva (da norma statutaria o costituzionale) al Consiglio o alla Giunta ma che lo statuto riconosca al legislatore regionale la facoltà di disciplinarlo, organizzandolo in relazione alla materia da regolare e in funzione dell’ampiezza di scelta che la legge lascia aperta all’apprezzamento discrezionale del potere regolamentare. Materia e ampiezza del potere regolamentare potrebbero altresì essere presi in considerazione dallo statuto stesso, al fine di regolare diversamente la competenza o di disciplinarne differentemente le modalità procedurali di esercizio.

Se dunque l’alternativa su cui si fonda l’argomentazione della difesa della Regione – potere regolamentare del Consiglio o della Giunta – non sussiste nei termini rigidi anzidetti, è necessario escludere che la modifica che il nuovo secondo comma dell’art. 121 della Costituzione ha apportato al precedente, tacendo circa la spettanza attuale del potere regolamentare, possa essere interpretato altro che, per l’appunto, come vuoto di normazione che spetta alla Regione colmare nell’esercizio della propria autonomia statutaria.

In secondo luogo, è l’autonomia statutaria l’altro argomento che impedisce di ritenere l’esistenza di soluzioni organizzative obbligate, in mancanza di una disciplina costituzionale chiaramente riconoscibile. L’autonomia è la regola; i limiti sono l’eccezione. L’espressione "in armonia con la Costituzione", che compare nel primo comma dell’art. 123 della Costituzione, non consente perciò un eccesso di costruttivismo interpretativo, come quello di cui fa mostra la difesa della Regione Lombardia, quando argomenta da una presunta forma di governo regionale, implicitamente stabilita dagli articoli 121 e 123 della Costituzione, la spettanza del potere regolamentare alla Giunta regionale: un modo di ragionare che, oltre al rischio di sovrapporre modelli concettuali alle regole particolari, comporta anche quello di comprimere indebitamente la potestà statutaria di tutte le regioni ad autonomia ordinaria, tramite non controllabili inferenze e deduzioni da concetti generali, assunti a priori.

In sintesi, nel silenzio della Costituzione, in presenza di una pluralità di possibili soluzioni organizzative del potere regolamentare regionale e per il rispetto dell’autonomia statutaria regionale, la tesi che l’art. 121, secondo comma, della Costituzione abbia attribuito tale potere alla Giunta regionale (sia tale attribuzione assoluta o derogabile dai nuovi statuti) deve essere respinta e il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sul punto deve essere accolto, con la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 2 del 2002.

7.5. – La dichiarazione di incostituzionalità del comma 2 dell’art. 1 segna la sorte anche del comma 3 del medesimo articolo che, come già riferito, prevede un provvedimento attuativo-organizzativo del regolamento, assunto dalla Giunta regionale. Senza che occorra stabilire la natura di tale provvedimento, se normativa o non normativa (con le conseguenze che questa Corte ha tratto dalla distinzione, circa la possibile competenza di Giunta: v., ad esempio, sentenze n. 160 del 2001; n. 348 e n. 311 del 1990), basta qui osservare che la norma che conferisce il potere previsto dal comma 3 testualmente presuppone quella contenuta nel comma 2: cosicché, caduta questa, deve cadere anche quella.

8. – Inammissibili per gran parte sono invece le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 1, comma 3, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2002, in tema di funzioni del Corpo forestale regionale, istituito dalla Regione Lombardia con l’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 2 del 2002, come sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera a), della legge regionale n. 4 del 2002 (disposizione, quest’ultima, non impugnata), dopo che l’art. 4 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale) ha previsto il trasferimento alle Regioni ordinarie dei beni e delle "risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative del Corpo forestale dello Stato, non necessari all’esercizio delle funzioni di competenza statale".

Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (oltre a dedurre, senza particolare motivazione, la violazione dell’art. 118 della Costituzione), ricordato che, in occasione del precedente ricorso sull’abrogato art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002, si era fatta valere la competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s) (tutela dell’ambiente e dell’ecosistema) e lettera q) (profilassi internazionale), della Costituzione, richiama esemplificativamente alcune funzioni dalle leggi ordinarie statali attribuite al Corpo forestale dello Stato (come la sorveglianza sulle aree protette e sulle riserve naturali di rilievo nazionale e internazionale, o la collaborazione col Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per l’esercizio delle funzioni di quest’ultimo) e conclude osservando che l’impugnato art. 1, comma 3, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2002, nel sostituire l’art. 2 della precedente legge regionale n. 2 del 2002, attribuisce ancora al neo-istituito Corpo forestale regionale "funzioni concernenti la materia di cui ai menzionati parametri costituzionali".

Il ricorso, così formulato, è generico. È sufficiente, per convincersene, considerare nell’insieme l’art. 1, comma 3, lettera b), impugnato che, "fatte salve le competenze statali in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema", assegna al Corpo forestale regionale numerose e diversificate funzioni amministrative: di polizia, vigilanza e controllo; di previsione e prevenzione degli incendi; di supporto della Regione e degli enti locali, "per gli aspetti di competenza regionale", in tema di tutela della fauna selvatica e ittica e delle foreste, di monitoraggio dello stato delle risorse naturali, di gestione del demanio forestale regionale, di usi civici, di divulgazione delle conoscenze in tema di foreste, anche a scopo didattico, di certificazione, di protezione civile e pubblico soccorso; di supporto, anche a favore delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e di altri enti pubblici, in tema di vigilanza sulla caccia e sulla pesca nelle acque interne e nel settore agro-silvo-pastorale, di vincolo idrogeologico, di consulenza ai proprietari di beni silvo-pastorali e agli operatori economici del settore forestale, nonché di vigilanza e controllo in materia di cave. Nel quadro delle funzioni così sintetizzate, talora una intrecciata con un’altra, non è dato stabilire con precisione, non già esemplificativamente, quali siano, ad avviso del ricorrente, quelle che, in ipotesi, "concernono i menzionati parametri costituzionali"; quelle cioè che violano le competenze legislative statali esclusive riguardanti la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, nonché la profilassi internazionale. Né una maggiore specificazione delle questioni sollevate può trarsi, anche volendo, dalla formulazione del precedente ricorso promosso contro il corrispondente articolo abrogato della legge regionale n. 2 del 2002, formulazione riprodotta nel ricorso qui in esame.

Il ricorrente, nel formulare le sue doglianze circa un testo legislativo articolato e analitico quale è quello in questione, ha omesso di individuare in esso le prescrizioni asseritamente contrastanti con i parametri invocati, implicitamente invitando questa Corte a operare questa individuazione, passando al vaglio l’intero testo normativo per enucleare essa stessa le previsioni potenzialmente in contrasto con i parametri medesimi, per poi sottoporle al proprio giudizio.

Ma, in questo modo, è evidente che il ricorrente non ha adempiuto al compito che su di esso ricade, di definire la questione di legittimità costituzionale nei suoi termini precisi, secondo la previsione dell’art. 34 della legge 11 marzo 1953, n. 87, intendendo coinvolgere questa Corte in un compito diverso da quello che, unico, le spetta: il compito di giudicare sulle questioni così come sono sollevate, un compito che non comprende quello di determinarne l’oggetto e i limiti.

Per questa ragione, la questione genericamente sollevata sull’art. 1, comma 3, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2002, nella parte concernente la determinazione delle funzioni del Corpo forestale regionale (vale a dire nei commi 1-4 dell’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002, quali sostituiti dalla disposizione impugnata), deve essere dichiarata inammissibile.

9. – Ammissibile, perché precisamente individuata, e fondata, è invece la questione di legittimità costituzionale del comma 5 dell’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002, così come sostituito dall’impugnato art. 1, comma 3, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2002.

L’anzidetta disposizione prevede che il Corpo forestale regionale eserciti funzioni di vigilanza e controllo, in determinati settori, in sostituzione degli enti locali competenti, qualora questi per qualsiasi motivo omettano di intervenire. In tali casi il Corpo forestale regionale interviene previa segnalazione all’ente competente e dà notizia allo stesso degli accertamenti eseguiti, dei rilievi effettuati e dei provvedimenti adottati.

Tali funzioni riguardano i settori forestale, territoriale e agro-silvo-pastorale, con particolare riferimento agli ambiti di cui alle lettere a), b), c) ed e) del comma 4 dello stesso articolo 2, come anch’esso modificato dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2002. Il citato comma 4 stabilisce – per quanto qui rileva – che il Corpo forestale regionale svolge attività di supporto, anche a favore degli enti locali e di altri enti pubblici, negli ambiti: della vigilanza sulla caccia e sulla pesca nelle acque interne [lettera a)]; della vigilanza nel settore agro-silvo-pastorale [lettera b)]; del vincolo idrogeologico [lettera c)], e della vigilanza e controllo in materia di cave [ lettera e)], disponendo inoltre che tali attività debbano avvenire "con le modalità di cui all’articolo 3".

Poiché l’art. 3 della stessa legge regionale n. 2 del 2002 (anch’esso impugnato) stabilisce che l’attività della Regione nei settori indicati dal predetto comma 4 dell’art. 2 si svolge secondo convenzioni quadro stipulate tra la Regione e le associazioni rappresentative degli enti locali e degli altri enti interessati, si sarebbe potuto ritenere, in ipotesi, che la disposizione censurata sia stata posta per promuovere rapporti collaborativi di supporto e stimolo da parte della Regione, tramite il suo Corpo forestale, nei confronti e a favore degli enti locali, entro un quadro di norme concordate, e ciò per ovviare a eventuali lentezze o omissioni, senza peraltro alterare il quadro delle rispettive competenze. Ma ciò non è più sostenibile là dove la disposizione impugnata prevede che il Corpo forestale regionale operi "in sostituzione degli enti locali competenti", per di più tramite una procedura che contempla una semplice "previa segnalazione all’ente competente", alla quale segue la notizia non solo degli accertamenti eseguiti e dei rilievi effettuati, ma anche dei "provvedimenti adottati".

Con queste previsioni, non si tratta più della collaborazione tra i diversi enti di governo, nel rispetto delle competenze di ciascuno, ma della sostituzione dell’uno all’altro, con spostamento delle competenze.

Così ricostruito il significato della disposizione censurata, la sua incostituzionalità appare evidente nella parte in cui la funzione collaborativa svolta dall’apparato tecnico forestale della Regione si trasforma in funzione sostitutiva.

Innanzitutto, in linea di massima, qualora siano in ipotesi da ammettere poteri sostitutivi regionali, nei confronti degli enti locali, ulteriori rispetto a quelli facenti capo al Governo, quali previsti dall’art. 120 della Costituzione, attuato ora dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), tali poteri sarebbero in ogni caso da ascrivere a organi di governo dell’ente che, nell’ambito di responsabilità più generali riconosciutegli, agisce in sostituzione: nel caso in questione, a organi della Regione, non ad apparati amministrativi (v. sentenza n. 381 del 1996). In secondo luogo, il rispetto dell’autonomia degli enti locali presupporrebbe che l’omissione alla quale si intende sopperire con l’intervento sostitutivo sia definita come fatto giuridicamente qualificato, e non sia una semplice inattività da altri considerata inopportuna, come sembra poter essere nella specie. In terzo luogo, occorrerebbe un procedimento definito dalla legge, adottata secondo l’ordine delle competenze rispettivamente statali e regionali fissato dalla Costituzione: un procedimento nel quale l’ente sostituito possa far valere le proprie ragioni e sia messo nella condizione di ovviare all’omissione, una volta che questa sia stata riconosciuta, non essendo sufficiente, perché si attivi il potere sostitutivo, quella mera "previa segnalazione" di cui parla la disposizione impugnata.

D’altra parte, tale disposizione non potrebbe neppure ritenersi riconducibile alla previsione generale contenuta nell’art. 1, comma 15, della legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1 [Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)]. Quest’ultima norma prevede che, in caso di accertata, persistente inattività degli enti locali nell’esercizio di funzioni loro conferite, il Presidente della Giunta regionale assegni all’ente inadempiente un termine per provvedere congruo, non superiore comunque a sei mesi, e che, ove il termine sia trascorso inutilmente, la Giunta regionale, sentito l’ente inadempiente, disponga specifici interventi sostitutivi o la nomina di un commissario ad acta. Proprio il confronto tra lo schema organizzativo del potere sostitutivo cui questa norma si attiene (conformemente a numerose altre previsioni al riguardo: si veda ad esempio l’art. 5 del decreto legislativo n. 112 del 1998, nonché il citato art. 8 della legge n. 131 del 2003) e la disposizione denunciata mette in evidenza l’inconciliabilità di questa seconda con i principi che presiedono e devono presiedere alla disciplina del delicato rapporto che si determina quando la tutela di interessi superiori richiede la sostituzione di un soggetto a un altro, e quindi l’eccezionale spostamento dell’esercizio di un potere dal soggetto che ordinariamente ne dispone a un altro che ordinariamente ne è privo.

Quanto precede è sufficiente a dimostrare l’incostituzionalità della disposizione impugnata, per violazione del principio di autonomia degli enti locali, quale affermato dall’art. 114, primo e secondo comma, della Costituzione.

10. – Infondata è, invece, la questione di legittimità costituzionale sollevata sull’art. 3 della legge regionale n. 2 del 2002 che, in relazione all’esercizio delle funzioni di supporto a favore (anche) degli enti locali e di altri enti pubblici indicate dall’art. 2, comma 4, della legge regionale n. 2 del 2002, prevede la stipula tra la Regione e le associazioni rappresentative di tali enti, previo parere della conferenza regionale delle autonomie, di apposite convenzioni quadro, che disciplinano la durata, le modalità di raccordo e di intervento del Corpo forestale regionale, i rapporti finanziari, i reciproci obblighi e garanzie, le eventuali forme di consultazione (comma 1). Aggiunge il medesimo articolo di legge che gli enti che intendono avvalersi del Corpo forestale regionale dichiarano, con apposita deliberazione, di aderire alla convenzione quadro, accettandone i contenuti e che, con successiva intesa tra l’ente e il comando del Corpo forestale regionale, è data attuazione operativa alla convenzione (comma 2).

Il Presidente del Consiglio ricorrente ritiene che la disposizione denunciata violi l’autonomia costituzionale degli enti locali garantita dall’art. 114, commi primo e secondo, della Costituzione, in quanto prevederebbe esclusivamente l’adesione (o la mancata adesione) a convenzioni quadro unilateralmente predisposte dalla Regione.

La norma, al contrario di quanto sostenuto, predispone un procedimento bilaterale che si svolge tra la Regione e le associazioni rappresentative degli enti locali interessati, nel quale interviene, tramite parere, la conferenza regionale delle autonomie, la "sede permanente di partecipazione degli enti locali della comunità lombarda alla definizione delle politiche regionali" prevista dall’art. 1, comma 16, della legge regionale n. 1 del 2000, come organo che "concorre alla definizione dei rapporti tra Regione ed autonomie locali e funzionali e promuove lo sviluppo delle forme collaborative tra i medesimi soggetti". Si tratta, nella specie, di un procedimento di partecipazione conforme all’esigenza che le Regioni, nell’ambito della propria autonomia legislativa, prevedano strumenti e procedure di raccordo e concertazione che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l’azione coordinata fra Regioni ed enti locali nell’ambito delle rispettive competenze, come recita l’art. 4, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

D’altro canto, l’ipotesi alternativa, sottintesa alla censura in esame – la stipula da parte della Regione di tante convenzioni quanti sono gli enti locali interessati –, sarebbe a sua volta inconcepibile, data l’esigenza, in riferimento alle funzioni del Corpo forestale regionale, di un quadro di regole generali certe, tendenzialmente valide sull’intero territorio regionale; mentre, d’altra parte, delle particolarità delle situazioni locali può adeguatamente essere tenuto conto nella successiva intesa tra comando del Corpo e singolo ente locale, finalizzata all’attuazione operativa della convenzione quadro.

11. – Fondata è, infine, la questione di legittimità costituzionale sollevata sul comma 3 dell’art. 4 della legge regionale n. 2 del 2002, che prevede l’attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria a norma dell’art. 57 del codice di procedura penale, al personale del Corpo forestale regionale appartenente alle qualifiche individuate dalla Giunta regionale a norma dell’art. 1, comma 2, della legge, per lo svolgimento dei compiti di vigilanza e controllo previsti dall’art. 2; nonché la possibilità di riconoscere al medesimo personale la qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza, "secondo quanto previsto dalla vigente normativa statale in materia".

Il Presidente del Consiglio ricorrente denuncia il contrasto di questa disposizione con la riserva che l’art. 117, secondo comma, della Costituzione stabilisce a favore della legislazione dello Stato, in materia di ordine pubblico e sicurezza [lettera h)] e in materia di giurisdizione e norme processuali [lettera l)].

La difesa della Regione argomenta in contrario osservando, quanto alla qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, che la legge regionale precisa i confini di tale riconoscimento, in relazione ai compiti di vigilanza e controllo che la Regione, nell’esercizio dei suoi poteri legislativi, con l’art. 2 della legge stessa, ha attribuito al Corpo forestale, e che l’art. 57, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce che sono ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni (limiti e attribuzioni per l’appunto stabiliti dall’art. 2 della legge regionale), le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni di polizia giudiziaria previste dall’art. 55 del medesimo codice: leggi e regolamenti che bene possono essere della Regione, quando si versi in materie sulle quali esista la sua competenza.

Quanto al riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza, la difesa della Regione rileva che il comma 3 dell’art. 4 impugnato ne ammette la possibilità "secondo quanto previsto dalla vigente normativa statale in materia", con ciò dimostrando di voler recepire e non alterare la disciplina disposta dalla legislazione statale.

Tutto questo, però, è un girare attorno alla questione. Essa consiste nello stabilire se esista una competenza legislativa della Regione in materia di corpi di polizia giudiziaria e di corpi di polizia di sicurezza.

Quanto alla polizia giudiziaria che, a norma dell’art. 55 del codice di procedura penale, opera, di propria iniziativa e per disposizione o delega dell’Autorità giudiziaria, ai fini della applicazione della legge penale, l’esclusione della competenza regionale risulta dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione.

Quanto alla polizia di sicurezza, finalizzata ad adottare "le misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso come il complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni" (secondo la definizione del comma 2 dell’art. 159 del decreto legislativo n. 112 del 1998), la competenza legislativa in materia, come già prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, è oggetto di riserva a favore dello Stato, a norma della lettera h) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione ora vigente, che ha riguardo all’ordine pubblico e alla sicurezza, con netta distinzione dalla polizia amministrativa locale che segue invece, in quanto strumentale, la distribuzione delle competenze principali cui accede.

Non giova, infine, a favore della legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate né il rilievo, avanzato dalla difesa della Regione, circa l’esistenza di norme statali che riconoscono la qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria al personale già appartenente al Corpo forestale dello Stato e oggetto di provvedimenti che lo trasferiscono alle Regioni; né il rilievo, quanto alla polizia di sicurezza, che la norma regionale ha inteso recepire ricognitivamente e non innovare la disciplina statale. Non giova il primo, perché il problema qui in discussione non è di stabilire chi, attualmente, sia riconosciuto come ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ma di stabilire chi abbia la competenza a operare il riconoscimento. Non giova il secondo, perché il problema non è di stabilire se la legislazione regionale sia o non sia conforme a quella statale, ma, ancor prima, se sia competente a disporre il riconoscimento, indipendentemente dalla conformità o dalla difformità rispetto alla legge dello Stato.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata ogni decisione sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 12, della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n. 34 del 2002;

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, commi 2 e 3; 2, comma 5 (nel testo sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge della Regione Lombardia n. 4 del 2002), e 4, comma 3, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale);

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1-4, della legge della Regione Lombardia n. 2 del 2002, nel testo sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge della Regione Lombardia n. 4 del 2002, sollevata, in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettere q) e s), e 118 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n. 34 del 2002 in epigrafe;

3) dichiara cessata la materia del contendere in relazione alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 1, e 2 della legge della Regione Lombardia n. 2 del 2002, nel testo anteriore alle modifiche recate dalla legge della Regione Lombardia n. 4 del 2002, sollevate, in riferimento agli articoli 114, 117, secondo comma, lettere q) e s), 118 e 120 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n. 29 del 2002 in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Lombardia n. 2 del 2002, sollevata, in riferimento agli articoli 114 e 120 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n. 29 del 2002 in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 ottobre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2003.