Ordinanza n. 431/2001

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.431

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY              

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 238, 511, 511-bis e 525 del codice di procedura penale, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Palmi con due ordinanze emesse il 20 ottobre 2000, iscritte ai nn. 312 e 313 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2001.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

  Ritenuto che il Tribunale di Palmi ha sollevato con due ordinanze di identico contenuto, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 238, 511, 511-bis e 525 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente di utilizzare mediante lettura gli atti assunti nel medesimo dibattimento da un collegio diversamente composto;

  che la questione era già stata sollevata nei confronti degli artt. 238, 511 e 511-bis cod. proc. pen. nell'ambito degli stessi procedimenti dal medesimo Tribunale con tre ordinanze di identico contenuto, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.;

  che questa Corte, con ordinanza n. 95 del 2000, aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza della questione a seguito delle modifiche introdotte nell'art. 111 Cost. dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 e delle relative norme transitorie;

  che il rimettente ripropone la questione, ora estesa all'art. 525 cod. proc. pen.,con in riferimento anche agli artt. 97 e 111 Cost., richiamandosi alle argomentazioni esposte nelle precedenti ordinanze,di viene allegata una copia, e svolgendo ulteriori considerazioni relative alle sulle censure di illegittimità nei confronti degli artt. 511 e 525 cod. proc. pen.;

che nelle precedenti ordinanze di rimessione il combinato disposto degli artt. 238, 511 e 511-bis cod. proc. pen. era stato sottoposto a scrutinio di legittimità costituzionale ex art. 3 Cost. per la irragionevole diversità della disciplina riservata agli atti assunti da un collegio diversamente composto rispetto a quella prevista per i verbali di prove assunte in altro procedimento, nonchè per la irrazionale <<"dispersione">> di atti legittimamente acquisiti nel contraddittorio delle parti;

che, sotto il profilo della violazione dell'art. 24 Cost., il rimettente lamentava che la disciplina censurata poteva riguardare anche prove favorevoli all'imputato, che sarebbe così rimasto discriminato <<rispetto ad imputati con prove favorevoli assunte in altro processo>>;

  che,con riferimento all'art. 111 Cost., ad avviso del giudice a quo la medesima disciplina censurata viola altresì l'art. 111 Cost.il principio del contraddittorio, che costituisce il fulcro della formazione della prova nel processo penale, in quanto l'art. 525 cod. proc. pen., imponendo la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale davanti al collegio chiamato a decidere, <<richiede di più dell'assunzione della prova nel contraddittorio>>, in contrasto con quanto stabilito dallo stesso art. 111 Cost., che si limita a prescrivere il contraddittorio davanti ad un giudice terzo e imparziale, e non anche davanti al giudice chiamato a decidere;    che l'assolutezza della regola stabilita nell'art. 525 cod. proc. pen. determinerebbe un'ulteriore violazione dell'art. 111 Cost., che individua nel consenso dell'imputato una deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova;

  che, infine, le norme censurate si porrebbero in contrasto con l'art. 97 Cost., in quanto imporre <<sterili ripetizioni di prove>> potrebbe determinare l'impossibilità di definire i processi <<nei brevi tempi di vigenza di un medesimo collegio>>;

  che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata.

  Considerato che le due ordinanze del Tribunale di Palmi hanno identico contenuto e che pertanto va disposta la riunione dei relativi giudizi;

  che in sostanza il rimettente lamenta che, in caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, le norme censurate impediscono di procedere alla lettura degli atti assunti in contraddittorio da un collegio diversamente composto, e ritiene che tale disciplina sia in contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost.;

  che con ordinanza n. 399 del 2001 questa Corte ha dichiarato manifestamente infondate questioni sostanzialmente analoghe relative agli artt. 511 e 525 del codice di procedura penale, sia pure sollevate con riferimento a parametri e argomentazioni solo in parte censure di illegittimità costituzionale argomentate sulla base di rilievo non del tutto coincidenti con quelli prospettati dall'attuale rimettente;

  che nella menzionata ordinanza la Corte ha messo in rilievo, tra l'altro, che l'art. 525, comma 2, cod. proc. pen., secondo cui i giudici chiamati a decidere debbono essere gli stessi che hanno partecipato al dibattimento, conferma la tradizionale regola dell'immutabilità del giudice, attraverso la quale trova attuazione il principio di immediatezza, connaturale alla stessa essenza del processo, che esige appunto, salve le deroghe espressamente previste dalla legge, l'identità tra il giudice che acquisisce le prove e quello che decide;

  che, in particolare, la Corte ha rilevato, richiamandosi alla sentenza n. 17 del 1994 e alla giurisprudenza di legittimità, che, in caso di mutamento della composizione del collegio, il rispetto del principio sancito dall'art. 525 cod. proc. pen. impone di procedere alla integrale rinnovazione del dibattimento e che la disciplina relativa alla utilizzazione dei precedenti verbali non può che essere rinvenuta nell'art. 511 cod. proc. pen., in quanto detti verbali fanno già parte del fascicolo per il dibattimento a disposizione del nuovo giudice;

  che la paventata <<dispersione>> dei verbali delle prove assunte da un diverso collegio é priva di fondamento, in quanto tali verbali, qualora il nuovo esame non abbia luogo, potranno essere recuperati mediante letturapotranno essere recuperati mediante il meccanismo della lettura, e di essi potrà comunque essere data lettura dopo l'esame in contraddittorio tra le parti;

  che, quanto alla supposta irragionevole disparità di trattamento tra la disciplina prevista dagli artt. 511 e 525 cod. proc. pen. in caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale a causa del mutamento della composizione del collegio giudicante e quella dettata dall'art. 238 cod. proc. pen. in relazione ai verbali di prove provenienti da diverso procedimento, questa Corte ha già osservatoavuto occasione di affermare (ordinanza n. del 2001) che, una volta che le prove siano state ammesse, debbono (v. ordinanza n. 399 del 2001) che in entrambi i casi trovano applicazione le regole generali dettate dagli artt. 190, 493 e 495 cod. proc. pen. in tema di ammissione della prova (v., in particolare, gli artt. 238, comma 5, e 511-bis, disposizione quest'ultima che richiama espressamente l'art. 511, comma 2, cod. proc. pen.)essere assunte alla stregua delle modalità prescritte dall'art. 511, comma 2, cod. proc. pen;

  che da tali rilievi deriva altresì la manifesta infondatezza della questione sotto il profilo del contrasto con l'art. 24 Cost., prospettato peraltro in maniera ipotetica;

che del tutto inconferenti sono le censure riferite all'art. 111, commi quarto e quinto, Cost., posto che la disciplina dell'art. 525 cod. proc. pen. non incide lungi dal vanificare la portata delsul principio del contraddittorio,, vi madà piena é volta a dare attuazione, stabilendo, alla luce del al principio di immediatezza, che la prova deve formarsi in contraddittorio anche davanti al giudice chiamato a decidere;che palesemente priva di fondamento é la supposta violazione della regola, stabilita nell'art. 111, quinto comma, Cost., che ammette una deroga alla formazione della prova in contraddittorio "per consenso dell'imputato", posto che la giurisprudenza di legittimità ammette la lettura dei verbali ex art. 511, comma 2, cod. proc. pen. ove vi sia il consenso delle parti;

che, infine, per costante giurisprudenza di questa Corte, l'art. 97 Cost. non può essere evocato, nei termini proposti dal rimettente, in relazione all'attività giurisdizionale in senso stretto (v., ex plurimis, sentenza n. 115 del 2001 e ordinanze n. 204 del 2001 e n. 30 del 2000);

  che pertanto, non essendovi motivo di discostarsi dalle considerazioni svolte e dalle conclusioni raggiunte nell'ordinanza n. 399 del 2001, la questione di legittimità costituzionale va dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 238, 511, 511-bis e 525 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Palmi, con le ordinanze in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2001.

Massimo VARI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 dicembre 2001.