Sentenza n. 291/2001

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SENTENZA N. 291

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448 (Provvedimenti a favore del Comune di San Remo), convertito in legge 27 dicembre 1928, n. 3125; del regio decreto-legge 2 marzo 1933, n. 201 (Provvedimenti a favore del Comune di Campione), convertito in legge 8 maggio 1933, n. 505; del regio decreto-legge 16 luglio 1936, n. 1404 (Estensione al Comune di Venezia delle disposizioni del regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448, recante provvedimenti a favore del Comune di San Remo), convertito in legge 14 gennaio 1937, n. 62; della legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta) e della legge <<n. 690/1971>> [recte: 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta)] e successive modificazioni, promosso con ordinanza emessa il 16 dicembre 1999 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania sul ricorso proposto dal Comune di Taormina contro il Ministero dell'interno ed altri, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Visti gli atti di costituzione dei Comuni di Taormina, Venezia, Campione d'Italia e San Remo, nonchè gli atti di intervento della Regione Valle d'Aosta, dei Comuni di Montecatini Terme, Bagni di Lucca, Anzio, Capri, dell'A.N.I.T. - Associazione Nazionale per l'Incremento Turistico - e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi gli avvocati Piero d'Amelio e Paolo Turiano Mantica per il Comune di Taormina, Federico Sorrentino per il Comune di Venezia e per il Comune di San Remo, Ruggero Tumbiolo per il Comune di Campione d'Italia, Gustavo Romanelli per la Regione Valle d'Aosta, Piero d'Amelio per i Comuni di Montecatini Terme, Bagni di Lucca, Anzio, Capri e l'A.N.I.T. e l'Avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. — Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con ordinanza emessa il 16 dicembre 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 5 e 41 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448 (Provvedimenti a favore del Comune di San Remo), del regio decreto-legge 2 marzo 1933, n. 201 (Provvedimenti a favore del Comune di Campione), del regio decreto-legge 16 luglio 1936, n. 1404 (Estensione al Comune di Venezia delle disposizioni del regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448, recante provvedimenti a favore del Comune di San Remo), della legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta) e della legge <<n. 690/1971>> [recte: 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta)], nella parte in cui non prevedono in via generale ed astratta il potere del Ministro dell'interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purchè senza aggravio per il bilancio dello Stato, i Comuni ad adottare tutti i provvedimenti necessari per potere addivenire all'assestamento del proprio bilancio ed all'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili, con espressa elencazione dei divieti derogabili, tra i quali quello di aprire case da gioco, e delle situazioni tenuto conto delle quali il predetto Ministro può rilasciare la predetta autorizzazione.

1.1. — Il giudizio principale ha ad oggetto l'annullamento, previa sospensione, del decreto con cui il Ministro dell'interno ha negato al Comune di Taormina l'autorizzazione ad istituire una casa da gioco, affermando di non essere titolare del relativo potere. Secondo il giudice rimettente, l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale consentirebbe la pronuncia del provvedimento cautelare, tenuto conto del progressivo aggravamento del danno causato al ricorrente dal mancato godimento dei benefici di bilancio e di sviluppo economico-occupazionale connessi all'apertura della casa da gioco.

1.2. — In ordine alla sussistenza della propria giurisdizione, il Tar, premesso che la questione relativa all'eventuale carenza di una posizione soggettiva azionabile attiene al merito piuttosto che alla giurisdizione, precisa che comunque l'interesse fatto valere dal Comune di Taormina non ha ad oggetto il compimento di un atto incompatibile con l'ordinamento, in quanto altri Comuni ne hanno ottenuto il riconoscimento ad opera delle norme impugnate, che introducono deroghe al divieto di esercizio del gioco d'azzardo, penalmente sanzionato. Si tratta pertanto di un interesse legittimo di natura pretensiva, avente ad oggetto il conseguimento di un determinato "bene della vita", e correlato al potere ministeriale di valutare discrezionalmente la sussistenza delle ragioni di deroga previste dalle norme impugnate, subordinatamente alla dichiarazione di incostituzionalità di queste ultime.

1.3. — Nel merito, il giudice rimettente esclude innanzitutto che il divieto di esercitare il gioco d'azzardo, posto dall'art. 718 del codice penale, abbia subìto una deroga generalizzata per effetto degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640 e dell'art. 9 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, nonchè del n. 61 della tariffa allegata a quest'ultimo decreto, in quanto tali disposizioni, aventi natura tributaria e regolamentare, non soddisferebbero le esigenze di certezza connesse all'abolizione di una fattispecie incriminatrice.

Tanto premesso, e tenuto conto che attualmente la situazione finanziaria del Comune di Taormina é ben peggiore di quella che a suo tempo indusse ad autorizzare l'istituzione di case da gioco in altri Comuni, il Tar sostiene che il "complesso normativo" costituito dalle disposizioni impugnate viola l'art. 3 della Costituzione, in quanto, derogando ad un divieto penalmente sanzionato senza individuare preventivamente una categoria generale ed astratta di beneficiari, non consente che lo stesso beneficio venga esteso a tutti i soggetti che si trovano nella medesima situazione. Tale regime contrasta inoltre con il secondo comma dell'art. 3, in quanto, considerato che il Comune é ente esponenziale della comunità locale, discrimina quest'ultima in relazione ad interessi da essa fortemente avvertiti, quali lo sviluppo economico-occupazionale attraverso l'incremento turistico, l'attrazione di valuta pregiata ed il ripianamento dei bilanci, e favorisce il prosperare di case da gioco clandestine.

Il giudice amministrativo censura le norme impugnate anche in riferimento agli artt. 2 e 4 (quest'ultimo citato solo in motivazione) della Costituzione, sostenendo che il riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo impone ai pubblici poteri di attuare una politica volta all'assorbimento della disoccupazione ed alla creazione e garanzia dei posti di lavoro. A suo avviso, la disciplina derogatoria in esame, precludendo al Comune di Taormina lo svolgimento di un'attività volta a promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità locale, viola altresì l'art. 5 della Costituzione.

Infine, secondo il giudice rimettente, le norme impugnate contrastano con l'art. 41 della Costituzione, in quanto limitano arbitrariamente la libertà di scelta e di svolgimento di un'attività economica, nell'interesse proprio del Comune ed in quello della comunità di cui esso é ente esponenziale.

2. — Nel giudizio dinanzi alla Corte, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha eccepito l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sostenendo che il giudice rimettente sarebbe palesemente carente di giurisdizione e che la materia in esame, implicando una scelta tra una pluralità di soluzioni possibili, sarebbe riservata alla discrezionalità del legislatore.

Nel merito, la difesa erariale ha richiamato la sentenza n. 152 del 1985, con cui la Corte, in riferimento ad analoga questione, affermò che le deroghe previste dalle norme impugnate sono giustificate dalla particolare situazione dei Comuni interessati, e negò che l'esistenza di analoghe situazioni in altri Comuni comportasse di per sè la violazione del principio di eguaglianza.

3. — Si é inoltre costituito il Comune di Taormina, che si é riportato alla motivazione dell'ordinanza di rimessione ed ha insistito per l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale, osservando in particolare che nella sentenza n. 152 del 1985 la Corte diede atto dell'illegittimità complessiva del sistema normativo riguardante l'esercizio del gioco d'azzardo, ed invitò il legislatore a provvedere in tempi ragionevoli ad una organica revisione.

4. — Si sono altresì costituiti i Comuni di Venezia, San Remo e Campione d'Italia, intervenuti ad opponendum nel giudizio principale.

I Comuni di Venezia e San Remo, con distinte memorie, hanno eccepito anch'essi l'inammissibilità della questione, sulla base di argomentazioni analoghe a quelle svolte dalla difesa dello Stato, sostenendo, nel merito, che é proprio il carattere eccezionale delle norme impugnate a dimostrare che il gioco d'azzardo non é stato affatto recepito dall'ordinamento, ma che, anche quando é ammesso, esso é al massimo tollerato. Per consentire ai Comuni in stato di dissesto di risanare i propri bilanci mediante l'esercizio del gioco d'azzardo, occorrerebbe quindi spiegare le ragioni per cui le esigenze sottostanti al divieto di cui all'art. 718 del codice penale devono recedere di fronte a quelle finanziarie dei Comuni, che potrebbero essere soddisfatte anche in altro modo.

5. — Il Comune di Campione ha sostenuto, a sua volta, che l'art. 2 della Costituzione non esclude le restrizioni della sfera giuridica dei cittadini rese necessarie dalla tutela dell'ordine pubblico, aggiungendo che dal riconoscimento del diritto al lavoro non può dedursi l'interesse alla creazione di posti di lavoro in contrasto con norme imperative; quanto alla denunciata violazione dell'art. 5, ha osservato che agli enti locali non spetta alcuna funzione in materia di esercizio del gioco d'azzardo, mentre, relativamente all'asserita lesione della libertà dell'iniziativa economica privata, ha rilevato che lo stesso art. 41 della Costituzione demanda alla legge ordinaria la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni perchè l'attività economica possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Il Comune ha contestato infine la lamentata violazione del principio di eguaglianza, sottolineando la particolarità della situazione derivante dalla sua collocazione geografica e dal regime tributario e doganale al quale esso é assoggettato.

6. — Hanno spiegato intervento in giudizio, con distinte memorie, anche i Comuni di Montecatini Terme, Anzio, Bagni di Lucca e Capri, nonchè l'A.N.I.T. - Associazione Nazionale per l'Incremento Turistico - non costituiti nel giudizio principale, i quali hanno svolto argomentazioni analoghe a quelle del Comune di Taormina.

7. — E' infine intervenuta la Regione Valle d'Aosta, anch'essa non costituita nel giudizio principale, la quale ha eccepito l'inammissibilità della questione, negando la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ed osservando che il giudice rimettente invoca una pronuncia a contenuto fortemente manipolativo che, in quanto volta a sostituire una norma generale ed astratta a singole disposizioni aventi carattere derogatorio, in una materia nella quale é configurabile una pluralità di soluzioni possibili, inciderebbe sulla sfera di discrezionalità propria del legislatore, nel caso di specie esercitata in modo non arbitrario.

8. — In prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Valle d'Aosta ha depositato una memoria, nella quale insiste per la dichiarazione d'inammissibilità o il rigetto della questione.

9. — Con ordinanza emessa all'udienza pubblica del 22 maggio 2001, é stata dichiarata l'inammissibilità degli interventi dei soggetti non costituiti nel giudizio principale, ad eccezione di quello della Regione Valle d'Aosta, che é stato invece ritenuto ammissibile.

Considerato in diritto

1. — La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha ad oggetto il regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448 convertito nella legge 27 dicembre 1928, n. 3125, il regio decreto-legge 2 marzo 1933, n. 201 convertito nella legge 8 maggio 1933, n. 505, recanti provvedimenti a favore rispettivamente dei Comuni di San Remo e di Campione, nonchè il regio decreto-legge 16 luglio 1936, n. 1404, convertito nella legge 14 gennaio 1937, n. 62, con cui detti provvedimenti furono estesi al Comune di Venezia ed infine le leggi 6 dicembre 1971, n. 1065 e 26 novembre 1981, n. 690 e successive modificazioni. Tali disposizioni vengono censurate nella parte in cui "non prevedono in via generale ed astratta il potere del Ministro dell'interno di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, i Comuni ad adottare tutti i provvedimenti necessari per addivenire all'assestamento del proprio bilancio ed all'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili, con espressa elencazione dei divieti derogabili, tra cui quello di aprire case da gioco".

Secondo il giudice rimettente tale "complesso normativo", consentendo ai Comuni di San Remo, Venezia, Campione e Saint Vincent di "beneficiare di un regime derogatorio che li ha individuati come beneficiari senza previamente individuare una categoria generale ed astratta di possibili beneficiari" contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, in quanto si risolve nell'attribuzione di un privilegio giustificato da esigenze di natura finanziaria non esclusive dei Comuni ai quali é riconosciuto. Sarebbe violato anche il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, in quanto tale disparità di trattamento incide su interessi fortemente avvertiti dalle comunità locali, quali l'incremento turistico, lo sviluppo economico-sociale, il risanamento dei bilanci e soprattutto ostacolerebbe il perseguimento di una politica di piena occupazione, in contrasto con gli artt. 2 e 4 della Costituzione, impedirebbe la piena espansione delle potenzialità economiche delle collettività locali, in violazione dell'art. 5 della Costituzione, ed infine, restringendo arbitrariamente la libertà d'iniziativa economica dei Comuni, contrasterebbe anche con l'art. 41 della Costituzione.

2. ― In via preliminare, va disattesa l'eccezione, sollevata dall'Avvocatura dello Stato e dalla difesa dei Comuni di San Remo e di Venezia, secondo cui la questione di legittimità sarebbe inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Dall'ordinanza di rimessione non emerge infatti un palese difetto di giurisdizione tale da determinare, secondo la costante giurisprudenza della Corte, l'irrilevanza della questione (ex plurimis: sentenze n. 179 del 1999, n. 127 del 1998), tanto più che il Tar rimettente ha ampiamente motivato in modo plausibile in ordine alla configurabilità di una posizione soggettiva di interesse legittimo in capo al Comune ricorrente.

3. ― La questione θ peraltro inammissibile sotto altro profilo.

Il dubbio di costituzionalità prospettato dall'ordinanza di rinvio investe una "disciplina derogatoria, nella parte in cui essa non consente ulteriori estensioni di precetti normativi di favore" riguardo all'autorizzazione ai Comuni all'apertura e gestione di case da gioco. Il dubbio, così come é formulato, evidenzia che la disciplina censurata é, di per sè, inapplicabile a Comuni diversi da quelli presi in considerazione dalle norme in oggetto e poichè quindi il giudizio principale può essere definito indipendentemente dalla applicazione del "complesso normativo" impugnato, la questione di legittimità costituzionale che lo investe appare irrilevante (ordinanza n. 90 del 1973).

E' peraltro da osservare che posta nei termini indicati la questione di costituzionalità, nell'ambito di un procedimento cautelare diretto alla sospensione dell'efficacia del provvedimento ministeriale dichiarativo della carenza di potere autorizzatorio rispetto all'apertura di case da gioco, neppure in caso di accoglimento la predetta disciplina derogatoria potrebbe essere automaticamente estesa al Comune ricorrente. Ed infatti, neppure ai fini del periculum in mora, il giudice a quo sarebbe legittimato ad adottare direttamente, in sostituzione dell'Amministrazione, una misura "urgente" dal carattere fortemente discrezionale come é l'autorizzazione all'apertura della casa da gioco, tanto più che permane il generale divieto di gioco d'azzardo stabilito dagli artt. 718-722 del codice penale.

Nè, d'altra parte, si può invocare nella presente vicenda una sentenza additiva, non essendo individuabile nella specie un'omissione legislativa che renda "conseguentemente doverosa la sentenza additiva della Corte" (sentenza n. 2 del 1998), poichè difettano fattispecie omogenee da porre a raffronto, considerando che le denunciate norme sono norme di eccezione puntuale e perciò non estensibili oltre i casi ivi contemplati (sentenza n. 322 del 1998). Nel caso di specie, infatti, a parte il fatto che la Corte ha già ritenuto non prive di giustificazione le deroghe introdotte dalle norme impugnate (sentenza n. 152 del 1985) e non irragionevole il divieto generale di esercizio del gioco d'azzardo (sentenza n. 237 del 1975), in ogni caso é da considerare che la prospettata pronuncia additiva non si porrebbe come conseguenza necessitata ed implicita dell'applicazione dei principi costituzionali al "complesso normativo" impugnato, giacchè al riguardo sarebbe comunque prospettabile una pluralità di soluzioni, la cui scelta é doverosamente rimessa alla discrezionalità del legislatore (sentenze n. 51 del 1998, n. 55 del 1996).

Ed invece il dispositivo dell'ordinanza di rimessione sollecita proprio la Corte ad emettere non già una pronuncia d'accoglimento, bensì una sentenza che sostanzialmente delinei una sorta di disciplina generale del potere di autorizzazione destinata a sostituirsi alle ipotesi particolari previste dagli atti impugnati. Il che é chiaramente inammissibile.

4. ― Ciς posto, occorre rilevare che appare sempre più grave il problema della situazione normativa concernente le case da gioco aperte nel nostro Paese, la quale "é contrassegnata da un massimo di disorganicità: sia del tipo di interventi cui é condizionata la apertura delle case (...), sia per la diversità dei criteri seguiti (...), sia infine per i modi disparati con i quali vengono utilizzati i proventi acquisiti nell'esercizio del gioco nei casinò" (sentenza n. 152 del 1985).

Se pertanto già nel 1985 la Corte ammoniva che le prospettate esigenze di organica previsione normativa su scala nazionale andavano soddisfatte "in tempi ragionevoli per superare le insufficienze e disarmonie delle quali si é detto", é del tutto evidente che é ormai divenuto improrogabile -sempre che il legislatore intenda persistere nella politica di deroghe agli artt. 718-722 del codice penale- un intervento legislativo, non essendo più giustificabile un sistema normativo ormai superato e sotto diversi profili incoerente rispetto all'attuale quadro costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448 (Provvedimenti a favore del Comune di San Remo), del regio decreto-legge 2 marzo 1933, n. 201 (Provvedimenti a favore del Comune di Campione), del regio decreto-legge 16 luglio 1936, n. 1404 (Estensione al Comune di Venezia delle disposizioni del regio decreto-legge 22 dicembre 1927, n. 2448, recante provvedimenti a favore del Comune di San Remo), della legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta) e della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 5 e 41 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2001.

 

ALLEGATO

 

ORDINANZA

Pronunciata nell'udienza pubblica del 22 maggio 2001

Ritenuto che nel giudizio di legittimità costituzionale sono intervenuti i Comuni di Montecatini Terme, Anzio, Bagni di Lucca e Capri, l’A.N.I.T. - Associazione Nazionale per l’Incremento Turistico - e la Regione Autonoma Valle d’Aosta, non costituiti nel giudizio principale pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania;

che i Comuni di Montecatini Terme, Anzio, Bagni di Lucca e Capri espongono di aver proposto anch’essi, come il Comune di Taormina, istanza di autorizzazione all’istituzione di case da gioco, e di avere a loro volta impugnato i decreti ministeriali di diniego dinanzi al giudice amministrativo, che non ha ancora fissato le relative udienze di discussione;

che l’A.N.I.T., premesso di avere tra i propri scopi la promozione del consenso necessario ad ottenere una nuova regolamentazione del gioco d’azzardo, sostiene che la decisione della questione di legittimità costituzionale é destinata ad avere una ricaduta diretta sull’esercizio delle sue attribuzioni, costituendo essa centro di interessi dei comuni associati;

che la Regione Autonoma Valle d’Aosta, infine, osserva che il Tar ha disposto che le fosse notificata l’ordinanza di rimessione, in quanto la legge 6 dicembre 1971, n. 1065 e la legge 7 agosto 1981, n. 690, oggetto della questione di legittimità costituzionale, la concernono direttamente, ed afferma che nel giudizio principale avrebbe dovuto essere ordinata l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.

Considerato che, come questa Corte ha costantemente affermato, nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale non é ammissibile la costituzione di soggetti che non rivestano la qualità di parti nel giudizio principale (cfr. sentenze n. 178 del 2000, n. 117 del 1996);

che tale principio é stato ritenuto derogabile soltanto in favore di soggetti titolari di un interesse che, pur formalmente esterno al giudizio principale, inerisca immediatamente al rapporto sostanziale, e nei cui confronti, pertanto, una pronuncia di illegittimità costituzionale eserciterebbe un’influenza diretta, tale da pregiudicare irrimediabilmente la loro posizione giuridica, senza che essi abbiano la possibilità di difendersi (cfr. sentenza n. 390 del 1999, ordinanza n. 67 del 1998, sentenza n. 315 del 1992);

che detto pregiudizio non si configura nei confronti dei Comuni di Montecatini Terme, Anzio, Bagni di Lucca e Capri, i quali hanno impugnato autonomamente i decreti ministeriali con cui é stata loro negata l’autorizzazione ad istituire case da gioco nei rispettivi territori;

che, quanto all’A.N.I.T., essa é titolare di un generico interesse di fatto a veder accolta la questione, insufficiente a legittimare l’intervento, per la cui ammissibilità é invece necessaria una situazione giuridica individualizzata (cfr. ordinanza n. 129 del 1998);

che va invece riconosciuta la legittimazione all’intervento della Regione Autonoma Valle d’Aosta, in quanto le norme impugnate che la riguardano, pur contenute in atti aventi valore di legge dello Stato, hanno ad oggetto un aspetto dell’ordinamento regionale, come definito dallo statuto, sicchè appare configurabile un interesse giuridicamente rilevante all’esito del presente giudizio (cfr. ordinanza 20 maggio 1997, allegata alla sentenza n. 277 del 1997).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’inammissibilità degli interventi dei Comuni di Montecatini Terme, Anzio, Bagni di Lucca e Capri, e dell’A.N.I.T. - Associazione Nazionale per l’Incremento Turistico;

dichiara l’ammissibilità dell’intervento della Regione Autonoma Valle d’Aosta.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2001.