Sentenza n. 127/98

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SENTENZA N. 127

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 20 giugno 1996, n. 22 (Istituzione del parco naturale-archeologico dell’Inviolata in Guidonia Montecelio), promosso con ordinanza emessa il 9 settembre 1996 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, sul ricorso proposto da Annibaldi Daniele contro il Sindaco del Comune di Guidonia ed altro, iscritta al n. 1266 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 1996.

  Visti gli atti di costituzione di Annibaldi Daniele e della Regione Lazio;

  udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il Giudice relatore Massimo Vari;

  uditi gli avvocati Romano Vaccarella per Annibaldi Daniele, Aldo Rivela e Massimo Luciani per la Regione Lazio.

Ritenuto in fatto

1.— Con ordinanza emessa il 9 settembre 1996 (r.o. n. 1266 del 1996), il Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 20 giugno 1996, n. 22 (Istituzione del parco naturale-archeologico dell’Inviolata in Guidonia Montecelio), denunciandone il contrasto con l’art. 117 della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e dalla legge-quadro 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge-quadro sulle aree protette), nonchè, in subordine, con l’art. 81 della Costituzione.

  2.— La questione é stata proposta nel corso del procedimento possessorio instaurato ai sensi dell’art. 703 cod. proc. civ. da Annibaldi Daniele, titolare dell’azienda agricola "Prato Rotondo", per lamentare la turbativa del suo possesso derivante dal diniego opposto, in pretesa osservanza della legge della Regione Lazio n. 22 del 1996, dal Sindaco di Guidonia, nella sua veste di gestore del parco dell’Inviolata (nella cui area risulta ricompresa la maggior parte dei terreni sui quali insiste l’azienda agricola), alla richiesta di autorizzazione ad impiantare un frutteto.

  3.— Premette il rimettente che, nel giudizio a quo, il ricorrente, nell’eccepire l’incompatibilità della menzionata legge regionale con gli artt. 40 e 52 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea e con il successivo Atto unico, nonchè il contrasto della medesima con gli artt. 3, 42, 81, 117 e 128 della Costituzione, ha sollecitato l’emanazione, da parte del Pretore, dell’ordine al Comune di disapplicare la legge regionale in parola.

  4.— Esaminata in via pregiudiziale l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle amministrazioni resistenti (Comune di Guidonia e Regione Lazio), il giudice a quo l’ha respinta sulla base di una duplice motivazione: e cioé, da un lato, perchè la denunciata turbativa non deriverebbe dall’esercizio di poteri discrezionali da parte del Comune e, dall’altro, perchè il ricorrente lamenta la violazione di norme comunitarie attributive di situazioni soggettive di diritto. Indi, nel disporre la trasmissione degli atti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, il rimettente ha contestualmente sollevato questione di legittimità costituzionale della citata legge della Regione Lazio n. 22 del 1996, facendo, tra l’altro, rinvio ob relationem alle prospettazioni del ricorrente.

  5.— Nel costituirsi in giudizio, la parte privata osserva pregiudizialmente che il difetto di giurisdizione eccepito dalle controparti nel giudizio principale — e sul quale il rimettente si é espressamente pronunziato — sarebbe tutt’altro che evidente, osservando, nel merito, che la legge regionale sarebbe illegittima per violazione degli artt. 3, 42, 81 e 117 della Costituzione.

  6.— Anche la Regione Lazio si é costituita in giudizio, chiedendo che le questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili ovvero, in subordine, infondate.

  Nel caso di specie, a parte il non consentito metodo della motivazione per relationem, risulterebbero disattesi anche i principi secondo i quali una questione di costituzionalità deve essere sollevata "nel corso di un giudizio", che abbia un petitum che non si risolva nella stessa questione (vedi, ex plurimis, sentenza n. 65 del 1964 nonchè sentenze nn. 92 del 1973 e 256 del 1982). Nella specie, sotto le spoglie dell’azione di manutenzione, si celerebbe in realtà un’azione volta ad aggredire direttamente la legge, esercitata, per giunta, innanzi ad un giudice carente (come qualunque altro giudice) di giurisdizione, atteso che "l’animus turbandi", richiesto per la configurabilità della turbativa del possesso, non é rinvenibile ove "il presunto autore sia il legislatore".

  7.— Nell’imminenza della discussione del giudizio, la parte privata ha presentato una ulteriore memoria, in cui, nell’affermare che il Pretore ha espressamente (anche se sinteticamente) indicato le ragioni di sussistenza di entrambi i presupposti dell’incidente di costituzionalità, si osserva che all’interdetto possessorio richiesto nel giudizio principale corrisponde un petitum diverso ed autonomo rispetto all’oggetto del presente giudizio. Nel caso di specie, pretendendo la legge censurata di annullare tout court una serie di facoltà essenziali connesse ai diritti di proprietà e di impresa, ove il privato contesti la conformità della legge stessa ai principi costituzionali, "é il giudice dei diritti soggettivi che deve apprestare - nei limiti consentitigli dall’ordinamento, e cioé astenendosi dall’annullare la legge per ciò solo che essa é, formalmente, una legge, ma traendo ogni altra implicazione dalla delibazione di incostituzionalità della medesima - tutela al cittadino".

  8.— Con memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, la Regione Lazio, nel ribadire le precedenti argomentazioni, ha depositato copia della sentenza emessa il 18 dicembre 1997, dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, prima sezione, sul rinvio pregiudiziale del Pretore rimettente ed ha dedotto un ulteriore profilo di inammissibilità, nel senso che non sarebbe consentito sollevare contemporaneamente la pregiudiziale comunitaria e quella di costituzionalità.

Considerato in diritto

  1.— Con l’ordinanza in epigrafe il Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 20 giugno 1996, n. 22 (Istituzione del parco naturale-archeologico dell’Inviolata in Guidonia Montecelio), denunciandone il contrasto, nel suo complesso, con l’art. 117 della Costituzione, in relazione ai principi fondamentali dettati dalla legge-quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991, n. 394, nonchè, in via subordinata, con l’art. 81 della Costituzione, per le parti che richiedono di attingere alle risorse finanziarie pubbliche, per gli oneri esorbitanti dalla somma di cento milioni di lire, stanziata dalla legge stessa.

  L’ordinanza di rimessione é stata emessa nel corso di un procedimento possessorio ex art. 703 cod. proc. civ., instaurato dal titolare di un’azienda agricola, il quale, vistosi negare dal Sindaco di Guidonia, nella veste di gestore del parco dell’Inviolata (nella cui area risulta ricompresa parte dei terreni del ricorrente), l’autorizzazione ad impiantare un frutteto, in pretesa osservanza di quanto disposto dalla legge della Regione Lazio n. 22 del 1996, assume che detto provvedimento negativo integri una turbativa del suo possesso e sollecita, perciò, l’emissione dell’ordine al Sindaco stesso di disapplicare la stessa legge regionale.

  2.— La questione é inammissibile per motivi connessi, a tacere di altre ragioni preclusive, al palese difetto di giurisdizione del giudice rimettente, con conseguente carenza del requisito della rilevanza ai fini del decidere.

  E’ infatti pacifico e costante orientamento della giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, che le azioni possessorie nei confronti della pubblica amministrazione sono consentite solo nei casi in cui quest’ultima abbia agito iure privatorum o abbia posto in essere un’attività meramente materiale, e non quando dette azioni siano proposte avverso comportamenti ricollegabili all’esercizio di poteri pubblici ovvero posti in essere per il tramite di atti amministrativi.

  Come risulta anche dal testo dell’ordinanza, il provvedimento negativo, oggetto di ricorso innanzi al Pretore, é stato assunto dal Sindaco nell’esercizio di poteri autorizzatori derivanti dall’art. 7, comma 1, lettera e), della legge regionale n. 22 del 1996, il quale vieta "i cambiamenti di coltura e i movimenti non esplicitamente autorizzati dall’ente gestore e al solo fine di eventuali lavori di ripristino secondo modalità da stabilire sentito il parere del Comitato tecnico-scientifico per l’ambiente".

  Il giudice a quo, per dimostrare l’esistenza della sua potestas iudicandi, richiama un duplice ordine di argomentazioni, assumendo, in primo luogo, che mancherebbe nella specie qualsiasi potere discrezionale in capo al Comune resistente (in ordine al consentire, o meno, il compimento di determinate attività agricole) ed osservando, in secondo luogo, che il ricorrente lamenta la lesione di norme comunitarie, le quali "attribuiscono situazioni soggettive di diritto tali da imporre, a loro volta, ai giudici nazionali di disapplicare persino le leggi e gli atti con forza di legge che si rivelino in contrasto con le norme comunitarie stesse".

  Nè l’una nè l’altra delle ragioni addotte é, tuttavia, idonea a corroborare l’assunto del rimettente.

  Non la prima, perchè — a parte l’opinabilità dell’affermazione secondo la quale l’amministrazione comunale sarebbe, nella specie, del tutto sfornita di discrezionalità nel valutare le istanze di autorizzazione ex art. 7 della legge regionale in questione — la stessa si basa, comunque, su un postulato privo di qualsiasi fondamento: cioé che, di regola, al carattere vincolato del provvedimento corrispondano situazioni giuridiche qualificabili quali diritti soggettivi e, per converso, all’area della discrezionalità amministrativa quelle definibili come interessi legittimi.

  Nè, tantomeno, la seconda, giacchè — a parte il fatto che la materia oggetto di contenzioso innanzi al Pretore rimettente é da reputare completamente estranea alla normativa comunitaria, come confermato anche dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, prima Sezione, 18 dicembre 1997, prodotta in giudizio dalla Regione Lazio — la sussistenza di un diritto soggettivo non potrebbe, comunque, ritenersi dimostrata solo in ragione della efficacia diretta, che caratterizza le stesse norme comunitarie rispetto agli ordinamenti interni.

  Il già rilevato ostacolo all’ammissibilità della questione non può essere, d’altro canto, superato nemmeno ricorrendo alla tesi adombrata dalla parte privata nel riconnettere l’esistenza del potere di cognizione del Pretore alla circostanza che la dichiarazione di illegittimità della legge regionale farebbe riespandere il diritto di proprietà di cui si chiede protezione.

  Proprio tale prospettazione evidenzia, infatti, un ulteriore motivo di inammissibilità, e cioé la mancanza di incidentalità della questione, dal momento che la eventuale pronunzia di accoglimento della Corte verrebbe, in realtà, a concretare, di per sè, la tutela richiesta innanzi al Pretore, disattendendo, così, il pacifico orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo il quale il petitum del giudizio, nel corso del quale viene sollevata una questione di costituzionalità, non può risolversi nella proposizione della questione stessa. In effetti, nel caso qui in esame, non é dato scorgere quale ulteriore provvedimento, ex art. 703 cod. proc. civ., potrebbe essere emesso dal giudice a quo, per rimuovere la supposta turbativa, una volta venuto meno, con il travolgimento della normativa denunciata, l’obbligo per il privato di richiedere la prevista autorizzazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 20 giugno 1996, n. 22 (Istituzione del parco naturale-archeologico dell’Inviolata in Guidonia Montecelio), sollevata, in riferimento agli artt. 81 e 117 della Costituzione, dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Massimo VARI

Depositata in cancelleria il 16 aprile 1998.