Sentenza n.152 del 1985

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SENTENZA N. 152

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 (Provvedimenti a favore del Comune di Sanremo) convertito in legge 27 dicembre 1928, n. 3125; della legge 3 novembre 1954, n. 1042 (Fondo nazionale per il soccorso invernale); della legge 29 novembre 1955, n. 1179 (Ordinamento finanziario della Valle d'Aosta); della legge 18 febbraio 1963, n. 67 (Abolizione del Fondo nazionale di soccorso invernale, finanziamento degli Enti comunali di assistenza e istituzione di una addizionale ai diritti erariali sui pubblici spettacoli e alla tassa di lotteria); della legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta) e della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell'ordinamento finanziario della regione Valle d'Aosta) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 15 febbraio 1982 dal Giudice conciliatore di Sorrento nel procedimento civile vertente tra Stringa Antonino e il Casinò Municipale di Sanremo ed altro, iscritta al n. 419 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 del 1982;

2) ordinanza emessa il 7 giugno 1982 dal Pretore di Sanremo nel procedimento penale a carico di Vento Osvaldo, iscritta al n. 537 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32 del 1983;

3) ordinanza emessa il 15 novembre 1982 dal Pretore di Aosta nel procedimento civile vertente tra la S.p.A. SITAV e Rossi Ulisse ed altri, iscritta al n. 44 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 156 del 1983.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Sanremo, del Comune di Anzio ed altri, di Vento Osvaldo, della S.p.A. SITAV nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 novembre 1984 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

uditi gli avvocati Victor Uckmar e Guido Guidi per il Comune di Sanremo, Pietro d'Amelio per il Comune di Anzio ed altri e l'ANIT, Marcello Gallo, Victor Uckmar e Guido Guidi per Vento Osvaldo, Filippo Lubrano per la SITAV e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Antonino Stringa conveniva dinanzi al Conciliatore di Sorrento il Comune di Sanremo e la Società titolare della gestione del Casinò municipale chiedendo la ripetizione di Lit. 49.500 perse al gioco nel detto Casinò, dovendo ritenersi illegittimi la gestione e l'esercizio della casa da gioco. Il Comune di Sanremo eccepiva l'incompetenza territoriale del giudice adito, l'inesistenza in ogni caso del diritto alla ripetizione ai sensi dell'art. 1933 c.c., e nel merito la legittimità dell'autorizzazione all'esercizio del gioco d'azzardo.

Il Giudice conciliatore di Sorrento, con ordinanza del 15 febbraio 1982, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 e della relativa legge di conversione 27 dicembre 1928, n. 3125 per contrasto con gli artt. 70 e 76, con l'art. 25, comma secondo, e con l'art. 3, comma primo, Cost..

Osserva il Conciliatore: a) che la disposizione impugnata, riconoscendo al (singolo) Ministro dell'interno la facoltà di autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, il Comune di Sanremo ad adottare i provvedimenti necessari per l'assestamento del bilancio e per l'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili, attribuisce ad un organo diverso dal Governo non una mera competenza amministrativa, ma, in contrasto con l'art. 76 Cost., una potestà sostanzialmente legislativa, per di più svincolata da ogni limite temporale e da qualsiasi indicazione di oggetto e di criteri direttivi; b) che la stessa, consentendo la gestione in forma organizzata del gioco d'azzardo, represso dagli artt. 718-721 c.p., e potendo, in ipotesi, consentire altri reati, viola anche il principio della riserva di legge in materia penale, poiché dà facoltà ad un organo amministrativo di far venire meno il carattere di antigiuridicità ad ipotesi di reato legislativamente previste; c) che la medesima disposizione contrasta inoltre col principio di uguaglianza, poiché, col permettere al Ministro di dispensare il Comune di Sanremo dall'osservanza della legge (anche penale), attribuisce ad un solo soggetto una posizione di privilegio, determinando così nei confronti di tutti gli altri Comuni della Repubblica una illogica ed arbitraria disparità di trattamento, che non trova ragionevole giustificazione nelle esigenze finanziarie menzionate nel testo normativo, ma non esclusive di quell'Ente locale.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata, e pubblicata nella Gazzeta Ufficiale. Dinanzi a questa Corte si é costituito il Comune di Sanremo, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Victor Uckmar e dall'avv. Guido Guidi, eccependo l'inammissibilità della questione sollevata e deducendone l'infondatezza.

Sull'ammissibilità osserva che la motivazione sulla rilevanza é insufficiente se non del tutto mancante, e comunque che la disposizione impugnata ha l'unico effetto di rendere temporaneamente inapplicabili le sanzioni penali ai giochi di azzardo praticati nel casinò di Sanremo, ma non muta affatto il sistema normativo che regola il gioco nei suoi riflessi con le obbligazioni che possono sorgere tra chi ad esso partecipa, cosicché una eventuale declaratoria di illegittimità non potrebbe spiegare alcuna influenza sulla soluzione della controversia, la quale richiede l'applicazione non delle norme impugnate, ma esclusivamente dell'art. 1933 c.c., che nega al perdente il diritto di ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l'esito di un gioco o di una scommessa, siano essi d'azzardo o comunque proibiti.

Nel merito il Comune osserva che esso é stato autorizzato all'esercizio dei giochi d'azzardo con una serie di successivi decreti del Ministro per l'interno, tutti emessi in applicazione di un apposito provvedimento legislativo (il r.d.l. 2448 del 1927), il quale ha un'efficacia formale sufficiente per derogare a norme del codice penale. Non sussiste quindi il contrasto con l'art. 76 Cost. poiché il r.d.l. n. 2448 del 1927 non delega al Ministro un potere legislativo, ma semplicemente la facoltà di rilasciare autorizzazioni amministrative.

Quanto al preteso contrasto con l'art. 25, comma secondo, Cost., il Comune osserva che se si vuol sostenere l'illegittimità della disposizione impugnata perché questa avrebbe attribuito alla P.A. il potere di autorizzare attività perseguite penalmente, può replicarsi che il legislatore ordinario, come può abrogare una norma penale, così può stabilire che una attività già penalmente perseguibile sia lecita a condizione che sia consentita da una autorizzazione amministrativa. Se invece si vuol sostenere che soltanto con legge si possono rendere leciti fatti perseguibili penalmente, si può replicare che nella specie la norma che rende lecita l'attività é appunto contenuta in un atto avente valore di legge, qual é il r.d.l. 2448 del 1927, mentre l'autorizzazione ministeriale funge solo da condizione alla quale la legge subordina la liceità dell'attività stessa come avviene in tutti gli altri casi in cui un'attività é lecita a condizione che un'autorità amministrativa la autorizzi. L'ordinanza é poi contraddittoria perché se davvero il r.d.l. del 1927 contenesse una delega legislativa, i provvedimenti ministeriali avrebbero anch'essi valore legislativo e quindi la riserva di legge non sarebbe intaccata.

Osserva infine il Comune che nemmeno sussiste il contrasto con l'art. 3 Cost., poiché la diversità di disciplina non é affatto arbitraria o irrazionale. Ogni Comune invero é un'entità a sé stante, con i suoi particolari problemi, tanto che il nostro ordinamento é pieno di leggi speciali per determinate città. Inoltre in tutti gli ordinamenti il gioco é un'attività tradizionalmente consentita solo in certe località, la cui scelta compete al legislatore o all'autorità amministrativa cui il primo l'abbia affidata, e le ovvie ragioni (esigenze del turismo, vicinanza di Montecarlo, ecc.) che hanno fatto cadere la scelta su Sanremo non sono né illogiche né capricciose.

3. - É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato eccependo l'irrilevanza della questione e deducendone l'infondatezza.

Quanto alla rilevanza, l'Avvocatura osserva anch'essa che nel nostro ordinamento vige il principio, desumibile dalla costante giurisprudenza della Cassazione, secondo cui i provvedimenti che eccezionalmente autorizzano qualche Comune ad organizzare case da gioco producono effetti unicamente in campo penale, senza però mutare la disciplina civilistica delle obbligazioni che possono sorgere fra i partecipanti al gioco. Cosicché, dovendosi nel giudizio a quo, in applicazione degli artt. 1933 e 2035 c.c., comunque escludere la ripetibilità della somma persa al gioco, sarebbe evidente nella specie l'irrilevanza di ogni verifica sulla legittimità dei provvedimenti che autorizzano l'esercizio del Casinò di Sanremo e della legge in forza della quale gli stessi sono stati emanati. Del resto, anche a ritenere, in contrasto col diritto vivente, che il gioco d'azzardo sia illecito pure sul piano civile (e quindi nulle le relative obbligazioni e ripetibili le somme pagate dal perdente) la questione sarebbe ugualmente irrilevante. Invero, a seguito del suo eventuale accoglimento, la riespansione della forza primitiva dell'art. 718 c.p. e la perdita di efficacia del provvedimento autorizzativo potrebbero comunque operare solo per l'avvenire, per cui mai il gioco cui ha partecipato l'attore nel giudizio a quo potrebbe considerarsi penalmente illecito, e quindi mai potrebbero ritenersi ripetibili le somme pagate.

Quanto al merito, l'Avvocatura rileva che sia dalla storia della nostra legislazione sulle case da gioco, sia dai lavori preparatori e dalla costante applicazione ed interpretazione della legge impugnata risulta chiaramente come questa non abbia affatto conferito al Ministro dell'interno un potere di deroga alle leggi vigenti, e cioé una potestà sostanzialmente legislativa, bensì soltanto il potere di stabilire limiti e condizioni per l'esercizio di una casa da gioco da parte del Comune di Sanremo. Non vi possono essere infatti dubbi che il legislatore, al di là dell'ampia formula adoperata, volle proprio e soltanto autorizzare l'apertura del Casinò di Sanremo, così come volle derogare, tra le leggi vigenti, proprio e soltanto a quelle penali che vietano e puniscono il gioco d'azzardo. Del resto questa interpretazione restrittiva é quella sempre adottata dall'Amministrazione e pacificamente accolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza della Cassazione, tanto che sarebbe evidente l'illegittimità di un qualsiasi altro provvedimento, diverso dall'autorizzazione all'apertura di una casa da gioco, che fosse in ipotesi emanato dal Ministro in preteso esercizio della facoltà attribuitagli col r.d.l. 2448 del 1927. É chiaro allora, prosegue l'Avvocatura, come in realtà si tratti di una legge-provvedimento, e più precisamente di legge c.d. di privilegio in quanto dispone con riferimento ad un singolo soggetto (Comune di Sanremo) per la disciplina di un singolo rapporto (permesso di istituire una casa da gioco) derogando al diritto comune (norme penali che reprimono il gioco d'azzardo), mentre il Ministro, nell'emanare il provvedimento, é assolutamente vincolato sia nell'individuazione del destinatario, sia nella determinazione del suo contenuto, essendogli solo demandata una mera attività accertativa dell'esistenza della condizione necessaria (mancanza di aggravio per il bilancio pubblico) e della rispondenza del provvedimento al fine indicato dalla legge (assestamento del bilancio comunale ed esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili).

Non sussiste quindi il contrasto con gli artt. 70 e 76 Cost., proprio perché la norma impugnata non ha attribuito al Ministro alcuna potestà sostanzialmente legislativa, ma solo una mera competenza amministrativa. La deroga all'art. 718 c.p., invero, é stata operata dallo stesso legislatore, mentre il provvedimento ministeriale ha natura di atto amministrativo di esecuzione della legge, e può in particolare essere inquadrato tra le dispense, il che però non basta a farne una lex specialis di deroga alla norma generale proibitiva, tanto più che la legge stessa ha valutato le circostanze che giustificano l'eccezione alla regola generale.

Il fatto poi che la deroga al codice penale sia stata sostanzialmente disposta con atto avente forza di legge esclude altresì il contrasto con l'art. 25, comma secondo, Cost., il quale peraltro pone una garanzia a tutela della libertà del cittadino, e non del potere punitivo dello Stato, per cui é ad esso estraneo il problema della ammissibilità di casi di impunità previsti da atti diversi dalla legge formale.

Infine, conclude l'Avvocatura, nemmeno sussiste il contrasto con l'art. 3 Cost., poiché gli atti parlamentari (nei quali si fa riferimento alla vicinanza del Comune di Sanremo alla costa francese ove si assisteva ad una fioritura di casinò che richiamavano notevoli correnti turistiche, provocando una forte esportazione di denaro all'estero, ed alla necessità di rimedi straordinari, dato anche lo sbilancio tra l'assoluta scarsezza delle risorse ordinarie ed il carico delle opere pubbliche) mettono in chiara luce i motivi che giustificano il trattamento differenziato rispetto agli altri Comuni d'Italia e che escludono qualsiasi censura di illogicità e di arbitrarietà nella valutazione di situazioni di fatto diverse.

4. - Con ordinanza del 7 giugno 1982 - emessa nel corso di un procedimento penale a carico del Sindaco di Sanremo Osvaldo Vento, imputato del reato di cui all'art. 718 c.p. - il Pretore di Sanremo ha sollevato questione di legittimità costituzionale del medesimo r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, convertito nella legge 27 dicembre 1928, n. 3125, per contrasto con gli artt. 76, 25, comma secondo, e 3 Cost..

L'ordinanza non motiva sulla rilevanza della questione, mentre nel merito svolge le medesime argomentazioni contenute nella precedente ordinanza del Giudice conciliatore di Sorrento, aggiungendo soltanto che la disposizione impugnata non potrebbe considerarsi fondatamente tuttora valida ed efficace sia perché in contrasto con la successiva normativa penale (artt. 718, 719, 720 c.p.), sia perché essa aveva un'efficacia limitata al tempo occorrente per il risanamento del bilancio comunale e per l'esecuzione di indifferibili opere pubbliche, e sia infine perché la mancanza di una normativa generale della materia dà luogo ad una disparità di trattamento fra i Comuni gestori di case da gioco ed altri Comuni interessati a gestirle.

5. - L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi a questa Corte si é costituito il sig. Osvaldo Vento, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Marcello Gallo e Victor Uckmar e dall'avv. Guido Guidi, eccependo l'inammissibilità della questione sollevata e deducendone l'infondatezza. Sull'ammissibilità osserva che il Pretore non ha dedicato neppure una parola al profilo della rilevanza, mentre nel merito prospetta le medesime considerazioni svolte dal Comune di Sanremo nel giudizio promosso con l'ordinanza del Giudice conciliatore di Sorrento.

6. - É intervenuto nel giudizio, ma tardivamente, il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

7. - Hanno altresì depositato atto di intervento nel giudizio i Comuni di Anzio, Bagni di Lucca, Godiasco, Montecatini Terme, Rapallo, San Pellegrino Terme, Sorrento e Taormina, nonché l'A.N.I.T. - Associazione Nazionale Incremento Turistico -, rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Pietro Nuvolone e Pietro d'Amelio.

Con ordinanza emessa all'udienza pubblica del 6 novembre 1984 questa Corte ha dichiarato inammissibile l'intervento perché spiegato da soggetti che non sono parti nel giudizio a quo.

8. - La S.p.A. SITAV, concessionaria della casa da gioco di Saint Vincent, ricorreva al Pretore di Aosta, quale giudice del lavoro, chiedendo di accertare che nei confronti di alcuni suoi dipendenti si era determinata l'impossibilità della prosecuzione del rapporto di lavoro in applicazione dell'art. 45 del contratto collettivo aziendale 30 gennaio 1982 - che prevede la risoluzione automatica del rapporto di lavoro per limite di età al compimento di 60 anni per gli uomini e 55 per le donne, senza ulteriore avviso - e che quindi nella specie non era applicabile (perché derogato dal contratto collettivo aziendale) l'art. 6, comma primo, legge 26 febbraio 1982, n. 54, che prevede genericamente la possibilità per i dipendenti, che non abbiano raggiunto il massimo della contribuzione a fini previdenziali, di essere mantenuti in servizio anche oltre il normale limite d'età.

Con ordinanza del 15 novembre 1982 il Pretore di Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., delle leggi 3 novembre 1954, n. 1042, 29 novembre 1955, n. 1179, 8 (recte: 18) febbraio 1963, n. 67, 6 dicembre 1971, n. 1075 (recte: 1065) e 26 novembre 1981, n. 690, per le parti e nel senso in cui prevedano la liceità del gioco d'azzardo nel Casinò di Saint Vincent.

Sulla rilevanza il Pretore osserva: a) che il contrasto tra legge e contratto collettivo aziendale va risolto in base al trattamento più favorevole per il lavoratore, dovendosi ricercare se l'accordo rispetti nella sostanza la volontà protettiva della legge e quindi non contrasti con norme imperative; b) che ciò presuppone la validità dell'intero accordo, dovendosi considerare nulli, ex art. 1418 c.c., tutti i contratti o patti contrari alle norme imperative che vietano il gioco d'azzardo; c) che pertanto dalla eventuale declaratoria di incostituzionalità delle dette leggi (che consentirebbero il gioco d'azzardo in forma organizzata in Saint Vincent) deriverebbe l'illiceità dello svolgimento dell'attività regolamentata dall'accordo aziendale in questione e pertanto la sua nullità ex art. 1418 c.c., e quindi l'inammissibilità della domanda. Il Pretore, peraltro, afferma di ritenere insoddisfacente l'interpretazione delle leggi impugnate data dalle Sezioni Unite Penali della Cassazione, secondo cui in esse é contenuta la norma che rende legittimo l'esercizio del Casinò di Saint Vincent, ma ritiene di non poter dare alle stesse una diversa interpretazione senza averne prima sollevato questione di costituzionalità, in quanto, senza un intervento di questa Corte, l'interpretazione consolidata sarebbe certamente riconfermata dalla Cassazione.

Nel merito il Pretore, ricordata la sentenza n. 7 del 1959 di questa Corte sull’inidoneità delle leggi di bilancio, quali leggi formali, a portare innovazioni all'ordine legislativo, osserva che le leggi impugnate violano il principio di uguaglianza disciplinando una situazione singola che non risulta obiettivamente diversa da altre situazioni per le quali varrebbe la medesima ratio. In particolare rileva che é notoria l'esistenza di altri gestori (Taormina), o aspiranti tali, di case da gioco; che la discriminazione a favore del Casinò di Saint Vincent non trova giustificazione negli interessi generali, avendo questa Corte affermato (sent. n. 12 del 1970), in riferimento agli apparecchi automatici da gioco, la necessità di non favorire il gioco aleatorio anche se non d'azzardo; che comunque la deroga al divieto dei giochi d'azzardo andava disposta per tutti coloro che avessero dimostrato di poterne usufruire e non a favore di un solo soggetto.

9. - L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte Corte costituzionale si é costituita la S.p.A. SITAV, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Barberis e prof. Filippo Lubrano, eccependo l'irrilevanza della questione sollevata e deducendone l'infondatezza.

Sulla rilevanza osserva: a) che le norme impugnate non possono trovare applicazione nel giudizio a quo, avente ad oggetto esclusivamente l'interpretazione coordinata dell'art. 45 del contratto collettivo aziendale in relazione all'art. 6 della legge n. 54 del 1982 (e precisamente la prevalenza dell'una o dell'altra norma); b) che essa S.p.A. SITAV, per la molteplicità delle proprie finalità statutarie, manterrebbe intatta la propria identità e personalità giuridica anche in caso di declaratoria d'incostituzionalità delle norme relative all'esercizio del gioco d'azzardo; c) che una tale declaratoria (e la conseguente impossibilità di proseguire l'attività di gioco) nemmeno potrebbe comportare il travolgimento dell'accordo aziendale e dei rapporti individuali di lavoro posti in essere sulla sua base, poiché gli stessi hanno una propria autonomia giuridica e sono autonomamente regolati dalle norme relative, e cioé proprio (alternativamente) dagli artt. 45 del contratto collettivo e 6 legge n. 54 del 1982.

Nel merito rileva come la diversità di disciplina sia giustificata dalla particolare posizione della Regione Valle d'Aosta (e specialmente dalla sua vicinanza con la Francia, ove esistono numerose case da gioco) nonché dalle difficoltà economiche della Regione, alleviate dal concorso dei turisti. La disciplina derogatoria, del resto, non solo trova razionale giustificazione nella sussistenza di elementi distintivi e caratterizzanti, ma é anche perfettamente coerente con le scelte di politica legislativa nel settore poiché il nostro ordinamento, tra il divieto assoluto del gioco d'azzardo e la sua autorizzazione derogatoria in alcune particolari località, ha optato per quest'ultima soluzione, che concilia l'interesse a che il gioco non divenga un pericolo morale e sociale per la collettività e la necessità di consentire ad alcune località di far ricorso al suo esercizio ove ciò sia giustificato da particolari esigenze ritenute rilevanti in sede di valutazione politico-legislativa.

10. - É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deducendo l'infondatezza della questione.

Osserva preliminarmente l'Avvocatura che il dubbio interpretativo manifestato dal Pretore di Aosta é fondato se riferito alle leggi n. 1042 del 1954 e n. 67 del 1963 (sul fondo nazionale per il soccorso invernale) che nulla dispongono circa il Casinò di Saint Vincent, mentre é infondato in relazione alle leggi n. 1179 del 1955, n. 1065 del 1971 e n. 690 del 1981, sull'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta, che sono state sempre interpretate come recanti la norma che consente il gioco d'azzardo nel Casinò di Saint Vincent. E difatti, se é vero che suscitò alcune perplessità in dottrina la sentenza 7 dicembre 1963 delle Sezioni Unite Penali della Cassazione, secondo cui le leggi sull'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta 29 luglio 1949, n. 486 e 29 novembre 1955, n. 1179 contenevano implicitamente il riconoscimento della liceità dell'esercizio della casa da gioco (e ciò perché i bilanci regionali, in cui erano indicate anche le entrate relative alla concessione del casinò, costituivano la premessa indispensabile, recepita in quelle leggi che determinavano il contributo dello Stato alle finanze regionali, essendo questo vincolato nel suo ammontare ai bisogni della Regione), é anche vero che di tali perplessità tenne conto il legislatore nell'emanare la legge n. 1065 del 1971, che all'art. 2 (con formula poi integralmente ripetuta dall'art. 1 l. n. 690 del 1981) indica tra le entrate proprie della Regione le "entrate di diritto pubblico, comunque denominate, derivanti da concessioni od appalti". E questa disposizione, come si evince dai lavori preparatori, nel parlare di appalti, non può essere interpretata che nel senso di riferirsi ai proventi della gestione del casinò. La norma che autorizza la Regione a gestire la casa da gioco, quindi, non é più implicita, ma si desume in via di interpretazione da una apposita disposizione, che, anche se inserita in una legge finanziaria, ha natura sostanziale introducendo una deroga all'art. 718 c.p.. Questa interpretazione, del resto, costituisce la "norma vivente" nell'ordinamento, essendo quella accolta dalla giurisprudenza ed avendo costituito la base del comportamento della P.A., che ha sempre operato nel presupposto della legittima esistenza della casa da gioco.

Nel merito l'Avvocatura ricorda che destinataria delle norme singolari in questione é una Regione cui la stessa Costituzione assicura condizioni particolari di autonomia, per la quale é stato elaborato uno speciale ordinamento finanziario, e che appunto nella legge sull'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta é contenuta la norma che autorizza la gestione della casa da gioco allo scopo di assicurare alla Regione il relativo provento. In ogni modo la diversità di trattamento é pienamente giustificata dalla diversità delle situazioni di fatto discrezionalmente valutata dal legislatore, ed i motivi che portarono all'emanazione della norma di deroga emergono chiaramente dagli atti parlamentari, dove si fa riferimento alle particolari necessità finanziarie della Regione, mentre non vanno dimenticate la speciale situazione topografica e la peculiare importanza del turismo nell'economia regionale.

11. - In data 23 ottobre 1984 ha depositato comparsa di intervento nel giudizio, ai sensi dell'art. 20 legge n. 87 del 1953, la Regione Valle d'Aosta, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, sostenendo l'ammissibilità del suo intervento in quanto, essendo state impugnate leggi che dettano "l'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta" - il quale, ai sensi dell'art. 50 dello Statuto speciale, va adottato "con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale" - si avrebbe nella specie un caso del tutto particolare, assimilabile (ricorrendo la medesima ratio giustificatrice dell'intervento) a quello in cui sia impugnata una legge regionale.

Con ordinanza emessa all'udienza pubblica del 6 novembre 1984 questa Corte ha dichiarato inammissibile l'intervento perché comunque tardivo rispetto alla pubblicazione dell'ordinanza di rinvio nella Gazzetta Ufficiale.

12. - Nell'imminenza della discussione, il Comune di Sanremo, il sig. Osvaldo Vento e la S.p.A. SITAV hanno depositato memorie con cui illustrano ulteriormente le deduzioni svolte nei precedenti atti. Il Comune di Sanremo sottolinea in particolare l'irrilevanza della questione sollevata dal Giudice conciliatore di Sorrento, stante la pregiudizialmente eccepita incompetenza territoriale di questi. La S.p.A. SITAV, nel far proprie le argomentazioni contenute nell'atto d’intervento della Regione Valle d'Aosta, ribadisce l'irrilevanza della questione sollevata dal Pretore di Aosta anche perché, trattandosi di norma penale di favore, la sua eventuale caducazione non potrebbe mai comportare l'illiceità penale della pregressa attività di gioco posta in essere nel Casinò e quindi illiceità e nullità dei precedenti rapporti tra il gestore ed il suo personale, mentre nel merito sottolinea come in realtà ciò che inammissibilmente si prospetta come illegittima é non già la particolare norma di deroga impugnata (che peraltro trova razionale giustificazione nella peculiare situazione di fatto della Valle d'Aosta), bensì la mancata adozione da parte del legislatore di norme che consentano una più ampia deroga all'art. 718 c.p..

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze del Giudice conciliatore di Sorrento, del Pretore di Sanremo e del Pretore di Aosta, pur nella differenza dei parametri di legittimità costituzionale evocati, sollevano questioni analoghe in ordine alle normative di deroga nei confronti degli artt. 718-722 c.p. ed hanno altresì in comune il riferimento all'art. 3 Cost. come disposizione che si asserisce violata dalle normative stesse: pertanto si palesa opportuna la riunione delle tre ordinanze al fine di decidere con una sola sentenza.

2. - Il Giudice conciliatore di Sorrento, agendo d'ufficio (ma già nell'atto di citazione della parte attrice si affermava la illegittimità della gestione e dell'esercizio della Casa da gioco di Sanremo, dovendosi considerare contra legem le relative autorizzazioni) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448 (Provvedimenti a favore del Comune di Sanremo), convertito in legge senza modificazioni con legge 27 dicembre 1928, n. 3125, per contrasto con gli artt. 70 e 76, con l'art. 25, comma secondo, e con l'art. 3, comma primo, Cost.. Sia pure in termini sommari, l'ordinanza muove dalla repetitio indebiti avanzata dall'attore nei confronti della Società gestrice del Casinò municipale di Sanremo e del Comune della stessa città, al fine di ottenere il rimborso del denaro versato per l'acquisto del biglietto di ingresso nel casinò e per la copertura delle perdite di gioco.

Il Comune di Sanremo, costituitosi dinanzi a questa Corte, e l'Avvocatura dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio eccepiscono sia la carente motivazione in punto di rilevanza della questione sia il difetto di questo requisito, prescritto dall'art. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e dall'art. 23, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

É sufficiente constatare, al riguardo, che in effetti l'ordinanza del Giudice conciliatore di Sorrento non contiene alcun accenno di risposta alle eccezioni sollevate dal Comune di Sanremo, che contestava la competenza territoriale del giudice adito a norma degli artt. 19 e 20 c.p.c. e affermava altresì l'impossibilità di far valere "in ogni caso" il diritto alla ripetizione in base alla disciplina contenuta nell'art. 1933 c.c..

Nella parte iniziale dell'ordinanza si afferma che "la pretesa dedotta in giudizio dall'attore in relazione all'invalidità delle somme percepite dal Casinò municipale di Sanremo deriva dall'esercizio del potere di deroga alle leggi che il menzionato testo normativo conferisce al Ministro dell'interno". Ma tale asserto, non essendo seguito da alcun tentativo di dimostrazione, é sicuramente inidoneo a motivare la rilevanza della questione, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte.

Pertanto la questione stessa non può che essere dichiarata inammissibile.

3. - Il Pretore di Sanremo ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale già proposta dal Giudice conciliatore di Sorrento, ma nel corso, questa volta, di un procedimento penale a carico del Sindaco di Sanremo.

Peraltro l'ordinanza del Pretore, come rilevano l'Avvocatura dello Stato e le difese di parte, non contiene il benché minimo cenno circa la rilevanza della questione sollevata in ordine alla definizione del giudizio penale; e quindi, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la questione deve essere anch'essa dichiarata inammissibile.

4. - L'ordinanza del Pretore di Aosta, che muove da una controversia di lavoro, motiva ampiamente sulla rilevanza. Sia la parte privata costituitasi nel Giudizio presso questa Corte sia l'Avvocatura dello Stato intervenuta in rappresentanza della Presidenza del Consiglio escludono peraltro che la definizione della controversia sottoposta al giudice a quo dipenda dalla pronuncia sulla sollevata questione di legittimità costituzionale: ma ai fini di questo giudizio basta rilevare che una sentenza di accoglimento inciderebbe quanto meno sulla prosecuzione del rapporto di lavoro di taluni dipendenti della società gestrice dell'esercizio del gioco d'azzardo nel Casinò di Saint Vincent; s'intende del rapporto di lavoro caratterizzato dalle mansioni di impiegato-tecnico, capo tavolo, sotto capo croupier nella predetta casa da gioco. Ciò esime dal prendere in esame le singole eccezioni, alcune delle quali non potevano tener conto dei criteri stabiliti nella posteriore sentenza n. 148 del 1983 in tema di sindacabilità delle norme penali di favore.

5. - Non si può negare, d'altra parte, che l'ordinanza del Pretore di Aosta risulti nel suo complesso alquanto disarmonica: perché da un lato il giudice a quo contesta nella motivazione, in dissenso dalle Sezioni Unite Penali della Cassazione, la efficacia derogatoria - rispetto agli artt. 718 e segg. c.p. - di precedenti leggi statali; dall'altro conclude per una censura di costituzionalità riferita soltanto all'art. 3 Cost. (per il carattere arbitrariamente privilegiario della deroga). Ma é evidente che i termini in cui la questione di legittimità costituzionale é sollevata presuppongono che l'effetto derogatorio rispetto agli artt. 718 e segg. c.p. si sia pur prodotto, lamentandosi anzi che i suoi benefici, a parità di condizioni, non siano stati equamente distribuiti su tutto il territorio nazionale. Tuttavia tale squilibrio non produce l'inammissibilità della questione, perché preminente é la considerazione del dispositivo dell'ordinanza e del suo collegamento con la parte motiva cui corrisponde, potendosi il resto considerare un mero obiter dictum.

Del resto, il presupposto implicito da cui muove la questione sollevata (e cioé l'essersi prodotto l'effetto derogatorio della normativa penale a favore dell'esercizio del gioco d'azzardo nel casinò valdostano) sembra difficilmente contestabile alla luce della giurisprudenza ormai dominante ed in particolare di quella della Cassazione. Chiarissime e ripetute sono le prese di posizione in questo senso, anche da parte delle Sezioni Unite Civili, in ordine all'esercizio del gioco d'azzardo nelle case da gioco di Sanremo, di Campione e di Venezia. Si é invero ritenuto ab initio che la deroga era stata prodotta dalle norme di legge, sia pur generiche, le quali, come quella del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, avevano dato facoltà al Ministro dell'interno di "autorizzare, anche in deroga alle leggi vigenti, purché senza aggravio per il bilancio dello Stato, il Comune di Sanremo ad adottare tutti i provvedimenti necessari per poter addivenire all'assestamento del proprio bilancio e all'esecuzione delle opere pubbliche indilazionabili". I lavori preparatori, specie quelli del Senato del Regno, e la circostanza che la conversione in legge del decreto (l. 27 dicembre 1928, n. 3125) era avvenuta quando la casa da gioco di Sanremo era già stata aperta, attribuiscono alla facoltà conferita al Ministro dell'interno un significato univoco, mentre l'autorizzazione ministeriale doveva considerarsi la condizione alla quale la legge subordinava l'operatività della deroga da essa prodotta. L'effetto derogatorio, rendendo non applicabili i divieti contenuti negli artt. 718-722 c.p., esclude che i proventi del gioco possano considerarsi prodotto o profitto del reato.

La ricostruzione accolta nella giurisprudenza comporta pure che le disposizioni legislative facoltizzanti l'apertura delle case da gioco non possano ricomprendersi nello schema della legge di delegazione (evitandosi così il contrasto con l'art. 76 Cost.) e che esse non violino la riserva di legge penale (di cui all'art. 25, secondo comma, Cost.).

Alle stesse conclusioni le Sezioni Unite Penali sono giunte anche per il Casinò di Saint Vincent, malgrado la sua apertura sia stata disposta in base ad un decreto del Presidente della Giunta regionale sicuramente illegittimo. Ora, anche se non si accettasse, in relazione ai dubbi espressi dalle Sezioni Unite Civili, la ricostruzione secondo la quale fin dal 1949 i provvedimenti legislativi statali recanti contributi alla Valle d'Aosta comportavano il riconoscimento della non punibilità della tenuta della casa da gioco (i cui proventi figuravano inclusi nei bilanci regionali, si deve ammettere che ad analogo risultato conduce l'art. 2, lett. a) della legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (Revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta), allorché dispone che la Regione stessa provvede al suo fabbisogno finanziario con le entrate tributarie costituite altresì "da altre consimili entrate di diritto pubblico, comunque denominate, derivanti da concessioni ed appalti". Infatti i lavori preparatori chiariscono come con quest'ultima espressione si intendesse fare riferimento proprio alle entrate derivanti dagli utili della casa da gioco.

É evidente che tali proventi non possono nello stesso tempo costituire prodotto o profitto di reato e insieme entrate di diritto pubblico: e ciò in base al carattere di unità e di coerenza del nostro ordinamento giuridico. Si potrebbe contestare l'operatività in senso derogatorio della disposizione predetta: ma anche per essa deve ritenersi valida l'affermazione della Cassazione civile, secondo cui, se solo una legge dello Stato può derogare al diritto penale vigente, tale effetto può essere conseguito anche da una legge "non emessa espressamente ad hoc, purché contenga disposizioni incompatibili con il divieto penalmente sanzionato". Si può inoltre rammentare che per le disposizioni penali in generale o per quelle specifiche in tema di gioco d'azzardo (artt. 718-722 c.p.) fa difetto un divieto di abrogazione o modifica tacita, quale quello già contenuto nel comma secondo dell'art. 1 legge 7 gennaio 1929. n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle leggi finanziarie).

In realtà, sia i provvedimenti legislativi che dettero luogo all'apertura delle case da gioco di Sanremo, di Campione e di Venezia sia le leggi 6 dicembre 1971, n. 1065 e 26 novembre 1981, n. 690 (in tema di ordinamento finanziario della Valle d'Aosta) offrono il fianco alla critica per le formule a dir poco reticenti cui tutte fanno ricorso: ma tali censure, se pongono in evidenza le non corrette formulazioni adottate dal legislatore, non valgono a escludere la natura e la efficacia derogatoria delle disposizioni richiamate.

Talune di queste ultime, d'altra parte, sono state impugnate del tutto fuori luogo perché esse nulla dispongono, nemmeno indirettamente, a proposito del Casinò di Saint Vincent (l. 3 novembre 1954, n. 1042; l. 18 febbraio 1963, n. 67 e l. 6 dicembre 1971, n. 1065). A sua volta la prima legge sull'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta (l. 29 novembre 1955, n. 1179) contiene proposizioni meno significative di quelle formulate nell'art. 2 a) e nell'art. 1 a) rispettivamente delle leggi 6 dicembre 1971, n. 1065 e 26 novembre 1981, n. 690.

Quanto alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Aosta (in relazione all'art. 3 Cost.), a proposito di una serie di leggi statali che conterrebbero legittimazione "implicita" della casa da gioco di Saint Vincent, essa deve ritenersi non fondata.

In realtà non mancano per ciascuna deroga disposta dal legislatore ragioni giustificative della sottrazione d’ipotesi di specie alla disciplina della ipotesi di genere: accanto a quella più generale di disincentivare l'afflusso di cittadini italiani a case da gioco aperte in Stati confinanti nelle zone prossime alla frontiera, si pone quella più particolare di sovvenire alle finanze di comuni o regioni ritenute dal legislatore particolarmente qualificate dal punto di vista turistico e dalla situazione di dissesto finanziario. La circostanza che altri comuni o regioni si trovino o potrebbero trovarsi in condizioni analoghe a quelle dei comuni o della regione a statuto speciale finora considerati dal legislatore non concreta di per sé sola e hic et nunc lesione dell'art. 3 Cost.. E ciò tanto più in quanto dalla lamentata circostanza (cioé dalla censurata omissione del legislatore) non possono trarsi conseguenze di automatica estensione.

6. - Peraltro questa Corte, mentre é messa in grado di esaminare per la prima volta profili di legittimità costituzionale che riguardano le case da gioco aperte nel nostro Paese, non può esimersi dal rilevare che la situazione normativa formatasi a partire dal 1927 é contrassegnata da un massimo di disorganicità: sia del tipo di interventi cui é condizionata la apertura delle case (legge o legge seguita da autorizzazione del Ministero dell'interno), sia per la diversità dei criteri seguiti (situazione di frontiere per Sanremo e Campione, situazione non di frontiera per Venezia), sia infine per i modi disparati con i quali vengono utilizzati i proventi acquisiti nell'esercizio del gioco nei casinò. La disorganicità risulta accentuata dalla recentissima legge 11 dicembre 1984, n. 848, il cui art. 25 é così formulato: "Le disposizioni di cui agli artt. da 718 a 722 del Codice Penale e dell'art. 110 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza approvato con R.D. 13 giugno 1931, n. 773, non si applicano ai fatti commessi a bordo delle navi adibite a crociera durante il periodo di navigazione oltre lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez".

Si impone dunque la necessità di una legislazione organica che nazionalizzi l'intero settore, precisando tra l'altro i possibili modi di intervento delle regioni e degli altri enti locali nonché i tipi e criteri di gestione delle case da gioco autorizzate, realizzando altresì, in tema di distribuzione dei proventi, quella perequazione di cui la legge 31 ottobre 1973, n. 637, sulla destinazione degli utili della casa da gioco di Campione, può essere considerata solo un primo passo.

Queste esigenze di organica previsione normativa su scala nazionale (le quali si fanno valere soltanto nell'ipotesi che il legislatore voglia mantenere le deroghe agli artt. 718-722 c.p.), vanno soddisfatte in tempi ragionevoli, per superare le insufficienze e disarmonie delle quali si é detto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara:

a) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448, e della relativa legge di conversione 27 dicembre 1928, n. 3125, sollevate dal Giudice conciliatore di Sorrento e dal Pretore di Sanremo con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 70, 76, 25, secondo comma, e 3, primo comma, Cost.;

b) non fondata la questione di legittimità costituzionale delle leggi 3 novembre 1954, n. 1042, 29 novembre 1955, n. 1179, 18 febbraio 1963, n. 67, 6 dicembre 1971, n. 1065 e 26 novembre 1981, n. 690, per le parti e nel senso in cui prevedono la liceità del gioco d'azzardo nel Casinò di Saint Vincent, sollevata dal Pretore di Aosta in riferimento all'art. 3 Cost..

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 1985.

Leopoldo ELIA

Depositata in cancelleria il 23 maggio 1985.