Sentenza n. 253/2001

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SENTENZA N. 253

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO, Giudice

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 25 novembre 1999 (atti Camera; doc. IV-quater, n. 92), della Camera dei deputati relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'onorevole Umberto Bossi nei confronti di Luigi Crespi, promosso con ricorso del Tribunale di Milano, IV sezione penale, notificato il 24 novembre 2000, depositato in cancelleria il 18 dicembre 2000 ed iscritto al n. 61 del registro conflitti 2000.

Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nella camera di consiglio del 4 aprile 2001 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza-ricorso in data 22 marzo 2000 (pervenuta a mezzo del servizio postale nella cancelleria della Corte il 17 giugno 2000), emessa nell'ambito di un procedimento penale per il reato di diffamazione aggravata a carico del deputato Umberto Bossi, il Tribunale di Milano ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata dall'Assemblea il 25 novembre 1999 (atti Camera; doc. IV-quater, n. 92), secondo la quale le dichiarazioni, per cui è pendente il procedimento penale di cui si tratta, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità, a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.

L'imputazione per la quale è stato disposto il rinvio a giudizio si riferisce a frasi dal contestato carattere diffamatorio pronunciate dall'onorevole Bossi, nel corso di una conversazione telefonica intrattenuta con il conduttore di una trasmissione televisiva, nei confronti di Luigi Crespi, legale rappresentante della s.r.l. Datamedia Edizioni.

Il ricorrente lamenta l'erroneità di valutazione da parte della Assemblea nell'apprezzamento del nesso funzionale che delimita l'ambito di operatività dell'art. 68 della Costituzione.

Il Tribunale osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 379 del 1996; n. 375 del 1997; n. 289 del 1998 e n. 329 del 1999), la prerogativa dell'insindacabilità non si estenderebbe a tutti i comportamenti di chi sia membro delle Camere, ma solo a quelli funzionali all'esercizio delle attribuzioni proprie del potere legislativo.

Il discrimine tra i giudizi e le critiche che anche il parlamentare manifesta nel più esteso ambito dell'attività politica, per i quali non vale l'immunità, e le opinioni coperte da tale garanzia, sarebbe costituito dall'inerenza delle opinioni all'esercizio delle funzioni parlamentari. Non si potrebbe ricondurre alla funzione parlamentare l'intera attività politica svolta dal membro del Parlamento.

Nel caso di specie non sarebbe ravvisabile alcun collegamento tra le espressioni contestate al deputato come diffamatorie e l'esercizio della sua attività parlamentare, né tali espressioni potrebbero ritenersi ispirate all'intento divulgativo di una scelta o di un'attività politico-parlamentare.

Il Tribunale dubita che sia sufficiente ad integrare il profilo funzionale il mero fatto che in una trasmissione televisiva si dibattessero opinioni sulla politica del partito, di cui l'imputato è esponente di spicco; ritiene, pertanto, che sarebbe stata compressa la sfera di attribuzioni propria del potere giudiziario.

2.- Nella prima fase di sommaria delibazione in camera di consiglio, il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 488 del 2000, la quale ha disposto che, a cura del Tribunale di Milano, il ricorso e l'ordinanza venissero notificati alla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla comunicazione al ricorrente effettuata dalla cancelleria, per essere successivamente depositati, con la prova delle eseguite notificazioni, nella cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalle notificazioni stesse, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Il Tribunale di Milano, cui, in data 11 novembre 2000, era pervenuta l’ordinanza anzidetta 10 novembre 2000, che disponeva, tra l’altro, la notificazione, ha provveduto il 22 novembre 2000 a chiedere, tramite l’Ufficio unico della Corte d'appello di Roma, le notifiche, effettuate il 24 novembre.

Il ricorso e l’ordinanza, con la relata di notificazione alla Camera dei deputati, sono stati restituiti al Tribunale di Milano dallo stesso ufficio unico della Corte d'appello di Roma a mezzo posta il 1° dicembre 2000, con plico pervenuto all’Ufficio postale di Milano il 6 dicembre successivo e protocollato in arrivo il 9 dicembre 2000 presso la cancelleria del Tribunale. Detta cancelleria provvedeva a spedire il ricorso suddetto, per il deposito alla cancelleria della Corte costituzionale con nota del 13 dicembre, consegnata all’Ufficio postale di Milano con affrancatura ordinaria il 14 dicembre (20° giorno dalla notifica), e pervenuta alla Corte il 18 dicembre 2000 (quattro giorni dopo la scadenza del termine anzidetto).

3.- Si è costituita in giudizio la Camera dei deputati, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato. In una successiva memoria la Camera ha eccepito che il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte era stato compiuto oltre il temine perentorio di venti giorni dalla notificazione.

Nel merito, ha insistito per l'infondatezza del ricorso.

Considerato in diritto

1.- Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato è stato promosso con ordinanza-ricorso 22 marzo 2000 dal Tribunale di Milano nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera, da quest'ultima adottata nella seduta del 25 novembre 1999 (atti camera; doc. IV-quater, n. 92), che ha ritenuto che le dichiarazioni per le quali è in corso procedimento penale nei confronti dell'onorevole Umberto Bossi costituiscono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare, con conseguente insindacabilità a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione.

2.- Preliminarmente deve essere esaminato il profilo di improcedibilità, segnalato dalla difesa della Camera dei deputati.

Nella disciplina dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, l'avvio di ciascuna delle due distinte fasi procedurali nelle quali si articola il giudizio - destinate a concludersi, la prima con la delibazione sommaria sull'ammissibilità del ricorso e la seconda con la decisione definitiva sul merito oltre che sull'ammissibilità - è rimesso all'iniziativa della parte (potere interessato promotore del conflitto), che, in particolare, all'esito della prima fase sommaria, ha l'onere di provvedere, nei termini previsti, sia alla notificazione del ricorso e dell'ordinanza che lo ammette, sia al deposito presso la cancelleria della Corte degli atti notificati, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, ai sensi dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (sentenza n. 203 del 1999; n. 449 del 1997).

L'anzidetto termine di venti giorni ha carattere perentorio, perché da esso decorre l'intera catena degli ulteriori termini stabiliti per la prosecuzione del giudizio dall'art. 26, quarto comma, delle citate norme integrative (v., oltre alle richiamate sentenze n. 203 del 1999 e n. 449 del 1997, sentenze n. 50 e n. 35 del 1999; n. 342 e n. 274 del 1998).

3.- Il ricorso è pervenuto ed è stato depositato nella cancelleria della Corte, con la prova delle notificazioni eseguite a norma dell’art. 37, quarto comma, della legge 31 marzo 1953, n. 87, il 18 dicembre 2000, oltre il termine di venti giorni dall’ultima notificazione (art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), termine peraltro espressamente richiamato nell’ordinanza di questa Corte del 10 novembre 2000, emessa nella fase preliminare del giudizio ai sensi dell’art. 37 della citata legge n. 87 del 1953.

Solo la data di arrivo presso la Corte è rilevante ai fini dell'adempimento del deposito e non quella della spedizione, in mancanza di specifica disposizione attributiva di valore, ai fini del predetto deposito, alla data di invio a mezzo posta (sentenza n. 449 del 1997).

Non può, pertanto, procedersi allo svolgimento dell'ulteriore fase del giudizio e non resta che dichiarare la improcedibilità.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara improcedibile il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Milano nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2001.