Sentenza n. 35/99

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SENTENZA N.35

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, notificato il 15 giugno 1998, depositato in Cancelleria il 16 settembre 1998, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera della Camera dei Deputati del 22 ottobre 1997 con la quale é stata dichiarata l'insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Cesare Previti nei confronti di David Maria Sassoli ed iscritto al n. 26 del registro conflitti 1998.

  Visto l'atto di costituzione della Camera dei Deputati nonchè l'atto di intervento di Previti Cesare;

  udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

  1.- Nel corso di un procedimento penale a carico del deputato Cesare Previti - imputato del reato previsto e punito dagli artt. 595, primo e terzo comma, cod. pen. e 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, per avere a mezzo stampa offeso la reputazione del giornalista David Maria Sassoli, rilasciando dichiarazioni destinate ai mezzi d'informazione, ed effettivamente riprodotte in un comunicato ANSA del 16 giugno 1995, in cui lo indicava "come partecipe di uno stile giornalistico volutamente mistificatorio e diretto specificamente ad annebbiare anche verità pacifiche e come giornalista capace di mistificare anche fatti notori per scarsa professionalità o per opportunità di disinformazione strumentalizzata ad impegno in campagne politiche" - il Giudice per le indagini preliminari di Roma, con ordinanza emessa il 16 febbraio 1998, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare che non spetta alla Camera dei deputati deliberare l'insindacabilità dei fatti ascritti al Previti poichè essi non ricadono nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, Cost. Infatti tale Camera - cui, a sèguito di eccezione della difesa dell'indagato circa l'applicabilità dell'art. 68 Cost., erano stati trasmessi gli atti in data 13 dicembre 1996 - ha ritenuto, con deliberazione del 22 ottobre 1997, che i fatti addebitati a quello concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.

  A parere del G.I.P., quanto contestato al Previti non é invece da qualificarsi in tal senso, proprio alla stregua della giurisprudenza di questa Corte in materia di riferibilità dell'atto alla funzione parlamentare; la quale può sì svolgersi in forma libera, ma non può coincidere con l'intera attività politica, altrimenti la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, Cost. si trasformerebbe in privilegio personale.

  In proposito egli osserva che nella specie non é ravvisabile alcun tipo di connessione tra la funzione svolta dal deputato e la circostanza da cui sono scaturite le sue dichiarazioni all'ANSA. Nè gli atti parlamentari varrebbero a chiarire l'esistenza di alcun nesso strumentale tra condotta e funzioni, risultando da essi solo accenni ad una "polemica essenzialmente e squisitamente politica" originata da "una certa malizia" del giornalista. Del resto - aggiunge - anche riconoscendo una valenza politica al contesto in cui sono inserite le dichiarazioni, le conclusioni non muterebbero appunto perchè, come affermato da questa Corte, é vietato assimilare il concetto di funzione parlamentare a quello di attività politica.

  2.- Il conflitto é stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 261 del 30 giugno-9 luglio 1998.

  Il G.I.P. presso il Tribunale di Roma ha notificato in data 15 luglio 1998 il ricorso (contenuto nella sua ordinanza) e l'ordinanza di ammissibilità alla Camera dei deputati, depositandoli poi, insieme con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria della Corte costituzionale in data 16 settembre 1998.

  3.- Con atto depositato il 28 luglio 1998 si é costituita la Camera dei deputati la quale, ricostruite le vicende processuali e parlamentari che hanno dato origine alla pronuncia di insindacabilità ed al susseguente conflitto, ha concluso per il rigetto del ricorso. Essa - richiamando, in particolare, la giurisprudenza costituzionale formatasi in materia - ha ribadito la correttezza o, quantomeno, la plausibilità, in ragione della logica motivazione ad essa sottesa, della sua delibera (adottata in Giunta all’unanimità ed in Assemblea a stragrande maggioranza), argomentando la diretta riconducibilità delle opinioni espresse dal deputato Previti all’esercizio delle sue funzioni di parlamentare, cui é riconnesso il diritto di difendere la propria figura politica di parlamentare.

  4.- Ha spiegato atto di intervento anche il deputato Previti, il quale - con riserva di depositare ulteriori atti difensivi - ha concluso per la declaratoria di inammissibilità, di improcedibilità o di infondatezza del proposto ricorso. In una memoria depositata nell’imminenza della camera di consiglio egli ha, in particolare, insistito nell’eccezione di improcedibilità, deducendo la tardività del deposito in Cancelleria del ricorso e dell’ordinanza di ammissibilità dello stesso con la prova della notifica alla Camera.

Considerato in diritto

  1.- Il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, sollevato dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, investe la deliberazione con cui, il 22 ottobre 1997, la Camera dei deputati ha ritenuto insindacabili (ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione) i fatti per i quali il deputato Cesare Previti é sottoposto a procedimento penale per diffamazione nei confronti del giornalista David Maria Sassoli, siccome concernenti opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni.

  Il ricorrente esprime l'avviso che le specifiche dichiarazioni contestate all’imputato non possano in detto senso qualificarsi, senza così trasformare in un privilegio personale la prerogativa legata alla funzione parlamentare, la quale certamente non coincide con l’intera attività politica.

  1.2.- Il ricorso, unitamente all’ordinanza n. 261 del 1998, con cui questa Corte lo ha dichiarato ammissibile, é stato ritualmente notificato, a cura del ricorrente, alla Camera dei deputati in data 15 luglio 1998; il ricorso e l’ordinanza, con la prova dell’eseguita notificazione, sono stati depositati nella cancelleria della Corte costituzionale il successivo 16 settembre.

  1.3.- La Camera dei deputati, tempestivamente costituitasi in giudizio, ha concluso per il rigetto del conflitto, ribadendo la diretta riconducibilità delle opinioni espresse dal deputato Previti all’esercizio delle sue funzioni di parlamentare, cui é riconnesso il diritto di difendere la propria figura politica di parlamentare.

  1.4.- A sua volta, il deputato Previti ha spiegato atto di intervento, concludendo per la declaratoria d’inammissibilità, d’improcedibilità, ovvero d’infondatezza del proposto ricorso. Trattasi, peraltro, di un intervento palesemente inammissibile, poichè - secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte - sono legittimati a partecipare al giudizio sul conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, esclusivamente i soggetti dai quali o nei confronti dei quali il conflitto é sollevato (v. sentenze n. 375 del 1997 e n. 419 del 1995).

  2.- In via preliminare, va rilevata l’improcedibilità del conflitto, non essendo stati depositati presso la cancelleria di questa Corte, nei termini previsti dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, il ricorso e l’ordinanza che ne ha dichiarata l’ammissibilità, l'uno e l'altra già tempestivamente notificati.

  2.1.- Secondo la particolare disciplina dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, l’avvio delle due distinte fasi procedurali - destinate a concludersi, la prima, con la delibazione preliminare e sommaria dell’ammissibilità del ricorso e, la seconda, con la decisione nel merito, oltre che con il definitivo giudizio sulla ammissibilità del conflitto - é rimesso all’iniziativa della parte interessata; la quale, in particolare, all’esito della prima fase, ha l’onere di provvedere, nei termini previsti, non solo alla notificazione del ricorso e dell’ordinanza che lo dichiara ammissibile, ma anche al tempestivo deposito degli atti notificati per il seguente giudizio (cfr. la sentenza n. 449 del 1997).

  In proposito questa Corte ha già ripetutamente affermato che, data l’autonomia delle due fasi, affinchè si possa aprire la seconda di esse (ai sensi del citato art. 26, terzo comma), é necessario che il ricorrente - una volta notificati il ricorso e l’ordinanza di ammissione agli organi interessati - provveda entro il termine di venti giorni, decorrente dall’ultima notificazione, al deposito presso la cancelleria della Corte del ricorso con la prova delle notificazioni eseguite (v., da ultimo, le sentenze n. 274 e n. 342 del 1998). Trattasi di termine perentorio - non soggetto alla sospensione feriale prevista dall’art. 1, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742, disciplina inapplicabile ai giudizi davanti a questa Corte (cfr. sentenza n. 233 del 1993 ed ordinanza n. 126 del 1997) -, che va dunque improrogabilmente osservato, anche perchè da esso decorre l’intera catena di ulteriori termini stabiliti per la prosecuzione del giudizio (ex art. 26, quarto comma, delle norme integrative).

  2.2.- Il ricorrente non ha provveduto ritualmente al deposito, e dunque non si può procedere allo svolgimento dell’ulteriore fase del giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara improcedibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 febbraio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1999