Ordinanza n.22

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ORDINANZA N.22

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 378 del codice penale in relazione all'art. 371-bis stesso codice, promosso nell'ambito di un procedimento penale con ordinanza emessa il 22 febbraio 2000 dal Tribunale di Nuoro, iscritta al n. 174 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2000.

Udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Tribunale di Nuoro ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 378 del codice penale (Favoreggiamento personale), nella parte in cui, a differenza di quanto stabilito dall'art. 371-bis cod. pen. (False informazioni al pubblico ministero), non prevede la sospensione del procedimento iniziato a carico di chi, richiesto dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, abbia reso dichiarazioni false o, in tutto o in parte, reticenti;

che il rimettente ritiene la questione rilevante, in quanto dal suo accoglimento deriverebbe la sospensione del procedimento per il reato di cui all'art. 378 cod. pen. fino alla pronuncia della sentenza di primo grado nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni;

che, ad avviso del giudice a quo, la non manifesta infondatezza della questione discende dalle argomentazioni svolte nella sentenza della Corte costituzionale n. 101 del 1999, che ha dichiarato, per violazione del principio di uguaglianza, l'illegittimità costituzionale dell'art. 376, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede l'applicazione della causa di non punibilità della ritrattazione in favore di chi, richiesto dalla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, abbia reso dichiarazioni false ovvero in tutto o in parte reticenti;

che nella menzionata sentenza - prosegue il rimettente - la Corte ha infatti affermato che l'assunzione diretta da parte del pubblico ministero di informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini e l'assunzione delle stesse informazioni da parte della polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero rappresentano soltanto forme diverse della medesima attività, e ha messo in rilievo che per i predetti atti, assunti sia dal pubblico ministero che dalla polizia giudiziaria, sono previste le medesime modalità di documentazione e le medesime regole di utilizzazione probatoria;

che, dopo l'intervento della Corte, tra i due reati rispettivamente previsti dagli artt. 371-bis e 378 cod. pen. permarrebbe una irragionevole disparità di trattamento sul terreno processuale, in quanto la sospensione del procedimento a carico di chi abbia fornito dichiarazioni false o reticenti é contemplata solo in relazione al primo reato, e non anche quando le stesse dichiarazioni siano rese da chi, richiesto dalla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, venga chiamato a rispondere del delitto di favoreggiamento personale;

che, ad avviso del rimettente, tale diversità di disciplina non trova alcuna ragionevole giustificazione nella circostanza, peraltro rimessa alla discrezionalità del pubblico ministero, che sia quest'ultimo, ovvero la polizia giudiziaria da lui delegata, ad assumere le informazioni;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata, riservandosi di presentare memoria;

che successivamente l'Avvocatura ha revocato il proprio atto di intervento.

Considerato che il Tribunale di Nuoro lamenta che l'art. 378 cod. pen. non preveda, analogamente a quanto disposto dall'art. 371-bis, secondo comma, cod. pen. per le informazioni assunte dal pubblico ministero, la sospensione del procedimento instaurato per il reato di favoreggiamento personale nei confronti di chi, richiesto dalla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, abbia reso dichiarazioni false o, in tutto o in parte, reticenti;

che, a sostegno della non manifesta infondatezza della questione, il rimettente fa leva sulla sentenza n. 101 del 1999, con cui questa Corte ha dichiarato, per violazione del principio di uguaglianza, l'illegittimità costituzionale dell'art. 376 cod. pen., nella parte in cui non prevede che la causa di non punibilità della ritrattazione (espressamente contemplata per il reato di cui all'art. 371-bis cod. pen.) si applichi anche a chi, richiesto dalla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero di fornire informazioni, abbia reso dichiarazioni false o in tutto o in parte reticenti (e sia chiamato a rispondere del reato di favoreggiamento personale);

che nella sentenza ora menzionata la Corte ha affermato che, per cogliere l'irragionevolezza della disciplina censurata, é sufficiente rilevare che le informazioni assunte direttamente e personalmente dal pubblico ministero e quelle assunte dalla polizia giudiziaria a ciò delegata dal pubblico ministero <<costituiscono esclusivamente forme diverse della medesima attività>>, e sono sottoposte alle medesime modalità di documentazione e alle stesse regole di utilizzazione probatoria;

che, in particolare, la Corte ha avuto cura di precisare che ai fini della soluzione della questione non é necessario procedere ad alcun confronto, per ravvisarvi eventuali elementi comuni o differenziali, tra i reati previsti dagli artt. 371-bis e 378 cod. pen.;

che il richiamo del rimettente alle argomentazioni svolte nella sentenza n. 101 del 1999 non é quindi conferente ai fini della soluzione della presente questione di costituzionalità, che appare res integra rispetto a questa e alle altre pronunce della Corte su aspetti affini della materia di cui si discute (v., di recente, sentenza n. 424 del 2000);

che, al fine di sostenere l'irragionevolezza della denunciata disparità di trattamento processuale riservata al reato di cui all'art. 378 cod. pen., il rimettente utilizza come tertium comparationis la sospensione del procedimento prevista dall'art. 371-bis, secondo comma, cod. pen., cioé una disciplina eccezionale e derogatoria rispetto al principio generale, enunciato nell'art. 2 cod. proc. pen., che attribuisce al giudice, salvo che sia diversamente stabilito, il potere-dovere di risolvere ogni questione da cui dipende la decisione (cfr. sentenza n. 208 del 1994 circa l'insussistenza del rapporto di pregiudizialità tra il procedimento per il reato di falsa testimonianza e quello nel corso del quale sono state rese le false dichiarazioni);

che, stante il suo carattere derogatorio, la disciplina dettata dall'art. 371-bis, secondo comma, cod. pen. potrebbe essere assunta come termine di raffronto al fine di verificare il rispetto del principio di eguaglianza solo se fosse sorretta da una ratio integralmente estensibile alla fattispecie di cui all'art. 378 cod. pen., sì da rendere la diversità di trattamento del tutto priva di ragionevole giustificazione (v., sia pure con diverse accentuazioni, sentenze nn. 298 e 272 del 1994, nn. 383 e 283 del 1992, nonchè ordinanze nn. 484 e 140 del 1994);

che, invece, la diversità degli elementi che integrano il modello legale delle due fattispecie poste a raffronto - nel reato di false informazioni al pubblico ministero, rendere dichiarazioni false, ovvero tacere in tutto o in parte; nel reato di favoreggiamento personale, aiutare taluno a eludere le investigazioni dell'Autorità mediante una condotta che, come nel caso di specie, può sostanziarsi in false dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero - dimostra all'evidenza che diversa é l'oggettività giuridica dei due reati presi in esame sicchè essi non sono comparabili ai fini della denunciata disparità di trattamento processuale;

che, infine, la sentenza n. 101 del 1999 - dalla quale il rimettente vorrebbe fare automaticamente discendere l'estensione della disciplina della sospensione del procedimento, prevista per il reato di cui all'art. 371-bis cod. pen., al reato di favoreggiamento personale commesso mediante dichiarazioni false o reticenti rese alla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero - si riferisce alla sfera di operatività di un istituto di diritto penale sostanziale, quale é la causa di non punibilità della ritrattazione, mentre ora alla Corte si chiede di estendere l'applicazione di un istituto processuale, quale é la sospensione del procedimento, che, oltre ad avere natura eccezionale e derogatoria, potrebbe essere disciplinato dal legislatore con modalità diverse da quelle previste dall'art. 371-bis, secondo comma, cod. pen.;

che per le concorrenti ragioni sopra esposte la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 378 del codice penale, in relazione all'art. 371-bis dello stesso codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Nuoro, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 gennaio 2001.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 gennaio 2001.