Sentenza n. 144 del 1996

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SENTENZA N. 144

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI 

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Dott. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 83/11, primo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), nel testo introdotto dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni delle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), promosso con ordinanza emessa il 1° dicembre 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sul ricorso proposto da Calise Michele contro il Comune di Barano d'Ischia ed altri, iscritta al n. 441 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

Un cittadino elettore del Comune di Barano d'Ischia aveva richiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania l'annullamento delle operazioni elettorali per la nomina del Sindaco e del Consiglio comunale con ricorso depositato in data 13 luglio 1994; il Presidente del Tribunale amministrativo regionale aveva emanato il decreto di fissazione dell'udienza e di nomina del relatore il 18 luglio successivo, ma il ricorso, con il relativo decreto, era stato notificato al Comune, parte necessaria, soltanto il 19 settembre 1994, oltre cioè il termine decadenziale di dieci giorni entro il quale l'art. 83/11, primo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali) - introdotto dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni delle norme sul contenzioso elettorale amministrativo) - impone al ricorrente l'onere di notifica (ed anche tenendo conto della sospensione dei termini nel periodo feriale).

L'adito Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza emessa il 1° dicembre 1994 (pervenuta alla Corte il 16 giugno 1995), ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale della norma sopracitata, nella parte in cui fa decorrere detto termine dalla data di emissione del decreto, anziché dalla comunicazione del medesimo.

Osserva il rimettente che, secondo l'insuperabile dato testuale della norma, l'onere di effettuare quest'ultima al ricorrente non risulta previsto a carico della cancelleria, in quanto la norma risale ad un'epoca in cui le sezioni del Contenzioso elettorale erano prive di ufficio di segreteria. Di tal ché la mancata previsione di un sistema di comunicazione non può considerarsi più compatibile con il sistema, in ragione della sostituzione dei Tribunali amministrativi regionali - dotati di uffici e personale - alla soppressa sezione per il Contenzioso elettorale.

Il vulnus denunciato deriverebbe, quindi, dal deteriore trattamento riservato a coloro che ricorrono innanzi al giudice amministrativo, rispetto ai soggetti che, nella stessa materia elettorale, si rivolgono al giudice ordinario (a seconda che si controverta di regolarità delle operazioni elettorali ovvero di eleggibilità a consigliere comunale): in entrambi i casi il procedimento è retto da regole comuni ispirate ad una rapida e sollecita definizione dei giudizi, con la sola eccezione proprio della decorrenza del predetto termine che, nel secondo caso, decorre dalla data di comunicazione del provvedimento presidenziale.

Il Tribunale amministrativo regionale ritiene altresì che la norma impugnata renda in concreto estremamente difficile l'esercizio del diritto di azione, con conseguente ulteriore violazione dell'art. 24 della Costituzione. Il termine utile per la notifica è infatti destinato a ridursi di tanti giorni quanti ne intercorrono tra la data di emanazione del decreto e l'effettiva conoscenza che il ricorrente ne abbia avuto. Né alcun effetto potrebbe derivare dal fatto che la norma fa carico al presidente di emettere il decreto "in via di urgenza", giacché tale dizione compare anche nei giudizi di competenza del giudice ordinario, e non si traduce in alcun onere per il ricorrente, che non sia quello di controllare giorno per giorno la circostanza dell'avvenuta emissione.

Considerato in diritto

1. -- Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania dubita della legittimità costituzionale dell'art. 83/11, primo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, nella parte in cui fa decorrere il termine di dieci giorni per la notifica del ricorso (e del decreto di fissazione dell'udienza) proposto avverso le operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, dalla data di emanazione dell'anzidetto decreto presidenziale anziché dalla data in cui tale provvedimento dovrebbe essere comunicato. A parere del giudice a quo, la norma risulterebbe lesiva degli artt. 3 e 24 della Costituzione, per la disparità di trattamento rispetto all'analoga ipotesi di ricorso in materia di eleggibilità, dove il termine decorre dalla data della comunicazione, nonché per la sostanziale vanificazione del diritto di azione.

2. -- La questione è fondata.

2.1. -- A séguito delle declaratorie d'illegittimità costituzionale delle norme sulla competenza dei consigli comunali in materia di controversie elettorali e sulla composizione delle giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale (di cui, rispettivamente, alle sentenze n. 93 del 1965 e n. 30 del 1967), il legislatore, onde evitare il protrarsi dell'incertezza creatasi in una materia di così rilevante interesse pubblico, che impone una rapida definizione del contenzioso, intervenne con la legge 23 dicembre 1966, n. 1147, i cui artt. 1 e 2 hanno sostituito gli artt. 82 e 83 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, dettando una complessa normativa operante sul piano organizzativo e procedimentale.

La competenza è stata ripartita fra due distinti giudici, in ragione delle diverse situazioni soggettive tutelate, devolvendosi cioè al tribunale ordinario le controversie in tema di eleggibilità e alla sezione del contenzioso elettorale di nuova istituzione le controversie relative alle operazioni elettorali.

Ma la disciplina del procedimento davanti ai due organi è risultata pressoché identica, caratterizzandosi per un'accentuata concentrazione processuale, intesa a soddisfare appunto l'esigenza di una sollecita definizione del giudizio. In particolare, sono stati introdotti brevi termini perentori ed è stata prevista la fissazione d'ufficio dell'udienza di discussione attraverso provvedimento presidenziale emesso con decreto "in via di urgenza". Il successivo art. 4 della nuova legge, sostituendo il previgente art. 84 del testo unico n. 570 del 1960, ha poi accomunato in un'unica previsione gli effetti, la pubblicità e l'esecutività delle decisioni.

Un elemento differenziatore è tuttavia rimasto, e riguarda il pur identico termine di dieci giorni previsto per la notificazione ai controinteressati del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza. Termine che, nel procedimento dinanzi al giudice amministrativo, decorre - a stregua della denunciata norma - dalla data del decreto presidenziale, mentre nel procedimento dinanzi al tribunale ordinario decorre - ex art. 82, terzo comma, della legge in esame - dalla data di comunicazione del decreto stesso.

2.2. -- La rilevata differenza è spiegabile con un dato meramente contingente: il tribunale ordinario è stato sempre dotato dell'ufficio di cancelleria che assicura la comunicazione (avendo ricevuto a suo tempo il deposito del ricorso), mentre analoga funzione ausiliaria della giurisdizione non era prevista per la segreteria della neo istituita sezione del contenzioso elettorale (peraltro anch'essa abilitata a ricevere il ricorso), la quale era infatti logisticamente dipendente dalla Prefettura, che forniva locali, personale e servizi (v. art. 83/10 della citata legge n. 1147 del 1966).

Questo fisiologico collegamento con la pubblica amministrazione si rifletteva altresì nella composizione del collegio. E proprio perciò è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 della legge n. 1147 del 1966, con una pronuncia (sentenza n. 49 del 1968) che tuttavia non era destinata ad incidere sul descritto sistema processuale, anche perché la cognizione delle controversie in argomento è stata dopo breve tempo trasferita ai tribunali amministrativi regionali, attraverso il duplice rinvio fatto alla succitata legge dagli artt. 6, primo e secondo comma e 19, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva di detti tribunali.

Sennonché, a seguito di tale devoluzione, il perpetuarsi della menzionata differenza circa il dies a quo ha perduto ogni sua ragion d'essere anche sul piano pratico, essendo il nuovo giudice amministrativo dotato di un proprio ufficio di segreteria, omologo alla cancelleria del tribunale ordinario.

2.3. -- Così escluso ogni attuale e ragionevole fondamento del diverso regime di decorrenza del termine per la notifica - fondamento che non può evidentemente rinvenirsi neppure nella diversità delle situazioni azionate, attesa l'unicità del modello procedimentale voluto dalla legge -, la denunciata norma si palesa in contrasto con l'art. 3, anche in correlazione con l'art. 24 della Costituzione.

Si configura nella specie una tipica ipotesi di termine stabilito a prescindere dall'effettiva conoscibilità del dies a quo di decorrenza, che viceversa è elemento coessenziale al diritto di difesa (cfr. sentenza n. 223 del 1993). L'interessato viene a trovarsi in condizione di non poter utilizzare nella sua interezza il tempo assegnatogli per esercitare un'azione, la quale potrebbe addirittura finire per essere inutiliter data, con conseguente reale rischio che la situazione giuridica protetta rimanga vanificata.

Come in altri, numerosi e del tutto analoghi casi, la denunciata norma - il cui puntuale e univoco testo non consente l'interpretazione adeguatrice accolta da alcuni giudici amministrativi - va dunque dichiarata costituzionalmente illegittima (cfr. sentenze n. 201 del 1993, nn. 185 e 881 del 1988, nn. 120 e 156 del 1986, n. 15 del 1977) ed assimilata, in parte qua, alla previsione di cui all'art. 82 dello stesso d.P.R. n. 570 del 1960.

Il riferimento alla simmetrica previsione contenuta nella disposizione assunta quale tertium comparationis implica che la segreteria del tribunale amministrativo regionale sia tenuta ad effettuare la comunicazione: in tal modo resta assicurata la funzionalità del procedimento giurisdizionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 83/11, primo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), introdotto dall'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 (Modificazioni delle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), nella parte in cui fa decorrere il termine di dieci giorni per la notificazione del ricorso unitamente al decreto presidenziale di fissazione d'udienza dalla data di tale provvedimento anziché dalla data di comunicazione di esso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 maggio 1996.