Sentenza n.223 del 1993

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SENTENZA N. 223

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo

Giudici

Dott. Francesco

Prof. Gabriele

Avv. Ugo

Prof. Antonio

Prof. Vincenzo

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato

Prof. Giuliano

Prof. Cesare

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 183, ultimo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1992 dalla Corte di cassazione - Sezioni unite civili - sul ricorso proposto dal Comune di Guardavalle contro Giovan Francesco Pugliese e Maria Teresa Pugliese, iscritta al n. 769 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.52, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti l'atto di costituzione del Comune di Guardavalle nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 1993 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

uditi l'avvocato Raffaele Mirigliani per il Comune di Guardavalle e l'avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

l. - Nel giudicare sul ricorso del Comune di Guardavalle contro Giovan Francesco Pugliese e Maria Teresa Pugliese - per l'annulla mento della sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche con la quale era stato dichiarato inammissibile (perchè' proposto entro l'anno dal deposito, ma oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza) l'appello del Comune avverso la sentenza resa dal Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d'appello di Napoli - la Corte di cassazione, con ordinanza emessa il 15 maggio 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 183, ultimo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), nella parte in cui prevede che la notificazione delle sentenze al contumace va fatta mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale.

Il giudice rimettente ricorda che, secondo l'orientamento di questa Corte, per l'efficace esercizio del diritto di difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, i soggetti ai quali è consentita l'impugnazione di un determinato provvedimento giurisdizionale devono essere posti in condizione di avere conoscenza tempestiva dello stesso per potere utilizzare l'intero termine di decadenza fissato per il gravame.

La Corte di cassazione ritiene che le modalità di notificazione della sentenza alla parte contumace, previste per il procedimento dinanzi al Tribunale delle acque pubbliche, non siano idonee a determinare la conoscenza reale della pronuncia giurisdizionale.

Mancherebbe ogni giustificazione per non applicare al contumace le disposizioni ordinarie vigenti in materia di notificazione e si configurerebbe, inoltre, un contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione, giacchè l'identica situazione del contumace nel procedimento speciale dinanzi al Tribunale delle acque e nel giudizio ordinario sarebbe disciplinata, senza giustificazione, in modo diverso.

2. - Si è costituito il Comune di Guardavalle aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di rimessione. Osserva in particolare il Comune che la notificazione della sentenza mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale comprime irragionevolmente le facoltà di difesa e determina una disparità di trattamento rispetto alle garanzie offerte al contumace in tutti gli altri procedimenti giurisdizionali.

3. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.

L'Avvocatura osserva che nel giudizio ordinario il cancelliere non dà notizia del deposito della sentenza alla parte contumace, per la quale decorre egualmente il termine per l'impugnazione, allo stesso modo di quanto avviene per la parte costituita, cui invece viene data comunicazione del dispositivo. Sarebbe pertanto assicurata, in ragione dell'obbligo di dare comunicazione del dispositivo anche alla parte contumace, una maggiore tutela di essa nel procedimento speciale dinanzi ai Tribunali delle acque pubbliche rispetto al giudizio disciplinato dal codice di rito.

Secondo l'Avvocatura la diversità delle situazioni in cui rispettivamente versano la parte costituita e la parte contumace giustifica le differenti modalità di notificazione della sentenza, che per la prima avviene "al domicilio o residenza dichiarati o eletti" e per la seconda mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale, giacchè non si può fare carico all'ufficio dell'onere della ricerca del domicilio o della residenza attuali di chi ha ritenuto di rimanere inerte malgrado la ritualità della chiamata in giudizio.

Inoltre non può essere posta in dubbio, ad avviso dell'Avvocatura, l'idoneità della Gazzetta Ufficiale a costituire mezzo legale di conoscibilità delle comunicazioni ivi inserite, in quanto la sua funzione istituzionale è proprio quella di assicurare la conoscenza, nei confronti della generalità, degli atti provenienti dagli organi dello Stato.

Considerato in diritto

l. - La questione sottoposta all'esame della Corte concerne la notificazione delle sentenze dei Tribunali delle acque pubbliche alla parte rimasta contumace.

L'art. 183 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n.1775, prevede che il cancelliere, dopo la registrazione della sentenza ed entro cinque giorni dalla restituzione degli atti da parte dell'ufficio del registro, notifichi alle parti la sentenza stessa mediante consegna di copia integrale del dispositivo, nella forma stabilita per la notificazione degli atti di citazione. La notificazione è fatta, per le parti costituite, al domicilio o residenza dichiarati o eletti nel Comune ove ha sede il Tribunale. Per la parte rimasta contumace la notificazione "va fatta mediante inserzione sulla Gazzetta Ufficiale" (art. 183, ultimo comma). La Corte di cassazione, chiamata a giudicare in ordine all'impugnazione tardiva rispetto al termine decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, dubita che quest'ultima disposizione sia in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Difatti le parti devono essere poste in condizione di avere tempestiva conoscenza dei provvedimenti giurisdizionali che hanno facoltà di impugnare, conoscenza assicurata dalla notificazione nei modi ordinari, previsti dal codice di procedura civile, che possono essere sostituiti con forme diverse solo in presenza di particolari situazioni, se i destinatari siano numerosi e di difficile identificazione.

Il giudice rimettente, assumendo come identica la posizione del contumace nello speciale procedimento dinanzi ai Tribunali delle acque pubbliche e nel giudizio ordinario, ritiene inoltre che si sarebbe in presenza di una ingiustificata disparità nel trattamento giuridico delle due situazioni.

2. - Il sistema di notificazione delle sentenze pronunciate dai Tribunali delle acque pubbliche diverge, per alcuni aspetti, da quello comune, delineato dal codice di rito per il processo civile, ed assume caratteri di specialità analoghi a quelli previsti per la notificazione delle decisioni di altri giudici, dinanzi ai quali si svolge un processo connotato dall'interesse pubblico ad una decisione e ad una sollecita formazione del giudicato.

La notificazione della sentenza, dalla quale decorrono i termini per proporre impugnazione (trenta giorni per l'appello e la metà dei termini previsti dal codice di rito per il ricorso per Cassazione, rispettivamente in base agli artt. 189 e 202 del regio decreto n. 1775 del 1933), è effettuata ad iniziativa dell'ufficio, come adempimento attribuito alla cura del cancelliere, che deve provvedere entro un termine prefissato. Non è quindi rimessa alla valutazione ed all'interesse della parte in giudizio, che intenda far decorrere il termine breve per l'impugnazione, anzichè il termine di un anno dal deposito della sentenza, altrimenti necessario per il passaggio in giudicato della stessa. La notificazione avviene, inoltre, mediante consegna di copia integrale del solo dispositivo e non dell'intero testo della sentenza, comprendente la motivazione.

Una disciplina analoga, egualmente caratterizzata dalla officiosità dell'iniziativa e dalla comunicazione del solo dispositivo, regola la notificazione delle decisioni dei Commissari regionali per la liquidazione degli usi civici (art. 2 della legge 1° luglio 1930, n.1078) ed era prevista dall'art.38 del d.P.R.26 ottobre 1972, n. 636 per la comunicazione delle decisioni delle Commissioni tributarie.

Ma nell'ambito del sottosistema, così caratterizzato, nè in questo nè in altri casi la notificazione della sentenza avviene mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale, senza che ricorrano speciali ragioni che la giustifichino adeguatamente.

3. - La notificazione della sentenza suscettibile di impugnazione è preordinata alla formazione del giudicato, se non viene proposto gravame entro il termine breve di decadenza decorrente dalla data della notificazione stessa. Per l'esercizio del diritto di difesa assume quindi particolare rilievo l'adozione di forme di notificazione che portino, in quanto ciò sia concretamente attuabile, l'esistenza ed il contenuto decisorio della sentenza nell'ambito della possibile conoscenza del convenuto rimasto legittimamente contumace.

La Corte ha costantemente affermato che il diritto di difesa in ogni stato e grado del giudizio, garantito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, può variamente atteggiarsi in funzione delle peculiari caratteristiche dei diversi tipi di procedimento e delle esigenze di giustizia, ma deve essere sempre assicurato in modo effettivo ed adeguato alle circostanze. Si è anche costantemente ritenuto che fa parte integrante del diritto di difesa porre i soggetti, interessati ad impugnare determinati atti, in grado di aver tempestiva conoscenza di tali atti, in modo da potere utilizzare nella loro interezza i termini legali di decadenza stabiliti dalla legge per l'esperimento del gravame (sentenze n. 303 del 1985, n.155 del 1980 e n. 255 del 1974).

La notificazione della sentenza assolve la medesima funzione senza che sia possibile distinguere, per questo aspetto, i casi nei quali avviene ad iniziativa della parte interessata da quelli nei quali il legislatore ha preferito disporre che la notificazione sia promossa dall'ufficio.

In entrambe le ipotesi la funzione dell'istituto è la stessa: rendere possibile la conoscenza della decisione e far decorrere in modo certo i termini per l'eventuale gravame, consentendo quindi alla parte che intenda esperire tale rimedio di avere effettiva conoscibilità dell'esistenza e del contenuto decisorio della sentenza pronunciata nei suoi confronti e di utilizzare il termine previsto per impugnarla.

Questa esigenza è assicurata dalle forme comuni di comunicazione e notificazione, che permettono di far pervenire l'atto da notificare direttamente all'interessato o, comunque, nella sua sfera di possibile effettiva conoscenza, mentre è solo eccezionale il ricorso a forme di pubblicità, quale l'inserzione nella Gazzetta Ufficiale, che determinano una presunzione di conoscenza e che possono essere attuate soltanto in casi particolari, quando sia impossibile o sommamente difficoltoso provvedere nelle forme ordinarie.

L'esigenza di effettiva conoscibilità dell'atto suscettibile di gravame, coessenziale al diritto di difesa, è tenuta in conto dalla stessa disposizione denunziata, nella parte in cui la stessa prevede che la notificazione delle sentenze dei Tribunali delle acque pubbliche sia fatta al domicilio o residenza dichiarati o eletti dalle parti costituite.

La disciplina è diversa solo per la parte ritualmente chiamata in giudizio e rimasta contumace, per la quale, pur senza una speciale ragione che renda impossibile o sommamente difficoltosa la notificazione nelle forme ordinarie del processo civile, è prevista l'inserzione del dispositivo della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, che fa presumere la conoscenza dell'atto, ma che si palesa non adeguata all'effettivo esercizio del diritto di proporre impugnazione utilizzando per intero i ristretti termini decorrenti dalla notificazione, fissati dallo stesso regio decreto n. 1775 del 1933.

La questione sollevata dalla Corte di cassazione è dunque fondata: l'art. 183, ultimo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo in riferimento all'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui prevede che la notificazione del dispositivo della sentenza al contumace va fatta "mediante inserzione sulla Gazzetta Ufficiale", anzichè secondo la disciplina stabilita per le notificazioni degli atti processuali dagli artt. 138 e seguenti del codice di procedura civile. In questo modo, venendo meno la disciplina speciale, le disposizioni del codice di rito trovano applicazione anche in forza del rinvio operato, in via generale, dall'art. 208 dello stesso regio decreto n.1775 del 1933.

Ogni altro profilo dedotto dall'ordinanza di rimessione rimane assorbito.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità' costituzionale dell'art. 183, ultimo comma, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), nella parte in cui prevede che la notificazione del dispositivo delle sentenze al contumace va fatta "mediante inserzione sulla Gazzetta Ufficiale", anzichè secondo la disciplina stabilita per le notificazioni degli atti processuali dagli artt. 138 e seguenti del codice di procedura civile.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/04/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 07/05/93.